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"La privatizzazione è un saccheggio delle risorse pubbliche, ma deve essere fatta passare come un salvataggio dell’economia, e i rapinati devono essere messi nello stato d’animo dei profughi a cui è stato offerto il conforto di una zuppa calda. Spesso la psico-guerra induce nelle vittime persino il timore di difendersi, come se per essere degni di resistere al rapinatore fosse necessario poter vantare una sorta di perfezione morale."

Comidad (2009)
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 31/08/2023 @ 00:13:42, in Commentario 2023, linkato 8182 volte)
Per lasciare qualche traccia della sua esistenza ai posteri, il povero Cancelliere Olaf Scholz si è inventato la proposta di rimandare agli anni prossimi l’obbiettivo di portare le spese militari al 2% del PIL. La nostra Elly Schlein ha dichiarato di volersi allineare a questa audace proposta; per aggiungere ridicolo al ridicolo, non potevano mancare le accuse e le recriminazioni contro la Schlein, che si sarebbe accodata al populismo 5 Stelle, rinunciando ad un mitologico “riformismo” (?), e persino tradendo l’Ucraina. Ovviamente si tratta del solito talk show, dato che l’espressione “2% del PIL” indica una mera convenzione contabile che non serve a quantificare la spesa reale in armamenti, che deve essere dettagliata in acquisti effettivi e nella partecipazione di aziende nazionali a nuovi progetti d’arma. Per rimanere ai fatti, si deve riscontrare che nello scorso anno il governo tedesco ha obbedito a tutte le pressioni per l’invio di armi all’Ucraina, ed in più ha stanziato cento miliardi per ricostituire le proprie scorte di armamenti.
Andando più nel dettaglio, in termini di spese militari Scholz non si è fatto mancare nulla; anzi, si potrebbe dire che la sua principale preoccupazione è stata quella di non scontentare nessuno. Nello scorso anno ha riconfermato l’accordo per l’acquisto dei caccia F-35, in modo da compiacere Lockheed Martin e gli USA. Gli F-35 dovrebbero essere operativi in Germania dal 2026 per affiancarsi ai caccia Eurofighter comprati nel 2020, in modo da sostituire finalmente i vecchi “Tornado”. I caccia “Tornado” ormai hanno superato l’età critica dei quarant’anni e quindi potranno essere rifilati al proxy warrior di turno, come si fa oggi con gli F-16, che sono addirittura roba di cinquant’anni fa. Il governo di Parigi temeva che l’arrivo degli F-35 a Berlino comportasse un ritiro tedesco dal progetto di un caccia europeo gestito da una cordata guidata dall’azienda Airbus. Scholz ha invece rassicurato tutti: nonostante l’acquisto degli F-35, il caccia ispano-franco-tedesco FCAS si farà comunque, infatti nello scorso dicembre c’è stata la ratifica definitiva del contratto di costruzione.
Già in fasce, il progetto FCAS promette molto bene, infatti minaccia di costare più degli F-35. Meno male che c’è in gestazione anche il caccia italo-britannico-giapponese “Tempest” che potrebbe sforare quei preventivi di spesa. Occorre quindi accertare in quali acquisti e progetti si è invischiati; ad esempio: la nostra Leonardo Finmeccanica è coinvolta contemporaneamente nella produzione sia degli F-35, sia dei “Tempest”. Le percentuali del PIL sono fumo per chiacchiere parlamentari e le spese militari effettive possono essere tranquillamente dissimulate in altri capitoli del bilancio, come è successo per la costruzione della base NATO di Licola in Campania, finanziata con fondi FAS per lo sviluppo regionale.
Il 7 febbraio del 2022, in una conferenza stampa congiunta con Scholz, Biden annunciò che, in caso di invasione russa dell’Ucraina, il gasdotto russo-tedesco North Stream sarebbe “saltato”. Il governo tedesco ha aspettato con dignitosa fermezza che l’attentato si compisse, senza fare nulla per impedirlo; anzi, secondo alcuni Scholz l’ha addirittura accelerato con la decisione del 22 febbraio 2022 di sospendere l’operatività della nuova creatura degli affari russo- tedeschi, il gasdotto North Stream 2. A causa di quella sospensione infatti Gazprom non ha avuto più nessun asso in mano per comprarsi i generali e impedire all’esercito di procedere all’invasione, che infatti avvenne due giorni dopo.
