"
"La nozione di imperialismo americano non si deve intendere come dominio tout court degli Stati Uniti, ma come la guerra mondiale dei ricchi contro i poveri, nella quale gli USA costituiscono il riferimento ed il supporto ideologico-militare per gli affaristi e i reazionari di tutto il pianeta."

Comidad (2012)
"
 
\\ Home Page : Archivio (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Di comidad (del 03/12/2020 @ 00:24:54, in Commentario 2020, linkato 6083 volte)
Per narrare l’attuale euforia al rialzo delle Borse, i media mainstream hanno fatto ricorso ad un risvolto “umano”. La notizia della scoperta di vaccini per il Covid starebbe illudendo gli operatori finanziari su una prospettiva di ritorno a quella normalità che costituirebbe il desiderio di ognuno. Le Borse sarebbero quindi più ottimiste del dovuto.
In realtà la marcia indietro della multinazionale farmaceutica anglo-svedese Astrazeneca a proposito dei suoi test sui vaccini, semmai allontana la possibilità di un rapido ritorno alla normalità. Potrebbe darsi perciò che a “gasare” le Borse sia, al contrario, la prospettiva di una prosecuzione dell’emergenza a tempo indeterminato. Se i PIL crollano e gli indici di Borsa schizzano alle stelle, ciò indica che la speculazione finanziaria e l’economia hanno ormai poco a che vedere l’una con l’altra. Ma questo è ancora niente: i governi limitano la libertà di circolazione dei cittadini ma non la libertà di circolazione dei capitali, perciò i mitici “mercati” (cioè le multinazionali finanziarie) sono autorizzati a gonfiare bolle speculative, il cui scoppio avrebbe effetti ancora più devastanti per l’economia. Il moralismo punitivo dettato dall’emergenza sbarra le discoteche ma si arresta intimidito davanti alle Borse.
L’emergenzialismo è uno schema comportamentale caratteristico di ogni potere in ogni epoca. L’emergenza è un “doping” del potere, poiché spiazza ogni opposizione ed ogni punto di vista ideologico in nome di una presunta incombente “oggettività”, che è in effetti una super-ideologia in grado di sottomettere tutte le altre. Se negli ultimi cinquanta anni l’emergenza è diventata sempre più ricorrente, e addirittura cronica, ed il potere si è drogato di emergenza, ciò è dovuto all’intreccio del potere con i mezzi di comunicazione di massa, che sono in grado di fabbricare realtà virtuali. Ogni emergenza, per quanto pretestuosa, tende poi ad autorealizzarsi, in quanto la gestione emergenziale crea effettivamente caos.
L’emergenzialismo non congeda soltanto le altre ideologie ma soprattutto la logica, per cui il potere può autoassolversi dalle sue magagne passate ed, anzi, trarne nuova linfa per rafforzarsi. L’emergenza Covid è stata giustamente paragonata a quella dell’11 settembre 2001, infatti oggi come allora un potere può rivolgersi ai suoi sudditi con questo “sillogismo”: io mi sono dimostrato incapace di proteggere la tua incolumità, quindi fidati ciecamente di me e riconoscimi poteri assoluti. Oggi come allora la dietrologia delle ipotesi cospirative viene evocata per distrarre dall’evidenza plateale dei paradossi veicolati dall’emergenza.
L’emergenzialismo è uno schema comportamentale, perciò non ha alcun bisogno di essere concertato o adottato consapevolmente: basta che qualcuno dia il via ed i vari gruppi di potere e di affari si allineano in cordata. Qualunque segnalazione della pretestuosità di un’emergenza verrà comunque etichettata come “teoria della cospirazione”. In generale vale il criterio secondo il quale “teorie della cospirazione” sono sempre quelle degli altri e mai le proprie.

