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LA SMENTITA DEL MITO DELL’INVERSIONE DEI RUOLI TRA DESTRA E SINISTRA
Di comidad (del 11/03/2021 @ 00:05:01, in Commentario 2021, linkato 6194 volte)
Un articolo sul giornale online “il Post” ci intrattiene sulle ”finte opposizioni” costruite in Russia per fare da sponda al regime di Putin. Il sottinteso dell’articolo è che qui da noi, nel Sacro Occidente, queste cosacce brutte non succedono. In realtà non succedono più perché da noi siamo già “oltre”. François de La Rochefoucauld diceva che l’ipocrisia è pur sempre un omaggio che il vizio rende alla virtù. Quando si cessa persino di fingere, allora sì che c’è da preoccuparsi davvero.
In Italia abbiamo visto come il Presidente della Repubblica abbia scavalcato completamente il parlamento imponendo un governo di unità nazionale guidato da un banchiere; tutto ciò nel frastuono del plauso mediatico inneggiante alla “saggezza” del Capo dello Stato che avrebbe supplito al “fallimento” della politica. Senza alcuno scrupolo, il presidente Mattarella ha umiliato il proprio partito di provenienza, costringendolo ad accettare una collaborazione di governo in funzione subordinata persino rispetto all'avversario “antropologico” della cosiddetta sinistra, la Lega.
Si tratta del quarto “bidone” che il PD rimedia da parte di un proprio uomo al Quirinale, dopo i tre che gli erano stati inflitti dal presidente Napolitano, il quale nel 2010 ritardò pretestuosamente il voto di sfiducia al governo del Buffone di Arcore nel momento in cui non aveva più maggioranza parlamentare, concedendogli il tempo per ricomprarsi i voti. Lo stesso Napolitano fregò di nuovo il PD di Bersani nel 2011 bloccando le elezioni anticipate per imporre il governo Monti; e ancora nel 2013, con l’incarico “esplorativo” a Bersani, che rese inutili le consultazioni del segretario del PD per raggiungere una maggioranza. Il partito più ligio e servile ai dettami dell’establishment, il PD, è anche quello a cui vengono riservate le maggiori umiliazioni da parte del despota del Quirinale, il quale si bea non solo delle sue illimitate prerogative costituzionali, ma anche di un filo diretto con i media e l'alta finanza.

All'atto delle sue dimissioni, il segretario del PD Zingaretti non ha fatto alcun cenno a questo ennesimo sopruso presidenziale, non osando violare l’aura di sacralità che circonda la figura di Mattarella. Zingaretti ha preferito perciò ripiegare sui soliti luoghi comuni dell’antipolitica, descrivendo il proprio partito come dedito più alla ricerca delle poltrone che al perseguimento dei valori della sinistra.
Quando la discussione si sposta sul piano della pochezza “antropologica” della “sinistra”, vuol dire che non si vuole realmente discutere. Da sempre tutti i partiti sono accozzaglie di opportunismi e carrierismi personali (nel caso della “sinistra” anche di infondati snobismi culturali); perciò scoprirlo ogni volta, lascia il tempo che trova.
La cosiddetta “sinistra” dal 1979, l’anno dell’istituzione del Sistema Monetario Europeo, ha cessato di svolgere la sua tradizionale funzione, che era quella di ridistribuire il reddito, o in forma diretta di salario, oppure nella forma indiretta del welfare. Il Trattato di Maastricht del 1992 ha addirittura formalizzato la deflazione (la “stabilità dei prezzi”) come principio fondante dell'Unione Europea, mettendo di fatto la “sinistra” completamente fuori gioco, anzi, fuori legge. Con l'introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione nel 2012, si può dire che la sinistra sia diventata persino incostituzionale.

L’inalterabilità del valore dei crediti, non scalfiti più dall’inflazione, è così diventata la costante dell'ultimo trentennio, consacrando lo strapotere della finanza. Ciò ha costretto la “sinistra” a spostare la questione dal piano concreto e oggettivo della ridistribuzione del reddito, al piano astratto e fumoso dell'identità, dei “valori” e degli “ideali”, mettendosi così nelle condizioni di vedersi il proprio linguaggio rovesciato e strumentalizzato dagli “spin doctor” delle oligarchie finanziarie.
Sarebbe tutto più semplice se il problema riguardasse solo la “sinistra” e l’impresentabile PD. In realtà qualsiasi partito, quale che sia l'area politica a cui appartiene, può assumere un ruolo sociale soltanto se svolge la funzione di canalizzare risorse finanziarie. A parte la maggiore aggressività e la maggiore spregiudicatezza sul piano propagandistico, la “destra” va infatti a riscontrare la stessa crescente impotenza. La politica, senza denaro, non è nulla.
L'arrivo del governo Draghi rappresenta una drammatica smentita per chi, come il senatore Bagnai, ha puntato sull’ipotesi politica dell’inversione dei ruoli tra destra e sinistra. Bagnai e il suo amico Borghi sono riusciti a barcamenarsi finché hanno condotto il giochetto pirandelliano di denunciare la subdola spilorceria del MES e del Recovery Fund, facendo finta che per tutta la Lega quello fosse il principale casus belli. Oggi però i due si trovano appiattiti su una linea cucita sul neo-ministro Giorgetti; la linea del “proprio perchè i soldi del Recovery sono pochi, non possono essere sprecati”. Si tratta del più classico mantra del sedicente liberismo, secondo cui sono necessarie la competenza e l’efficienza per gestire al meglio la scarsità ed evitare gli “sprechi” (la parola “spreco” è il distintivo del liberista puro e duro). Ma la scarsità non è gestibile, perché troppo spesso la scarsità è artificiosa e pretestuosa. L'Unione Europea aveva indicato la vaccinazione di massa come la via di salvezza, e invece ora ci accorgiamo che persino sui vaccini si adotta la linea della scarsità artificiosa, che consente di stabilire gerarchie e di discriminare tra figli e figliastri.

Uno studio, anzi una “proiezione”, del Fondo Monetario Internazionale analizza le eventualità di sommovimenti sociali dovuti alla sofferenza causata dalla gestione della pandemia. Il risultato dello studio è, ovviamente, confortante per le oligarchie finanziarie: dopo un periodo di fibrillazioni, tutte le opposizioni sociali saranno riportate all’ovile.
L’inattendibilità dello studio del FMI sta nel fatto che non tiene conto degli effetti sociali a breve e medio termine della dissoluzione della mediazione politica. Il sistema di potere dovrà fare i conti non tanto con l'opposizione che proverrebbe dal basso, ma soprattutto con la destabilizzazione che esso stesso sta determinando. Oggi il sistema di potere concentra gran parte delle proprie energie per umiliare i propri stessi servi, il che non è razionale ma comunque è un ovvio riflesso condizionato dovuto al delirio di onnipotenza.
Occorre però rilevare che questa tendenza alla dissoluzione della mediazione politica sembra trovare qualche contrasto almeno oltre Atlantico. Mentre in Europa ancora ci si balocca con le cifre ridicole e le false illusioni del Recovery Fund, negli USA il nuovo presidente Biden sta inondando l’economia di miliardi, ottenendo la collaborazione del Senato: 1900 miliardi per ora, e se ne prospettano altre iniezioni per il futuro.
Si era detto che Biden si sarebbe posto come docile strumento degli apparati; invece sembra, per adesso, che voglia rilanciare il ruolo della mediazione politica, una mediazione che non può esercitarsi se non con l'erogazione diretta di denaro. Tutto ciò almeno fino a quando qualche provvidenziale scandalo non giunga a ridimensionare Biden e a farlo rientrare nei ranghi.