Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Sarebbe ora di rivalutare il troppo bistrattato “benaltrismo”. Quasi tutti i commenti hanno giustamente messo alla gogna il segretario statunitense alla Difesa Hegseth per non aver tutelato la riservatezza delle conversazioni interne all’amministrazione. Certamente è stato grave far trapelare informazioni su operazioni militari in preparazione; ma, a ben guardare, c’era “ben altro” di cui preoccuparsi; infatti, in quelle conversazioni, il segretario alla Difesa, ed anche il vicepresidente Vance, dimostravano di credere davvero alle scemenze che sono soliti raccontare ai media. In particolare, Vance dichiarava testualmente : “Odio salvare gli europei”. Quindi, secondo Vance, attaccare gli Houthi sarebbe stato nell’interesse degli europei. Solo un mentecatto può crederci, in quanto gli Houthi sono in guerra esclusivamente contro Israele, quindi attaccano soltanto navi dirette a porti israeliani o che provengono da essi. Sia gli europei con la missione “Aspides”, sia ora gli USA, nella questione del Mar Rosso agiscono come “proxy” di Israele, visto che la minaccia alla navigazione riguarda solo Israele.
“Israele” va inteso in senso completo, non solo come entità coloniale sionista che occupa un certo territorio, ma anche come sistema di lobbying, finanziamento elettorale, elusione fiscale attraverso il non profit, riciclaggio di denaro tramite operazioni finanziarie all’estero. Se il problema fosse davvero quello della navigazione nel Mar Rosso, per risolverlo basterebbe ben poco, cioè cessare il genocidio a Gaza ed in Cisgiordania, e riconoscere diplomaticamente gli Houthi, in quanto forza che governa lo Yemen e ne detiene l’effettivo controllo. Sarebbe forse il caso di riabilitare persino il “benpochismo”. Nel costante sistema di disinformazione sui presunti nemici del Sacro Occidente, oggi c’è anche la nuova variabile delle gag del cialtrone della Casa Bianca, secondo il quale gli Houthi si sarebbero già arresi e lo hanno pregato di non bombardarli.
Una strana distorsione del senso delle proporzioni sembra affliggere anche i commenti sulla strage di Monreale. Tre ragazzi sono stati uccisi in una rissa a più tempi ed a ridosso della festa più importante della cittadina siciliana. I commenti hanno tirato in ballo di tutto: la disoccupazione, Gomorra, Suburra, persino il “modello Caivano”. Ma c’era “ben altro” da sottolineare, visto che il governo ha appena varato un DDL Sicurezza che attribuisce poteri illimitati e discrezionali alla polizia, e persino l’ombrello di una sorta di immunità penale e disciplinare. Una rissa si è potuta svolgere in più tempi, sino ad uno sbocco sanguinoso, per di più nelle ore che precedevano un evento pubblico che si prevedeva affollatissimo. Possibile che le varie polizie non pattugliassero la zona e non si siano accorte di niente, se non a strage compiuta? Allora che uso fanno le “forze dell’ordine“ di tutto questo strapotere che il governo Meloni gli ha elargito?
Di cosa si occupavano tutti i media ancora il 3 maggio scorso? Stavano ancora a parlare di come, due giorni prima, una spiaggia di Posillipo fosse stata sporcata dai bagnanti. Da anni c’è un lobbying furioso per privatizzare il litorale napoletano, per cui certe foto andrebbero verificate alla fonte, dato che oggi chiunque potrebbe confezionare un falso e inoltrarlo sui social. Inoltre il razzismo antimeridionale è sempre gratificante per l’opinione pubblica settentrionale, così magari questa dimentica che il pubblico della Scala nel 2021 e nel 2022 ha riservato un’ovazione al maggiore esponente dell’oligarchia siciliana; se l’ovazione non si è ripetuta nel 2023 e nel 2024, è solo perché lo stesso Mattarella ha ritenuto di sottrarvisi disertando la Prima della Scala e lasciando il posto ad una diva del sionismo. Si tratta della stessa oligarchia siciliana che ha gestito il degrado che ha condotto ad episodi come quello di Monreale. Ciò smentisce ancora una volta la persistente concezione interclassista del colonialismo, secondo la quale l’oppressione coloniale colpirebbe indifferentemente tutti i ceti della popolazione. Al contrario, gestire una sudditanza coloniale comporta grossi vantaggi per l’oligarchia locale che se ne occupa, tanto che essa può arrivare a posizioni dominanti in campo nazionale e internazionale. Ciò spiega come l’Italietta sia passata dal colonialismo interno verso il Meridione, alla ricerca del vincolo coloniale anche all’esterno: le oligarchie si sono specializzate nel ruolo di agente/garante coloniale di un potere straniero usato come sponda contro le proprie classi subalterne. Lo schema del servo che diventa padrone ha una valenza generale, per cui non c’è da stupirsi che un’agenzia coloniale locale passi a dominare la potenza egemone, come capita nello strano rapporto ancillare degli USA nei confronti di Israele.
