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LA MAGISTRATURA NAPOLETANA È COME GIOVANNI BATTISTA
Di comidad (del 25/12/2008 @ 00:36:31, in Commentario 2008, linkato 5656 volte)
Il modo in cui i media hanno narrato l’inchiesta giudiziaria della magistratura napoletana, dimostra che il concetto di “notizia” non soltanto è del tutto dissociato dai fatti realmente accaduti, ma ormai non ha più niente a che vedere persino con i fatti riportati nella notizia stessa. Accade così che negli articoli e servizi radio-televisivi in cui si celebra la marcia trionfale dei magistrati napoletani, che starebbero sgominando le schiere degli amministratori corrotti, si ammetta poi tranquillamente che quegli eroici magistrati non hanno ancora raggiunto nessuna prova, e che perciò sperano che qualcuno degli indagati si decida a confessare.
Con incredibile faccia tosta, alcuni giornali sono arrivati a presentare come uno scoop le trascrizioni di intercettazioni in cui un assessore definiva “scema” il sindaco Jervolino. Trattandosi di un personaggio come la Jervolino, l’uso di un epiteto come “scema” indica semmai un linguaggio controllato e addirittura riguardoso.
Si prenda in considerazione l’ipotesi contraria: cosa si sarebbe pensato se dall’intercettazione fossero uscite dichiarazioni di stima nei confronti del sindaco? Chi mai non avrebbe pensato immediatamente che la persona che pronunciava quelle parole di apprezzamento nei confronti della Jervolino, non stesse mentendo proprio perché a conoscenza del fatto di essere ascoltata dai magistrati?
Tutta la questione delle intercettazioni si sta rivelando un grande diversivo e, non a caso, è diventata il tema mediatico che oggi Berlusconi sta cavalcando di più. La realtà, infatti, è che sino ad oggi non risultano casi in cui qualcuno abbia confessato telefonicamente i suoi crimini, proprio perché il rischio di essere ascoltati da estranei costituisce un’eventualità scontata per chiunque.
In realtà decenni di inchieste giudiziarie hanno fatto sì che gli amministratori locali si siano scaltriti e ben difficilmente lascino tracce delle loro malversazioni. Che uno come Ottaviano Del Turco sia stato incastrato lasciandosi beccare con le mani nel sacco, non è indicativo di un costume generale, ma solo del fatto che lo stesso Del Turco credeva che la sua fama di integrità lo potesse esimere dall’adottare le normali regole di cautela degli altri suoi colleghi.
La realtà è che oggi la magistratura napoletana sta agendo in base ad una mera presunzione di colpevolezza, che è certamente realistica, ma non trova il riscontro di dati documentali. Anche il “suicidio” dell’assessore Nugnes è stato archiviato in base ad una presunzione di colpevolezza: “se fosse stato innocente, non si sarebbe ucciso”. Ma perché dare per scontato che si tratti di un suicidio?
In effetti, se la vicenda di Nugnes fosse accaduta in Libia, a Cuba o in Zimbabwe, allora Amnesty International avrebbe già messo su a riguardo un dossier alto come una casa; ma Nugnes è stato suicidato in Italia, e quindi sono scattati i tipici meccanismi dell’ auto-indulgenza “occidentale”, che stabiliscono aprioristicamente che certe cose possono accadere sotto le “dittature”, ma non qui.
L’intervento della magistratura non può essere perciò considerato un atto dovuto in seguito a precise notizie di reato, ma costituisce un attacco alle giunte di Jervolino e Bassolino, per spingerle a dimettersi. Queste pressioni non provengono solo dalla destra, ma anche dai partiti del centro-sinistra: Veltroni ha sposato - come era prevedibile- la causa dei giudici, ma anche il segretario del PRC Ferrero si è pronunciato per un “azzeramento” delle giunte di centro-sinistra.
Gli intenti di Veltroni e Ferrero appaiono troppo nobili per essere credibili, tanto che viene il sospetto che anche loro siano stati costretti a subire delle pressioni. In particolare, uno che fa il segretario di un partito che si dichiara comunista, avrebbe dovuto riflettere prima di accondiscendere a campagne pseudo-moralistiche di cui non sono chiari i moventi e gli esiti.
In Campania lo spazio lasciato all’amministrazione locale si è già quasi azzerato, poiché gran parte delle competenze è stata attribuita a “commissari” di vario tipo: commissariato all’emergenza rifiuti, commissariato all’emergenza traffico, ecc.
Le amministrazioni locali saranno malsane e corrotte finché si vuole, ma hanno dei limiti legali precisi, cioè cose che la legge non gli consente di toccare. Le giunte comunali precedenti hanno potuto privatizzare l’azienda municipalizzata dell’acquedotto napoletano, per cui la vecchia AMAN è divenuta l’attuale ARIN, con la conseguenza che il gigantesco patrimonio immobiliare della vecchia municipalizzata è passato senza colpo ferire in mani private (non ci risultano inchieste giudiziarie a riguardo; anzi ci sono mai state inchieste giudiziarie sulle privatizzazioni?).
D’altra parte le giunte comunali non hanno potuto sinora toccare il patrimonio immobiliare più grande di tutti, cioè quello dello stesso Comune: un patrimonio sterminato, di valore incalcolabile. Ciò non per cattiva volontà, ma perché la normativa attuale non lo consentirebbe. Ma un ulteriore commissariamento governativo delle attività dell’amministrazione napoletana creerebbe facilmente i varchi legali per attuare questo proposito.
Mentre il governatore Bassolino è presentato, giustamente, dalla stampa come un criminale, il commissario all’emergenza rifiuti, Bertolaso, è celebrato dalla stessa stampa come un eroe, il che induce logicamente a ritenere che il criminale più pericoloso sia proprio lui; come confermano anche tutti i misteri che girano attorno al business delle discariche campane. Tutto fa pensare che l’inchiesta della magistratura sia stata sollecitata dai soliti potentati affaristici per consentire l’arrivo a Napoli di un altro Salvatore della città.
La magistratura interpreta la parte del Giovanni Battista che prepara la strada ad un nuovo messia, quindi per questo Natale altri saccheggi del territorio e del patrimonio pubblico sono già in vista.