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DRAGHILATRIA NON SIGNIFICA DRAGHICRAZIA
Di comidad (del 21/07/2022 @ 00:25:23, in Commentario 2022, linkato 6620 volte)
L’esibizione spudorata di cordoglio celebrativo che i media e il mondo politico hanno allestito per le dimissioni di Draghi, rischia di attirare nei confronti del povero Super-Mario più astio ed insofferenza del dovuto. In questa circostanza infatti il banchiere sta svolgendo lo stesso ruolo del mitico figlio dei vicini nel film “Ricomincio da Tre”: una sorta di modello irraggiungibile che non ha altra funzione che quella di pretesto per umiliare il proprio figlio con improbabili confronti. Non è solo questione di fare la tara al castello di lodi verso la persona di Draghi, dato che è ovvio che si tratta di effetti di sponda, di rimbalzo: la stampa straniera ha ripreso e rilanciato pedissequamente la narrativa dei principali giornali italiani, ivi comprese le più spudorate fake news; ed ora quegli stessi giornali nostrani si servono dei commenti dall’estero per auto-confermarsi nelle loro tesi.
La Draghilatria è una bolla mediatica a cui non corrisponde però un’effettiva Draghicrazia. Che Draghi rimanga o meno, è infatti del tutto irrilevante per l’azione di governo. Da Presidente del Consiglio Draghi non ha fatto niente di diverso da ciò che avrebbe potuto fare chiunque altro al suo posto. Tra l’altro i poteri del Presidente del Consiglio italiano non corrispondono affatto a quelli del Primo Ministro britannico, che può scegliersi i ministri, sostituirli in corso d’opera ed anche sciogliere il parlamento. Il Premier britannico è vulnerabile alle congiure di palazzo del suo stesso partito, ma comunque, al suo confronto, il Presidente del Consiglio italiano fa la figura di un passacarte. La  Costituzione italiana del 1948 era stata confezionata dando per scontata l’esistenza di soggetti politici che poi invece sono scomparsi dalla scena, e cioè i grandi partiti di massa che, inoltre, sino a trenta anni fa, controllavano anche le maggiori banche, che erano tutte pubbliche. Per capire quanto sia distratta e superficiale l’opinione che riconosce al nostro Presidente della Repubblica solo una funzione notarile e di rappresentanza, basterebbe considerare che i governi possono cadere e i parlamenti possono essere sciolti prima della scadenza naturale della legislatura, mentre il Presidente della Repubblica, che può sciogliere anticipatamente le Camere, è invece inamovibile per sette anni. Tanto per non farsi mancare niente, il Presidente della Repubblica presiede il Consiglio Superiore della Magistratura ed il Consiglio Supremo di Difesa, il che vuol dire intrattenere contatti stabili con magistrati e generali. Fa ridere quando si dice che il Presidente della Repubblica è il “Supremo Garante della Costituzione”. Visti i poteri che la Costituzione gli elargisce, sarebbe strano se non la garantisse, ovviamente nella parte che gli interessa, perché i diritti del cittadino sono come il fumo nei concerti delle rockstar.
Il mito draghiano non serve ad altro che a riconfermare le solite gerarchie antropologiche, a rafforzarci nell’idea che siamo un popolo inferiore, un popolo minorenne che ha bisogno del tutore, ma poi non sa dimostrarsi degno di lui. Pregare Draghi di restare è stato un grande atto di contrizione collettiva, con tanto di anatema per i troppi miscredenti in circolazione e di profezie apocalittiche nel caso di sua anticipata dipartita. Sarebbe ora di sostituire l’inno nazionale, adottando come nuovo inno la famosa canzone del Gianni Morandi anni ’60: “Non son degno di te, non ti merito più”. Per fortuna ci rimane l’altro tutore, quello vero, quello del Quirinale, e per altri sette o quattordici anni non ce lo toglie nessuno.

