\\ Home Page : Articolo : Stampa
IN RICORDO DI KURT VONNEGUT: RIFLESSIONI SU "MADRE NOTTE"
Di comidad (del 22/04/2007 @ 14:13:22, in Testi di riferimento, linkato 7542 volte)

"Questo è l'unico dei miei racconti di cui conosca la morale. Non è una morale meravigliosa, non credo; si dà soltanto che io sappia di quale morale si tratti: noi siamo quel che facciamo finta di essere, sicché dobbiamo stare molto attenti a quel che facciamo finta di essere.
… Suppongo che se fossi nato in Germania, sarei stato nazista, e avrei massacrato ebrei, zingari e polacchi, lasciando sporgere i loro stivali dai cumuli di neve, riscaldandomi all'idea della mia segreta virtù. Così è la vita."
Kurt Vonnegut (dall'Introduzione a "Madre notte")

 

La morte di Kurt Vonnegut ci costringe a rintracciare note e appunti e a deciderci a dire la nostra su questo scrittore, non per obbedire al, peraltro rispettabile, rituale delle celebrazioni; ma perché questo evento è diventato l'occasione per i media per riapplicare a Vonnegut l'etichetta di scrittore satirico.

"Satira" è una definizione al tempo stesso riduttiva e generica se applicata a Vonnegut. La satira può basarsi sia sulla demistificazione, sia al contrario sulla riaffermazione dei luoghi comuni. Vonnegut è stato invece un demistificatore, e spesso la sua demistificazione ha avuto un effetto satirico, ma si tratta appunto di un effetto secondario.

Vonnegut ha dimostrato che lo scetticismo antropologico costituisce un'arma contro la sopraffazione, che le pretese del dominio e le pretese dell'umanesimo spesso si identificano. Idealizzare l'uomo è diventata una delle principali tecniche per sottometterlo e umiliarlo. Vonnegut  persegue un umanitarismo senza umanesimo, una difesa degli esseri umani senza illusioni su di loro, comprendendo quanto sia labile la loro identità e la loro consapevolezza di sé.  

L'umanesimo dell'800 contrapponeva l'Uomo a Dio, proponeva una divinizzazione dell'Uomo per congedare Dio. Oggi si deve ammettere che la maggiore obiezione all'esistenza di Dio è costituita proprio dalla constatazione di quanto faccia schifo l'umanità. Non può più valere la pretesa cristiana di giustificare l'esistenza del Male con la libertà che Dio avrebbe concesso all'Uomo, perché l'entità del Male che gli esseri umani possono esprimere è tale, che la sua responsabilità non potrebbe non ricadere su chi li avesse creati.

L'idealizzazione dell'Uomo è sostenuta  soltanto tramite la continua creazione propagandistica di "nemici dell'umanità", di mostri inumani, che consentano all'opinione pubblica di continuare a sostenere la finzione di una propria inconsistente superiorità morale.

Vonnegut ha adoperato il romanzo per tracciare dei modelli particolareggiati - dei paradigmi - del funzionamento dei meccanismi di potere. In uno dei suoi romanzi meno noti, "Madre notte" del 1961,  Vonnegut  racconta una storia che ha come protagonista uno scrittore americano - un drammaturgo di talento - che, nel corso della seconda guerra mondiale, accetta di diventare un agente infiltrato nelle file dei nazisti.

Howard W. Campbell jr. come personaggio ricalca la vicenda di molti altri scrittori che, come lui, nel corso del '900 si sono lasciati affascinare dall'avventura di diventare agenti segreti. Campbell - come D'Annunzio, o il colonnello Lawrence, o Silone, o Malaparte - è il tipico intellettuale decadente che vuol fare della sua vita un'opera d'arte, ed è quindi il candidato ideale per farsi reclutare dai servizi segreti.

Come Lawrence d'Arabia, Campbell è più di un semplice infiltrato, è un colonizzatore del campo avverso, al quale fornisce idee e motivazioni. In effetti Campbell non sa nulla di preciso del suo vero ruolo di agente. Diventa uno dei principali esponenti della propaganda nazista, affabula milioni di ascoltatori con i suoi discorsi antisemiti alla radio, e crede di far tutto ciò per passare informazioni agli Stati Uniti attraverso un codice segreto.

Alla fine del romanzo, vediamo Campbell in Israele, in attesa di essere processato come criminale nazista. Suo accusatore, un altro criminale nazista, che egli scopre però essere stato un infiltrato come lui, addirittura un agente antinazista di origine ebraica, ora in forza ai servizi segreti israeliani.

Anche Campbell avrebbe l'occasione di essere "riabilitato", poiché l'agente americano che lo ha reclutato sarebbe disposto, disobbedendo agli ordini dei suoi superiori, a testimoniare a suo favore. Campbell però si suicida prima. Il finale è ambivalente: Campbell ha preferito la morte perché tormentato dal rimorso, o perché non  ha sopportato la ulteriore vergogna della rivelazione di essere stato un simulatore?

