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"Per la propaganda del Dominio, nulla può giustificare il terrorismo; in compenso la lotta al terrorismo può giustificare tutto."

Comidad
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Di comidad (del 15/06/2023 @ 00:25:52, in Commentario 2023, linkato 8407 volte)
Sono state prospettate molte nuove carriere per Mario Draghi, prima al vertice della NATO, poi alla guida della Banca Mondiale, la sorella (molto minore) del Fondo Monetario Internazionale; ma nessuna di queste promesse è andata in porto. In compenso si continua a riempirlo di premi, tanto che a Draghi sta forse venendo il sospetto che lo prendano per i fondelli. Il ridicolo rischia di debordare, poiché in certe occasioni si è costretti a pronunciare “storici discorsi”. Si sono sprecati i sarcasmi a proposito delle doti da ideologo messe in mostra da Mario Draghi all’atto di riscuotere quell’ennesimo premio negli USA; e non poteva essere altrimenti, vista la goffaggine con la quale il banchiere ha interpretato la parte. In particolare, in parecchi hanno notato che Draghi ha commesso il tipico errore retorico di chi, per rafforzare le proprie affermazioni, finisce per ammettere la propria debolezza. Dichiarare che gli USA e l’UE non hanno altra alternativa che appoggiare l’Ucraina sino alla vittoria, poiché persino un “pareggio” ringalluzzirebbe gli “autocrati”, vuol dire attribuire a questa guerra un carattere “esistenziale” per il Sacro Occidente; altro che “guerra esistenziale” per la Russia. Insomma: o si vince o si muore; e, se tanto mi dà tanto, nel caso che le cose si mettessero male per Kiev, bisognerebbe prepararsi a mandare in soccorso le truppe della NATO. Sarebbe interessante ed eccitante per il patrio orgoglio italico se il Battaglione San Marco, reduce dall’eroico blitz contro i migranti, sbarcasse a Mariupol per confrontarsi con le sanguinarie truppe cecene.
D’altra parte occorre tener presente che Draghi è un lobbista, perciò quello che dice non attiene all’analisi politica o strategica, o all’ideologia, bensì esclusivamente alla comunicazione pubblicitaria, che è fatta di “verità” assolute quanto effimere; verità che hanno la scadenza come una latta di pomodoro. Queste verità assolute sono accessori di una merce, e durano esattamente quanto il consumo di quella merce. Era meno di due anni fa, allorché Draghi ci ammoniva che non vaccinarsi equivaleva a morire, oppure a contagiare un altro ed a farlo morire. A distanza di meno di due anni abbiamo riscontrato non solo che i vaccinati morivano sia di Covid, sia di altri effetti collaterali, ma anche che erano stati venduti come vaccini dei sieri che, in base a quanto ufficialmente dichiarato dalle stesse aziende farmaceutiche, non promettevano alcuna immunità dal contagio.
In queste dichiarazioni, rivelatesi poi false, Draghi era stato supportato anche da personaggi molto più autorevoli di lui; infatti abbiamo ascoltato il Presidente della Repubblica affermare che i non vaccinati non potevano invocare la libertà, poiché essi limitavano la libertà degli altri, contagiandoli. Ma qui si tratta di comunicazione pubblicitaria, perciò l’iperbole, il richiamo alla catastrofe che solo il consumo di una certa merce può scongiurare, fanno parte di quel tipo di messaggio. Lo schema comunicativo iperbolico e catastrofistico fu efficacemente illustrato in una canzone del 1969, che descriveva appunto l’aggressiva radicalità del messaggio pubblicitario: “Se non vuoi farti la faccia a fette, tu devi usare queste lamette”. Lo stesso registro comunicativo iperbolico e catastrofistico, lo abbiamo visto applicato da Draghi e da Mattarella: se non ti vaccini, muori e ammazzi pure gli altri; quindi il no-vax è un suicida ed un assassino. Peggio dei terroristi kamikaze di Al Qaeda.
La verità pubblicitaria non è falsificabile proprio perché è consumistica, è a tempo determinato, dato che è funzionale a venderti quel prodotto. Appellarsi alla logica o anche alla memoria, non ha alcun senso, poiché ciò che dicevano Draghi e Mattarella due anni fa, non ha più importanza, è caduto in prescrizione, per cui la gran parte della pubblica opinione non si pone neppure il problema di essere stata ingannata o meno. Ciò che faceva vendere sieri, era vero; ciò che non li faceva vendere, era falso. Il lobbista ha la coscienza tranquilla, perché perseguiva la sua propria verità, connessa a quella transazione commerciale ed a quel movimento di denaro. Hegel avrebbe forse detto che il denaro e la vendita hanno “inverato” le dichiarazioni di Draghi e Mattarella.

