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MASSONERIA, STRUMENTO DEL COLONIALISMO



Un articolo di Francesco Berti su "A- rivista anarchica" n. 314 ripropone all'attenzione il tema dello storico legame tra il colonialismo anglosassone e la massoneria di osservanza inglese. Nell'articolo - che ha un titolo molto capzioso : "La storia non è una cospirazione" - Berti svolge in parallelo le tesi della superiorità anglosassone e dell'assoluzione della massoneria dall'accusa di cospirazione.

Berti adotta un artificio retorico molto semplice ma sempre efficace: si parte da una mezza verità per rovesciarla in affermazioni completamente false. È evidente, infatti, che la Storia non è una cospirazione, però è altrettanto evidente che anche le cospirazioni sono una componente della Storia.

Un altro artificio retorico è quello di trarre conseguenze generali ed assolute da un elemento da cui era lecito trarre soltanto conseguenze particolari. La storia dei famosi "Protocolli dei Sette Savi di Sion" è in questo senso esemplare. Nei primi decenni del '900, i "Protocolli" sono stati utilizzati come "prova" dell'esistenza di un complotto internazionale ebraico. L'autenticità dei protocolli fu sostenuta persino dal prestigioso "Times" di Londra, in un articolo del 1920.

Uno dei maggiori industriali del mondo, Henry Ford - che era anche uno dei maggiori esponenti della massoneria americana - sostenne questa tesi in un suo pamphlet, anch'esso del 1920, che divenne un best-seller: "L'Ebreo Internazionale", "The international jew", un testo che fu una bibbia per tutti gli antisemiti del tempo, Hitler compreso.

Un'analisi linguistica e filologica dei "Protocolli" ne ha successivamente dimostrato la falsità, e ciò è stato poi utilizzato per screditare ogni ipotesi di complotto. È chiaro, però, che se i "Protocolli" sono un falso, qualcuno deve aver dovuto costruire e diffondere questo falso, perciò c'è stato non un complotto ebraico, ma un complotto antiebraico.

Anche Berti richiama lo slogan del complotto "giudo-pluto-massonico" per gettare un sospetto di antisemitismo nei confronti di chiunque sospetti della massoneria. Berti compie, però, una forzatura dei dati storici: è vero che molti ebrei hanno fatto parte della massoneria (agli inizi del '900 il Gran Maestro della massoneria italiana era un ebreo, Nathan, che divenne anche sindaco di Roma); d'altra parte, è anche vero che alle campagne antiebraiche hanno partecipato parte degli importanti esponenti della massoneria, come dimostra il caso di Henry Ford.

Certamente la massoneria non è mai stata un soggetto politico autonomo, e neppure essa ha mai posseduto una precisa connotazione ideologica. Spesso la si è associata all'antifascismo, dato che dopo il 1925 Mussolini cominciò a perseguitarla; ma sino al 1925, tutte e due le massonerie - sia quella anglofila che quella francofila - erano state tra i principali alleati dello stesso Mussolini, fornendogli uomini e mezzi. La stessa OVRA, la polizia segreta fascista, si era potuta costituire grazie ai contatti massonici internazionali dello scrittore Curzio Malaparte.

Malaparte, secondo quanto scrive Berneri nell'opuscolo "Lo spionaggio Fascista all'estero", era già attivo a Parigi dal 1924, insieme a Dumini, il futuro assassino di Matteotti.

La massoneria è stata identificata con il liberalismo, ma fu proprio il più grande filosofo del liberalismo italiano a chiederne addirittura la messa fuori legge decenni prima che ci pensasse il Duce e, a tal riguardo, sostenne una pacata polemica proprio con Nathan. Croce riteneva infatti che la massoneria annullasse nel segreto delle logge quella separazione tra i poteri che dovrebbe essere alla base dello Stato liberale.

La massoneria è stata anche identificata con l'anticlericalismo, ma persino questo luogo comune riceve molte smentite storiche. Molti uomini del Risorgimento italiano furono massoni anglofili ed anticlericali, come il Gran Maestro della massoneria Giuseppe Garibaldi. Dopo l'unità d'Italia, però, molti preti fecero parte della massoneria anglofila. Questa voce corse anche a proposito di Don Luigi Sturzo, il fondatore del Partito Popolare, e un indizio a riguardo è fornito dal fatto che quando il prete siciliano fu costretto all'esilio dal regime fascista, egli non trovò asilo e protezione in paesi cattolici, bensì in Inghilterra e negli Stati Uniti.

