Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Dai dati elettorali risulta che il PD ha evitato il temuto crollo alle elezioni europee non a scapito dei 5 Stelle, bensì fagocitando gran parte dei voti che, in altre condizioni, sarebbero andati ai movimenti alla sua “sinistra”. Evidentemente molti elettori della sinistra radicale si sono convinti a compiere un voto “utile” in funzione antifascista. Si potrebbe dire che il PD ha riscosso una vera e propria tassa sull’antifascismo a spese dei suoi concorrenti a sinistra.
Paradossalmente è proprio il PD a contribuire a quella campagna propagandistica che, di fatto, legittima la riedizione di un fascismo o, quantomeno, di un “uomofortismo”. Questa propaganda mainstream afferma da un lato che l’Europa rischia nei prossimi anni un’invasione migratoria a causa delle misere condizioni del continente africano e, dall’altro lato, ripete in continuazione che il vero contenzioso non è con la Commissione Europea ma con i “Mercati”, da cui dipenderebbe la sopravvivenza del nostro debito pubblico. Se davvero il nostro Paese fosse a rischio di invasione da parte di milioni di Africani poveri e, nel contempo, il vero potere fosse nelle mani dei “Mercati”, allora per il popolo l’unica prospettiva di sopravvivenza sarebbe quella di affidarsi ad un leader “forte”, capace di contrastare l’una e l’altra minaccia con misure autoritarie.
In realtà gli “uomini forti” non esistono, al massimo esistono uomini che sembrano tali (e certamente Salvini non è neppure tra quelli); ma, soprattutto, nessuno dei due suddetti scenari, sia quello dell’invasione, sia quello dell’onnipotenza dei “Mercati”, corrisponde minimamente ai dati di fatto. La migrazione non è una fuga dei poveri dalle loro condizioni di vita, bensì è l‘effetto di una massiccia finanziarizzazione delle masse povere.
Il settimanale “The Economist” si è accorto che le rimesse dei migranti ai loro Paesi di origine ammontano a circa cinquecento miliardi di dollari l’anno e che il business su questi trasferimenti è gigantesco, dato che le commissioni bancarie sono particolarmente esose.
I migranti quindi non recidono affatto i rapporti con la madre patria, perciò non vi è nessuna invasione in atto. La condizione dei migranti deriva da uno sfruttamento finanziario; uno sfruttamento che andrebbe contrastato non con spettacolari blocchi di navi e con muri, ma con misure finanziarie. In altre parole, occorrerebbe colpire le lobby finanziarie che spingono alla migrazione allo scopo di ”banchizzare” le masse povere attraverso la spirale degli indebitamenti personali (i “migration loan”) e attraverso l’esigenza di trasferire i loro guadagni alle proprie famiglie e, ovviamente, ai creditori.
Il settimanale britannico, per evitare le commissioni troppo alte sulle rimesse dei migranti, propone ipocritamente maggiore concorrenza; come se fosse difficile per più banche fare accordi di cartello in barba alla concorrenza. L’unica vera soluzione sarebbe quella di istituire un monopolio pubblico delle rimesse, a costo zero per i migranti. Sarebbe una soluzione solidale che, al tempo stesso, spazzerebbe via completamente il business delle commissioni e quindi l’incentivo a spingere alla migrazione. Ottimi motivi per non attuare mai quella soluzione.
Quanto poi all’onnipotenza dei mercati, si tratta di una pura mistificazione. Qualche giorno fa un voto trasversale della Camera ha approvato l’ipotesi di pagare i fornitori della Pubblica Amministrazione, che sono da anni in attesa, con l’emissione di appositi titoli del Tesoro. La proposta è stata approvata inaspettatamente anche dai deputati del PD e di Più Europa, i quali quindi, di fronte ad una misura di buonsenso che allenterebbe la dipendenza dai “Mercati”, si sono rivelati, presi uno per uno, più benintenzionati del previsto.
Sennonché l’approvazione quasi unanime di quella misura ha immediatamente sollevato le ire del quotidiano confindustriale “Il Sole 24 ore” e la presa di distanza del Ministero dell’Economia. Di lì a poche ore, anche il PD ha fatto marcia indietro e parlato del suo voto favorevole come di un “errore”.