C’è ancora chi crede di vivere ai tempi di Abelardo e di Tommaso d’Aquino, e quindi si ostina ad inseguire criteri di razionalità del tutto obsoleti. Alcuni hanno trovato differenze tra le frasi di Mattarella nel discorso per il 2 giugno e le recenti dichiarazioni di Draghi, poiché il primo, mentre santificava l’invio di armi a Kiev, almeno parlava di una possibile “pace”. In realtà anche Draghi ha detto che una “pace duratura” è legata ad una sconfitta della Russia. Siamo lì: la pace te la dà solo la continuazione della guerra; ed in questa apparente contraddizione c’è una suprema verità, che devi saper cogliere. Un dettaglio curioso: nel riportare il discorso di Mattarella, il sito Open lo definiva spregiativamente “inquilino del Quirinale”; tanto valeva chiamarlo l’Inquirinale. Meno male che è stato Open a fare la bravata, perché se l’avesse detto un pacifista, un’accusa di vilipendio, o magari pure di terrorismo, non gliela levava nessuno.
Draghi oggi ci vende una guerra esistenziale e valoriale per il Sacro Occidente, ma domani potrebbe venderci qualcos’altro. Del resto di guerre esistenziali il Sacro Occidente ne ha avviate tante, salvo poi riporle frettolosamente nel cassetto; sebbene si trattasse di asimmetriche operazioni coloniali, non di vere guerre. La NATO non è strutturata per il combattimento contro forze armate di una certa consistenza, e nemmeno per reggere gravi perdite in uomini e mezzi; perciò, se c’è il rischio di un’escalation, questo riguarda molto di più il possibile uso di armi nucleari che l’invio di truppe occidentali. Insomma, la guerra per procura non è stata una scelta, bensì l’unica via materialmente praticabile per la NATO. La cronologia degli eventi ha il suo rilievo: la decisione di allargare la NATO all’Ucraina, tenendola però in sala d’attesa a tempo indefinito, fu presa al vertice di Bucarest del 2008, e fu presentata come un compromesso. Sta di fatto che per quattordici anni, dal 2008 al 2022, la NATO è entrata in Ucraina con basi ed armamenti, e pure con operazioni di cambio di regime, senza che però la stessa Ucraina ottenesse la protezione derivante dallo status di membro NATO.
Al Battaglione San Marco possono quindi tirare un sospiro di sollievo. Come ci si è dimenticati delle dichiarazioni di Draghi sui vaccini, così ci si dimenticherà delle sue dichiarazioni sull’Ucraina, poiché ci saranno a disposizione altre verità assolute da consumare. Più importante di ciò che Draghi ha detto, è quello che non ha detto, e cioè come l’edificio NATO-UE pensi di sopravvivere all’attuale crollo dell’economia tedesca, dovuto ad un suicidio energetico annunciato mentre l’invasione dell’Ucraina non era ancora avvenuta. L’inizio dell’invasione è del 24 febbraio del 2022. Due giorni prima, il 22 febbraio, il cancelliere tedesco Scholtz aveva sospeso la messa in opera del gasdotto North Stream 2, presentandola come avvio di una serie di altre sanzioni economiche contro la Russia.
La NATO però non pensa strategicamente ma agisce in automatico come una cordata d’affari, cioè in termini di movimento di capitali e di profitti delle multinazionali delle armi; tra le quali la nostra Leonardo ex-Finmeccanica, i cui profitti sono lievitati a dismisura nell’ultimo anno. Il CEO di Leonardo, Alessandro Profumo, nel mentre celebrava il successo, ha dovuto subire anche un avviso di garanzia da parte della Procura di Napoli, per presunte tangenti in una vendita di aerei e navi alla Colombia. Per Profumo sarà una seccatura, ma queste finte inchieste giudiziarie fanno purtroppo parte del rituale autocelebrativo dell’establishment, della pantomima del controllo che non controlla proprio niente, ovviamente quando ci sono di mezzo i potenti; come si sta constatando anche nell’inchiesta della Procura di Bergamo per la gestione Covid. Il denaro crea le sue bolle di verità, e qualche piccola bolla giudiziaria serve da contorno, e come esca per i gonzi forcaioli che ancora ci cascano.
Ci si faccia bastare le bolle di verità, poiché il denaro non può permettersi di essere dialogante. Il denaro è “inverante”, crea verità assolute; e, dato che quelle verità sono effimere e a scadenza, non può consentirsi neanche di essere paziente e tollerante nei confronti di chi gli fa perdere tempo prezioso per gli affari.