La “ben altra” notizia del 3 maggio era infatti la convocazione del Consiglio Supremo di Difesa, presieduto da Mattarella, il quale si occuperà di gestire i miliardi a debito per il riarmo europeo. La beata irresponsabilità con la quale si carica un paese di debiti, e quindi di interessi da pagare, dà il senso dello sradicamento e della estemporaneità di queste oligarchie coloniali, le quali gestiscono un territorio ma se ne sentono estranee, per cui diventano bolle narcisistiche e autoreferenziali. Definire “élite globaliste” queste bolle clepto-schizocratiche risulta fuorviante, poiché attribuisce uno statuto ideologico ad una mera perdita di contatto con la realtà, che viene sostituita da simulacri di presunti nemici e da narrazioni demenziali, perché tanto l’importante è far girare soldi. Nel ridicolo siamo superati dalla Germania, dove un clone della Lega di Salvini, l’AfD viene spacciata dai media e dai servizi segreti per un partito anti-sistema. I “progressisti” che si ostinano a venerare il mito dell’Occidente, usano una identità storico-culturale vaga e incerta come alibi del ruolo di agente coloniale e dell'annesso malaffare.
Negli ultimi anni una delle espressioni di maggiore fascino per i commentatori di politica estera è stata quella della “mezzaluna sciita”, dall’Iran fino allo Yemen, passando per l’Iraq, la Siria e il Libano. Peccato che queste concezioni su presunti internazionalismi religiosi si scontrino con smentite piuttosto pesanti. Il maggiore alleato di Israele in Asia centrale è infatti l’Azerbaigian, di religione islamica sciita. Nel 2023 Israele, insieme con la Turchia sunnita, ha armato una guerra dell’Azerbaigian contro l’Armenia. Negli ultimi anni i rapporti militari e commerciali tra Israele e l’Azerbaigian si sono ulteriormente rafforzati.
Un episodio inquietante che ha riguardato l’Azerbaigian è la strana morte nel maggio dello scorso anno, per “incidente aereo”, del presidente iraniano Raisi e del suo ministro degli Esteri; entrambi erano di ritorno da un incontro col presidente azero Aliyev. Per quanto i persiani siano loro correligionari, gli azeri sono di lingua ed etnia turca; inoltre l’Iran ha al suo interno una minoranza azera che rappresenta oggettivamente una sponda per le velleità mini-imperialistiche dell’Azerbaigian.
Così come in Siria, sembra che vi sia, pur tra conflitti e competizioni, una convergenza quantomeno episodica tra le aspirazioni ad una Grande Turchia ed i sogni di un Grande Israele. La differenza tra le due aspirazioni (o velleità) è che la “Grande Turchia”, per quanto ancora latente, ha un’effettiva base demografica, in gran parte dislocata in Stati a maggioranza turcofona, ma anche presente con consistenti minoranze in vari paesi; molte di queste minoranze turcofone si trovano nella Federazione Russa, oltre che in Iran. Il “Grande Israele” è invece privo di base demografica e si fonda soltanto su una enorme bolla di armi e di soldi che proviene regolarmente dagli USA, con gli annessi di un giro internazionale di corruzione e riciclaggio di denaro gestito da lobby come l’AIPAC (American Israel Public Affairs Committee).