Già il termine “teoria” è in questo caso abbastanza discutibile, poiché si ha a che fare più con la tecnica comunicativa, cioè con la propaganda.
Le narrazioni cospirative nascono infatti all’interno dei vari poteri, per essere applicate ai nemici di turno, i “poteri cattivi”. La narrazione cospirativa serve quindi ad accreditare indirettamente l’esistenza di un “potere buono” che ci difende. Negli anni ’50 e ’60 la propaganda USA attribuiva il traffico di droga all’URSS ed alla Cina. Negli anni ’70 e ’80 Mosca era presentata come l’ispiratrice e la finanziatrice del terrorismo: la giornalista americana Claire Sterling ci scrisse su vari libri, tanto da far avviare un processo in Italia contro i servizi segreti bulgari per l’attentato a papa Wojtila. Ovviamente non si trovò nessuna prova, ma quello comunque non fu mai considerato “complottismo”, dato che era rivolto contro i nemici, i “cattivi”.
Oggi ci si racconta che la Russia ha i suoi hacker e i suoi “troll” con cui infetta la comunicazione occidentale. Putin avvelena anche i suoi oppositori interni, soprattutto se cercano scampo all’estero. Se si raccontasse semplicemente che Putin ammazza i suoi oppositori con incidenti d’auto o buttandoli dalle scale, la cosa non farebbe tanto effetto, dato che, in un modo o nell’altro, lo fanno tutti. Se invece ci si racconta che li ammazza col polonio radioattivo o col gas nervino, la narrazione diventa più avvincente e suscita più orrore. Gli USA devono giustamente narrarci dei complotti russi, così non facciamo caso a ciò che invece gli stessi USA commettono platealmente, alla luce del sole e sotto le telecamere: gli ambasciatori statunitensi che hanno capeggiato la rivolta in Siria nel 2011 ed ora lo fanno in Libano; il senatore John McCain buonanima, che nel 2013 andava a guidare il colpo di Stato in Ucraina; per non parlare poi del sito del Dipartimento di Stato USA, che ci dà conto sfacciatamente di tutti i finanziamenti che elargisce alle sue ONG che vanno in giro ad intossicare il pianeta.

Dall’avvento negli anni ‘80 dei cosiddetti Neocon, le narrazioni sui complotti russi e islamici hanno assunto un tono sempre più iperbolico e “trash”; la lotta tra il bene e il male si trasferisce anche all’interno del Sacro Occidente, diviso tra governanti inetti, pavidi e “pacifisti” da un lato e governanti decisi e dotati di spirito guerriero dall’altro lato. In Italia è il quotidiano “Il Foglio” a rilanciare la narrazione “dopata” dei Neocon.
Tra i “pacifisti” additati al pubblico ludibrio dai Neocon ci sono guerrafondai del calibro di Clinton e Obama, ed ora persino Trump. In risposta alla propaganda Neocon è nata una narrazione cospirativa alternativa, ancora più trash, quella di QAnon, una fonte anonima che ci racconta la lotta del potere “buono”, cioè Trump, contro le trame dello Stato profondo e di altri poteri occulti, dediti a pratiche nefande. Trump vorrebbe fare chissà che cosa per il nostro bene, purtroppo ci sono quei cattivoni a legargli le mani ed a remare contro.
Per comprendere le narrazioni cospirative dei Neocon o di QAnon, occorre affrontarle non come tentativi, per quanto rozzi e fanatici, di ricostruire gli eventi, bensì come una tecnica di propaganda: la narrazione cospirativa è un veicolante, un acceleratore, ed anche un moltiplicatore, dell’effetto comunicativo.
Se dico che la Terra è piatta, nessuno mi dà retta; ma se dico che c’è un complotto per far credere che la Terra è sferica, allora tutto diventa più “intriguing” e sollecita attenzione, o addirittura preoccupazione. Il terrapiattismo potrebbe addirittura infettare i giovani. I media accreditano ormai l’esistenza di una vera e propria “emergenza terrapiattismo”, spacciando per una teoria folle quella che è in realtà una sperimentazione comunicativa. Trump non corrisponde per niente al personaggio eroico della narrazione di QAnon, poiché le sue retoriche proteste anti-Covid hanno preso a bersaglio un soggetto debole come l’OMS, che è certamente una lobby dei vaccini ma non aveva alcuna voglia di arrivare a certi estremi come il lockdown. Il vero sponsor del lockdown è stato invece il Fondo Monetario Internazionale, e quello lì non si può toccare.
Articolo (p)Link   Storico Archivio  Stampa Stampa
 