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Di comidad (del 08/06/2023 @ 00:14:03, in Commentario 2023, linkato 8211 volte)
Sono rimasti davvero in pochi ad ostinarsi nella finzione di credere che Adriano Sofri c’entri qualcosa con l’assassinio del commissario Calabresi. Questi pochi irriducibili sostenitori di quella montatura giudiziaria, elargiscono a Sofri una patente di vittima, grazie alla quale questi può oscurare le reali nefandezze del suo curriculum di funzionario della propaganda di marca NATO.
Nel 1995 ci fu un bombardamento della NATO contro la popolazione serbo-bosniaca; una sorta di prodromo, o di antipasto, dell’aggressione contro la Serbia che sarebbe avvenuta quattro anni dopo. Negli anni ’90 esisteva ancora una specie di simil-sinistra, capace addirittura di accorgersi della pretestuosità di certe ingerenze imperialistiche, finte umanitarie e molto sanguinarie. La Germania, gli USA ed il Vaticano, servendosi anche di soldi sauditi, avevano istigato e fomentato il separatismo delle repubbliche jugoslave, avallando dichiarazioni d’indipendenza unilaterali che innescavano una serie di conflitti etnici. I media ed i governi del Sacro Occidente indicarono nelle popolazioni serbe le sole colpevoli di quella guerra civile. Per tacitare la residuale sinistra, Sofri ricorse ad un tipico colpo basso, accusandola di essere più filo-serba dello stesso presidente serbo Milosevic, il quale, nel 1995, si andava adoperando per moderare le milizie dei suoi confratelli etnici in Bosnia. Sofri ridicolizzò chi aveva parlato di operazioni genocide da parte della NATO, rilevando che le vittime civili erano state “poche”. Nel 1995 Milosevic faceva ancora comodo alla NATO, ma quattro anni dopo non si esitò a criminalizzarlo, attribuendogli propositi imperialistici e genocidi. Nel 1999 in Italia fu proprio un governo di “sinistra” ad applicare quel drastico cambio di narrazione e ad organizzare la partecipazione italiana all’aggressione NATO contro la Serbia. Ci voleva l’apporto di intellettuali “di sinistra” come Sofri per santificare lo schema propagandistico che etichetta come complice del nemico chiunque sia preoccupato per l’azione destabilizzatrice della NATO.
Ai Serbi è stata sottratta quella che, a torto o a ragione, considerano la propria madrepatria, il Kosovo, per metterci su uno staterello fantoccio ed una mega-base USA, Bondsteel, un enorme hub per traffici militari e criminali. Alla Serbia è stata inferta la ferita e l’umiliazione del bombardamento di Belgrado, con molte vittime civili, tra cui i degenti di un ospedale; Milosevic è stato sequestrato ed è morto in circostanze oscure, mentre era sottoposto ad un processo burla in quella filodrammatica che si autodefinisce tribunale penale dell’Aia.
A questo punto non c’è da sorprendersi che adesso si debba fare i conti con un revanscismo serbo. Nel bombardamento di Belgrado fu colpita anche l’ambasciata cinese, provocando vari morti. Non c’è nulla di strano neppure nel fatto che i due revanscismi si siano combinati, per cui l’anno scorso il governo serbo ha acquistato il sistema missilistico antiaereo di produzione cinese siglato HQ-22, oppure FK-3 nella versione esportazione. Secondo la NATO questa fornitura altera il rapporto di forze in Europa. Lo altera, eccome. Il primo ministro serbo avrebbe infatti dichiarato che la Serbia non sarà più un sacco da pugilato; come a dire: riprovateci e ve lo facciamo così. Altro che il professor Morelli; ci vuole un missile per ritemprare l’autostima.

Non si sa se Pechino, nel vendere il sistema missilistico, abbia fatto lo sconto al governo di Belgrado; la Serbia ha potuto comunque permettersi l’acquisto. L’aspetto interessante riguarda le modalità dello sviluppo industriale della Serbia, diventata, negli ultimi vent’anni, la sede delle delocalizzazioni di molte industrie europee, e, ovviamente, italiane; in Serbia è andata non solo la FIAT di Marchionne, ma anche la fabbrica delle calze Omsa che una volta stava a Faenza. Nel 2012 si parlava già di oltre mille imprese italiane trasferite in Serbia, dei più svariati settori produttivi e finanziari. Il governo serbo ha sostenuto il maggior onere finanziario di questa industrializzazione, ed i rapporti con le multinazionali non sono affatto stati facili.
