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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Mai sottovalutare le riscoperte dell’acqua calda. La prima ovvietà da considerare è l’assurdo di un premio Nobel per la pace assegnato da un organo politico di un paese che fa parte di un’alleanza militare. La Norvegia è un membro della NATO e ne persegue la politica “occidentalista” (eufemismo di suprematismo bianco) anche attraverso le pubbliche relazioni, nel cui ambito c’è da annoverare appunto il premio Nobel. Il premio è stato negato a Trump, ma non per voler fargli torto, bensì per istigarlo a proseguire sulla strada dell’aggressione economica e militare al Venezuela. Magari a qualcuno del Pentagono potrebbe sorgere il timore che gli USA si stiano sovraesponendo sul piano militare; meno male che arrivano gli europei a presentare il regime di Maduro come una minaccia intollerabile alla sopravvivenza dell’umanità. La signora insignita del Nobel, Maria Corina Machado, peraltro è entusiasta di Trump e ne appoggia gli obbiettivi e i metodi, quindi le stanno bene le sanzioni, i tentativi di colpo di Stato e di decapitazione del regime; e persino l’attività di calunniatore e assassino nei confronti di persone che navigano su piccole imbarcazioni a grande distanza dalle coste del Venezuela.
Era prevedibile e scontato anche il plauso di Roberto Saviano per il riconoscimento assegnato ad una delle principali esponenti della cosiddetta “opposizione” (un altro eufemismo che sta per golpismo) al regime di Maduro, il quale sarebbe corruzione mascherata da socialismo. Magari un giorno Saviano ci rivelerà quale sia a questo mondo il regime non corrotto. Più realisticamente occorrerebbe dire che ci sono regimi della cui corruzione è lecito e conveniente parlare, e regimi della cui corruzione non è il caso di parlare troppo se non vuoi guai, visto che sono quelli che comandano dalle nostre parti.
Il problema infatti è che Maria Corina Machado non ce l’ha con la “corruzione”, bensì col socialismo in quanto tale, ritenuto responsabile della povertà, perché renderebbe i poveri sempre più dipendenti dall’assistenzialismo. L’ulteriore scoperta dell’acqua calda è che la signora Machado, nonostante abbia un look più fine e non dica parolacce in pubblico, è comunque un clone di Javier Milei; anche la Machado è un ennesimo campione di un presunto “liberismo” che dovrebbe liberare la società dalle catene della burocrazia statale e dagli sprechi. L’icona di riferimento, manco a dirlo, è la solita Margaret Thatcher. Visto che i media hanno conferito alla Thatcher il titolo di “lady di ferro”, per la Machado si è confezionato l’appellativo di “signora d’acciaio”. Tutto secondo il copione inaugurato alla fine degli anni ’70 e mai modificato.
Uno dei leit motiv dei conservatori britannici e americani è appunto che la povertà sia colpa del socialismo; il che può essere anche vero, ma tutto sta a capire di quale socialismo si tratta, se di quello per poveri o di quello per ricchi. Il sedicente “liberismo” è una categoria meramente narrativa e mitologica, una specie di autocelebrazione dei ricchi, che pretenderebbero di emergere da una darwiniana sopravvivenza del più forte. La stessa nozione di capitalismo è poco significativa, poiché si riduce al principio giuridico secondo il quale si stabilisce il potere in un’impresa in base alle quote di capitale investito; il che non ci dice praticamente nulla su come l’economia effettivamente funziona. Ciò che ha fatto la Thatcher, cioè trasferire il carico fiscale dalle imposte dirette sulle imprese alle imposte indirette sui consumi, si chiama tecnicamente assistenzialismo per ricchi. Se si aumentano le accise sui carburanti alla fine sono i poveri che pagano, cioè quelli che non hanno modo di scaricare gli aumenti su altri. Questo spostamento del carico fiscale dai ricchi ai poveri risulta appunto dai documenti di bilancio reperibili sul sito della Fondazione Thatcher. Ancora adesso ci sono in giro facce di bronzo che dicono che la Thatcher avrebbe diminuito le tasse. Il programma della Thatcher si è risolto invece nel togliere ambiguità interclassista al termine “contribuente”, che ora si identifica col contribuente povero.
Milei ha fatto lo stesso, infatti il suo governo si è presentato con una raffica di aumenti delle accise sui carburanti. Tanto per cambiare, anche quest’anno in Argentina c’è stato un ulteriore aumento delle accise e inoltre Milei stabilisce già la data per un altro aumento. Quale sarebbe il risultato di tutta questa spremitura del contribuente argentino a favore delle imprese ? Il risultato è che oggi a salvare il governo Milei dai debiti con banche e fondi d’investimento e dal crollo della moneta, arrivano i miliardi che Trump ha prelevato dal contribuente americano. Se Trump riuscirà a rovesciare il regime di Maduro, con tutta probabilità il contribuente americano sarà costretto a ripagare i debiti di un altro paese fallito. Per spostare il carico fiscale dai profitti delle imprese ai consumi, Trump ha fatto ricorso al trucco dei dazi (che sono appunto tasse sui consumi), così può raccontare al suo elettorato che lo fa per riportare l’industria negli USA. Per le multinazionali del credito e la loro super-lobby (il Fondo Monetario Internazionale) va benissimo così, dato che hanno trovato nel contribuente povero la gallina dalle uova d’oro. Alla fine risulta verissimo che l’assistenzialismo rende sempre più dipendenti dall’elemosina; soltanto che si deve precisare che si sta parlando dell’unico assistenzialismo che fa sistema, cioè quello per ricchi; e che sono i poveri a versare l’elemosina ai ricchi.