Di comidad (del 29/11/2020 @ 00:41:52, in Manuale del piccolo colonialista, linkato 7312 volte)
Quando il 20 ottobre del 2019, il presidente uscente della Bolivia, vinceva con il 47.08 % dei voti contro il 36.51% del suo antagonista Carlos Mesa, l’Organizzazione degli Stati americani (OSA), braccio armato degli USA nella regione - e che Morales considerava come il “Ministero delle colonie” - , esprimeva preoccupazione perché alcune “irregolarità” avrebbero dimostrato che il governo aveva orchestrato dei brogli elettorali su vasta scala. In realtà, nei conteggi preliminari il rapporto era del 45,07% per Morales contro il 37,8% di Mesa, candidato della destra; un risultato che avrebbe portato, secondo la legge elettorale boliviana, al secondo turno. Ma l’avanzata di Morales nei risultati finali non ha niente di straordinario, visto l’arrivo in ritardo delle schede provenienti dall’Altiplano, e diversi studi dimostravano che non c’erano state irregolarità. Eppure l’OSA [un’organizzazione che dietro il consueto paravento della difesa dei diritti umani, svolge una costante opera di destabilizzazione in Sudamerica] continuava a denunciare brogli, e a quel punto la stampa e i media internazionali si sono impegnati a sostenere quella tesi. La copertura mediatica offerta dai mezzi di informazione di obbedienza occidentalista è stata impressionante per uniformità comunicativa, soprattutto perché l’ordine implicito di Washington è stato accettato supinamente, nonostante l’evidenza clamorosa della vittoria di Morales.
France Inter ironizza : “La rielezione dell’apprendista caudillo Morales è un miracolo (23 ottobre);
Charlie Hebdo: “E’ evidente che il governo boliviano ha scelto di truccare i risultati” (30 ottobre);
Washington Post : “Il presidente boliviano ha deciso di falsificare i risultati(…) per ottenere una vittoria al primo turno” (11 nov.);
New York Times : Morales “… aveva fatto ricorso a menzogne, manipolazioni e falsificazioni per assicurarsi la vittoria” in delle elezioni “fraudolente”. (5 dic.)
Le Monde: partendo dalla convinzione che Morales stava avendo una deriva autoritaria e che i leader autoritari controllano le elezioni, la frase “Morales ha vinto le elezioni presidenziali” diventa “Morales si è autoproclamato presidente”. (14 nov.)

• Dietro la pressione delle provocazioni e della propaganda dell’OSA, scoppiano disordini e sollevazioni nel paese. Persino la principale confederazione sindacale boliviana (Cob) abbandona il presidente.
• I generali dell’esercito, con un imprevisto voltafaccia, si allineano intimando al presidente di fare un passo indietro.
• Jeanine Añez, senatrice di secondo piano, ed esponente della destra Pro-life si autoproclama presidente, senza quorum in parlamento.
• Morales lascia il paese…….

La narrazione mediatica francese è piuttosto omogenea. Da Le Monde a Mediapart, da France Info a Le Figaro la linea è la stessa: Morales si è dimesso dopo tre settimane di contestazioni, sotto la pressione della piazza e a causa di una insurrezione popolare; il rovesciamento del presidente è stato accolto nelle strade di La Paz da scene di giubilo, canti, lacrime di gioia…”
Si profila quindi un colpo di Stato o l’ennesima “ rivoluzione colorata”. Eppure qualcosa non torna, nel racconto della crisi in Bolivia: in realtà il paese andino viveva un piccolo “miracolo economico” con una aspettativa di vita passata in un ventennio da 56 a 71 anni, la povertà assoluta più che dimezzata (dal 35% al 15 %), una disoccupazione al 4% e una crescita del PIL al 4,1% (il migliore del Sudamerica) Molto è frutto di sussidi, creazione di reti idriche, elettriche, e l’adozione di un programma di assicurazione sanitaria universale.
Nella stampa internazionale, tutti concordano sul fatto che non si è trattato di un colpo di Stato, e allora che cos’era? E se Morales era un leader estremamente popolare, come spiegare questa deriva e i presunti brogli?
Observer (settimanale britannico di sinistra): “L’ex presidente è stato vittima del suo rifiuto di cedere le redini del potere (…) e il suo regno ha mostrato segni di un culto della personalità sgradevole, addirittura castrista.(17 nov.)
New York Times: “A far cadere Morales non è stata la sua ideologia o qualche tipo di interferenza estera, come ha sostenuto, ma la sua arroganza, caratteristica comune a ogni populismo (…) la pretesa di essere l’arbitro ultimo della volontà del popolo e di poter schiacciare qualsiasi istituzione voglia mettersi sul suo cammino” [11nov.)

