Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Tra i classici intramontabili della fintocrazia non c’è soltanto la pantomima del conflitto tra politica e magistratura, ma anche il fasullo dibattito sulla patrimoniale, nel quale la destra può recitare abusivamente la parte del baluardo anti-fiscale. In questo “evergreen” della mistificazione politica a fare da sponda al gioco delle parti c’è talvolta qualcuno della cosiddetta “sinistra” che evoca una mitica “tassa sui super-ricchi”, che in epoca di mobilità dei capitali e di concorrenza fiscale tra Stati è praticamente impossibile da realizzare; perciò parlare di patrimoniale ha il solo effetto di spaventare quel ceto medio che possiede una casa e dei risparmi. Stavolta però
la Meloni ha evocato il babau della patrimoniale facendo tutto da sola, lasciando credere che in campo vi fosse una proposta di tassazione dei patrimoni da parte della fantomatica “sinistra”. Insomma, una delle tante performance che la Meloni mette in scena ad uso dei suoi fan.
Alcuni osservatori trattano la questione dei supporter della Meloni come se fosse una sorta di enigma antropologico, alla stregua dell’individuazione dell’anello mancante tra l’australopiteco e il pitecantropo. In realtà la stupidità e la cieca fedeltà al capobranco non spiegano tutto. Certe manifestazioni particolarmente abiette e regressive della destra vanno comunque inquadrate in una narrazione che è trasversale agli schieramenti politici. La fiaba dominante consiste nel rovesciamento del concetto di socialismo, interpretato come se fosse per forza questione di togliere ai ricchi per dare ai poveri. Su questa falsa narrazione la destra può costruire il proprio mito di argine contro la minaccia dell’esproprio proletario. Il problema si pone in termini esattamente opposti, dato che l’esproprio avviene costantemente a danno dei ceti poveri. La demistificazione della fiaba sulla destra anti-tasse dovrebbe cominciare dai dettagli. Non a caso
il governo Meloni-Giorgetti si è presentato abolendo gli sconti sulle accise istituiti dal governo precedente. La tassazione sui consumi colpisce in modo esclusivo il contribuente povero, poiché questi non ha alcun modo per scaricare su altri i suoi maggiori costi. In tutto questo la Meloni e Giorgetti non hanno fatto altro che i passacarte, cioè adeguarsi alle istruzioni del Fondo Monetario Internazionale, un’istituzione sovranazionale che sovrintende a tutti i governi di ogni schieramento e colore.
La trasversalità riguarda le istituzioni sovranazionali che guidano i governi, ma si esprime anche nelle narrazioni, tra cui la finzione dell’impresa privata. A proposito di narrazioni e fiabe,
nel 2024 il ministro Urso aveva trionfalmente dichiarato che l’epoca dei sussidi alle imprese era finita per tutti. Ovviamente non c’era nulla di vero. Uno dei marchi di fabbrica dei governi fantoccio è infatti la continua retorica palingenetica, gli annunci di prossime catarsi che puntualmente non si verificano.
La realtà è che non esiste un’impresa privata indipendente dal denaro pubblico. Ad esempio,
il Decreto Ministeriale del 18 giugno 2025 ha riconfermato la pratica delle agevolazioni e degli incentivi per l’acquisto di macchinari e beni strumentali da parte delle imprese.
La logica vorrebbe che se un’impresa si regge sul denaro pubblico, dovrebbe essere pubblica, tanto più che il privato ha mille modi per fare (come dicono i media) il “furbetto” e deviare gli aiuti governativi verso altre destinazioni diverse dallo sviluppo industriale. Su queste magagne ogni tanto si viene a sapere qualcosina.
Nella sentenza 77/2017 delle sezioni regionali della Corte dei Conti è stato riconosciuto il danno erariale in un caso in cui Invitalia SpA (l’agenzia governativa per l’attrazione degli investimenti) aveva concesso dei fondi pubblici per una ristrutturazione industriale mai avvenuta, che faceva da copertura ad un riciclaggio finanziario. Il dato ridicolo riguarda la “mission” ufficiale di Invitalia, che dovrebbe “attrarre” gli investimenti privati. Sta di fatto che i soldi (soldi pubblici!) è solo Invitalia a tirarli fuori. L’attenzione dei media a questi episodi di dirottamento dei fondi pubblici è rara ed effimera, e stride con l’attenzione morbosa che invece essi dedicano ai presunti “furbetti” del reddito di cittadinanza o del cartellino. I peccati dei poveri fanno sempre più scandalo. Come si vede, non c’è alcun bisogno di espropriare i ricchi; basterebbe cessare di assisterli.
Una notiziola di qualche giorno fa è che Jeff Bezos è riuscito a inserirsi alla grande nella
mangiatoia degli appalti federali per l’esplorazione spaziale; una mangiatoia che fino a qualche tempo fa sembrava avviarsi ad essere un’esclusiva di Elon Musk. Il faccendiere sudafricano non ha comunque di che lamentarsi, visto che in questi giorni ha rimediato un altro appalto da un paio di miliardi. Va notato però che l’azienda di Bezos, dal nome suggestivo di Blue Origin, nonostante sia stata fondata da parecchio tempo, non si è mai distinta per ricerche e tantomeno per risultati in campo tecnologico, ma solo per la fiduciosa attesa di contratti federali, che alla fine stanno arrivando.