Il suicidio di Campbell è una protesta contro la sua umana condizione di manipolatore rivelatosi a sua volta manipolabile, sino ad aver perduto qualsiasi traccia di una presunta identità originale.

Campbell ha fatto qualcosa di più che fornire informazioni ai suoi reclutatori: ha lavorato per confezionare per loro un avversario su misura, ha contributo cioè a creare quel mostro nazista che era funzionale all'intervento militare statunitense in Europa. Per passare semplicemente informazioni non occorreva un drammaturgo, ma per creare i personaggi di una rappresentazione serviva proprio un drammaturgo.   

Vonnegut vuol dimostrare che l'informazione è solo un'attività secondaria dei servizi segreti, la loro principale funzione è l'invenzione. Il colonnello Lawrence inventò la nazione araba, cosi come altri agenti anglo-americani riuscirono dal 1917 in poi ad inventare l'antisemitismo tedesco. Curzio Malaparte, nel romanzo "La pelle", rappresentò una Napoli corrotta che non era ancora reale, ma era però nei programmi dei colonizzatori americani per cui lavorava.

Il vero agente segreto non è un automa, ma è un creativo. Anche se il suo ruolo  non è del tutto consapevole, e si fraziona  all'interno di una catena di montaggio della mistificazione, l'agente segreto non si limita mai al riportare i fatti, egli determina i fatti. L' "Intelligence" è l'alibi degli apparati adibiti alla provocazione.   

Il prototipo dell'agente segreto viene comunemente riconosciuto in James Bond, mentre in effetti dovrebbe essere individuato nel suo autore Ian Fleming, che fu effettivamente agente dell'Intelligence Service britannico e consulente della Cia. Come un "creativo" della pubblicità, Fleming ci ispira falsi bisogni instillandoci false paure.

Quando un pubblicitario ci vende una scatoletta di tonno, non svolge davvero la sua funzione, perché fa leva su un'utilità e non fa altro che ricordarci che per quello scopo utile c'è anche quel prodotto oltre che quell'altro. Quando invece il pubblicitario ci fa provare terrore per gli acari, allora può indurci a comprare qualcosa che altrimenti non avremmo mai comprato.

Gli acari sono esseri minacciosi quanto invisibili che allignano fra noi, così come gli Ebrei negli anni '30 o i terroristi islamici oggi. Al Qaeda è come la Spectre dei romanzi di Fleming - così come Bin Laden è ricalcato sul dottor No o su Goldfinger -, non  è qualcosa di visibile come uno Stato, ma  è solo un fantasma che può essere evocato a piacimento.

Gli anni '60 furono gli anni del boom di James Bond e, mentre tutti erano impegnati a guardare la luna, Vonnegut, contrariamente al saggio cinese, ci suggeriva con "Madre Notte" di osservare invece il dito che la indicava. Attenti non a Bond, ma a Fleming.

Umberto Eco, nel suo saggio su Ian Fleming - che si trova nel libro "Il superuomo di massa" - attribuisce a questo autore una mera motivazione di intrattenimento. Fleming ricorrerebbe, secondo Eco, ad un'ideologia manichea per costruire fiabe in cui il Bene ed il Male, il bianco ed il nero siano evidenti.

Qui sembra che Eco voglia sottrarsi all'accusa di essere un ideologo del complottismo, un'accusa che, per un intellettuale accademico come lui, rappresenterebbe la morte civile. In realtà Eco sa benissimo che le fiabe non sono manichee, sono ambigue. Lo sapeva anche Walt Disney che si preoccupò di rendere la Regina Cattiva più attraente per i bambini di quanto non risultasse Biancaneve.

Inoltre James Bond non rappresenta il Bene, è solo il supercriminale idoneo a far fuori dei criminali. La dimensione fantastica ed iperbolica dei romanzi di Fleming serve a coprire il vero messaggio, che si insinua con naturalezza nella mente dei lettori e degli spettatori: Bond è la soluzione drastica ad un problema urgente, ad un'emergenza. Ciò che Fleming vuole ottenere è di convincerci che l'agente segreto affronta le emergenze, mentre invece nella realtà è egli stesso a crearle.

Howard W. Campbell jr. non fa parte di un generico "complotto", ma è lo strumento di una guerra coloniale. Anche Fleming è un colonizzatore, poiché abitua i popoli colonizzati a non ragionare in base alle minacce concrete ai propri interessi, ma gli insegna a temere oscure minacce verso categorie astratte, come il Mondo, l'Occidente o l'Umanità, categorie che coprono ovviamente gli interessi dei colonizzatori.


Comidad 22 aprile 2007