Tanta umiliazione nei confronti del popolo italiano, che non ha saputo meritarsi Draghi, risulta fin troppo facile, visto che, in fin dei conti apparteniamo tutti ad una specie che abusivamente si autodefinisce “Sapiens”, e quindi è condannata a rimanere drammaticamente al di sotto delle aspettative. Draghi non è riuscito a salvarci perché facciamo troppo schifo, il che dimostra che poi neanche Draghi è in grado di fare niente di eccezionale. Tutta la relazione di potere si risolve in un gioco elementare, in questo giro vizioso del ricondurci continuamente al bisogno di dipendenza, salvo poi accorgerci che dalla dipendenza non ci deriva alcun vantaggio. Il “tutore” serve solo a umiliarci, mai a tutelarci.
Quando Draghi si è fatto latore presso i “partner” europei della richiesta degli industriali italiani di istituire un tetto al prezzo del gas, è stato liquidato anche lui col classico “poi vedremo” che si riserva ai postulanti. Come di consueto, i media nostrani ci hanno raccontato che la colpa è dei soliti cattivissimi “falchi”, i Paesi “frugali” del Nord Europa. Peccato che quei “falchi” si servano contro le richieste italiane proprio degli argomenti che trovano sulla stampa italiana. Pare poi che l’appellativo di “frugali” sia una trovata partorita nel 2020 dal Financial Times (una garanzia!). Inizialmente la definizione riguardava solo Olanda, Austria, Danimarca e Svezia, cioè la vecchia area del marco. Successivamente il circolo degli ariani puri si è allargato a Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania; perciò a rivendicare la nomea di spendaccione e “cicala” è rimasto solo un Paese di razza mediterranea come il nostro.
L’oligarchia nostrana è riuscita a convincere tutti che il Paese più avaro del mondo, cioè l’Italia, da quasi quaranta anni in avanzo primario di bilancio (cioè di prelievo fiscale maggiore della spesa), avrebbe espanso il debito pubblico per finanziare il bengodi nazionale. In realtà in Italia il debito pubblico è stato un’arma dello scontro di classe, uno strumento per distruggere la forza delle concentrazioni operaie attraverso la deindustrializzazione. La Fiat ha potuto finanziare i licenziamenti degli anni ’80 grazie ai fondi statali, poi reinvestiti dalla famiglia Agnelli in titoli del Tesoro. Nel contempo l’Olanda, paradiso fiscale ed hub mondiale del narcotraffico di droghe tradizionali e di droghe sintetiche, passa da “rigoroso”, tanto la colpa può essere scaricata su mafie d’importazione come quella marocchina. Nel frattempo l’oligarchia olandese ha imparato qualcosa dagli oligarchi nostrani, visto che ha cominciato a trattare i suoi contadini come immondizia, tanto da suscitare rivolte.
Visto che l’Olanda è questo paradiso fiscale (pardon, paradiso della legalità), la Borsa del gas giustamente si trova lì. La cosa strana è che il mercato virtuale del gas TTF (Title Transfer Facility), con sede in Olanda, viene presentato come un “mercato libero”, sennonché, la libera contrattazione ha come base un prezzo indicizzato del gas. Se è indicizzato non è libero, perciò siamo di fronte alla classica presa per i fondelli. D’altra parte cosa ci si poteva aspettare dalla mitica Europa? A confronto dell’Unione Europea, Cosa Nostra sembra un modello di trasparenza.
La presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen, fa terrorismo sull’imminente taglio definitivo del gas russo e annuncia drastici razionamenti, esattamente quello che ci vuole per favorire un ulteriore aumento dei prezzi. Meno male che la Von Der Leyen, come tutti i funzionari europei, si giova dell’immunità giudiziaria, altrimenti rischierebbe l’incriminazione per aggiotaggio e manipolazione del mercato. La Von Der Leyen è stata eletta dal parlamento europeo grazie ai voti determinanti dei deputati 5 Stelle, che devono aver considerato il suo curriculum, in particolare la sua esperienza di ministro della Difesa tedesco. La gestione della Von Der Leyen si era infatti distinta per malversazione e per la macroscopica lievitazione dei costi degli appalti. Con questi illustri precedenti criminali, nessuno si è sorpreso quando la stessa Von Der Leyen ha blindato il business dei vaccini segretando i contratti di fornitura.