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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
La genesi storica delle talassocrazie è strettamente intrecciata con la pirateria. Negli ultimi giorni di dicembre del 1600 fu costituita la Compagnia Britannica delle Indie Orientali, che, secondo alcune ricostruzioni storiche, fu anche una delle prime società per azioni, quindi l’antenata delle attuali multinazionali. Ovviamente la Compagnia esisteva già prima di formalizzarsi legalmente, ed era una delle tante associazioni a delinquere dedite alla pirateria. La legalizzazione della Compagnia delle Indie fu un episodio di cronaca di notevole risonanza e se ne trovano tracce anche nella letteratura. L’Amleto fu pubblicato tra il 1602 e il 1603, ma scritto nel corso dei due anni precedenti; nel terzo atto dell’Amleto il re Claudio dice che nelle “correnti corrotte” di questo mondo spesso la mano aurea del delitto riesce a spostare la bilancia della giustizia a proprio favore, e ciò proprio usando i proventi del delitto per comprarsi la legge.
La talassocrazia statunitense è considerata l’erede della talassocrazia britannica; perciò il fatto che l’amministrazione Trump abbia adottato la prassi di abbordare e saccheggiare le navi che trasportano petrolio venezuelano, è considerata da alcuni come una regressione infantile ai primordi pirateschi della talassocrazia, a prima del diritto internazionale della navigazione ed a prima della globalizzazione. Potrebbe essere un’interpretazione abbastanza valida se opportunamente dimensionata, cioè se si evita di credere che davvero esistesse un diritto internazionale e non un suo simulacro. Un trattato internazionale sul diritto della navigazione (l’UNCLOS) è stato firmato dagli USA nel 1982, ma mai ratificato dal senato; ciò nella pratica ha significato per Washington applicare il trattato solo nei casi in cui gli faceva comodo.
La certezza del diritto è sempre stata un fantasma; lo stesso ente che dovrebbe fondarsi sulla legge e farla rispettare (lo Stato) si è rivelato a sua volta incerto e dissociato, cioè non è mai diventato un soggetto politico-istituzionale univoco e omogeneo. I trattati internazionali sono stati spesso considerati un progresso rispetto alle legislazioni nazionali, poiché prospetterebbero una “governance” mondiale ritenuta, chissà perché, in grado di prevenire e risolvere i conflitti tra Stati. Le esperienze di “governance” sovranazionale hanno invece aggravato la situazione di incertezza normativa. Trump ha adottato il vittimismo come leit motiv della propria comunicazione pubblicitaria, ed uno degli strali della sua lamentazione è proprio la governance globale dei trattati, accusata di legare le mani a chi opera per gli interessi nazionali. Per verificare quanto sia infondata questa narrativa vittimistica, basta osservare lo statuto dell’organizzazione che dovrebbe regolare il commercio mondiale, cioè il WTO/OMC. Quest’organismo è basato sulla “regola del consenso”, cioè non c’è un voto che stabilisce favorevoli e contrari ad una certa decisione, ma c’è “qualcuno” che impone a tutti un unanimismo preventivo, a meno che qualcun altro non si alzi ad obiettare esplicitamente. In parole povere, nel WTO gli USA comandano, a meno che non vi sia uno abbastanza forte da opporsi. Il problema quindi non è il WTO che avrebbe legato le mani agli USA, ma i rapporti di forza spostati a favore della Cina.
Un altro bersaglio polemico negli spot pubblicitari di Trump è l’Unione Europea, accusata non solo di aver parassitato gli USA, ma anche di non essere “democratica”. L’UE è un’organizzazione impopolare, e parlarne male può rendere popolari; ma le chiacchiere di Trump e Vance restano chiacchiere. Certo, se l’UE fosse un’organizzazione appena appena trasparente, la von der Leyen non avrebbe potuto stipulare contratti onerosi a favore di multinazionali farmaceutiche statunitensi; e neppure la von der Leyen avrebbe potuto volare in Scozia per accondiscendere ad ogni desiderio espresso da Trump, mentre questi giocava a golf. Chiaramente molti degli impegni presi dalla von der Leyen rimarranno lettera morta, ma soltanto perché non esistono le risorse per attuarli. Gli abusi della von der Leyen e della Commissione Europea si inquadrano nell’incertezza normativa stabilita dai trattati; un esempio tra i tanti possibili è il controsenso giuridico di un parlamento che può nominare la Commissione ma poi non può sfiduciarla. Il punto però è che l’UE non nasce in funzione di una mitica “agenda globalista”, ma come “vincolo esterno” da usare come babau, come ricatto e come alibi contro le proprie popolazioni. Nata in funzione del “vincolo esterno”, l’UE cerca a sua volta negli USA un “vincolo esterno”, cioè una sponda e un alibi.
Giustamente l’Azione Cattolica ha condannato la decisione delle autorità venezuelane di ritirare il passaporto al cardinale Porras, impedendogli di uscire dal paese per recarsi in Spagna. Il disdicevole episodio si inserisce in una serie di atti paranoici da parte del regime di Maduro, il quale, nonostante i benefici effetti delle sanzioni economiche statunitensi, non riesce ad evitare che la popolazione versi in “condizioni sempre più difficili”.