Quando Morales annuncia dal suo esilio di volersi ricandidare alle successive elezioni presidenziali, Le Monde lo mette in guardia: “Sarebbe un altro errore. Se ha davvero a cuore l’interesse dei suoi concittadini, Morales farebbe meglio a ritirarsi, in modo tale che in Bolivia la violenza possa cessare e si possa seguire una via costituzionale. [11.nov.]
Intanto il nuovo governo boliviano decide di perseguire Morales per “terrorismo e sedizione”, un capo d’accusa perseguibile con 30 anni di reclusione e che impedisce la candidatura.
Il nuovo governo boliviano continua a ricevere riconoscimenti e, curiosamente, anche Putin si affretta a farlo. Per la maggior parte dei commentatori internazionali, la denuncia di Morales, di essere stato vittima di un golpe, appare inconsistente. Se un presidente che ha vinto con un importante scarto di voti sul suo avversario, viene poi costretto a lasciare dall’esercito, non sembrano esserci gli elementi di un colpo di Stato …
Il sociologo Hugo Suarez, intervistato, alla domanda: “Jeanine Añez è legittima?”[1] risponde “Sì, sì, sì” E l’esercito? “E’evidente che si tratta di un esercito costituzionale”
Anche l’estrema sinistra altermondialista sbanda tra chi sostiene la tesi del golpe, chi si trincera dietro un “il problema è più complesso”, e chi avversa apertamente quella tesi. La rivista altermondialista ATTAC pubblica una Lettera aperta al movimento altermondialista, redatta da Pablo Solon, ex ambasciatore boliviano all’ONU: “Il presidente Evo Morales ha dichiarato (…) che in Bolivia è in atto un colpo di Stato. Mi dispiace molto dovervi dire che quest’affermazione di Evo Morales è completamente falsa.”
Per avere un’idea, anche solo approssimativa, di cosa potrebbe significare un avvento permanente di un governo che rispetti i diritti umani delle multinazionali, basti ricordare che in meno di un anno al potere, il governo di Jeanine Añez , tra l’altro, ha favorito apertamente gli interessi dell’agrobusiness, liberalizzando le importazioni/esportazioni di prodotti agroindustriali a partire dal 2020 // incoraggiato la deforestazione // autorizzato l’ingresso degli organismi transgenici nel paese //autorizzato l’aumento dei tassi di interesse bancari // ridotto l’aliquota fiscale per le grandi imprese // a causa della pandemia, ha offerto nuovi terreni al settore agro esportatore // ha raccolto 600 milioni di dollari da fondi pubblici per pagare i debiti della grandi aziende private // La campagna di privatizzazioni delle imprese pubbliche (compagnie telefoniche ed elettriche) ha incontrato resistenze importanti // In compenso, nel giro di pochi mesi, la spesa statale boliviana per le importazioni di armi per equipaggiare la polizia è aumentata di 18 volte rispetto al 2019.

