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LE VAMPIRIFORME DI VAMPIRENZI
Di comidad (del 25/09/2014 @ 00:04:45, in Commentario 2014, linkato 2040 volte)
Nelle scorse settimane è andato in scena lo psicodramma scozzese, con un referendum che, secondo la rappresentazione mediatica, avrebbe minacciato addirittura una disastrosa secessione del Regno una volta Unito. Il tutto però si è concluso con un immancabile "happy end", per la soddisfazione dei media e dei sedicenti "leader europei". Che la secessione scozzese costituisse un'opzione realmente sul tavolo, ci hanno creduto in molti. Infatti, ad onta delle continue smentite, il mito della "democrazia" e l'illusione dell'autenticità delle scadenze elettorali continuano a mietere vittime anche fra gli oppositori. Dovrebbe risultare evidente che se nel referendum scozzese vi fosse stata una seppur minima possibilità di vittoria del sì, lo stesso referendum non sarebbe stato consentito. Non si capisce perché il Regno Unito si sarebbe dovuto comportare con la Scozia diversamente da come si regola con l'Irlanda del Nord. Quanto a colonialismo, l'oligarchia britannica ha ben poco da imparare da chiunque.
Nella cosiddetta "democrazia occidentale" è però d'obbligo coltivare e consolidare nell'opinione pubblica la tendenza a sopravvalutare il ruolo del consenso sociale e dei "fattori interni" negli equilibri di potere. Per anni ci si è raccontato, ad esempio, che le scelte "rigoriste" della Merkel erano imposte dalla prossimità di scadenze elettorali regionali in Germania. Diventata insostenibile questa fiaba, si è oggi ripiegato sul mito del "Quarto Reich" tedesco sull'Europa, per perpetuare l'idea secondo cui l'attuale situazione europea sarebbe dovuta soprattutto a problemi interni alla stessa Unione Europea, e non allo sfacciato strapotere del Fondo Monetario Internazionale. In un raro momento di sincerità, la stessa Merkel era invece giunta al punto da chiedere al FMI di occupare direttamente la poltrona presidenziale della Unione Europea, senza la finzione di lasciarla ad una marionetta afflosciata come Juncker. La finzione democratica risulta però essenziale per rendere credibile, volta per volta, la litania fondomonetarista del Paese che "è vissuto al di sopra dei propri mezzi", e quindi sarebbe collettivamente colpevole, a causa delle sue "democratiche scelte", per le proprie sciagure finanziarie.
Questo tipo di messinscena prosegue all'interno dei vari Paesi, anche quando si tratta di approvare le cosiddette "riforme", compresa quella del lavoro, contrabbandata oggi in Italia col plagiario nome di "Jobs Act". Le insolenze di Renzi nei confronti dei sindacati hanno infatti lo scopo di attribuire a questi ultimi un potere di veto che certamente non detengono più da vari decenni, ammesso che l'abbiano mai avuto. Si cerca di far credere che i sindacati costituiscano una sorta di "potere forte" a guardia dei privilegi di categorie di lavoratori privilegiati (i "garantiti"). Insomma, si tenta di spacciare l'immagine di un Renzi all'assalto della Bastiglia sindacale. I sindacati stanno lì ormai solo per prestarsi al gioco delle parti, secondo un copione consolidato sin dai tempi del ministro Sacconi, anche lui maestro di insolenze. La CGIL ovviamente si atteggia come l'interlocutore più recalcitrante, mentre CISL e UIL interpretano la parte dei "responsabili", e si affrettano a rompere il "fronte" sindacale e ad offrire la loro collaborazione al governo. Una collaborazione di cui il governo non ha alcun bisogno. Se le "riforme" talvolta rallentano, è perché l'avidità delle lobby affaristiche supera di gran lunga la loro lucidità organizzativa. Intanto la propaganda ufficiale impazza, saccheggiando a pro delle lobby ogni slogan a disposizione. Con tutti gli espedienti del vampirismo linguistico, Renzi si mette persino ad imitare il Toni Negri degli anni '70 (il Toni Negri attuale imita ... Renzi), e predica la rivoluzione violenta contro un presunto establishment da sovvertire con il maglio delle "riforme". Per pronunciare questa sequela di assurdità, Renzi si è scelto nientemeno che un palcoscenico americano, sperando evidentemente in una compiacenza dei media locali.
La pantomima Renzi-sindacati e la retorica pseudo-rivoluzionaria non hanno ovviamente niente a che vedere con la realtà, dato che il senso del "Jobs Act" consiste in due obiettivi di marca FMI che non sono affatto funzionali alla produttività. Il primo obiettivo è la vampirizzazione della previdenza, attraverso la sua fiscalizzazione. Il secondo obiettivo è la vampirizzazione del rapporto di lavoro, tramite la sostituzione del salario con il credito.
La famosa "ASPI" consiste infatti nell'accentramento in mano governativa di tutte le risorse finanziarie destinate alla cassa integrazione, risorse che derivano nella gran parte da contributi previdenziali. Queste risorse "dovrebbero" poi essere redistribuite in parte a precari e disoccupati, ma (e qui sta il bello) attraverso delle "card" gestite da istituti finanziari privati.
Come si è visto già negli USA, la carta di credito imposta al lavoratore per ricevere i suoi sussidi, diviene in un secondo momento un veicolo di indebitamento degli stessi lavoratori nei confronti di banche e finanziarie specializzate. Per ottenere lo scopo di far indebitare i lavoratori, è sufficiente fargli mancare al momento opportuno i fondi previdenziali con il solito pretesto delle esigenze di bilancio.