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"L'abolizione dello Stato e del diritto giuridico avrà necessariamente per effetto l'abolizione della proprietà privata e della famiglia giuridica fondata su questa proprietà."

Programma della Federazione Slava, 1872
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Di comidad (del 23/10/2025 @ 00:05:01, in Commentario 2025, linkato 5285 volte)
Giorgia Meloni si è giustamente risentita per l’epiteto di “cortigiana di Trump”, dato che il termine “cortigiana” in passato era spesso usato come eufemismo per non dire esplicitamente “prostituta”. In realtà la prostituzione implica uno scambio ed un pagamento (o, se si preferisce un termine spregiativo, un mercimonio), mentre la Meloni fa la cheerleader per Trump a titolo puramente gratuito; forse nella speranza che entrare nel giro degli adulatori del pagliaccio di turno sul palcoscenico della Casa Bianca le consenta di brillare di luce riflessa. Il problema è che, nella vicenda del fasullo accordo di pace a Gaza, lo stesso Trump ha parassitato un’operazione di pubbliche relazioni promossa da Erdogan. Il presidente turco doveva far dimenticare la figuraccia rimediata qualche settimana prima, a causa dell’accordo militare tra Arabia Saudita e Pakistan, il cui messaggio sottostante era appunto che la Turchia non è una potenza in grado di tenere a bada Israele. Queste operazioni di pubbliche relazioni hanno ovviamente il fiato cortissimo, infatti Netanyahu ha già ricominciato a bombardare ed affamare la popolazione di Gaza. Nessun osservatore realista aveva preso sul serio la “pace di Trump”, ma molti ritenevano che, prima di riprendere il genocidio, Netanyahu avrebbe concesso a Trump almeno una quindicina di giorni per pavoneggiarsi ed allestire una nuova distrazione per i media (come la prossima messinscena a Budapest), in modo da rimettere Gaza in secondo piano. Si constata invece che Trump non è rispettato nemmeno come clown.
Il punto è che attualmente le varie “leadership” rientrano un po’ tutte nel novero delle pubbliche relazioni, cioè si tratta di fintocrazie che rappresentano l’epifenomeno di un processo generale che andrebbe comunque avanti per puro automatismo; con il “pilota automatico”, come diceva Draghi. Una fase politica non si valuta in base alle differenze di facciata tra i cosiddetti “leader”; e nemmeno sulle differenze esteriori tra i presunti “leader” e le rispettive “opposizioni”, o sedicenti tali. Secondo la narrativa mediatica la Meloni e Macron si detestano; ma si tratta di un dettaglio che, persino se fosse vero, sarebbe irrilevante. I due fanno infatti la stessa politica economica, di marca UE/FMI, cioè il trasferimento del carico fiscale dall’imposizione diretta a quella indiretta, tramite l’aumento dell’IVA e delle accise.
Spostare la tassazione dal reddito ai consumi significa gravare maggiormente sul contribuente povero, quello che non ha la possibilità di scaricare le maggiori spese su qualcun altro. Ma il trasferimento di reddito dai poveri ai ricchi segue anche la strada dei sussidi governativi. Un articolo di “Le Monde” di qualche tempo fa, ripreso di recente anche da altre testate, osservava che, con l’arrivo di Macron alla presidenza, le imprese francesi avevano visto aumentare a dismisura i sussidi governativi, peraltro già cospicui anche con le amministrazioni precedenti. Da un lato ovunque si taglia il welfare per la popolazione, mentre dall’altro lato si rimpingua il welfare per le imprese; ed è appunto il welfare ad uso dei ricchi che sta mandando in rovina il bilancio dello Stato, e tutto ciò senza neppure chiedere alle imprese delle precise contropartite per tutti questi aiuti. L’articolo di “Le Monde” si chiedeva che fine abbiano fatto il liberismo ed il neoliberismo; magari un’anima pietosa prima o poi rivelerà ai redattori di “Le Monde” che il liberismo è come Babbo Natale, cioè non esiste e non è mai esistito.