In realtà la massoneria anglofila fu anticlericale finché il Vaticano era un avversario politico della Gran Bretagna, ma la stessa massoneria depose gli accenti anticlericali quando risultò utile al governo inglese allearsi con i cattolici italiani per ostacolare il filotedesco Giolitti.

Come si vede, la massoneria non è un soggetto politico autonomo, ma uno strumento del colonialismo britannico, prima e di quello statunitense poi. Le logge massoniche arrivarono in Sicilia nei primissimi anni dell'800, quando i Borbone erano sotto la protezione dell'ammiraglio Nelson ed erano stati cacciati da Napoli a causa della rivoluzione giacobina e francofila. Quando i Borbone tornarono a Napoli e la Reale Marina britannica sembrò essersene andata , le logge anglofile rimasero in Sicilia diventando uno strumento di penetrazione dei servizi segreti inglesi.

Come si sa, dopo averli rimessi sul trono di Napoli, il governo inglese cambiò radicalmente idea sui Borbone. Ferdinando I e Ferdinando II erano descritti dalla propaganda britannica con toni ed accenti simili a quelli che la propaganda statunitense ha adoperato nei confronti di Saddam Hussein quando anche lui è decaduto dallo status di alleato a quello di nemico dell'umanità, cioè degli Stati Uniti.

Quando Garibaldi nel 1860, grazie all'aiuto della Reale Marina Britannica, riuscì a sbarcare in Sicilia, poté utilizzarvi anche tutto il lavoro svolto per decenni dalle logge massoniche anglofile, cioè, in definitiva, dai servizi segreti britannici.

La regione con il maggior numero di logge è la Toscana, scelta da secoli dalle oligarchie inglese e americana come sede di villeggiatura. In questo ambito la massoneria è divenuta uno stile di vita per i ceti medio alti, ammessi alle corte di aristocrazie straniere attraverso le logge da loro fondate. La Toscana, non a caso, produce la maggioranza della alta burocrazia finanziaria della Banca d'Italia e della componente italiana del Fondo Monetario Internazionale (o come cavolo si chiami adesso).

La loggia massonica costituisce per un servizio segreto lo strumento ideale, perché consente di aggirare moltissime resistenze. Se si va da qualcuno a proporgli brutalmente di tradire il proprio Paese facendo da agente o sub agente di un servizio segreto straniero, costui, con ogni probabilità tenderà più a rifiutare che ad accettare. Ma se gli propone di aderire ad una loggia dove si sentirà protetto ed avrà la possibilità di incontrare persone importanti, allora la proposta sarà molto più allettante. In questo contesto, si riceveranno dei favori, anche senza chiederli, salvo doverli poi restituire.

Vista l'efficacia delle logge massoniche come strumento di infiltrazione colonialistica, anche i servizi segreti francesi costituirono le loro logge, sino a formalizzare una scissione dalla loggia madre inglese. La massoneria francofila ammetteva al suo interno anche gli atei, cosa che permise l'adesione di molti socialisti, sindacalisti rivoluzionari ed anche anarchici. La storia dell'interventismo "rivoluzionario" di origine massonica del 1915 è ampiamente trattata negli articoli di Camillo Berneri ed Armando Borghi, raccolti dallo stesso Borghi nell'opuscolo "Contro gli intrighi massonici nel campo rivoluzionario, che è stato ripubblicato dall'Archivio Berneri poco più di venti anni fa (nello stesso opuscolo si possono trovare le notizie fornite da Berneri sull'attività massonica di Curzio Malaparte).

Ma la massoneria per eccellenza rimane senza dubbio quella anglofila, che, come abbiamo visto, ha cambiato spesso i suoi contenuti, ma sempre con un'unica costante: il mito della superiorità razziale degli anglosassoni. La fittizia categoria di "Occidente" - non a caso di origine massonica - è funzionale a questo mito, rappresenta un'area generica in cui i cultori della superiorità anglosassone, anche se di razza inferiore, possono partecipare della grandezza dei loro idoli.

In definitiva, se da un lato la massoneria non è un soggetto politico in grado di agire autonomamente, essa è comunque funzionale all'offensiva colonialistica di alcune potenze. Affermare, come fa anche Karl Popper, che la Storia non sia spiegabile con i complotti, significa dire un'ovvietà, ma strumentalizzare questa ovvietà per sostenere che le cospirazioni non esistano affatto, ha come inevitabile corollario quella di avallare le cospirazioni, che si possono esercitare soltanto se si esclude la possibilità della loro esistenza.

