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GHEDDAFI OSTAGGIO DELL’AFFARISMO
Di comidad (del 10/09/2009 @ 01:47:01, in Commentario 2009, linkato 1437 volte)
Il regime libico viene qualificato come “dittatura”, dato che non è abbastanza ricco da permettersi il complesso sistema di pubbliche relazioni che consente di ammantarsi di quella mistificazione detta “democrazia occidentale”. D’altro canto, il regime libico è invece abbastanza ricco da divenire oggetto di estorsioni da parte dei regimi “democratici”; anzi, nessuno deve considerarsi troppo povero da non poter accedere all’onore di essere derubato dai ricchi.
Gheddafi è stato infatti individuato, senza prove, come mandante dell’attentato avvenuto sopra la cittadina scozzese di Lockerbie nel 1988, contro un aereo della Pan Am. Con questo pretesto, per ordine degli Stati Uniti, la Libia è stata tenuta dall’ONU sotto sanzioni economiche, finché non si è decisa a sborsare una grossa cifra a titolo di “risarcimento”. Un cittadino libico è stato inoltre tenuto sotto sequestro per anni dalle autorità britanniche, come condanna per aver eseguito la strage; una condanna ottenuta attraverso un processo basato su quelli che nel ‘600 erano chiamati “testimoni della corona”, cioè agenti segreti britannici che potevano esporre le proprie accuse senza qualificarsi e senza essere sottoposti a contraddittorio. E tutto ciò è avvenuto non nella Corea del Nord, ma nella civile Gran Bretagna, quindi senza le indignate segnalazioni di Organizzazioni Non Governative specializzate nella difesa dei diritti umani (diritti umani delle multinazionali).
Il libico sequestrato è stato infine liberato il 20 agosto ultimo scorso dalle autorità britanniche, ufficialmente con pretesti umanitari, in realtà perché Gheddafi ha pagato un vero e proprio riscatto per il suo rilascio. Una presunta accoglienza calorosa riservata in Libia all’ostaggio rilasciato, ha però suscitato la reazione di “disgusto” del presidente USA Obama, e di conseguenza, anche tutti i media “occidentali” si sono aggiunti al coro delle condanne.
La storiella raccontata dai media ha sfidato ogni livello di credulità, eppure è stata creduta. L’Occidente, come sempre troppo buonista, avrebbe scarcerato un terrorista colpevole di strage perché malato terminale di cancro, e l’ingrato Gheddafi, invece di cospargersi il capo di cenere, avrebbe accolto quel terrorista come un eroe. Sono gli stessi media che si sono ben guardati dal riferire che Gheddafi ha sì pagato il “risarcimento”, ma dichiarando pubblicamente che lo faceva solo perché costretto dalle sanzioni, e non perché avesse qualcosa a che fare con Lockerbie.
Sono inoltre gli stessi media che hanno taciuto sulle notizie che filtravano sul ruolo svolto nell’attentato di Lockerbie dai conflitti interni alla CIA per il controllo del narco-traffico tramite aerei civili.
Il messaggio rivolto a Gheddafi con questa campagna mediatica risulta piuttosto chiaro: sebbene ammesso nuovamente, per la porta di servizio, come soggetto attivo nel club internazionale degli affari, il leader libico deve ricordarsi della sua condizione di sottomissione, magari mascherandola con qualche spacconata, ma accontentandosi di incontrare solo “leader occidentali” di livello molto inferiore, come Berlusconi. Il Presidente del Consiglio italiano è infatti abbastanza isolato e screditato da risultare utile per contatti affaristici che non coinvolgano l’icona immacolata del sacro “Occidente”.
Il livore razzistico che i media “occidentali” riservano a Gheddafi, non deve far perdere di vista la condizione di asservimento coloniale a cui oggi il leader libico è ridotto. Tale condizione di servilismo risulta particolarmente evidente sulla questione dell’emigrazione, dove Gheddafi si sta di fatto adoperando per sostenere la mistificazione che descrive un Occidente assediato dai bisognosi del pianeta.
In questa falsa immagine, il sedicente “Occidente” sarebbe al massimo colpevole di egoismo, che contrasterebbe col suo consueto eccessivo buonismo. Viene così occultato il ruolo che le multinazionali finanziarie svolgono nel traffico di esseri umani, dato che i migranti sono costretti ad affidarsi agli umano-trafficanti per poter saldare i debiti contratti in patria con agenzie finanziarie. Tutto il legame causale che esiste tra la finanziarizzazione, il credito ai consumi, da un lato, e il traffico di esseri umani dall'altro, viene così occultato dai media.
Il pan-arabismo che Gheddafi esibiva negli anni ’70, ormai è solo un ricordo e le celebrazioni del quarantennale del regime libico non fanno altro che rendere più patetico quel ricordo. Oggi Gheddafi è costretto ad accontentarsi del suo status di satrapo locale, ed anche se non c’è nessuna prova che il leader libico approfitti di questa condizione per accumulare lussi e ricchezze personali, non c’è neppure dubbio che egli si sia ridotto a fare da ostaggio nelle mani degli affaristi sia occidentali che del proprio Paese.
Un bilancio equo dell'esperienza di Gheddafi deve però anche tenere conto del fatto che ogni suo timido tentativo di allentare la morsa del colonialismo sul proprio Paese, non ha mai trovato nessun sostegno, neppure morale, nella sinistra "occidentale", sempre legata al pregiudizio razzistico secondo cui per opporsi al colonialismo occorra esserne "degni". Insomma, è il solito sofisma della psico-guerra, per cui gli Americani sono perfetti, e se sbagliano è solo per eccesso di buone intenzioni, perciò si ha il diritto di difendersi dalle loro aggressioni solo quando si è più perfetti di loro; quindi mai.