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RUSSIA: IL RISVEGLIO DELL'IMPERIALISMO DEBOLE
Di comidad (del 06/03/2014 @ 01:31:40, in Commentario 2014, linkato 2646 volte)
Sarebbe lecito chiedersi cosa avremmo saputo dell'attuale situazione in Ucraina nell'epoca pre-internet, quando l'informazione dipendeva ancora per intero dai giornalisti. Oggi siamo venuti a conoscenza del ruolo decisivo svolto dalle formazioni naziste nella "rivolta"/colpo di Stato di Kiev, mentre nell'Ungheria del 1956 di nazisti non v'era alcuna traccia, sebbene le Croci Frecciate ungheresi avessero costituito sino ad undici anni prima il secondo partito nazista per consistenza di massa dopo quello tedesco. Senza internet, un nuovo Indro Montanelli ci narrerebbe forse la "realtà" di una piazza ucraina composta esclusivamente da popolo ed operai assetati di libertà e diritti umani, e tutti noi dovremmo confrontarci con quella "realtà".
Nonostante la inconsueta prudenza di commentatori di solito inflessibilmente occidentalisti, come Barbara Spinelli, altri commentatori invece non hanno rinunciato allo scontato, quanto pretestuoso, paragone fra Putin ed Hitler, presentando l'invasione della Crimea alla stregua di quella dei Sudeti del 1938. Per altri commentatori della destra "antagonista", l'attuale perfomance militare russa ha invece rinfocolato le speranze di un Putin campione della lotta contro l'imperialismo americo-sionista. Questa seconda ipotesi si rivela altrettanto irrealistica della prima, e si basa su una evidente sopravvalutazione del personaggio.
Non che Putin sia paragonabile ai fantocci teleguidati che popolano la scena politica europea. Anzi, Putin si è sempre dimostrato abbastanza "tosto" da riuscire a barcamenarsi tra i due poteri reali che agiscono in Russia: Gazprom e le forze armate. Ciò che manca al personaggio non è né il coraggio fisico, né la collaborazione di ghost writer molto migliori di quelli di Obama, bensì un progetto politico che non si limiti a far coesistere giorno per giorno l'affarismo delle oligarchie commerciali del gas e del petrolio con l'integrità territoriale della Russia.
Si riscopre oggi l'imperialismo russo, ma si tratta di un pleonasmo, dato che la Russia è, per costituzione storica e per esigenza pratica, un impero; e tale ha continuato ad essere anche sotto l'orpello ideologico del socialismo. La Russia attuale appare come un impero ridimensionato e privato delle sue storiche appendici dell'Ucraina, della Bielorussia e della Georgia. La lettura della storia sovietica con il filtro del "vittimacomunismo" ha fatto dimenticare che molte delle etnie che oggi si presentano come oppresse, esprimevano in effetti i massimi livelli della dirigenza politica dell'URSS: Stalin e Beria erano georgiani, mentre Zdanov, Krusciov e Breznev erano ucraini. Fu proprio Krusciov ad assegnare nel 1954 la Crimea russofona alla Repubblica dell'Ucraina, in quella che allora apparve come una redistribuzione in famiglia e che oggi invece è un casus belli.
Il problema dell'attuale imperialismo russo è però ancora quello dell'epoca dell'URSS o dello zarismo, e cioè che si tratta di un "imperialismo debole", che costa in termini militari molto più di quanto renda in termini commerciali. Nell'imperialismo statunitense il militarismo e l'affarismo delle multinazionali sono inestricabilmente intrecciati sotto la direzione di quel grande ministero delle Partecipazioni Statali che è il Pentagono. L'espressione "complesso militare-industriale" è talmente riduttiva da risultare fuorviante, poiché può far credere che si tratti di un aggregato informale e che riguardi solo il settore degli armamenti. Sotto la tutela del Pentagono si articola invece una cordata affaristica che si esprime in ogni settore, e che allarga la sua rete anche tramite la NATO ed i suoi tanti accordi di partnership militare con Paesi esterni al Patto Atlantico; accordi che hanno sempre risvolti affaristici a tutto tondo, compresi i business illegali. La forza attrattiva dell'imperialismo statunitense consiste perciò non solo nella sua potenza intrinseca, ma anche nella sua capacità di coinvolgere e calamitare tutti i gruppi affaristici del pianeta, che riconoscono negli USA il loro alleato naturale, e persino una sorta di ideale razziale. L'imperialismo USA rappresenta quindi una costruzione complessa, in cui l'azione e l'influenza, anche ideologica, dei tantissimi filoamericani risultano determinanti quanto quelle dell'oligarchia statunitense. L'eterno mito del presunto "declino" statunitense serve a mascherare questo dato di fatto.
Al contrario, la debolezza dell'imperialismo russo consiste nel non essere mai riuscito a saldare la funzione commercial-finanziaria con quella militare. La capacità attrattiva dell'imperialismo russo rimane scarsa, persino tra i popoli slavi; ed un certo razzismo anti-russo rientra nel "politically correct" di tutti i ceti intellettuali. Il successo delle manovre militari indette da Putin lo scorso anno è servito a rilanciare anche il business della vendita delle armi russe, ma Gazprom e le forze armate continuano ad esprimere interessi non conciliabili. Mentre i militari russi rivivono oggi i loro antichi giorni di gloria, nello stesso tempo le quotazioni azionarie di Gazprom crollano, a riprova che sono chiacchiere depistanti quelle dei commentatori che ci presentano un Putin in Ucraina a caccia delle "autostrade del gas".
Ma ciò è una riprova anche del fatto che Putin non ha ceduto a desideri di espansionismo territoriale, ma al pericolo di essere rovesciato da un colpo di Stato militare nel caso avesse abbozzato sull'annessione dell'Ucraina all'Occidente. Si tratta degli stessi timori di colpo di Stato che nel 2008 indussero Putin a consentire ai militari di invadere l'Ossezia.
La penisola di Crimea si trova al centro del Mar Nero. Chi controlla la Crimea, controlla il Mar Nero; e chi controlla il Mar Nero ha accesso a tutta la parte occidentale della Russia. Se le basi militari e navali russe della Crimea cadessero nelle mani della NATO, la Russia semplicemente non esisterebbe più; ed è esattamente ciò che vorrebbero il Dipartimento di Stato USA e le innumerevoli agenzie private di politica estera che operano in nome e per conto dell'imperialismo occidentale, a cominciare da quelle di George Soros.
Per quanto la NATO ci abbia abituato al suo avventurismo criminale, è molto difficile ritenere che avrebbe gestito tutta la vicenda ucraina in un modo così aggressivo e sfacciato, se non avesse contato su qualche "sponda" filoamericana all'interno della oligarchia commerciale russa, cioè tra quegli affaristi di Gazprom che sognano di ritagliarsi in un ex impero russo tante "Arabie Saudite" da gestire in partnership con gli Stati Uniti. Fondata da Gorbaciov, Gazprom divenne la centrale russa della lobby delle privatizzazioni, sino a quando nel 1992 Eltsin riuscì a privatizzarla effettivamente. Nel 2007 Gazprom avviò addirittura una privatizzazione dell'esercito, ma fu la guerra dell'Ossezia nel 2008 a ridimensionare questo piano, rilanciando il ruolo tradizionale dei militari.
Probabilmente la resa dei conti tra Gazprom e le forze armate russe è appena cominciata, e non è detto che Putin riesca a mantenere il suo ruolo di mediazione.