Davvero vergognoso. C’è anche chi cerca attenuanti per il comportamento di Maduro, ricordando come il ragazzo abbia avuto molti cattivi maestri, tra i quali andrebbe annoverato non solo Chavez, ma anche lo stesso cardinale Porras. In un’intervista del 2017 il cardinale non ha esitato a dare la colpa a Maduro per la morte di un sacerdote in seguito a un’emorragia cerebrale. La mancanza del farmaco che, secondo Porras, avrebbe potuto salvare lo sventurato, ovviamente non andrebbe ascritta alle sanzioni, ma a Maduro in persona.
In base a criteri di attribuzione di responsabilità così oculati e oggettivi, lo stesso Maduro può aver pensato che sia colpa di Porras se le forze armate statunitensi uccidono delle persone che navigano su imbarcazioni civili nelle acque dei Caraibi. Persino due naufraghi superstiti ad un primo attacco, sono stati poi uccisi dai proiettili statunitensi mentre si aggrappavano ad un relitto della loro imbarcazione. Negli USA l’episodio ha suscitato “perplessità e preoccupazione” da parte di alcuni parlamentari democratici; insomma una reazione davvero energica che ha inchiodato Trump ed Hegseth alle loro responsabilità. Chissà, può darsi che di questo passo forse la prossima volta i parlamentari democratici potrebbero persino contestare a Trump ed Hegseth di essere stati un po’ troppo bruschi e sbrigativi. Porras invece non si è accorto di nulla; il che dimostra quanto il cardinale sia equilibrato e imparziale, perché avrebbe potuto accusare Maduro dell’accaduto, e l’Azione Cattolica ci avrebbe immediatamente creduto.
Secondo alcuni analisti il documento di National Security Strategy dell’amministrazione Trump indicherebbe che Maduro non è l’unico bersaglio, e neppure il principale. Pare infatti che Trump voglia imporre al Brasile una svolta economica che implichi la cessazione dei rapporti con la Cina e rafforzi la dipendenza dagli USA.
Questo riciclaggio trumpiano del mito della “dottrina Monroe” pare che arrivi proprio ad hoc, dato che il presidente brasiliano Lula nell’agosto scorso ha formalizzato un accordo di collaborazione militare tra Brasile e Cina; un accordo che prevede persino la presenza fissa di un rappresentante militare brasiliano a Pechino. La notizia ha suscitato i commenti preoccupati di alcuni analisti, i quali hanno rilevato come il tentativo di Lula di sottrarre il Brasile alla dipendenza nei confronti degli USA, lo stia portando a dipendere dalla Cina.
Purtroppo Lula si è dimostrato un soggetto impressionabile. Negli stessi giorni in cui il presidente brasiliano perfezionava i suoi accordi militari con la Cina, l’amministrazione Trump ha deciso di raddoppiare la taglia sulla testa di Maduro, portandola a cinquanta milioni di dollari. Insomma, se lo fai fuori, diventi straricco. Forse Lula teme che la prossima taglia possa essere messa su di lui. Se Lula o Maduro mettessero una taglia sulla testa di Trump, sarebbero universalmente considerati dei terroristi, mentre se lo fanno gli USA è del tutto accettabile; infatti vengono presi alla leggera persino gli atti di pirateria contro le petroliere ed i relativi furti, come se Trump in versione pirata dei Caraibi fosse un altro Johnny Depp. Qui si va oltre il doppio standard morale o legale; qui siamo al doppio standard antropologico, ovvero al razzismo nella sua manifestazione più abietta.
Alcuni hanno correttamente osservato che la “dottrina Monroe” è solo uno slogan, poiché ha avuto troppe interpretazioni, troppe smentite e troppi corollari per essere presa sul serio come riferimento storiografico; perciò sarebbe meglio parlare semplicemente di legge del più forte. Ma in questo caso non si può neppure parlare di legge del più forte, dato che gli USA sono una potenza in evidente sovraesposizione rispetto alle loro effettive capacità. Si tratta invece di legge del più prepotente; il bullismo infatti, anche nelle manifestazioni più minute e banali come quelle scolastiche, non è mai una mera patologia individuale, ma è una patologia di gruppo, una degenerazione sociale fondata sull’accondiscendenza e sulla complicità del contesto, ma anche su disturbi del linguaggio, come il confondere la sincerità con l’insolenza. Dire che Trump fa le stesse cose dei suoi predecessori senza le loro ipocrisie, è doppiamente impreciso. Anzitutto Biden era altrettanto insolente (ricordiamo la minaccia di attentati in conferenza stampa, le scurrilità contro Putin e i baci in testa alla Meloni); ma soprattutto l’insolenza è a sua volta una maschera, cioè un espediente per dissimulare la propria inettitudine. Chi è incapace di strategia, spaccia la destabilizzazione per strategia.
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