Al di là dei contesti radicalmente diversi, si può riconoscere lo schema ricorrente, l’invarianza; che in questo caso è la cosiddetta “arte di governo”, ovvero l’eludere le proprie responsabilità tramite il vittimismo, la contrapposizione pseudo-ideologica e la gazzarra da talk-show. L’arte di governo è trasversale ai vari governi ed ai differenti schieramenti politici, che convergono nella pratica di non precisare i confini tra lecito e illecito. La trasparenza della contestazione e della sanzione dell’eventuale illecito viene sostituita con una generica colpevolizzazione dei cittadini, con la quale giustificare pressioni indebite, terrorismo psicologico e discriminazioni. In epoca psicopandemica si è costruito su queste basi di incertezza giuridica e linguistica una sorta di virtuale obbligo vaccinale, la cui attuazione è stata condotta con strumenti arbitrari di limitazione dei diritti civili. Persino quando l’obbligo vaccinale è stato apparentemente proclamato per legge, si è però continuato nella farsa di voler estorcere la firma al “consenso informato”, negando la somministrazione del siero a coloro che volevano aderire all’obbligo manifestando chiaramente il proprio dissenso. L’ossimoro dell’obbligo che presuppone il consenso, è stato però avallato e santificato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 14/2023, per cui si è creata una sorta di giurisprudenza in funzione dell’irresponsabilità del governo e della colpevolizzazione generica del cittadino comune. Lo schema funziona all’incontrario del famoso aforisma dell’Uomo Ragno, perché più potere si ha e più si riesce a scaricare sugli altri ogni responsabilità. Non c’è da stupirsi che la nostra Consulta si sia avventurata in tali forzature del senso logico, visto che in precedenza aveva persino riformato l’aritmetica, stabilendo che la maggioranza elettorale non è il 50% +1, bensì il 40%. “Costituzionalista” è diventato infatti sinonimo di ciarlatano.
La vicenda sui contrasti tra il governo Meloni e gli attivisti umanitari in navigazione verso Gaza ha seguito un percorso analogo di sistematica evanescenza dei confini giuridici e linguistici: la “legalità” può proclamare una cosa e il suo contrario, e la comunicazione fa a meno della sintassi, per cui è possibile esprimersi con interiezioni intimidatorie, come “complottista!”, “no-vax!”, “Hamas!”, “7 ottobre!”. Tra le navi degli attivisti umanitari diretti verso Gaza che sono state abbordate dagli israeliani, risultano ben tre vascelli battenti bandiera italiana, sui quali quindi il nostro governo aveva piena giurisdizione. Se il comportamento degli attivisti della flottiglia in acque internazionali avesse configurato un qualunque illecito, il governo Meloni, che ha giurisdizione su queste navi, avrebbe dovuto intervenire per prevenire imbarazzi ed incidenti con il governo israeliano. Se invece non c’era illecito da parte delle navi battenti bandiera italiana, queste andavano tutelate da abusi commessi da governi stranieri. Il governo a guida “sovranista” e i suoi media di supporto hanno scelto invece la strada della colpevolizzazione generica, dei proclami fumosi e della fuga dalla responsabilità; anzi, il nostrano club degli amici del genocidio ha addirittura auspicato che fosse Israele a fare da castigamatti nei confronti di cittadini italiani.
La Meloni ha cercato, com’è suo costume, di buttare la questione in iperbole e caricatura, affermando che il nostro governo non avrebbe potuto dichiarare guerra ad Israele. In realtà il problema non è la mancata dichiarazione di guerra, bensì la mancata protesta diplomatica, dato che il nostro ministro degli Esteri si è limitato a elemosinare per i cittadini italiani sequestrati in acque internazionali da Israele un trattamento meno vessatorio. A parziale scusante per la Meloni e la sua corte dei miracoli, c’è da osservare che, sebbene la maggioranza delle navi della flottiglia battesse bandiera polacca, il governo polacco non ha tenuto un comportamento molto diverso dal nostro; eppure attualmente la Polonia è un paese che si distingue dagli altri per machismo e retorica nazionalistica.
Aleksandr Herzen diceva che il nichilismo non è il voler ridurre le cose a nulla, bensì riconoscere il nulla quando lo si incontra. Gli Stati non esistono come attori politico-istituzionali, e non sono neppure dei simulacri giuridici; semmai dei simulacri tout court, che fanno da alibi ad una faida tra bande criminali e cosche affaristiche. Gli Stati rimangono nozioni chimeriche, ma i regimi hanno pur sempre bisogno di una continuità materiale, perciò gli schemi di potere non possono riprodursi platonicamente come se discendessero da un iperuranio. Quando il biopotere si è presentato nella forma del trattamento sanitario obbligatorio di massa, la gran parte dell’opinione pubblica ha aderito entusiasticamente; ora che il biopotere si presenta invece nella forma esplicita del genocidio, esso viene rifiutato con sdegno persino da tanti squadristi del politicamente corretto. A fare da concreto filo di continuità tra le varie fasi del biopotere, c’è quindi il nucleo solido dell’oligarchia; di conseguenza il Mattarella che criminalizzava i renitenti al vaccino, adesso tratta gli attivisti umanitari come bambini sconsiderati. Oggi come in passato, a fornire il supporto mediatico a Mattarella non c’è soltanto il giornalismo servo, ma soprattutto il giornalismo padrone; quello dei Mentana e dei Vespa, che non sono dei semplici dipendenti, bensì dei diretti esponenti dell’oligarchia.
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