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Di comidad (del 16/10/2025 @ 00:05:26, in Commentario 2025, linkato 5549 volte)
Mai sottovalutare le riscoperte dell’acqua calda. La prima ovvietà da considerare è l’assurdo di un premio Nobel per la pace assegnato da un organo politico di un paese che fa parte di un’alleanza militare. La Norvegia è un membro della NATO e ne persegue la politica “occidentalista” (eufemismo di suprematismo bianco) anche attraverso le pubbliche relazioni, nel cui ambito c’è da annoverare appunto il premio Nobel. Il premio è stato negato a Trump, ma non per voler fargli torto, bensì per istigarlo a proseguire sulla strada dell’aggressione economica e militare al Venezuela. Magari a qualcuno del Pentagono potrebbe sorgere il timore che gli USA si stiano sovraesponendo sul piano militare; meno male che arrivano gli europei a presentare il regime di Maduro come una minaccia intollerabile alla sopravvivenza dell’umanità. La signora insignita del Nobel, Maria Corina Machado, peraltro è entusiasta di Trump e ne appoggia gli obbiettivi e i metodi, quindi le stanno bene le sanzioni, i tentativi di colpo di Stato e di decapitazione del regime; e persino l’attività di calunniatore e assassino nei confronti di persone che navigano su piccole imbarcazioni a grande distanza dalle coste del Venezuela.
Era prevedibile e scontato anche il plauso di Roberto Saviano per il riconoscimento assegnato ad una delle principali esponenti della cosiddetta “opposizione” (un altro eufemismo che sta per golpismo) al regime di Maduro, il quale sarebbe corruzione mascherata da socialismo. Magari un giorno Saviano ci rivelerà quale sia a questo mondo il regime non corrotto. Più realisticamente occorrerebbe dire che ci sono regimi della cui corruzione è lecito e conveniente parlare, e regimi della cui corruzione non è il caso di parlare troppo se non vuoi guai, visto che sono quelli che comandano dalle nostre parti.

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Di comidad (del 09/10/2025 @ 00:05:20, in Commentario 2025, linkato 5795 volte)
Al di là dei contesti radicalmente diversi, si può riconoscere lo schema ricorrente, l’invarianza; che in questo caso è la cosiddetta “arte di governo”, ovvero l’eludere le proprie responsabilità tramite il vittimismo, la contrapposizione pseudo-ideologica e la gazzarra da talk-show. L’arte di governo è trasversale ai vari governi ed ai differenti schieramenti politici, che convergono nella pratica di non precisare i confini tra lecito e illecito. La trasparenza della contestazione e della sanzione dell’eventuale illecito viene sostituita con una generica colpevolizzazione dei cittadini, con la quale giustificare pressioni indebite, terrorismo psicologico e discriminazioni. In epoca psicopandemica si è costruito su queste basi di incertezza giuridica e linguistica una sorta di virtuale obbligo vaccinale, la cui attuazione è stata condotta con strumenti arbitrari di limitazione dei diritti civili. Persino quando l’obbligo vaccinale è stato apparentemente proclamato per legge, si è però continuato nella farsa di voler estorcere la firma al “consenso informato”, negando la somministrazione del siero a coloro che volevano aderire all’obbligo manifestando chiaramente il proprio dissenso. L’ossimoro dell’obbligo che presuppone il consenso, è stato però avallato e santificato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 14/2023, per cui si è creata una sorta di giurisprudenza in funzione dell’irresponsabilità del governo e della colpevolizzazione generica del cittadino comune. Lo schema funziona all’incontrario del famoso aforisma dell’Uomo Ragno, perché più potere si ha e più si riesce a scaricare sugli altri ogni responsabilità. Non c’è da stupirsi che la nostra Consulta si sia avventurata in tali forzature del senso logico, visto che in precedenza aveva persino riformato l’aritmetica, stabilendo che la maggioranza elettorale non è il 50% +1, bensì il 40%. “Costituzionalista” è diventato infatti sinonimo di ciarlatano.
La vicenda sui contrasti tra il governo Meloni e gli attivisti umanitari in navigazione verso Gaza ha seguito un percorso analogo di sistematica evanescenza dei confini giuridici e linguistici: la “legalità” può proclamare una cosa e il suo contrario, e la comunicazione fa a meno della sintassi, per cui è possibile esprimersi con interiezioni intimidatorie, come “complottista!”, “no-vax!”, “Hamas!”, “7 ottobre!”. Tra le navi degli attivisti umanitari diretti verso Gaza che sono state abbordate dagli israeliani, risultano ben tre vascelli battenti bandiera italiana, sui quali quindi il nostro governo aveva piena giurisdizione. Se il comportamento degli attivisti della flottiglia in acque internazionali avesse configurato un qualunque illecito, il governo Meloni, che ha giurisdizione su queste navi, avrebbe dovuto intervenire per prevenire imbarazzi ed incidenti con il governo israeliano. Se invece non c’era illecito da parte delle navi battenti bandiera italiana, queste andavano tutelate da abusi commessi da governi stranieri. Il governo a guida “sovranista” e i suoi media di supporto hanno scelto invece la strada della colpevolizzazione generica, dei proclami fumosi e della fuga dalla responsabilità; anzi, il nostrano club degli amici del genocidio ha addirittura auspicato che fosse Israele a fare da castigamatti nei confronti di cittadini italiani.

