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BERLUSCONI ATTACCA L’IRAN PER COLPIRE L’ENI
Di comidad (del 18/02/2010 @ 01:05:47, in Commentario 2010, linkato 1726 volte)
Per mesi ci si è raccontato che Berlusconi si trovava al centro di un’offensiva da parte dei giudici italiani e della stampa estera a causa della sua politica a favore dell’indipendenza energetica dell’Italia. Per sostanziare meglio questa fiaba, si è arrivato ad attribuire a merito dello stesso Berlusconi l’accordo per il gasdotto South Stream dell’ENI con la Russia, ed anche una serie di contratti dell’ENI con la Libia. Si è tirata in ballo la presunta amicizia personale fra Berlusconi e Putin, ed un altrettanto presunto feeling con Gheddafi; amicizie e feeling che però non erano stati necessari a Prodi quando aveva avviato lui tutti quegli accordi già nel 2006, appena insediatosi alla presidenza del Consiglio.
A smentire clamorosamente la fiaba, ci ha pensato lo stesso Berlusconi durante il suo recente viaggio in Israele, allorché ha annunciato un prossimo ritiro dell’ENI dall’Iran, inoltre con una immediata riduzione del giro d’affari di tutte le aziende italiane in quel Paese. L’ENI è stato privatizzato oltre dieci anni fa, quindi ora è una SPA e non dipende dal Presidente del Consiglio, che non aveva nessun titolo per fare di quegli annunci o dare quelle disposizioni, che ora impedirebbero all’ente energetico italiano di intrattenere affari con il Paese che dispone delle maggiori risorse di gas di tutto il pianeta. In tal modo, Berlusconi è riuscito a smentire in un colpo solo ben due fiabe: la fiaba che lo celebrava come un campione dell’indipendenza energetica italiana, ed anche la fiaba più fiaba di tutte, quella del "libero mercato".
A sostegno delle parole del suo Presidente del Consiglio, il ministro degli Esteri Frattini ha addirittura promesso al governo israeliano che il presidente dell’ENI, Scaroni, andrà a Gerusalemme per rassicurare Israele circa i futuri rapporti tra l’Iran e l’ente energetico italiano. Lo stesso Frattini si è incaricato di tenere caldo il fronte polemico con l’Iran, arrivando ad inventarsi un assalto di miliziani iraniani contro l’ambasciata italiana a Teheran. I telegiornali hanno anche diffuso un video che documenterebbe quel cosiddetto assalto, narrato dal ministro degli esteri durante un’audizione in senato. In realtà nel video si vedono, per pochi secondi, solo dei poliziotti che fronteggiano pochissimi manifestanti, e niente dimostra che le immagini siano state riprese davanti all’ambasciata italiana; il piatto forte del video consiste perciò in una logorroica intervista a Frattini, che rinnova le sue provocazioni verso il governo iraniano.
A detrimento dei toni accesi di Frattini, il governo iraniano non solo ha mantenuto un bassissimo profilo nei confronti delle provocazioni di Berlusconi, ma ha anche smentito che sia in atto un ritiro dell’ENI dall’Iran. Neppure la stampa internazionale ha avallato il racconto di Frattini, ed il “New York Times” si è limitato a riportare che “L’Italia dice” (“Italy says”) che ci sia stato un tentativo di assalto, ma niente di più.
Gli appoggi a Berlusconi sono giunti invece - e come sempre - da sedicenti avversari. Il 6 febbraio il quotidiano “il Manifesto” pubblicava un appello a favore della “democrazia” in Iran, cioè in appoggio ai tentativi di colpo di Stato che gli ayatollah Mousavi e Rafsanjani stanno compiendo in Iran con il sostegno statunitense. Pochi giorni dopo, l'11 febbraio - in coincidenza con l'anniversario della rivoluzione iraniana - la CGIL, la CISL e la UIL riscoprivano l’unità sindacale solo per sottoscrivere un analogo appello contro l’attuale regime iraniano, invocando sanzioni economiche "mirate" contro di esso. Queste sanzioni favorirebbero gli interessi delle multinazionali anglo-americane, ma non quelli dell'’ENI, che si trova ora messo in difficoltà da questa criminalizzazione del regime iraniano.
Probabilmente Berlusconi cerca di accreditarsi presso il Fondo Monetario Internazionale come l’uomo adatto a mettere in ginocchio il gruppo dirigente dell’ENI, in modo che le quote azionarie dell’ente vengano cedute alle multinazionali anglo-americane. Il FMI aveva fatto capire di preferire Gianfranco Fini per questa missione, non perché ritenesse Berlusconi troppo “indipendente”, semmai troppo dipendente da farmaci e droghe per risultare mentalmente in grado di fronteggiare un potentato come l’ENI, dotato di risorse finanziarie illimitate e di storici agganci nei servizi segreti e nelle Forze Armate.
