Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Il famoso apocrifo keynesiano afferma che sul lungo periodo saremo tutti morti; però ancora più certo è che sul “lungo periodo” si può speculare e ipotizzare all’infinito, con un ovvio effetto di distrazione dai dati di fatto immediati. Ad esempio, vari illustri commentatori predicono che la politica dei dazi di Trump determinerà un effetto protezionistico ed a lungo termine una conseguente reindustrializzazione degli Stati Uniti. Come no? Tutto può essere. Intanto però i dazi sono una tassa sui beni importati che viene pagata dal consumatore finale, e ciò in un paese dove la gran parte dei beni di consumo viene importata. Si può discutere se i dazi provocheranno o meno inflazione, visto che i dati ufficiali sull’occupazione sembrano indicare una recessione, tanto che Trump ha licenziato la responsabile delle statistiche. Quel che risulta certo è chi paga i dazi, cioè il contribuente più povero, quello che non può rivalersi su nessuno. All’opinione pubblica i dazi possono essere “venduti” in molti modi: ai più come rivalsa nazionale e, per coloro che hanno orecchiato qualcosa di economia, li si può persino spacciare come presunto contrappeso all’IVA degli europei.
I dazi li avevano imposti anche i predecessori di Trump, con meno clamore ma con motivazioni analoghe. Oggi Trump li ripropone in grande stile e con tariffe abbastanza irrealistiche e, nel contempo, ha prorogato e ampliato i tagli fiscali a favore delle imprese. Il carico fiscale è stato quindi trasferito sul contribuente povero, al quale tutto ciò è stato venduto come un progetto di grandeur nazionale dilazionato nel futuro. Lo spauracchio dei dazi di Trump è stato usato anche per bloccare qualsiasi ipotesi di tassazione delle multinazionali del web; la scelta del G7 è stata giustificata con l’alibi di evitare “ritorsioni” di Trump, come se gli USA disponessero di chissà quale potere contrattuale. Il problema è che la gran parte dei media europei sembra demonizzare Trump, ma in effetti lo mitizza. Del resto è ovvio: i ricchi hanno i soldi e quindi possono permettersi di fare pubbliche relazioni. La potenza manipolatoria e la pervasività del messaggio pubblicitario sono direttamente proporzionali al denaro di cui si dispone. Il denaro inoltre affascina senza neanche bisogno di comprarti; perciò, in base al calcolo delle probabilità, è molto più facile che le menzogne provengano dalla parte dei ricchi. Tutti possono mentire, ma il potenziale aumenta in base alla quantità di mezzi di manipolazione di cui si dispone. Si determina invece nella gran parte della pubblica opinione un effetto paradossale, cioè la ricchezza viene percepita come indicatore di prestigio e credibilità, per cui i ricchi possono spacciare i loro spot come la realtà tout court e bollare la comunicazione dei poveri come propaganda, cioè il mentire e il deformare i fatti sarebbero l’arma dei poveri o dei meno ricchi; una tesi che, dal punto di vista probabilistico, non ha alcun senso, però è esattamente ciò che affermano i sionisti a proposito di Hamas. La Spectre sfigura al confronto di Hamas, che dai suoi tunnel ormai controlla l’ONU, il Vaticano, i rabbini antisionisti, le Università, i social media e persino Capezzone.
Per la verità alcuni nella base elettorale MAGA (Make America Great Again) cominciano a sospettare che Trump sia soltanto il testimonial di uno spot pubblicitario confezionato per fregarli. In Italia nessuna riflessione del genere è stata fatta sull’epoca pandemica, rispetto alla quale si è verificata una sorta di rimozione. Anche quando c'è stato un po’ di ripensamento, ci si è fatti distrarre da un personaggio come Enrico Mentana, il quale ormai si sputtana da sé, perché si pone in modo troppo minaccioso e intimidatorio.