In compenso il governo tedesco, parallelamente alla magistratura, ha aperto un’inchiesta sul sabotaggio; un’indagine che per serietà e rigore teutonico farebbe sfigurare persino l’ispettore Derrick. Il colpevole infatti è stato scovato tempestivamente e, guarda la combinazione, è proprio lo stesso colpevole indicato dalla stampa mainstream statunitense, cioè gli ucraini. C’è stata delusione in Italia per questa scoperta, dato che la Gruber, la rivista “Limes” e tanti altri si erano affezionati alla pista dell’auto-attentato russo. I soliti disfattisti hanno fatto notare che anche gli ucraini sono al di sotto del sospetto, visto che non dispongono di mezzi tecnici, e neppure di agganci internazionali, per un’operazione così complicata a quelle profondità del Mar Baltico. Ma il governo e i giudici tedeschi non si fanno fuorviare dai complottisti e preferiscono affidarsi alle fonti accreditate in quel di Washington.

Qualcuno si stupisce del fatto che la Germania, considerata sino a qualche tempo fa il rottweiler d’Europa, si sia rivelata una banda di quaquaraquà, del tutto incapace di opporsi alla deindustrializzazione imposta da quei grandi strateghi di Washington, che, per evitare l’integrazione economica tra Russia ed Europa, hanno spinto all’integrazione economico-militare tra Russia e Cina. Ma per stabilire se qualcuno sia realmente un rottweiler, occorrerebbe vedere che zanne ha. Il potere di coercizione della Germania sull’Europa, ed in particolare sulla scapestrata Italietta, è stato sempre nullo, visto che l’euro avvantaggia le esportazioni tedesche e non quelle degli altri paesi. Il problema è che lo sviluppo industriale non sempre conviene alla lobby dei creditori, poiché rischia di svalutare il cambio di una moneta e, di conseguenza, anche il valore dei crediti. Non per niente allo scopo esistono le banche centrali che, per tutelare i creditori, all’occorrenza stringono il credito e fanno mancare ossigeno all’economia. Occorre tenere conto anche che l’imperialismo è una strada a due sensi, e ci sono paesi che ne usano altri come sponda, come fittizio “vincolo esterno” che serve da alibi per imporre sacrifici all’interno, in modo da fare interessi di lobby nostrane all’ombra di qualche esattore straniero. Magari si scopre che la grande Germania è stata una fake news fabbricata dall’Italietta, che in fatto di avarizia non ha mai avuto nulla da imparare da nessuno, semmai da insegnare agli altri. Dare per scontato che europeismo e atlantismo siano stati esclusivamente imposizioni esterne, significa non voler vedere che l’oligarchia italica ha sempre usato il pauperismo come strumento della sua guerra di classe.
Olaf Scholz ha incontrato la sventura di succedere ad Angela Merkel, certamente la leader più pompata dai media dai tempi della Thatcher. Il suo mito si è avvalso anche delle italiche manipolazioni, al punto che nel 2011 la rimozione del Buffone di Arcore, e la sua sostituzione con Mario Monti, vennero attribuite alle pressioni di Berlino in seguito alla famosa crisi dello spread. In realtà il nome di Mario Monti come capo di un governo “tecnico” circolava in Italia almeno dal 2010, più di un anno prima dell’emergenza spread e delle risatine nella conferenza stampa di Sarkozy e della Merkel. Il 2 agosto del 2010, in un’insignificante manifestazione locale del PD, l’irrilevante parlamentare europea Debora Serracchiani parlava già di un prossimo governo “tecnico” a guida Monti. Non c’era quindi nulla di segreto. Per prevenire quella prospettiva, il governo del Buffone dal 2010 aveva già inaugurato l’austerità “hard”, con il blocco degli stipendi e del turn-over nel Pubblico Impiego; l’anno successivo il governo del Buffone chiese ed ottenne addirittura il monitoraggio da parte del Fondo Monetario Internazionale, con tanto di ispezioni periodiche. Con o senza Monti, l’austerità ci sarebbe stata comunque. Lo spread era soltanto il fondale di una scenografia, mentre l’azione riguardava le prove tecniche di presidenzialismo all’italiana.