Inversione di rotta

A giugno 2020, cambia tutto. Il 7 giugno, il NYT svela le conclusioni di un nuovo studio che demistifica i risultati del rapporto OSA. Rivedendo i calcoli statistici dell’organizzazione, i ricercatori hanno riscontrato diversi “problemi ed errori metodologici.” L’OSA “avrebbe utilizzato un metodo statistico inadatto che ha dato l’illusione di una rottura del trend dei voti” . Il New York Times è costretto ad ammettere che il rapporto OSA era “sbagliato”. In altre parole, la Bolivia ha subito un’interruzione dell’ordine costituzionale appoggiata dall’esercito: un colpo di Stato.
Ma Le Monde insiste: il NYT non fa che “rilanciare il dibattito sui presunti brogli”. Libération giudica l’analisi dei nuovi studi troppo complessa, mentre aveva condiviso le conclusioni del rapporto OSA senza troppe difficoltà.
Le Figaro, Libération e Le Monde utilizzano lo stesso tipo di argomentazione : “Non si è trattato di un colpo di Stato, ma di un vuoto costituzionale”.
Le informazioni e le notizie di queste note sono tratte da un articolo di Le Monde diplomatique , ottobre 2020. L’articolo prende in esame la stampa francese e anglosassone, ma non sarebbe difficile trovare gli stessi orientamenti nei media degli altri paesi. Il titolo dell’articolo è “Bolivia, cronaca di un fiasco mediatico – la sconfitta di Evo Morales, una “fake news” su grande scala”. In realtà, oltre al fiasco mediatico, è molto probabile che si sia trattato di un fiasco politico militare per gli Stati Uniti e l’OSA.
Il 18 ottobre 2020, le elezioni con voto elettronico cancellano il colpo di Stato di novembre. Janine Añez, che si era autoproclamata Presidentessa provvisoria con il tacito consenso delle Forze Armate, ha messo da parte le sospette ma inevitabili lentezze della verifica ufficiale e manuale, riconoscendo pubblicamente la vittoria con il 53% dei suffragi, del candidato del Movimento per il Socialismo (MAS), Luis Arce, ex ministro dell’Economia del presidente costretto all’esilio, Evo Morales, vincitore simbolico della consultazione e destinato quanto prima a tornare un protagonista della politica nel paese andino.
E’ evidente che qualcosa non ha funzionato nella strategia dei golpisti. Non ha senso cacciare Morales dalla finestra per poi farlo rientrare dalla porta. Quel che è certo è che il blocco popolare formato dal MAS e da Morales si è rivelato molto più solido di quanto si credesse. Così come è chiaro che gli equilibri interni alle Forze Armate, non hanno consentito che si spingesse la situazione verso la guerra civile. Ma è evidente che qualcosa si è inceppato anche nella logica dei grandi interessi minerari della Bolivia, così come all’esterno, a Washington, tra l’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) e il Dipartimento di Stato.

Brogli in USA

Se, nelle recenti elezioni americane, le accuse di brogli rivolte dal cialtrone Trump ai democratici sono state ritenute inconsistenti per la scarsa credibilità del personaggio, non bisogna dimenticare che in USA i brogli elettorali sono la regola. Il sistema elettorale, particolarmente farraginoso, dei grandi elettori e, più recentemente, il voto postale, rendono i brogli facilmente praticabili. Sia i democratici che i repubblicani hanno una lunga e consolidata tradizione di brogli elettorali. I casi più famosi e riconosciuti furono quelli di Lyndon Johnson e di Bush jr., ma anche le primarie che diedero il vantaggio a Hillary Clinton su Sanders rivelarono dei brogli clamorosi.
In realtà, la sostanziale inamovibilità del sistema gerarchico è confermata anche dagli schemi ricorrenti con cui vengono presentati e “creati” gli eventi elettorali.
Ecco cosa scrive la rivista statunitense Politico, in un articolo sugli “Ultimi pericolosi giorni di Donald Trump”:
Mentre le sue probabilità di vincere le presidenziali negli Stati Uniti si riducono, il candidato repubblicano accusa i democratici di preparare brogli e avvelena il clima politico. Nessuno sa come gestire la situazione che potrebbe crearsi dopo le elezioni presidenziali dell’8 novembre negli SU. Donald Trump sembra destinato a perdere e sembra intenzionato a non ammettere la sconfitta, e questo potrebbe scatenare una crisi di fiducia senza precedenti dei cittadini nei confronti delle istituzioni. Ora sia i repubblicani sia i democratici temono che dopo il voto le ferite causate dalla campagna elettorale possano diventare più profonde e durature. (…) temono che le sue parole [di Trump] possano far presa sui suoi sostenitori più fanatici, e che questo porti a comportamenti violenti contro i musulmani, i latinoamericani e altre minoranze che Trump ha attaccato in campagna elettorale.(…)
“Ci sarà una rivolta, sì. Siamo tutti stanchi del sistema” dicono i sostenitori di Trump nel New Jersey … dando per scontato che le elezioni saranno truccate. Il rifiuto di Trump di ammettere la sconfitta “rientra perfettamente nella sua strategia di sfruttare lo storico calo di fiducia degli elettori verso le istituzioni.
L’aspetto interessante di questo articolo, è la data. L’articolo è stato scritto nell’ottobre 2016, e riproduce non soltanto gli schemi e le linee comunicative di quanto abbiamo letto in occasione delle elezioni americane del 2020, ma persino le stesse frasi, gli stessi allarmi, le stesse espressioni di stupore, le stesse parole. Già i Padri Fondatori degli Stati Uniti, si erano premurati di creare un sistema elettorale che proteggesse l’oligarchia dominante da qualsiasi eventuale messa in discussione tramite elezioni. A questo si sono aggiunti nel tempo una serie di schermi burocratici ed escludenti tali da rendere il sistema praticamente inattaccabile per via elettorale. Parlare con sorpresa o indignazione di brogli in questo contesto è quasi surreale.
Articolo (p)Link   Storico Archivio  Stampa Stampa
 