Più attenzione andrebbe invece prestata al fatto che, con la collaborazione di vari esponenti della sinistra, anche “radicale”, il lockdown ci è stato venduto come un modo per castigare la “logica del profitto”, il green pass è stato spacciato come una sorta di terapia contro il liberismo, e la vaccinolatria è stata vissuta come farsi una grande “pera” collettiva di socialismo. A conti fatti la pandemia è stata l’opposto, cioè una grande operazione di assistenzialismo per ricchi, una concentrazione di ricchezza ed un enorme trasferimento di reddito dalle classi subalterne alle multinazionali. Qualsiasi dubbio sullo spot pubblicitario è stato bollato come “teoria del complotto”, perciò gran parte della cosiddetta “sinistra” ha dimostrato di percepire la ricchezza come un indicatore di superiorità morale e intellettuale. I grandi assistiti dal denaro pubblico vengono quindi accreditati di essere dei supereroi. Il fenomeno della miliardariolatria (il culto dei miliardari, considerati i nuovi demiurghi), si rivela perciò trasversale alle ideologie ed agli schieramenti politici. La suggestione determinata dal denaro, molto più della sua capacità corruttiva, è stata l’elemento che ha reso interattivi e partecipativi gli spot pubblicitari. In tal modo una parte delle opposizioni si è affezionata al trattamento sanitario obbligatorio di massa, mentre un’altra parte dell’opposizione si è illusa che un miliardario potesse essere un leader anti-establishment.
Comunque, per chi fosse disinteressato alle teorie della comunicazione e voglia attenersi ai dati di fatto, basti ricordare che Amazon nel periodo pandemico ha incassato 81 (ottantuno) miliardi di profitti. Una cifra analoga è andata alle multinazionali farmaceutiche per venderci i sieri salvifici. Ogni emergenza finisce in assistenzialismo per ricchi.
Si può comprendere la fretta degli Elkann di liberarsi di Iveco, dato che la loro priorità in questo momento è la costituzione di Stellantis Bank USA. Ufficialmente questa nuova creatura rientrerebbe nella categoria degli istituti di credito specializzati nel finanziamento a chi compra auto del gruppo; in realtà si tratta di banche a tutti gli effetti, che possono accettare depositi ed emettere carte di credito. Il finanziamento all’acquisto di auto è quindi un alibi che serve a legittimare la riconversione di imprese industriali in imprese finanziarie.
Molte critiche sono piovute sul governo Meloni e sul ministro Urso per aver avallato questa ennesima deindustrializzazione ed esportazione di capitali da parte degli Elkann. In realtà nella vicenda il governo era incapace di intendere e di volere, infatti la copertura a John Elkann è arrivata direttamente dal Quirinale. Gli organi di informazione ci hanno fatto sapere che Elkann avrebbe dato alla Meloni e a Mattarella ampie “garanzie”. Nessuno si è chiesto cosa c’entrasse Mattarella in una questione che sarebbe di stretta competenza del governo; forse non ci si è posta la domanda perché la risposta è ovvia, dato che Stellantis è una multinazionale e perciò tutto ciò che fa riguarda direttamente la gerarchia dei rapporti imperialistici. In Italia il garante di questi rapporti imperialistici è il presidente della repubblica, che è colui che, in base alla Costituzione, presiede il Consiglio Supremo di Difesa; quindi il vero referente istituzionale della NATO e degli USA è Mattarella. Del resto è noto che non si viene eletti presidenti della repubblica senza il pieno gradimento da parte degli USA.
Questi dettagli non vengono più celati perché ormai fanno parte esplicitamente della legittimazione del potere in Italia; per questo motivo Renzi si è incaricato di pubblicizzare il caso di Frattini, escluso dalla corsa al Quirinale in quanto segnalato dagli USA come “filorusso”. Sarebbe ingenuo però recepire una visione troppo meccanica e unilaterale dei rapporti imperialistici, per cui è più probabile che sia stato lo stesso Mattarella a sollecitare i suoi referenti americani affinché tagliassero fuori un suo possibile concorrente. Il colonialismo è una strada a due sensi, e l’abilità degli oligarchi locali sta nel sapersi rendere indispensabili facendo dipendere totalmente i padroni dalla loro narrazione. Gran parte della dinamica di potere in Italia ricalca ancora la situazione del latifondo, nella quale il barone si scopre sempre più dipendente dal campiere. A qualcuno potrà venire in mente l’esempio del campiere che, da semplice aguzzino dei braccianti, si evolve fino a diventare boss mafioso. Ma anche l’esempio più calzante rischia di risultare fuorviante se ci si focalizza sul caso specifico e si perde di vista lo schema generale dell’autocolonialismo; uno schema per il quale l’oligarchia assume come proprio indicatore di grandeur la capacità di umiliare i sottoposti oltre il necessario e persino l’utile, trasformandoli in cavie e scimmie ammaestrate.
