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LA METAFISICA DEL POTERE
Di comidad (del 31/01/2006 @ 00:00:00, in Documenti, linkato 2617 volte)

"METAFISICA La scienza prima cioè la scienza che ha come proprio oggetto l'oggetto comune di tutte le altre e come proprio principio un principio che condiziona la validità di tutti gli altri."
Nicola Abbagnano Dizionario di Filosofia


Con la sua polemica contro il relativismo, Ratzinger non ha scoperto nulla di nuovo. La disputa metafisica ha sempre fatto parte della propaganda politica, diventando persino un genere popolare.

Mussolini, ad esempio, amava disputare di metafisica nei propri interventi, anche se, a differenza di Ratzinger, egli prediligeva proprio il relativismo. Così scriveva Mussolini sul "Popolo d'Italia" del 23 novembre 1921:

"Se relativismo e mobilismo universale si equivalgono, noi fascisti che abbiamo sempre manifestato la nostra spregiudicata strafottenza davanti ai nominalismi sui quali s'inchiodano - come pipistrelli alle travi - i bigotti degli altri partiti; noi che abbiamo avuto il coraggio di mandare in frantumi tutte le categorie politiche tradizionali e di dirci a volta a volta: aristocratici e democratici, rivoluzionari e reazionari, pacifisti ed antipacifisti - noi siamo i relativisti per eccellenza e la nostra azione si richiama direttamente ai più attuali movimenti dello spirito europeo."

Mussolini rivendicava anche il ruolo di antidogmatico. Alla riunione della direzione del Partito Socialista Italiano, riunitasi il 20 ottobre 1914, Mussolini propose questo ordine del giorno:

"La direzione del Partito socialista italiano, pur riaffermando la sua opposizione di principio alla guerra, ritiene per vario ordine di ragioni prospettate in questi giorni sull' 'Avanti' che la formula della neutralità assoluta sia divenuta troppo impegnativa e dogmatica davanti ad una situazione internazionale sempre più complessa ed irta d'incognite preoccupanti. Si riserva perciò di determinare e coordinare nell'eventualità di una guerra l'azione futura del Partito a seconda degli avvenimenti."

Così, mentre i socialisti "dogmatici" gli domandavano chi gli pagasse il suo nuovo giornale, il "Popolo d'Italia", Mussolini, invece di rispondere, si atteggiava ad eretico incompreso e perseguitato.

È quindi un po' ingenua la posizione di chi ritenga che, nella disputa tra verità assoluta e relativismo, quest'ultimo rappresenti una premessa di tolleranza e di comprensione reciproca.

Nelle dispute metafisiche, il Potere tiene ben saldi in pugno ambedue i corni del dilemma.

Ratzinger interpreta un ruolo, un gioco delle parti: condannando il relativismo, simultaneamente lo legittima come contraltare culturale, ma non è il caso di cascarci.

Non è un gioco di parole, ma un dato di fatto, che il Potere tenda a ridiventare assoluto utilizzando anche il relativismo nella sua propaganda.

Locke e Montesquieu avevano teorizzato e sostenuto la pratica di moderare il Potere attraverso un sistema di contrappesi, procedure e garanzie. Karl Shmitt ha però dimostrato che il Potere può ridiventare assoluto semplicemente invocando lo stato di eccezionalità. Lo Stato di Diritto e le sue regole, possono essere liquidati non nel principio, ma transitoriamente, in nome dell'emergenza, un'emergenza che però può diventare permanente, come avviene attualmente con l'emergenza/terrorismo.

Un'emergenza permanente è un "nonsense", cosi come lo è la "guerra umanitaria", d'altro canto i "nonsense" rappresentano un elemento essenziale nella propaganda del Potere per legittimarsi.

Mussolini ha dimostrato che nella guerra come nella politica - e i due termini sono pressoché sinonimi -, la confusione è un'arma; un'arma che si può combinare con la violenza, potenziandone le condizioni e gli effetti.

Mussolini proponeva ai socialisti di rimanere contro la guerra nel principio, ma di relativizzare quel principio, aderendo alla guerra caso per caso "davanti ad una situazione internazionale sempre più complessa ed irta d'incognite"; la complessità può esser vista anch'essa come un'emergenza e, come tale, può giustificare l'eccezione, che diviene la nuova regola.

Lo stesso espediente viene adoperato oggi nel movimento anarchico, dove non ci viene proposta un'adesione all'elettoralismo tout court, ma soltanto di andare a votare "stavolta", cioè praticamente ogni volta.

Visto che l'emergenza giustifica di fatto qualsiasi deroga dai princìpi, oggi Locke e Montesquieu dovrebbero ammettere che il vero contrappeso - la vera garanzia - contro il Potere, è costituito proprio dal sospetto verso le emergenze e dalla demistificazione dei "nonsense" propagandistici su cui vengono fondate.

Ancora una volta, qui non occorre entrare in dispute metafisiche, non si tratta di smascherare il nonsenso in nome del razionalismo o del primato della ragione, bensì semplicemente di contrastare gli abusi perpetrati all'ombra del nonsenso propagandistico, ovviamente se li si vuole contrastare.

Il "se" non ha un carattere polemico, ma si riferisce ad un abito ideologico ben preciso: si può essere oppositori - e persino anarchici - nel principio, ma sostenere le ragioni del Potere caso per caso; tutto ciò senza mai sentirsi in contraddizione, anzi, vedendo in ogni obiezione a riguardo una sorta di aggressione.

Il problema non è di esprimersi sulla validità della metafisica come scienza, e neppure di sostenere che la metafisica sia un prodotto del Potere, ma soltanto di mettere in evidenza l'uso che il Potere ne fa.