Pagine: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 114 115 116 117 118 119 120 121 122 123 124 125 126 127 128 129 130 131 132 133 134 135 136 137 138 139 140 141 142 143 144 145 146 147 148 149 150 151 152 153 154 155 156 157 158 159 160 161 162 163 164 165 166 167 168 169 170 171 172 173 174 175 176 177 178 179 180 181 182 183 184 185 186 187 188 189 190 191 192 193 194 195 196 197 198 199 200 201 202 203 204 205 206 207 208 209 210 211 212 213 214 215 216 217 218 219 220 221 222 223 224 225 226 227 228 229 230 231 232 233 234 235 236 237 238 239 240 241 242 243 244 245 246 247 248 249 250 251 252 253 254 255 256 257 258 259 260 261 262 263 264 265 266 267 268 269 270 271 272 273 274 275 276 277 278 279 280 281 282 283 284 285 286 287 288 289 290 291 292 293 294 295 296 297 298 299 300 301 302 303 304 305 306 307 308 309 310 311 312 313 314 315 316 317 318 319 320 321 322 323 324 325 326 327 328 329 330 331 332 333 334 335 336 337 338 339 340 341 342 343 344 345 346 347 348 349 350 351 352 353 354 355 356 357 358 359 360 361 362 363 364 365 366 367 368 369 370 371 372 373 374 375 376 377 378 379 380 381 382 383 384 385 386 387 388 389 390 391 392 393 394 395 396 397 398 399 400 401 402 403 404 405 406 407 408 409 410 411 412 413 414 415 416 417 418 419 420 421 422 423 424 425 426 427 428 429 430 431 432 433 434 435 436 437 438 439 440 441 442 443 444 445 446 447 448 449 450 451 452 453 454 455 456 457 458 459 460 461 462 463 464 465 466 467 468 469 470 471 472 473 474 475 476 477 478 479 480 481 482 483 484 485 486 487 488 489 490 491 492 493 494 495 496 497 498 499 500 501 502 503 504 505 506 507 508 509 510 511 512 513 514 515 516 517 518 519 520 521 522 523 524 525 526 527 528 529 530 531 532 533 534 535 536 537 538 539 540 541 542 543 544 545 546 547 548 549 550 551 552 553 554 555 556 557 558 559 560 561 562 563 564 565 566 567 568 569 570 571 572 573 574 575 576 577 578 579 580 581 582 583 584 585 586 587

Cerca per parola chiave
 

Titolo
Aforismi (5)
Bollettino (7)
Commentario 2005 (25)
Commentario 2006 (52)
Commentario 2007 (53)
Commentario 2008 (53)
Commentario 2009 (53)
Commentario 2010 (52)
Commentario 2011 (52)
Commentario 2012 (52)
Commentario 2013 (53)
Commentario 2014 (54)
Commentario 2015 (52)
Commentario 2016 (52)
Commentario 2017 (52)
Commentario 2018 (52)
Commentario 2019 (52)
Commentario 2020 (54)
Commentario 2021 (52)
Commentario 2022 (53)
Commentario 2023 (53)
Commentario 2024 (10)
Commenti Flash (61)
Documenti (30)
Emergenze Morali (1)
Falso Movimento (11)
Fenêtre Francophone (6)
Finestra anglofona (1)
In evidenza (32)
Links (1)
Manuale del piccolo colonialista (19)
Riceviamo e pubblichiamo (1)
Storia (9)
Testi di riferimento (9)



Titolo
Icone (13)


Titolo
FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


19/03/2024 @ 09:28:09
script eseguito in 102 ms