Iran e Russia sono paesi praticamente confinanti, e il fatto che siano separati da uno specchio d’acqua peggiora le cose per la Russia, perché le si potrebbero piazzare contro dei missili ad un tiro di schioppo senza il rischio di subire la ritorsione di una rapida invasione. Ma l’aspetto più importante, per il quale una prospettiva di destabilizzazione dell’Iran dovrebbe allarmare Mosca, è che la popolazione persiana è l’unica nell’area dell’Asia centrale ad avere un potenziale demografico tale da contenere la spinta alla Grande Turchia che proviene dal gioco di sponda tra Ankara e Baku. L’Azerbaigian si trova anche a fare da ponte tra il Mar Nero ed il Mar Caspio, quindi è in posizione di forza per il controllo di entrambi. In base a considerazioni “geopolitiche”, sarebbe stato ragionevole aspettarsi che Mosca fosse molto più ferma contro il gioco a tutto campo messo in atto da Turchia ed Israele. In realtà l’atteggiamento russo nei confronti della crescente aggressività di USA ed Israele contro l’Iran appare piuttosto esitante ed ambiguo, così come Mosca si era mostrata tiepida e poco convinta nel sostenere l’Armenia nel 2023. Altrettanto corriva è la posizione russa nei confronti di Israele, che, col suo “proxy” azero, la sta insidiando ai confini. Abbiamo assistito l’anno scorso al cedimento russo in Siria nei confronti dell’espansionismo turco ed israeliano. L’unica consolazione per Mosca è che la solita intemperanza israeliana sta provocando problemi ad Erdogan.
Da più di vent’anni si discute tra Russia e Iran di un corridoio di infrastrutture di trasporti che dovrebbe collegare la Russia direttamente al Golfo Persico, in modo da evitare l’eccessiva dipendenza russa dal Mar Nero, il cui accesso è controllato dalla Turchia. Nel gennaio scorso si è firmato l’ennesimo accordo di partenariato strategico ed economico tra Russia e Iran; un trattato che aveva suscitato grandi aspettative e invece si è rivelato molto meno incisivo di quanto era stato previsto. Nonostante la oggettiva convergenza di interessi strategici ed economici con Teheran, Mosca sembra molto più preoccupata di evitare di entrare in urto con Ankara e Tel Aviv.
In definitiva, il concetto di “strategia” si rivela il grande fantasma nell’analisi dei rapporti internazionali, per cui l’idea che gli Stati siano soggetti razionali che tendono a seguire i propri interessi, risulta più un pregiudizio che una descrizione della realtà. Non è questione di capacità personali dei singoli capi di governo, bensì di dinamiche interne alle oligarchie. Dire “Putin” va bene finché è una sineddoche, se è un modo di indicare un regime, un gruppo di potere, col nome della sua figura di riferimento; mentre invece si casca nel patetico se si dà retta alla fiaba del dittatore e dell’autocrate, come se dalle nostre parti ci fossero la democrazia e lo Stato di Diritto. Al di là del grado di lucidità dei singoli, il comportamento di gruppo delle oligarchie appare sempre estemporaneo. Israele significa contatti d’affari e riciclaggio di denaro, e quindi l’oligarchia russa non rinuncia a intrattenerci buone relazioni, tanto più che ci sono tanti russo-israeliani a poter svolgere il ruolo di faccendieri. Se poi il bullo arriva al proprio confine, allora ci si dà una sveglia, magari anche per timore che i militari prendano il potere. Quando invece si è trattato di allontanare preventivamente la minaccia dai propri confini costringendo il bullo a impantanarsi altrove, da Mosca l’occasione non è stata colta. Nel 2011 la Russia non ha approfittato dei quasi mille chilometri di confine tra Algeria e Libia per far pervenire aiuti a Gheddafi. Nel 2013 Putin ha addirittura tolto le castagne dal fuoco ad Obama, inducendo Assad a cedere le armi chimiche. Ma c’è stato di peggio. Nel maggio del 2022 la stampa israeliana riportò allarmata la notizia (poi rivelatasi infondata) che per la prima volta i russi avevano consentito in Siria l’uso del sistema antiaereo S-300 contro i jet israeliani, che fino a quel momento avevano fatto il comodo proprio, sia contro l’esercito siriano, sia contro le truppe iraniane, sia contro Hezbollah. L’apparizione della falsa notizia fu comunque utile a dichiarare a chiare lettere che l’aviazione israeliana poteva bombardare la Siria solo grazie al permesso ed alla compiacenza dei russi.
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