Berti, per suffragare la sua posizione, ricorre appunto all'autorità di Karl Popper, notoriamente avverso a quella che egli chiama la "teoria del complotto". D'altra parte, la mancanza di serietà argomentativa di Popper è divenuta proverbiale. Molti si ricorderanno di quando Popper, per confutare la psicoanalisi di Freud, ricorre all'aneddoto di una presunta conversazione avuta con Adler. A parte l'abisso che c'è fra Adler e Freud, con la conseguente assurdità di ricorrere alle teorie dell'uno per confutare quelle dell'altro, c'è anche da rilevare che le frasi riportate da Popper non corrispondono neppure a ciò che si conosce del pensiero dello stesso Adler.

Allo stesso modo, Popper non confuta la cosiddetta "teoria del complotto", ma si abbandona ad una sorta di affermazione fideistica, per la quale i complotti non esistono e, quando pure esistessero, non funzionerebbero. Popper, quindi, ricorre ad una affermazione pregiudiziale per confutare un'altra presunta posizione pregiudiziale. Certo, esiste anche una letteratura complottistica di puro intrattenimento (pensiamo a David Icke), basata su presunte presenze aliene nella Storia, ma questi casi estremi si screditano da soli, proprio perché pretendono di spiegare troppo, segnalando così di appartenere ad un genere narrativo più che saggistico.

Ciò di cui Popper non tiene conto è che come esiste un ragionevole dubbio, può esistere anche un ragionevole sospetto, che faccia riferimento al calcolo delle probabilità. Se tirando ai dadi, per cinque volte consecutive esce il sei, allora è ragionevole supporre che i dadi siano truccati e, perciò, chiedere che siano controllati nasce da un legittimo sospetto, non da "cultura del sospetto" o da "dietrologia".

Berti se la prende con il noto film basato sulla vicenda di Mozart e Salieri, segnalandolo come esempio di mania dei complotti. Guido Barroero, in una sua lettera pubblicata su "A-rivista" n.316, ha agevolmente dimostrato che Berti non ha proprio visto il film. Noi, invece, prenderemo ad esempio un altro musicista, scomparso in stato di indigenza qualche anno fa, che certamente non era un Mozart, ma era comunque uno dei migliori artisti di musica leggera del mondo: Umberto Bindi.

Ostracizzato per anni dalla RAI, Bindi si guadagnava da vivere esibendosi in serate davanti ad un pubblico di suoi vecchi ammiratori. Ebbene, la RAI, che sembrava aver ignorato Bindi per decenni, trovò il modo di mandare ad una di queste serate una troupe ed un giornalista solo per ridicolizzare lui ed il suo pubblico. Una coincidenza? È possibile, ma non è probabile. Esiste un ragionevole sospetto che vi sia stata una persecuzione verso questo artista. In questa eventuale persecuzione c'entrava forse la sua omosessualità? Non lo sappiamo e probabilmente non lo sapremo mai. Del resto, sta qui la differenza tra il complottismo come genere narrativo ed un ragionevole sospetto, dato che quest'ultimo non pretende di spiegare tutto, tende a anzi a delimitare i termini del proprio sospetto.

In questo senso, quando Berti si domanda perché la grande crisi economica successiva al 1929 ha prodotto il nazismo in Germania e non negli Stati Uniti, la conclusione implicita può essere opposta alla sua, che è quella di sottintendere che la democrazia americana sarebbe immune da gravi pericoli di involuzione totalitaria. Se si tiene conto di quanto le grandi multinazionali statunitensi - dalla Ford, alla General Motors, alla IBM - hanno sostenuto Hitler, sussistono i termini di un ragionevole sospetto che nell' affermazione del nazismo in Germania abbia avuto il suo peso l'ingerenza coloniale statunitense. Il nazismo, quindi, può essere anche letto non come un sistema politico astratto che si può affermare in contesti di crisi, ma come l'effetto di una specifica ingerenza colonialistica.

Che poi i colonizzati possano essere eletti a nemici giurati, è una vicenda anch'essa soggetta a ricorrenza nel colonialismo angloamericano, come i casi citati dei Borbone e di Saddam Hussein possono confermare.

Comidad, maggio 2006