"
"La ricerca scientifica è una attività umana, perciò merita, come ogni attività umana, tutto lo scetticismo possibile; altrimenti cesserebbe di essere ricerca per costituirsi come religione inquisitoria."

Comidad (2005)
"
 
\\ Home Page : Archivio (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Di comidad (del 08/06/2023 @ 00:14:03, in Commentario 2023, linkato 8202 volte)
Sono rimasti davvero in pochi ad ostinarsi nella finzione di credere che Adriano Sofri c’entri qualcosa con l’assassinio del commissario Calabresi. Questi pochi irriducibili sostenitori di quella montatura giudiziaria, elargiscono a Sofri una patente di vittima, grazie alla quale questi può oscurare le reali nefandezze del suo curriculum di funzionario della propaganda di marca NATO.
Nel 1995 ci fu un bombardamento della NATO contro la popolazione serbo-bosniaca; una sorta di prodromo, o di antipasto, dell’aggressione contro la Serbia che sarebbe avvenuta quattro anni dopo. Negli anni ’90 esisteva ancora una specie di simil-sinistra, capace addirittura di accorgersi della pretestuosità di certe ingerenze imperialistiche, finte umanitarie e molto sanguinarie. La Germania, gli USA ed il Vaticano, servendosi anche di soldi sauditi, avevano istigato e fomentato il separatismo delle repubbliche jugoslave, avallando dichiarazioni d’indipendenza unilaterali che innescavano una serie di conflitti etnici. I media ed i governi del Sacro Occidente indicarono nelle popolazioni serbe le sole colpevoli di quella guerra civile. Per tacitare la residuale sinistra, Sofri ricorse ad un tipico colpo basso, accusandola di essere più filo-serba dello stesso presidente serbo Milosevic, il quale, nel 1995, si andava adoperando per moderare le milizie dei suoi confratelli etnici in Bosnia. Sofri ridicolizzò chi aveva parlato di operazioni genocide da parte della NATO, rilevando che le vittime civili erano state “poche”. Nel 1995 Milosevic faceva ancora comodo alla NATO, ma quattro anni dopo non si esitò a criminalizzarlo, attribuendogli propositi imperialistici e genocidi. Nel 1999 in Italia fu proprio un governo di “sinistra” ad applicare quel drastico cambio di narrazione e ad organizzare la partecipazione italiana all’aggressione NATO contro la Serbia. Ci voleva l’apporto di intellettuali “di sinistra” come Sofri per santificare lo schema propagandistico che etichetta come complice del nemico chiunque sia preoccupato per l’azione destabilizzatrice della NATO.
Ai Serbi è stata sottratta quella che, a torto o a ragione, considerano la propria madrepatria, il Kosovo, per metterci su uno staterello fantoccio ed una mega-base USA, Bondsteel, un enorme hub per traffici militari e criminali. Alla Serbia è stata inferta la ferita e l’umiliazione del bombardamento di Belgrado, con molte vittime civili, tra cui i degenti di un ospedale; Milosevic è stato sequestrato ed è morto in circostanze oscure, mentre era sottoposto ad un processo burla in quella filodrammatica che si autodefinisce tribunale penale dell’Aia.
A questo punto non c’è da sorprendersi che adesso si debba fare i conti con un revanscismo serbo. Nel bombardamento di Belgrado fu colpita anche l’ambasciata cinese, provocando vari morti. Non c’è nulla di strano neppure nel fatto che i due revanscismi si siano combinati, per cui l’anno scorso il governo serbo ha acquistato il sistema missilistico antiaereo di produzione cinese siglato HQ-22, oppure FK-3 nella versione esportazione. Secondo la NATO questa fornitura altera il rapporto di forze in Europa. Lo altera, eccome. Il primo ministro serbo avrebbe infatti dichiarato che la Serbia non sarà più un sacco da pugilato; come a dire: riprovateci e ve lo facciamo così. Altro che il professor Morelli; ci vuole un missile per ritemprare l’autostima.

