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LA GUERRA PER IL QUIRINALE E PER L'AUTONOMIA DIFFERENZIATA (bis)
Di comidad (del 31/01/2022 @ 00:07:28, in In evidenza, linkato 4827 volte)
"Poniamo nuovamente in evidenza un nostro articolo dell'11 novembre scorso per contribuire a chiarire quanto è avvenuto nell'elezione del Presidente della Repubblica."

L'emergenza è il doping del potere, ma anche l’emergenzialismo permanente ha i suoi inconvenienti. I “costituzionalisti” come Cassese e Zagrebelsky ci hanno fatto sapere che tutte le garanzie legali possono essere azzerate in base ad espedienti retorici come il richiamo alla “solidarietà” o al “giuridico indifferenziato”, perciò non ci sono più regole a cui riferirsi, solo arbitrio dispotico. Ma se si dichiara che non ci sono più regole da violare caso per caso, allora quello che chiamiamo “Stato” non può neanche più barare: è infatti la legalità a determinare la possibilità di quella rendita di posizione che è l’illegalità, principalmente l’illegalità di Stato. Se scompare il miraggio della legalità, il baro per antonomasia, lo Stato, non può più ingannare nessuno.
Con candore estremo la commissione parlamentare antimafia ci ha comunicato che i lockdown hanno determinato una concentrazione forzosa di capitali a favore del crimine organizzato; e quindi anche della finanza globale, dato che i proventi della criminalità mafiosa, per potersi “lavare”, devono rientrare nei circuiti finanziari internazionali. Lo Stato ha quindi usato le forze dell'ordine (?) per impedire alle persone per bene di lavorare e produrre reddito, consegnandole ai ricatti del crimine organizzato. Adesso con il Green Pass migliaia di piccole imprese sono costrette per sopravvivere a stare fuori della legge, e persino i vecchietti che non controllano la certificazione verde alle loro badanti, diventano dei criminali. Oggi risulta difficile per lo Stato evitare di essere percepito da gran parte della popolazione come un'astrazione giuridica che fa da alibi e paravento ad un'associazione a delinquere.
Per confondere le acque, i media dovrebbero propinarci la solita solfa sui governi incompetenti e incapaci; invece sono ancora impegnati a narrarci del migliore dei governi possibili. Ma fino a quando la narrazione entusiastica ed il culto della personalità potranno reggere, e Draghi sfuggire alla graticola del ludibrio? Nel frattempo ci hanno raccontato che Mario Draghi avrebbe scoperto l'acqua calda, e cioè che quello di Presidente del Consiglio è un mestiere da sfigato, perciò nel caso che non fosse eletto Presidente della Repubblica, pianterebbe baracca e burattini.
In realtà Draghi già lo sapeva, solo che Mattarella lo ha incastrato assegnandogli l'incarico di formare il governo: se Draghi avesse rifiutato o avesse fallito nel formare il governo, si sarebbe screditato per la corsa al Quirinale, dove risiede il vero monarca assoluto. Analizzare la questione della corsa al Quirinale secondo i canoni di venti o trent'anni fa, è pura finzione, poiché oggi in Italia il Presidente della Repubblica domina il governo e il parlamento.

Ora Draghi rischia di rimanere prigioniero a Palazzo Chigi, dove, ci narrano ancora i media, sarebbe insostituibile. La prospettiva della rielezione di Mattarella è favorita da candidature terroristiche come quella del Buffone di Arcore. Di fronte al timore di vedere il Quirinale trasformato in un puttanaio, sarebbe non solo ragionevole, ma doveroso, affidarsi di nuovo alla morigerata e sperimentata “saggezza” di Mattarella; e questi, secondo la narrazione, non potrebbe negarsi alla rielezione nonostante la sua naturale ritrosia agli onori.
La sovraesposizione mediatica di Draghi è finora servita a dissimulare i veri traffici che hanno dato vita all'attuale governo. La Lega è entrata nel governo, ma non perché soggiogata dalla personalità magnetica dell'ex presidente della BCE. I media accusano la Lega di strizzare l'occhio ai no-vax, mentre in realtà la Lega sta fornendo la sua omertà alla narrazione ufficiale, avallando le fiabe dell’emergenza pandemica e della presunta pioggia di miliardi del Recovery Fund. Lo fa però in cambio dell’autonomia differenziata, che infatti il governo Draghi ha rilanciato con l'ultima manovra finanziaria. Tradotta in termini accessibili, la locuzione “autonomia differenziata” significa più soldi ai Presidenti delle Regioni del Nord per gestire i propri affari.
Abbiamo assistito al gioco delle parti tra l’eurofilo Giorgetti e il “sovranista” Salvini, ma il finale della commedia ha dimostrato che era una messinscena. I sonni dell'opinione pubblica politicorretta sono agitati dall'asse del male tra Salvini, Bolsonaro e Orban. Ma, se si segue il filo dei soldi e degli affari, anche la mitologia dello scontro epico tra “europeisti” e “sovranisti” si dilegua. Infatti il PD è totalmente schierato a favore dell'autonomia differenziata, come dimostra il feeling tra il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, con i presidenti leghisti Fontana e Zaia. Bonaccini è parecchio irritato dal rischio che lo scontro per il Quirinale faccia cadere il governo e blocchi la legge di bilancio, che contiene l’agognata autonomia differenziata.
Le Regioni già controllano il business della Sanità, ma ora c’è in vista anche quello della Scuola. La regionalizzazione dell’istruzione pubblica rappresenta il grande oggetto del desiderio; un desiderio trasversale alla Lega ed al PD.