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LA SOPRAVVIVENZA DELLA RUSSIA SEMPRE MENO COMPATIBILE CON L'ESISTENZA DI GAZPROM
Di comidad (del 25/03/2021 @ 00:15:23, in Commentario 2021, linkato 18941 volte)
Per replicare alle scomposte e insolenti accuse di Joe Biden, Vladimir Putin si è esibito in un abile esercizio di dialettica ritorsiva, improntato al motto: “ciascun dal cuor suo l'altrui misura”. Putin ha potuto facilmente rincarare la dose osservando che la storia degli USA è segnata dalla pratica disinvolta del genocidio.
Un commentatore esterno potrebbe anche ricordarsi delle “kill list” di Obama (di cui Biden certamente sapeva); ed anche notare la faccia tosta della propaganda degli USA e dei suoi Paesi sudditi nel celebrare come paladino della democrazia un nazista come il sedicente “oppositore” Navalny, noto in Russia soprattutto per la sua istigazione alla violenza contro i musulmani.
Tutto vero ma non pertinente. Nella replica di Putin mancava infatti l’osservazione più ovvia e più importante, e cioè la constatazione del nonsenso di un presidente USA che brucia i suoi rapporti e la sua credibilità personale nei confronti del suo omologo a capo dell'altra grande potenza nucleare, la Russia appunto. Persino se Putin fosse realmente il super-assassino descritto da Biden, egli rimane comunque il capo di una potenza nucleare con cui sarebbe inevitabile trattare in caso di crisi internazionale.
Tagliando i ponti diplomatici con Putin, Biden ha infatti indirettamente ammesso di non essere lui il vero referente della politica estera USA, ma di svolgere una mera funzione di propagandista. Come era prevedibile, dopo il cialtrone Trump, abbiamo ora anche un cialtrone Biden.
Biden probabilmente spera così di ottenere la benevolenza degli apparati, e che questi gli lascino mano libera almeno nella gestione dei miliardi di dollari con cui sta drogando l’economia.
Per Putin questo “ritiro” di Biden dalla gestione della politica estera non è una buona notizia, e non tanto per i rischi di conflitto che ciò comporta. “Bruciando” se stesso, Biden ha bruciato anche Putin: visto che i rapporti tra superpotenze nucleari dovranno comunque continuare, vorrà dire che queste relazioni si svolgeranno a livello di apparati e non più di capi di Stato. Come negli scacchi, si è sacrificata la pedina Biden per mettere sotto scacco il “re” Putin.

I precedenti storici non sono tranquillizzanti per Putin. Mentre Gorbaciov negoziava con Reagan e con Bush senior, le vere trattative si svolgevano già a livello di apparati. Gorbaciov si ritrovò quindi estromesso dal potere da parte della sua creatura, la multinazionale energetica russa Gazprom, formata in gran parte da ex agenti del KGB. Fu Gazprom ad attuare lo smantellamento dell'impero sovietico, allo scopo di trasformare gli ex sudditi in clienti, in compratori del petrolio e del gas estratti in Russia.
Putin non è un manichino come i politici occidentali, anzi, è un tipo navigato, emerso da una lotta di potere in cui ci si giocava anche la pelle. Putin però non è neppure un dittatore, bensì un mediatore tra i soli due poteri che contano veramente in Russia: Gazprom e l’esercito. In questa funzione di mediazione Putin sta fallendo, e la perdita dell’influenza sull’Ucraina nel 2013 è il risultato di questo fallimento.

Per difendere i propri confini occidentali, la Russia ha assoluto bisogno di una Ucraina alleata o, quantomeno, benevolmente neutrale, come l’attuale Bielorussia. Il colpo di Stato della NATO a Kiev nel 2013 ha invece stravolto questa prospettiva. L’annessione russa della penisola di Crimea ha rappresentato un’operazione di recupero, per salvare il salvabile almeno nel Mar Nero; ma i confini occidentali della Russia rimangono comunque scoperti ed esposti alla crescente aggressività della Polonia, diventata la punta di lancia della NATO.
La sopravvivenza della Russia imporrebbe la necessità di usare le forniture di petrolio e di gas come mezzi diplomatici per recuperare l'alleanza con l’ex provincia imperiale dell'Ucraina. Al contrario, Gazprom continua a trattare l’Ucraina da cliente moroso e persino da concorrente.
Nel 2008 Gazprom arrivò all’assurdo di pretendere dall’Ucraina il pagamento di un miliardo e mezzo di dollari per le forniture di petrolio e di gas, innescando una crisi politica. Oggi i rapporti tra Gazprom e l'azienda energetica ucraina sono più articolati, ma lasciano spazio all’inserimento dell’Unione Europea nei contenziosi che continuano a determinarsi. La strumentale rappresentazione della stampa occidentale di questi conflitti è improntata alla fittizia contrapposizione tra le pratiche di corruzione e disinformazione di Gazprom e la presunta logica di “Mercato” e di “innovazione” dell'Unione Europea. Al di là delle narrazioni propagandistiche del Sacro Occidente, rimane il paradosso di un Cremlino che persiste nel lasciare a Gazprom la gestione delle questioni energetiche con l'Ucraina, come se si trattasse di una mera faccenda di affari e non di una questione di vita e di morte per la Russia.

L’evidenza è che ormai Gazprom abbia una propria agenda diplomatica e che subordini l’integrità territoriale della Russia ai propri profitti. Ciò spiegherebbe anche la sicumera e l'arroganza degli apparati statunitensi nel trattare con la Russia. Con tutta probabilità gli USA non puntano ad una guerra aperta con la Russia; una scelta che comporterebbe troppi rischi. Gli USA contano invece sulla prospettiva che gli interessi di Gazprom conducano ad un’implosione anche della Federazione Russa, così come è già avvenuto per l’Unione Sovietica.
Se ne deduce che gli affari e la stessa esistenza di Gazprom, dopo essersi rivelati incompatibili con l’impero sovietico, diventano adesso sempre meno compatibili con la sopravvivenza stessa della Russia. La resa dei conti tra Gazprom e l'esercito potrebbe quindi essere imminente; e, quale che ne sia l’esito, sicuramente la funzione di mediazione di Putin risulterebbe a quel punto superflua.