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Di comidad (del 02/10/2025 @ 00:05:35, in Commentario 2025, linkato 6019 volte)
La storia dei droni e jet di Putin sulla Polonia e sull’Estonia ha suscitato in molti una struggente nostalgia per i bei tempi di una volta, quando gli UFO venivano avvistati nei cieli e gli ufologi erano chiamati a illuminarci su cosa accadeva. La narrativa ufologica, pur ricca di aneddotica, alla fine però rimandava sempre al mistero, come i telefilm della serie “X Files” che, dopo tanto narrare, lasciavano quasi tutte le domande in sospeso. Di Putin invece, grazie ai nostri media, sappiamo tutto: i piani strategici, i desideri repressi, i pensieri nascosti, le intenzioni recondite e i sogni segreti; ma, soprattutto, ne conosciamo alla perfezione la cartella clinica, di cui non ci sfugge nulla. Massimo D’Alema era stato messo alla gogna a causa della sua presenza alla sfilata militare di Pechino per celebrare la vittoria sul Giappone nella seconda guerra mondiale; ma lo scaltro D’Alema ha trovato il modo di rilanciare le sue quotazioni offrendo in pasto ai media la notizia da loro più ambita, cioè succosi dettagli, da lui raccolti in prima persona, sul precario stato di salute di Putin.
L’euforia mediatica per la prospettiva di un Putin moribondo rientra comunque nel mito costruito attorno al personaggio, come se l’eccezionalità, in positivo o in negativo, appartenesse alla sua figura e non a quella del suo predecessore, Boris Eltsin, il russo più amato dal Fondo Monetario Internazionale, e quindi dai media euro-americani. Noto ai più per il suo alcolismo e per il bombardamento del parlamento russo, Eltsin ha caratterizzato la sua presidenza appunto per il rapporto speciale da lui intrattenuto con il FMI, di cui era un beniamino e da cui ha ricevuto direttive e prestiti. La Russia fu ammessa formalmente nel FMI nel 1992. Sei anni dopo gli osservatori registravano il “fallimento” del FMI nel “salvare” la Russia, per cui ogni prestito da parte della prestigiosa istituzione finanziaria internazionale portava regolarmente a disastri ed a nuovi prestiti, quindi ad un indebitamento crescente. All’epoca uno studio della Heritage Foundation (l’influente “think tank” conservatore con sede a Washington) rimproverava al FMI un eccesso di generosità, facendo capire che le corporation statunitensi speravano invece in un crollo totale della Russia per poterla finalmente smembrare in tanti staterelli-feudi delle multinazionali.
Nella vita infatti ci sono anche le botte di fondoschiena. Nel 2000 un Putin appena insediato alla presidenza, accoglie a Mosca una delegazione del FMI per cercare di ottenere un altro prestito. Fortuna vuole che, a causa delle pressioni della Heritage Foundation, il FMI stavolta sospenda il programma di “salvataggio” della Russia deciso l’anno prima e neghi il prestito. Ritrovatasi improvvisamente senza i “salvataggi” del FMI, la Russia un po’ alla volta si salverà sul serio. La Russia deve quindi la sua salvezza non a Putin, ma alla inconsapevolezza della Heritage Foundation. Solo chi faccia parte di un “think tank” americano può essere talmente deficiente da credere che il FMI possa davvero salvare qualcuno.

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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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