Qualcuno si è turbato per il fatto che Elkann sia stato ritenuto affidabile dal governo e da Mattarella “nonostante” sia un evasore fiscale conclamato ed anche candidato a risolvere una sua disavventura giudiziaria con un patteggiamento; ma il “nonostante” è fuori luogo. Quando si parla di certe relazioni di potere si tende ad intendere il tutto in termini di teoria del complotto, come se occorressero chissà quali pianificazioni, invece è proprio il contrario. L’illegalità è un legame diretto e stringente, che stabilisce immediatamente un codice di comportamento fatto di complicità e ricatti incrociati; quindi il potere tende sempre all’illegalità poiché facilita i contatti, consolida i rapporti ed economizza le forze.
Mattarella deve interpretare la parte del russofobo e deborda nei toni, ma solo perché oggi quello è il rituale che conferisce il crisma di affidabilità in base ai rapporti coloniali. Semmai si potrebbe parlare più propriamente di italofobia, dato che un garante coloniale non può attribuire la priorità agli interessi della sua popolazione; anzi, diffida pregiudizialmente di quegli interessi, per cui spesso e volentieri li sacrifica senza una vera necessità. Il problema va oltre le persone e riguarda la disfunzionalità dello stesso concetto di nazione. La nazione è infatti una costruzione artificiosa che risulta da una colonizzazione al proprio interno. Il Meridione annesso e colonizzato nel 1860 venne gestito da una classe dirigente locale che si è posta come garante della colonizzazione. Nulla di strano che quella classe dirigente meridionale si sia dimostrata più esperta ed efficace quando si è trattato di gestire la colonizzazione dell’Italia da parte degli USA. Gli stessi Stati Uniti, seppure al vertice della gerarchia imperialistica, sono una nazione altrettanto disfunzionale, nella quale la classe dirigente deve ingannare e frodare sistematicamente il proprio popolo. Negli USA si viene eletti promettendo di non fare guerre, per poi comportarsi in modo esattamente contrario, perché è con le guerre che si fanno affari sicuri, remunerativi e alla svelta saccheggiando il denaro pubblico, cioè quello dei contribuenti poveri, visto che i ricchi pagano sempre meno tasse. Nel caos delle due presidenze Trump l’unico punto fermo è la determinazione a tagliare le tasse per le corporation; ciò senza nessun ritegno di gravare ulteriormente sul deficit federale.
Nel maggio scorso il segretario alla Difesa USA, Pete Hegseth, rappresentante di un paese responsabile del genocidio a Gaza, è volato a Singapore ad esibire la faccia tosta di intrattenere i paesi asiatici sulla incombente minaccia cinese; minaccia da tenere a bada armandosi e troncando i rapporti commerciali con la Cina. Hegseth quindi è andato ad ordinare ai paesi asiatici di impoverirsi doppiamente, sia comprando armi americane, sia rinunciando alla collaborazione economica con la Cina, accettando inoltre il rischio di fare la fine dell’Ucraina. In base al buon senso ci si aspetterebbe che Hegseth sia stato congedato dagli asiatici a sputi e mazzate; invece ha riscosso anche udienza e interesse. Proprio perché le nazioni sono costrutti artificiosi, gran parte delle classi dirigenti tende a sradicarsene e porsi al servizio di rapporti coloniali. In parole povere: un criminale comune come Hegseth può girare per il mondo confidando di trovare la complicità di altri criminali della sua stessa risma.
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