Uno dei miti della scienza politica è che il potere politico sia basato su un forte principio fondante: la sovranità; sia che si tratti della sovranità del monarca per grazia di Dio o della sovranità popolare. Ma questa è appunto la metafisica del Potere, mentre l'esperienza ci indica che il Potere procede per giustificazioni occasionali ed a posteriori del fatto compiuto.

Se si prende uno dei più famosi - e meno letti per intero - documenti della Storia, la Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti d'America del 1776, ci si accorge di questa pretestuosità ed occasionalità di motivazioni, sebbene avvolte in un abile velo propagandistico creato dalla penna di Thomas Jefferson.

Anzitutto, la Dichiarazione è un plagio, ricalca la Dichiarazione d'Indipendenza delle Province Unite Olandesi del 1581. Non ci sarebbe nulla di male se la situazione fosse stata analoga, ma, in effetti, gli Olandesi si separavano dal re di Spagna, non dalla loro Madre Patria, perciò per loro la tirannia del re poteva costituire il motivo per rompere il patto che li legava. Non così per i coloni americani, i quali, per giustificare il fatto compiuto, dovettero far ricorso alla situazione di eccezionalità creata dalle angherie del re d'Inghilterra, ritratto come un criminale, e dal terrorismo di quelli che chiamano i "crudeli selvaggi indiani".

Quindi, ad analizzarla nella sua interezza, senza fermarsi alle suggestive frasi iniziali, la Dichiarazione redatta da Jefferson si rivela per quello che è: un efficace saggio di emergenzialismo e di criminalizzazione degli avversari, applicati a legittimare il fatto compiuto.

L'emergenzialismo ha un andamento tossicologico, richiede dosi sempre più massicce per funzionare, come una droga. La propaganda statunitense non si limita ad applicare la ricetta dell'emergenza e della criminalizzazione degli avversari solo alla politica estera, ma anche all'interno.

Attualmente, i cosiddetti "Neocons" statunitensi sono soliti dipingere i loro avversari democratici come una minaccia per la sopravvivenza della Nazione. Clinton è stato dipinto come un imbelle pacifista, che avrebbe messo a rischio la sicurezza nazionale; eppure, in base alle tonnellate di bombe sganciate ed alle condanne a morte avallate, Clinton è sicuramente fra gli uomini di Stato più sanguinari della Storia.

Spesso in Italia ci si lamenta del fatto che maggioranza ed opposizione si delegittimano e criminalizzano reciprocamente, e si indicano come modello positivo le democrazie più mature. Ma è proprio la democrazia/modello - gli Stati Uniti - ad imporre alla comunicazione politica questo tono esasperato. Ciò è dovuto al fatto che la legittimazione di una parte politica avviene soltanto in base alla delegittimazione della controparte. La legittimità, cioè, è un vuoto che viene riempito unicamente con riferimenti negativi.

Quando si è cercato di sostanziare meglio il concetto di legittimità, i risultati sono stati anche più disastrosi. Norberto Bobbio ha fatto riferimento al "consenso della maggioranza", il che è una pura tautologia: affermare che il Potere si fonda sul consenso, equivale a dire semplicemente che il Potere esiste, poiché è funzione prioritaria del Potere estorcere consenso.

Alla metafisica del Potere corrisponde oggi anche un anarchismo metafisico. La tendenza oggi egemonica nel movimento anarchico - gli anarco-occidentalisti - lavora in funzione del concetto di sovranità, proponendo in alternativa una sovranità individuale, oppure una sovranità che cerca la sua legittimità nel riferimento al territorio. L' "autogoverno territoriale" è l'ultimo prodotto di questa ricerca metafisica, anche se ripropone temi già avanzati una decina di anni fa con il cosiddetto municipalismo libertario.

Chi ragiona in termini metafisici, non concepisce che altri possano non fare altrettanto, perciò ogni critica viene interpretata, e fraintesa, come se si trattasse di una scomunica, piuttosto che di un tentativo di ricondurre la discussione ad un terreno meno vago.

L'anarchismo non necessita di richiamarsi ad un principio fondante, perciò quando si parla di princìpi anarchici ci si dovrebbe riferire a degli strumenti.

Ad esempio, il comunismo non ha bisogno di riferirsi ad un primato della collettività sul singolo e, tantomeno, ad un ruolo salvifico e dirigente della classe operaia, anzi tali concezioni determinano soltanto un disturbo della comprensione e dell'azione. I grandi mezzi di produzione sono sempre creati ed alimentati dalla spesa pubblica, perciò la proprietà privata di questi mezzi costituisce una mistificazione sociale. Persino le ristrutturazioni e i licenziamenti sono possibili solo grazie alle sovvenzioni dello Stato.

Non a caso, durante la rivoluzione russa gli anarchici si opposero sempre alla collettivizzazione forzata dell'agricoltura, proposta da Trotsky e dapprima respinta e poi attuata da Stalin. La rivolta di Kronstadt, soffocata da Trotsky, aveva ben chiaro che laddove non vi siano grandi mezzi di produzione, il comunismo è una forzatura, perciò vanno cercate forme di mediazione tra il comunismo industriale ed altre forme produttive.

Anche l'ateismo anarchico, non va inteso come un "Credo" sull'inesistenza di Dio, ma si basa sull'osservazione che, a livello sociale, Dio non è altro che la giustificazione mitologica di gerarchie fra esseri umani.

Non è neppure necessario identificare l'anarchismo con la libertà, ma si può individuarlo in una concreta prassi antidiscriminatoria che smaschera ed ostacola tutti i rituali di esclusione.

In altri termini, l'anarchismo metafisico inibisce la funzione demistificatoria dell'anarchismo, non consentendo non soltanto una rivoluzione sociale, ma neppure di porre dei limiti alle prevaricazioni del Potere.

Comidad, gennaio 2006