Non si sa se Pechino, nel vendere il sistema missilistico, abbia fatto lo sconto al governo di Belgrado; la Serbia ha potuto comunque permettersi l’acquisto. L’aspetto interessante riguarda le modalità dello sviluppo industriale della Serbia, diventata, negli ultimi vent’anni, la sede delle delocalizzazioni di molte industrie europee, e, ovviamente, italiane; in Serbia è andata non solo la FIAT di Marchionne, ma anche la fabbrica delle calze Omsa che una volta stava a Faenza. Nel 2012 si parlava già di oltre mille imprese italiane trasferite in Serbia, dei più svariati settori produttivi e finanziari. Il governo serbo ha sostenuto il maggior onere finanziario di questa industrializzazione, ed i rapporti con le multinazionali non sono affatto stati facili.
La guerra imperialistica è diventata guerra di classe, un attacco generalizzato alle classi operaie dei Paesi occidentali; e ciò non in base ad una pianificazione, bensì per la stessa logica del lobbying, dell’intreccio degli affari, poiché non solo le armi sono business ma anche organizzare le delocalizzazioni. Il “fabbrichismo” degli anni ’60 e ’70 poneva in evidenza soltanto l’aspetto produttivo dell’impresa capitalistica, che invece è strutturata soprattutto in funzione del lobbying, cioè dell’intreccio con le istituzioni pubbliche per procacciarsi affari. Secondo alcuni, in questo dato sarebbe intervenuta una complicazione ideologica, inerente alla falsa coscienza delle oligarchie occidentali, il cui odio di classe antioperaio avrebbe finito per coinvolgere l’intero aspetto produttivo; perciò anche gli ingegneri, una volta al vertice della considerazione sociale, oggi vengono trattati come pezze da piedi.
Sta di fatto che l’aggressività militare della NATO ha posto le basi per una deindustrializzazione dell’Europa, tanto che oggi le è difficile anche produrre munizioni. A riconferma delle regolarità storiche, l’integrazione capitalistica tra Unione Europea e Serbia non sta per niente evitando l’esasperazione delle tensioni e dei conflitti; al contrario. La situazione in Kosovo potrebbe sfociare in guerra aperta, come è accaduto in passato a potenze capitalistiche tra loro economicamente complementari. Un imperialismo serbo venti anni fa era impensabile; ma ora, grazie alla NATO, Belgrado ha i missili ed anche impianti industriali che potrebbero essere riconvertiti ad uso bellico. Ciò che fa la NATO non ha alcun senso strategico: non ha avuto senso strategico destabilizzare i Balcani e l’Europa orientale, e tantomeno lo ha avuto deindustrializzare l’Europa occidentale. Ha avuto senso però rispetto agli affari del momento. Del resto la NATO non solo non nasconde la sua natura di cordata d’affari, ma nel suo sito addirittura la esibisce. Sta alla narrativa dei media fare in modo che questo aspetto affaristico non venga evidenziato alla pubblica opinione.
La NATO continua a vivere nel passato, come se trent’anni non fossero trascorsi e ci fosse ancora quella effimera bolla detta “unipolarismo”, quando i mulini erano bianchi e i conflitti erano asimmetrici, cioè solo contro nemici deboli. Da brava lobby d’affari la NATO non riesce a districarsi dagli schemi narrativi del proprio spot pubblicitario, sebbene la realtà abbia più volte bussato alla porta. L’obsolescenza di quelle che erano il segno e il vanto della potenza USA, cioè le portaerei, è ormai un dato di fatto da almeno un decennio, a causa dei moderni sistemi missilistici, in grado di colpire bersagli mobili a migliaia di chilometri di distanza individuandoli con i satelliti. Sembrerebbe che gli USA ancora si illudano di poter rimettere in scena l’ottocentesca politica delle cannoniere nel Mare Cinese Meridionale, quando i missili cinesi non esistevano.
In realtà qui non c’è illusione o qualsiasi altro retro-pensiero: il lobbying non implica alcuna autocoscienza strategica, in quanto è un mero automatismo comportamentale, di cui lo spot pubblicitario diventa il paradigma. In termini più banali, qualcuno direbbe che si tratta di autointossicazione con la propria stessa propaganda. Per decenni ci è stato narrato l’Iran solo come una repubblica clericale, retrograda ed oscurantista; salvo scoprire improvvisamente che l’Iran è all’avanguardia nella produzione non solo di droni, ma anche di missili ipersonici. Nel campo della missilistica ipersonica, gli USA sono stati superati da Russia, Cina, Iran e Corea del Nord. Può sembrare strano per un Paese che spende più di tutti gli altri messi insieme per gli armamenti; ma non lo è per niente, se si considera che il Pentagono è nelle mani dei lobbisti di Raytheon e di Lockheed Martin.
L’imperialismo è business, ma, curiosamente, anche l’antimperialismo può diventare tale. In questi anni la Russia ha venduto il sistema antiaereo S-400 come una specie di dispositivo per ottenere indipendenza dall’ingerenza USA e NATO; ingerenza che, notoriamente, si esprime con quella pioggia di democrazia che è il bombardamento. Il sistema S-400 è stato venduto non soltanto alla Cina, ma anche all’India, e persino a storici “alleati” degli USA come la Turchia e l’Arabia Saudita, che, evidentemente, non si sentivano tanto sicuri della “protezione” USA. La pioggia di bombe democratiche potrebbe colpire chiunque, e bisogna essere previdenti. Magari sul sistema S-400 si potrebbe fare uno spot pubblicitario, con tanto di slogan: il missile previdente che ti rende indipendente. Come testimonial dello spot si potrebbe usare Prigozhin, che è un attore pure meglio di Zelensky.
Articolo (p)Link   Storico Archivio  Stampa Stampa
 