Ovviamente certe fortune non si costruiscono solo sugli appalti pubblici, ma anche sui sussidi governativi, cioè i regali in cambio di nulla; ciò in nome del mantra secondo il quale dare soldi ai ricchi fa bene a tutta l’economia. Secondo le ultime stime per difetto, a Musk sarebbero già andati circa trentotto miliardi di
sussidi governativi sotto varie forme, dalle erogazioni dirette agli sgravi e incentivi fiscali. Un quadro da cui esce che Musk è uno dei principali miracolati dell’assistenzialismo per ricchi. Alcuni commentatori hanno sottolineato la protervia di Musk nel farsi censore dei pubblici sprechi per poi andare a riscuotere allo stesso sportello del denaro pubblico.
Nella sua breve esperienza nell’agenzia governativa per l’efficienza, istituita da Trump, il faccendiere sudafricano ha effettivamente operato molti tagli; ma pare che non fosse quello il vero scopo della sua presenza in quel ruolo governativo di presunto castigatore degli sprechi. La frequentazione dell’amministrazione Trump ha consentito a Musk di coltivare i giusti contatti per ottenere altri appalti pubblici. I funzionari governativi che hanno aiutato Musk sono poi stati premiati con la classica porta girevole tra pubblico e privato, andando ad occupare posti ben remunerati nelle sue aziende; è appunto
il caso di Katie Miller, passata dagli incarichi nell’amministrazione Trump ad occuparsi di business dell’intelligenza artificiale. Il sistema della porta girevole è l’indizio di qualcosa che va oltre le semplici relazioni illecite tra imprese private e pubblici funzionari; probabilmente i veri soggetti non sono lo Stato e le imprese, bensì le lobby, cioè cosche affaristiche che sono trasversali al pubblico ed al privato, ed anche al legale e all’illegale.
Musk è il frontman, l’uomo di facciata, di una di queste cosche affaristiche; perciò oltre a riscuotere appalti e sussidi governativi, e oltre a organizzare porte girevoli tra pubblico e privato, il faccendiere sudafricano non può rinunciare al ruolo di “ideologo della destra”. Una delle sue ultime esibizioni ha riguardato
i problemi della civiltà occidentale, la quale, secondo Musk, sarebbe malata di eccesso di empatia. Insomma la solita fiaba sull’Occidente “troppo buono”, per cui gli altri se ne approfittano. Il punto però è che non va sottovalutato il fittizio gioco delle parti tra destra e “sinistra” che le provocazioni di Musk intendono sollecitare. Non sempre la retorica darwiniana riesce a creare una narrazione convincente a favore dell’assistenzialismo per ricchi; perciò l’assistenzialismo per ricchi deve ogni tanto cambiare “brand”, cioè diventare di “sinistra”, facendo appello alla retorica della solidarietà e dell’inclusione. Con queste tecniche pubblicitarie le amministrazioni democratiche di Clinton e Obama sono persino riuscite a venderci guerre “empatiche”, “umanitarie”, come l’aggressione alla Serbia ed alla Libia, che infatti hanno incontrato un notevole sostegno nella “sinistra”.
Anche l’emergenzialismo climatico ormai fa molto “sinistra”, ma finora è solo servito da alibi per spremere i contribuenti poveri con aumenti delle accise. Il Fondo Monetario Internazionale sollecita da anni l’istituzione di una “carbon tax”,
una tassa sulle emissioni di CO2, che dovrebbe scongiurare il cambiamento climatico favorendo gli investimenti nell’energia verde. Beninteso, qui il problema non è affermare o negare il cambiamento climatico, ma semplicemente notare un ennesimo trasferimento di soldi dal contribuente povero verso le multinazionali. Se c’è davvero un’emergenza climatica, la soluzione logica sarebbe che i poteri pubblici se ne assumessero integralmente la responsabilità gestionale, evitando che si apra il solito calderone di sussidi e appalti governativi alle multinazionali, con relativi conflitti di interesse e porte girevoli tra pubblico e privato.
Anche in epoca psicopandemica c’è stata questa alternanza tra brand di destra e di sinistra per venderci le misure emergenziali. Nel 2020 la Giunta Fontana aveva avviato l’emergenza Covid come esperimento di autonomia differenziata all’insegna del suprematismo “lumbard”; ma, quando il brand etnico-razziale è stato screditato dallo sgretolamento della sanità lombarda, è venuta in soccorso la retorica di “sinistra” del ministro Speranza, riuscendo a spacciare il lockdown come un modo di castigare la “logica del profitto”; mentre nei fatti ha determinato
la concentrazione della ricchezza a favore delle multinazionali. Persino il Green Pass è stato venduto al pubblico come esempio di solidarietà e di inclusione; in tal modo tutta l’evidenza dei conflitti di interesse tra multinazionali farmaceutiche e autorità sanitarie poteva essere liquidata come complottismo.
Secondo alcuni l’avvento di Robert Kennedy Jr alla gestione della salute pubblica negli USA, avrebbe dovuto bonificare questa fogna. In realtà pare proprio che di Bobby Jr se ne sbattano altamente, infatti
continuano le porte girevoli dei funzionari della Food and Drug Administration che passano a percepire mega-stipendi nella multinazionale Pfizer.