Si era messa quindi in moto la vera arma, l’autentica potenza, dei sedicenti “Mercati”: il lobbying, cioè i vari lobbisti camuffati da giornalisti, da economisti e da funzionari dello Stato. Il quotidiano “Il Sole 24 ore” ha infatti gridato allo scandalo di fronte alla prospettiva che i loro imprenditori siano pagati con “carta straccia”. Non si tratterebbe in realtà di carta straccia, visto che sarebbe considerata buona per pagarci le tasse. Il quotidiano ha anche paventato una procedura europea di infrazione per colpire questa trasgressione. Ma non ci si era detto che il vero problema non sono le procedure di infrazione ma i “Mercati” che non ci comprerebbero i titoli del Tesoro? E se si riesce a fare a meno dei “mercati”, dove sarebbe il male?
Nei giorni successivi altre testate giornalistiche ci sono andate anche più pesante del quotidiano confindustriale, disegnando i soliti scenari catastrofici nel caso la proposta passasse. In conclusione, nella conferenza stampa di lunedì scorso, chiaramente imbeccata da Mattarella, il Presidente del Consiglio Conte ha posto le premesse ideologiche per la crisi del governo. Il problema, secondo lui, sarebbe quello dei litigi tra Salvini e di Maio e delle loro esternazioni, come se di quelle schermaglie elettorali alla Commissione Europea ed ai sedicenti “mercati” gliene fregasse qualcosa.
Ma quella della “litigiosità” è sempre un'invitantissima esca da lanciare all’indignazione dell'opinione pubblica, che rimarrebbe così ignara sia del vero oggetto del contendere, sia del vero contesto istituzionale. Il governicchio Conte era stato infatti lasciato nascere per vivacchiare un po’ e poi lasciare il campo ai veri “competenti”. Non appena ci si è avvicinati a toccare gli interessi dei potentati, si annuncia la fine della ricreazione.
La vera notizia di queste ultime elezioni non è il previsto trionfo di Salvini, quanto la sopravvivenza politica del PD, il quale vede finalmente esaurirsi l’effetto Renzi. Nelle elezioni europee di cinque anni fa, Renzi aveva condotto il PD al suo massimo storico, poi, nel giro di qualche anno lo ha condotto al minimo storico. Da quella vicenda Salvini dovrebbe trarre una lezione sia sul carattere volatile dei successi elettorali, sia sull’illusorietà del voler trasferire il risultato delle elezioni europee alle politiche, dove vota un 20% in più di elettori.
L’arena elettorale celebra i suoi trionfi e le sue condanne, ma il vincitore di turno si rivela regolarmente incapace di governare e la colpa, alla fine, è sempre dell’elettore, che non ha capito niente. Insomma, bisogna far votare il popolo e farlo sbagliare, così dopo si rassegna al fatto che deve affidarsi a chi ne sa più di lui.
Al di là dei sussulti elettorali, permane intanto il dominio del cosiddetto “senato virtuale”, cioè i mitici, quanto sedicenti, “Mercati”. È noto che dal 1975 le super-lobby della finanza, come la famigerata Commissione trilaterale, hanno avviato una polemica contro il cosiddetto “eccesso di democrazia”, un democrazia in crisi, bisognosa di “governabilità”.
Sulla base di queste esternazioni dei super-ricchi, è cominciata anche un’opposizione tesa alla rivendicazione della “sovranità popolare” contro il potere delle élite globaliste. Il filosofo Massimo Cacciari ha bacchettato questa posizione anti-elitaria, affermando che anche la democrazia non può esercitarsi se non attraverso il potere di élite. In realtà in questo caso sono state proprio le élite a dissociarsi ed a rivendicare una separazione dal popolo. La rivendicazione separatistica delle élite è stata celebrata nell’esibizione sempre più sfacciata di consessi dei potenti, come appunto la Trilateral e l’altrettanto famigerato gruppo Bilderberg o il meno noto Gruppo dei Trenta, fondato da Rockefeller nel 1978, ma venuto agli onori delle cronache solo di recente, a causa della presenza di Mario Draghi in quella conventicola.