La guerra imperialistica è diventata guerra di classe, un attacco generalizzato alle classi operaie dei Paesi occidentali; e ciò non in base ad una pianificazione, bensì per la stessa logica del lobbying, dell’intreccio degli affari, poiché non solo le armi sono business ma anche organizzare le delocalizzazioni. Il “fabbrichismo” degli anni ’60 e ’70 poneva in evidenza soltanto l’aspetto produttivo dell’impresa capitalistica, che invece è strutturata soprattutto in funzione del lobbying, cioè dell’intreccio con le istituzioni pubbliche per procacciarsi affari. Secondo alcuni, in questo dato sarebbe intervenuta una complicazione ideologica, inerente alla falsa coscienza delle oligarchie occidentali, il cui odio di classe antioperaio avrebbe finito per coinvolgere l’intero aspetto produttivo; perciò anche gli ingegneri, una volta al vertice della considerazione sociale, oggi vengono trattati come pezze da piedi.
Sta di fatto che l’aggressività militare della NATO ha posto le basi per una deindustrializzazione dell’Europa, tanto che oggi le è difficile anche produrre munizioni. A riconferma delle regolarità storiche, l’integrazione capitalistica tra Unione Europea e Serbia non sta per niente evitando l’esasperazione delle tensioni e dei conflitti; al contrario. La situazione in Kosovo potrebbe sfociare in guerra aperta, come è accaduto in passato a potenze capitalistiche tra loro economicamente complementari. Un imperialismo serbo venti anni fa era impensabile; ma ora, grazie alla NATO, Belgrado ha i missili ed anche impianti industriali che potrebbero essere riconvertiti ad uso bellico. Ciò che fa la NATO non ha alcun senso strategico: non ha avuto senso strategico destabilizzare i Balcani e l’Europa orientale, e tantomeno lo ha avuto deindustrializzare l’Europa occidentale. Ha avuto senso però rispetto agli affari del momento. Del resto la NATO non solo non nasconde la sua natura di cordata d’affari, ma nel suo sito addirittura la esibisce. Sta alla narrativa dei media fare in modo che questo aspetto affaristico non venga evidenziato alla pubblica opinione.
La NATO continua a vivere nel passato, come se trent’anni non fossero trascorsi e ci fosse ancora quella effimera bolla detta “unipolarismo”, quando i mulini erano bianchi e i conflitti erano asimmetrici, cioè solo contro nemici deboli. Da brava lobby d’affari la NATO non riesce a districarsi dagli schemi narrativi del proprio spot pubblicitario, sebbene la realtà abbia più volte bussato alla porta. L’obsolescenza di quelle che erano il segno e il vanto della potenza USA, cioè le portaerei, è ormai un dato di fatto da almeno un decennio, a causa dei moderni sistemi missilistici, in grado di colpire bersagli mobili a migliaia di chilometri di distanza individuandoli con i satelliti. Sembrerebbe che gli USA ancora si illudano di poter rimettere in scena l’ottocentesca politica delle cannoniere nel Mare Cinese Meridionale, quando i missili cinesi non esistevano.
In realtà qui non c’è illusione o qualsiasi altro retro-pensiero: il lobbying non implica alcuna autocoscienza strategica, in quanto è un mero automatismo comportamentale, di cui lo spot pubblicitario diventa il paradigma. In termini più banali, qualcuno direbbe che si tratta di autointossicazione con la propria stessa propaganda. Per decenni ci è stato narrato l’Iran solo come una repubblica clericale, retrograda ed oscurantista; salvo scoprire improvvisamente che l’Iran è all’avanguardia nella produzione non solo di droni, ma anche di missili ipersonici. Nel campo della missilistica ipersonica, gli USA sono stati superati da Russia, Cina, Iran e Corea del Nord. Può sembrare strano per un Paese che spende più di tutti gli altri messi insieme per gli armamenti; ma non lo è per niente, se si considera che il Pentagono è nelle mani dei lobbisti di Raytheon e di Lockheed Martin.
L’imperialismo è business, ma, curiosamente, anche l’antimperialismo può diventare tale. In questi anni la Russia ha venduto il sistema antiaereo S-400 come una specie di dispositivo per ottenere indipendenza dall’ingerenza USA e NATO; ingerenza che, notoriamente, si esprime con quella pioggia di democrazia che è il bombardamento. Il sistema S-400 è stato venduto non soltanto alla Cina, ma anche all’India, e persino a storici “alleati” degli USA come la Turchia e l’Arabia Saudita, che, evidentemente, non si sentivano tanto sicuri della “protezione” USA. La pioggia di bombe democratiche potrebbe colpire chiunque, e bisogna essere previdenti. Magari sul sistema S-400 si potrebbe fare uno spot pubblicitario, con tanto di slogan: il missile previdente che ti rende indipendente. Come testimonial dello spot si potrebbe usare Prigozhin, che è un attore pure meglio di Zelensky.
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


27/04/2024 @ 13:15:07
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