Di comidad (del 01/06/2023 @ 00:04:03, in Commentario 2023, linkato 8063 volte)
Per alcuni giorni i media sono stati col fiato sospeso, narrandoci del rischio default del debito statunitense. Secondo la fiaba, solo un accordo al Congresso tra democratici e repubblicani avrebbe potuto scongiurare il disastro. Ma il lieto fine non poteva mancare, infatti l’accordo è stato raggiunto, giusto in tempo per evitare il precipizio, aumentando il tetto del debito pubblico. Per raggiungere l’intesa, purtroppo è stato necessario imporre qualche piccolo sacrificio e taglio di spesa nell’assistenza ai poveri, assecondando così le consuete richieste dei repubblicani. Uno dei sacrifici richiesti riguarda appunto la riduzione dei buoni-pasto (food stamps) per gli indigenti.
Sul sito di Jp Morgan ci si spiega che questi buoni-pasto, elargiti dal governo federale, sono l’unica possibilità per milioni di persone di accedere al consumo di un cibo fresco e di qualità. I motivi di tanto umanitarismo sono presto spiegati dalla stessa Jp Morgan, la quale ci informa che la concessione dei “food stamps” è condizionata da una serie di servizi bancari, con relative commissioni, tra cui anche carte prepagate. Queste carte, tra gli altri vantaggi, consentono anche di evitare frodi e abusi da parte di utenti non aventi diritto (in Italia diremmo i “furbetti”). La morale della favola è che far guadagnare di più i ricchi sarebbe l’unico modo per mantenere onesti i poveri.
Non si sa quanto e se questi tagli al sostegno alimentare danneggeranno effettivamente le banche, o se si troverà il modo di preservare l’assistenzialismo per ricchi mentre si taglia quello per i poveri. Jp Morgan in questo periodo ha comunque altro a cui pensare, dato che è la maggiore banca di investimenti del mondo. Nel febbraio scorso i vertici di Jp Morgan hanno incontrato Zelensky per trattare sui finanziamenti per la ricostruzione postbellica dell’Ucraina. D’altra parte si sta parlando di scommesse su un futuro molto incerto, dato che è ormai in dubbio la stessa sopravvivenza dell’Ucraina come Stato unitario.
Secondo i media sarebbe iniziata la famosa controffensiva ucraina, di cui si favoleggiava da mesi, al punto che alcuni analisti disperavano di vederla. Non ci si è chiesti però, a proposito di questa controffensiva, perché mai l’Ucraina debba farla. Si dà per scontato che uno Stato abbia il dovere di attaccare l’invasore, che non possa economizzare le forze ed amministrare i tempi in base a migliori opportunità. Una volta che all’Ucraina si è riconosciuto il piedistallo morale del Paese aggredito, le si è contestualmente tolto il diritto di gestire la propria difesa secondo il criterio dei costi e dei vantaggi, perché ai cattivi come Putin non si può concedere tregua. La strategia militare rimane nei manuali, mentre i comportamenti reali seguono l’automatismo delle pressioni del lobbying. Persino questa guerra è uno spot per le armi: visto che ti arrivano le nostre armi, ti tocca assolutamente dimostrarne l’efficacia ed il magico effetto risolutivo, che i media poi sapranno celebrare ed enfatizzare. Non importa quanta strage e distruzione richiede l’impresa; anzi, più sacrifici umani ci sono, più lo spot assume pathos e densità drammatica. La stessa NATO è lo spot di una lobby delle armi, di una cordata d’affari; ed in tal senso funziona alla grande. La nostra Leonardo-ex Finmeccanica è riuscita ad entrare nel business del caccia F-35, noto anche come il bidone del millennio, dato che produrlo costa l’ira di Dio, e tenerlo efficiente e operativo ancora di più. Ciò a dimostrare che la fiaba dell’Italietta e dell’Europetta che fanno da vittime inermi all’imperialismo USA, è un po’ troppo semplicistica.