Tutte le oligarchie tendono a isolarsi dalla massa e tutte le oligarchie tendono a idolatrarsi, però è anche vero che l’esibizionismo oligarchico degli ultimi decenni rappresenta un dato storico abbastanza inedito rispetto alla storia degli ultimi secoli. Bisogna solo capire se questo separatismo autocelebrativo corrisponda davvero ad una visione strategica oppure sia solo un riflesso di meccanismi insiti in ogni tipo di potere.
La polemica antidemocratica da parte delle lobby finanziarie appare in effetti abbastanza inconsistente e pretestuosa, dato che la democrazia ha finito per costituire il terreno ideale per lo sviluppo del lobbying. I parlamentari si fanno scrivere le leggi dai lobbisti e vedono negli stessi lobbisti coloro che potranno garantirgli una carriera anche fuori della politica. Negli anni ’70 le oligarchie venivano descritte come assediate dalle “aspettative crescenti” delle masse, ma poi si è visto che la democrazia è stata utilissima per educare le masse ad aspettative decrescenti.
La polemica antidemocratica delle oligarchie, sedicenti élite, appare dunque come un effetto scontato del vittimismo insito in tutti i potenti. È fisiologico che i ricchi si percepiscano come assediati dall’incomprensione e dall’avidità dei poveri, soprattutto quando ciò non corrisponde alla realtà. Si tratta quindi di un vittimismo preventivo. Si dice spesso che anche i ricchi sono esseri umani ma, in questo caso, la nozione di “esseri umani” va interpretata e declinata nel senso più deteriore: “Umano sei, non giusto”, per dirla con Giuseppe Parini.
Come ci ha spiegato l’economista John Kenneth Galbraith, si vede così il ricco fare il liberista con i poveri ed il socialista con se stesso, pretendendo tutte le agevolazioni e tutti i possibili sussidi dallo Stato. Vediamo i ricchi liquidare come ineluttabile necessità economica le sofferenze dei poveri e, al tempo stesso, indignarsi sino alla commozione solo per la larvata ipotesi che venga scalfito il proprio welfare per privilegiati.
Non è neppure detto che le sofferenze inflitte ai poveri in nome di una presunta necessità economica, rientrino sempre in una lucida visione degli interessi delle oligarchie. Spesso sono motivazioni grette e pregiudizi meschini, un mero odio per l’uguaglianza, ad ispirare le cosiddette “riforme strutturali” condotte dai lobbisti. La reazione impudente di questi ricchi e potenti, che cercano di accreditarsi come la vera guida del mondo, rientra quindi nello schema comportamentale della sinergia tra vittimismo e arroganza.
Il punto è che la politica e la democrazia, pur nella loro condizione ancillare e servile, rappresentano pur sempre uno svincolo decisivo per l’esercizio del potere. Il dato che vi sia oggi uno strapotere della finanza, non implica affatto che la finanza sia onnipotente, che sia cioè in grado di dominare senza alcuna mediazione.
Nel 2011, in nome della presunta emergenza-spread, fu bloccato il costituzionale sbocco elettorale della crisi politica e imposto un governo “tecnico”. Ma il tutto fu opera di un Presidente della Repubblica che aveva prima tenuto imbalsamato un governo per un anno, impedendo che gli si votasse per tempo la sfiducia, poi aveva offerto quello stesso governo in pasto ai “Mercati”. La “Costituzione più bella del mondo” non era servita ad impedire che il Presidente della Repubblica si comportasse come un dittatore. Nel frattempo non si è mai dimostrato che lo spread in quanto tale fosse in grado di produrre quegli sfracelli; tanto è vero che nel 2012, sotto un governo di presunti “super-tecnici”, si vide nuovamente a varie riprese lo spread schizzare a più di quota 500, senza che per questo i media gridassero alla fine del mondo.
Ancora una volta abbiamo visto in questi mesi il governo “sovranista” sotto la tutela di un Presidente della Repubblica, che ci ha fatto pure la predica sul rispetto che si deve ai “Mercati”. L’articolazione decisiva del dominio non sta nei sedicenti “Mercati” in quanto tali, ma nei loro lobbisti piazzati negli snodi istituzionali. Quelli sono il vero conforto per l’eterno lamento dei ricchi.
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