Tra il 2010 ed il 2011 Giorgio Napolitano stabilì la subordinazione del governo al volere del Presidente della Repubblica, e l’immagine della Merkel ci fu venduta come quel potere esterno che aveva spinto per il colpo di Stato. La mistificazione venne alimentata dai continui pellegrinaggi dei nostri Presidenti del Consiglio a Berlino per impetrare la grazia dalla Merkel. L’ego della Cancelliera venne ulteriormente gonfiato nel 2010 dal successore di Napolitano, Sergio Mattarella, il quale pose il veto alla nomina di Paolo Savona al ministero dell’Economia. La diversione fu rappresentata in modo talmente efficace che nel maggio del 2018 il leader della sinistra francese Mélenchon pubblicò un intervento in cui ironicamente parlava delle difficoltà di Berlino a formare il governo in Italia. Rovesciando il consueto modo di dire, si guardava la luna, mentre l’importante in quel caso era il dito, cioè il fatto che in Italia il governo non dipende più dalla fiducia del parlamento, bensì da quella del Presidente della Repubblica, dal quale dipende anche l’atteggiamento dei media.
 
Di comidad (del 24/08/2023 @ 00:06:39, in Commentario 2023, linkato 7821 volte)
Tempi duri per chi si illudeva di impallinare questo governo fascio-nostalgico a colpi di politicamente corretto. Dopo la Meloni, che a Washington si è convertita al Greta-pensiero ed al mantra della minaccia da CO2, ora abbiamo anche il “politicamente Crosetto”, per cui il nostro supermacho ministro della Difesa si incarica di epurare l’esercito da quelli che dicono che gli omosessuali non sono normali, mentre i militari che la sera vanno a trans, invece sono normalissimi. D’altra parte da uno che ha come ideale della vita buttarsi da un aereo per andare ad ammazzare gente, non puoi aspettarti che dica cose sensate, perciò questa ricerca del “militarmente corretto” appare un po’ pretestuosa. Il punto è che oggi si rimuove uno che dice scempiaggini, in modo però da stabilire il precedente che ti consenta domani di zittire chi cerchi di riferire qualche dato di fatto che disturba la narrativa dominante.
Il politicamente corretto gradua la sua ipocrisia in modo da lasciare comunque un notevole margine di incertezza, dimostrandosi intercambiabile nei ruoli ed anche effimero e aleatorio nei contenuti. La principale regola della sottomissione sociale è di non darti mai modo di essere perfettamente in regola, per cui devi sentirti sempre sotto esame e pronto all’umiliazione adattandoti alla mutevole verità imposta dai media. L’immagine dei mussulmani è un esempio da manuale dell’estemporaneità del politicamente corretto, per cui i mussulmani sono buoni in Bosnia e Kosovo, ma sono terroristi in Mali; nel vicino Niger però il presidente mussulmano è il paladino della democrazia, mentre gli ufficiali cristiani che hanno fatto il golpe, sono invece amici di Putin. Non potremo mai sapere con certezza quando l’islamofobia sia politicorretta e quando no; e lo stesso vale per la questione dell’accoglienza dei migranti. A suo tempo il ministro Crosetto “rivelò” che i migranti ci venivano mandati dal Gruppo Wagner per farci guerra ibrida. Per aver detto questa scemenza Crosetto venne coperto di ridicolo; ma oggi la stessa cosa ce la dice il governo della “nuova superpotenza” della NATO, la Polonia, e per i media diventa sacrosanta. Anzi, veniamo a sapere che addirittura i miliziani Wagner in Bielorussia addestrano i migranti a fare atti di terrorismo.
L’attuale narrativa mediatica sulla Polonia è un altro esempio dell’ambiguità del politicamente corretto, del “doppio taglio” di certe affermazioni, un po’ come quando ti sfottono facendo finta di lodarti. Il messaggio che da qualche mese i media ci stanno propinando è appunto che la Polonia sarebbe la potenza emergente della NATO, che ha l’esercito più forte d’Europa, e che Putin ne ha tanta paura e non ci dorme la notte. In certi articoli però non ci si fa mai capire del tutto se il cronista che ci illustra tanta grandeur ci creda davvero, oppure ci stia soltanto raccontando un delirio con compassionevole accondiscendenza; quindi i polacchi potranno all’occorrenza essere spacciati come eroi oppure come gonzi, a seconda di come dovessero mettersi le cose sul campo di battaglia.