Potrebbe non essere una coincidenza il fatto che il terremoto giudiziario che ha investito in questi ultimi giorni la Protezione Civile abbia giovato all'ENI, diminuendo la pressione politica e mediatica nei suoi confronti. Se c'era qualcuno che aveva un immediato interesse a far scoppiare oggi lo scandalo, questo qualcuno era l'ENI, che ha visto così allentarsi l'accerchiamento della propaganda americo-sionista. Solo in base ad una concezione idealizzata dell'attività giudiziaria si potrebbe obiettare che le indagini e le intercettazioni sulla Protezione Civile dovevano essere in atto da molto tempo prima. In realtà le intercettazioni ci sono continuamente e vengono effettuate dai servizi segreti; le inchieste giudiziarie si avviano quando queste intercettazioni le si vuole utilizzare.
Bloccare la privatizzazione della Protezione Civile va a colpire direttamente gli interessi della Impregilo, che è la multinazionale prediletta da Berlusconi. La lista dei regali fatti da questo governo all’Impregilo è praticamente infinita: va dagli appalti per lo smaltimento dei rifiuti in Campania, sino agli appalti per la ricostruzione in Abruzzo, e persino alla cessione dei beni demaniali nelle province di Reggio Calabria e Messina; anche gli appalti per le centrali nucleari vedono la Impregilo in prima fila, per non parlare poi della Protezione Civile SPA, che dovrebbe avere questa multinazionale edilizia come appaltatore privilegiato.
Anche per l’attuale scandalo che ha colpito la Protezione Civile, si è tirata fuori la storia della vendetta americana contro Guido Bertolaso per le sue dichiarazioni di Haiti contro i mancati soccorsi USA; quindi anche Bertolaso si trova ora nel pantheon degli eroi dell’indipendenza italiana e vittime del colonialismo americano, come già Craxi e Berlusconi. Pare che la storia del Bertolaso vittima degli Americani abbia trovato asilo anche su media iraniani, il che dovrebbe far capire come la disinformazione colpisca a larghissimo raggio.
In realtà Berlusconi non solo non ha mai contrastato il colonialismo statunitense, ma ne è sempre stato un agente; mentre Craxi non venne fatto fuori per la storia di Sigonella, ma perché era a capo del vecchio sistema dei partiti, diventato un ostacolo oggettivo alle privatizzazioni, poiché traeva le sue maggiori fonti di finanziamento dalle Partecipazioni Statali. Nella vicenda di Sigonella ebbe una parte rilevante anche l'allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giuliano Amato, un agente del FMI infiltrato nel Partito Socialista e divenuto strettissimo collaboratore di Craxi. Manco a dirlo, fu il primo governo di Giuliano Amato, tra il 1992 ed il 1993, a dare il via alle privatizzazioni a tappeto. Per i suoi meriti nel campo delle privatizzazioni, il 6 febbraio ultimo scorso - appena dodici giorni fa - Giuliano Amato è stato nominato senior advisor della Deutsche Bank in Italia, a dimostrazione che nella sua biografia politica di "socialista" qualche dettaglio poco chiaro c'è.
Il vero gruppo dirigente degli Stati Uniti è costituito dai vertici della Federal Reserve e del Fondo Monetario Internazionale, e questi non hanno come movente le generiche vendette, ma il denaro. In questo senso, gli anni di Bertolaso alla Protezione Civile hanno preparato il terreno all’ingresso delle multinazionali anche in settori dove era impensabile che si insediassero.
Ancora un mese prima della privatizzazione della Protezione Civile - decisa il natale ultimo scorso -, quando era già deciso che Bertolaso sarebbe stato il presidente della nuova SPA, questi si dichiarava pubblicamente contrario alle ipotesi di privatizzazione; ciò per fare in modo che il colpo potesse essere messo a segno dal governo nel silenzio più assoluto. Bertolaso aveva ipocritamente recitato la sua parte di funzionario integerrimo sino in fondo, e soltanto lo scandalo ha messo allo scoperto i progetti di privatizzazione della Privatizzazione Civile.
Resterebbe però ancora da chiarire perché delle testate giornalistiche di "sinistra", come "Report" e "La Repubblica", abbiano contribuito in modo decisivo dal 2007 al 2009 a costruire la santa icona di Bertolaso. Forse ce lo potrebbe spiegare Giuliano Amato.