Sul piano strategico invece la NATO è uno stridente nonsenso: per otto anni ha imbottito l’Ucraina di armi, annunciandone a colpi di grancassa un‘imminente ammissione nell’alleanza, che però non si è mai realizzata; così la Russia ha potuto invaderla senza esporsi ai rischi dell’applicazione del famoso articolo 5 del Trattato Nord-Atlantico. La stessa NATO adesso annuncia anche che, una volta sconfitta la Russia, si dedicherà a contrastare la Cina. Grata dell’informazione, oggi la Cina sostiene economicamente e finanziariamente la Russia contro le sanzioni; e, probabilmente, ha preteso in cambio di trascinare nel tempo la guerra, in modo da tenere bloccati la NATO e gli USA in Europa. Tutto va bene se invece che alla strategia si guarda al business, viste tutte le armi che si stanno vendendo a Taiwan.
Peccato che anche dall’altra parte ci siano armi da pubblicizzare, dato che questo non è un conflitto tra ideologie ma tra economie capitalistiche; il che è molto più pericoloso della cara vecchia guerra fredda. Attualmente la Russia appare particolarmente impegnata nell’esibire la superiorità dei propri prodotti in campo missilistico. Ogni guerra è una vetrina di armi, ed anche di servizi militari. In certi momenti persino la battaglia di Bakhmut è sembrata uno spot pubblicitario della Wagner.
L’avvento del dominio del lobbying e l’invasione della comunicazione pubblicitaria comportano un rapporto particolarmente disturbato con la realtà. Anche lo psicodramma del default statunitense da scongiurare, ha qualcosa di già visto; infatti è uno spot già mandato in onda, tale e quale, esattamente dieci anni fa, nel 2013. Allora il presidente era Obama, ma la sceneggiata fu uguale in tutti i dettagli, con il solito accordo in extremis tra democratici e repubblicani per innalzare il tetto del debito. A suo tempo i cervelloni dell’ISPI ci intrattennero con un’accurata descrizione del dramma che si stava svolgendo a Washington. Qualche ingenuo potrebbe domandarsi quale sia il motivo per cui bisogna istituire il tabù del tetto del debito, se poi si sa già che quel tabù lo si dovrà violare mettendo su la messinscena del solito rituale tribale, con qualche capro espiatorio scelto tra i poveracci per conferire al tutto la solennità del sacrificio umano.
Articolo (p)Link   Storico Archivio  Stampa Stampa
 