Tra i nuovi mestieri che sono nati in questi mesi c’è anche quello del “polaccologo”, dell’esperto di psicologia polacca, che ci spiega quali siano i pensieri profondi del polacco, le sue fobie ed i suoi sogni nel cassetto. Il giornalista Domenico Quirico si è già accreditato per la cattedra, ma ne vedremo proliferare degli altri, come è successo con i virologi. C’è anche qualcuno che risulta scettico sui “volksgeist” e ritiene che le classi dirigenti raramente siano espressione di un popolo ma, più facilmente, di una combinazione di affari e di media. Spesso ad assicurarsi il potere è una cosca di lobbisti dotata sia di agganci internazionali, sia della sponda di un settore interno di opinione pubblica; un settore magari molto minoritario, ma comunque abbastanza compatto e prevedibile da consentire un’agevole manipolazione mediatica, tanto da sconcertare ed allineare il resto della società. Non è affatto necessario essere maggioranza, basta dare l’impressione di esserlo, in modo da intimorire anche chi non sia d’accordo. Il quotidiano “il Messaggero” ultimamente si è concentrato sulla narrazione a proposito di Polonia, però con un taglio piuttosto capzioso, non lasciando mai intendere se stia descrivendo una realtà oppure una bolla affaristico-mediatica. Nel resoconto non manca qualche accenno ai debiti contratti dal governo polacco per riarmarsi, ma senza entrare troppo nei dettagli.
Il filo conduttore della polaccologia sembra lo stesso che si è riscontrato nella virologia, cioè la spesa per prodotti mirabolanti che, quasi sempre, si rivelano dei bidoni. La virologia serve a spacciare sieri che costano troppo, mentre alla polaccologia corrispondono armi che costano troppo. L’analogia tra sieri e armi non è arbitraria, visto che l’emergenzialismo pandemico ci è stato venduto con metafore belliche. Il problema è che la spesa militare non comporta necessariamente la potenza militare. Il governo polacco si è indebitato per dotarsi dell’inefficace sistema antiaereo “Patriot”, ma non si è fatto mancare bidoni anche da altri fornitori. All’inizio della guerra i media ci avevano raccontato delle eccezionali performance dei droni “Bayraktar”, di fabbricazione turca, che avevano seminato il terrore nelle forze armate russe. Ognuno di questi droni turchi costa tra uno e due milioni di dollari, ed il governo polacco non ha voluto farseli mancare. Ora ci si fa sapere che la contraerea ucraina ha dovuto abbattere un proprio drone “Bayraktar” sfuggito al controllo. Ogni sistema d’arma, per quanto innovativo, può essere neutralizzato con qualche accorgimento; perciò, se per quel sistema d’arma si è speso troppo, tutto il sistema di difesa ne viene compromesso.
Se la spesa militare fosse veramente finalizzata alla difesa, allora terrebbe conto del fatto che ogni guerra accelera l’obsolescenza dei sistemi d’arma e soprattutto il loro consumo, quindi non avrebbe senso darsi la zappa sui piedi sprecando risorse per qualche costosa arma feticcio. Il quotidiano confindustriale ci fa sapere che il nostro governo avrebbe fatto un vero affarone commissionando quindici esemplari del nuovo Eurodrone da bombardamento, alla modica cifra di soli due miliardi; quindi, nonostante il super sconto ottenuto, si vanno a pagare oltre centotrenta milioni a drone; una bella fregatura se il nemico riesce ad interferire col sistema di guida del tuo drone e poi sei costretto tu stesso ad abbattertelo. Nessuno dei nostri alti ufficiali ha fatto obiezioni per una spesa di due miliardi per quindici droni che si rischia di consumare in mezza giornata di vera guerra, e dopo sei costretto a rubare la fionda al nipotino. Tutto si spiega se si tiene conto che nella produzione dell’Eurodrone è coinvolta anche la nostra Leonardo Finmeccanica, che è quella che decide le carriere militari.
Un risvolto involontariamente comico di questo modo di intendere le spese militari, ce lo propone un articolo del Washington Institute, un centro studi filoisraeliano, che parla degli effetti dei droni “Shahed” nel conflitto in Ucraina. Questi droni kamikaze, di produzione iraniana, vengono lanciati nella mischia a centinaia, perché costano poco, tra i sette ed i ventimila dollari l’uno. Per avere un raffronto, basti considerare che Lockheed Martin ha dichiarato che forse (forse!) riuscirà ad abbassare a ventimila dollari i costi di un’ora di volo del caccia F-35. Anche quando vengono abbattuti, quegli straccioni di “Shahed” ottengono lo scopo di fiaccare le difese nemiche, dato che il missile che li abbatte costa più del drone. Secondo l’articolo queste armi “low cost” rischiano di destabilizzare tutto il Medio Oriente e minacciano anche gli USA. Il tono dell’articolo è di indignata denuncia, poiché producendo queste armi che costano troppo poco, gli iraniani hanno barato al gioco. Questi comportamenti anomali rischiano infatti di degenerare: a furia di voler spendere poco in armi, si potrebbe arrivare a non spenderci affatto, magari rischiando persino di rinunciare del tutto a fare guerre.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


18/04/2024 @ 14:53:18
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