Pagine: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 114 115 116 117 118 119 120 121 122 123 124 125 126 127 128 129 130 131 132 133 134 135 136 137 138 139 140 141 142 143 144 145 146 147 148 149 150 151 152 153 154 155 156 157 158 159 160 161 162 163 164 165 166 167 168 169 170 171 172 173 174 175 176 177 178 179 180 181 182 183 184 185 186 187 188 189 190 191 192 193 194 195 196 197 198 199 200 201 202 203 204 205 206 207 208 209 210 211 212 213 214 215 216 217 218 219 220 221 222 223 224 225 226 227 228 229 230 231 232 233 234 235 236 237 238 239 240 241 242 243 244 245 246 247 248 249 250 251 252 253 254 255 256 257 258 259 260 261 262 263 264 265 266 267 268 269 270 271 272 273 274 275 276 277 278 279 280 281 282 283 284 285 286 287 288 289 290 291 292 293 294 295 296 297 298 299 300 301 302 303 304 305 306 307 308 309 310 311 312 313 314 315 316 317 318 319 320 321 322 323 324 325 326 327 328 329 330 331 332 333 334 335 336 337 338 339 340 341 342 343 344 345 346 347 348 349 350 351 352 353 354 355 356 357 358 359 360 361 362 363 364 365 366 367 368 369 370 371 372 373 374 375 376 377 378 379 380 381 382 383 384 385 386 387 388 389 390 391 392 393 394 395 396 397 398 399 400 401 402 403 404 405 406 407 408 409 410 411 412 413 414 415 416 417 418 419 420 421 422 423 424 425 426 427 428 429 430 431 432 433 434 435 436 437 438 439 440 441 442 443 444 445 446 447 448 449 450 451 452 453 454 455 456 457 458 459 460 461 462 463 464 465 466 467 468 469 470 471 472 473 474 475 476 477 478 479 480 481 482 483 484 485 486 487 488 489 490 491 492 493 494 495 496 497 498 499 500 501 502 503 504 505 506 507 508 509 510 511 512 513 514 515 516 517 518 519 520 521 522 523 524 525 526 527 528 529 530 531 532 533 534 535 536 537 538 539 540 541 542 543 544 545 546 547 548 549 550 551 552 553 554 555 556 557 558 559 560 561 562 563 564 565 566 567 568 569 570 571 572 573 574 575 576 577 578 579 580 581 582 583 584 585 586 587

Cerca per parola chiave
 

Titolo
Aforismi (5)
Bollettino (7)
Commentario 2005 (25)
Commentario 2006 (52)
Commentario 2007 (53)
Commentario 2008 (53)
Commentario 2009 (53)
Commentario 2010 (52)
Commentario 2011 (52)
Commentario 2012 (52)
Commentario 2013 (53)
Commentario 2014 (54)
Commentario 2015 (52)
Commentario 2016 (52)
Commentario 2017 (52)
Commentario 2018 (52)
Commentario 2019 (52)
Commentario 2020 (54)
Commentario 2021 (52)
Commentario 2022 (53)
Commentario 2023 (53)
Commentario 2024 (10)
Commenti Flash (61)
Documenti (30)
Emergenze Morali (1)
Falso Movimento (11)
Fenêtre Francophone (6)
Finestra anglofona (1)
In evidenza (32)
Links (1)
Manuale del piccolo colonialista (19)
Riceviamo e pubblichiamo (1)
Storia (9)
Testi di riferimento (9)



Titolo
Icone (13)


Titolo
FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


19/03/2024 @ 06:01:07
script eseguito in 120 ms