Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
I facili profeti avevano profetizzato che Matteo Salvini, dopo un anno di furori anti-euro ed anti-Merkel, sarebbe tornato a capo chino al caro vecchio ovile dell'antimeridionalismo, ed infatti la profezia si è immancabilmente avverata. Il ritorno all'ovile di Matteo-bis è stato celebrato attraverso il suo sodalizio con Massimo Giletti, gestore di un affermato ovile mediatico (sia detto con tutto il dovuto rispetto per le pecore, che almeno una dignità ce l'hanno).
La
resa patetica di Salvini alla "Troika" è stata sancita da patetici sofismi, del tipo che l'euro è già fallito, perciò non si tratta più di uscire dall'euro, ma di prepararsi per tempo alla sua fine. Che l'euro sia già fallito, e che il suo seppellimento possa avvenire da un momento all'altro, lo si sapeva da almeno due anni, cioè da un po' prima che Matteo-bis si lanciasse nelle sue campagne mediatiche, culminate lo scorso anno con lo slogan del "basta euro". Una cosa però è uscirne con le proprie gambe, altra cosa è subire passivamente il passaggio ad "una prosecuzione dell'euro con altri mezzi", cioè a nuovi espedienti per mantenere l'economia in quella recessione/deflazione così necessaria alle banche per preservare i propri crediti nei confronti degli Stati e dei cittadini.
La doppiezza della Lega Nord è del resto una costante storica. In parlamento la Lega ha recentemente denunciato lo sperpero di denaro pubblico legato al fantomatico Ponte sullo Stretto di Messina. Oggi la Salini Impregilo può infatti permettersi di ricattare il governo, costretto a versarle
penali miliardarie per violazione contrattuale, a causa della finta "rinuncia" del governo Monti alla partecipazione statale all'impresa del Ponte (finta perché Monti non ha denunciato i termini truffaldini dell'accordo).
Ma, se è per questo, il solito Monti ha fatto anche di peggio, poiché nel 2012 ha costretto la Regione Campania ad acquistare dalla stessa Impregilo l'inceneritore-bidone di Acerra con i fondi europei Fas, quelli che sarebbero destinati allo "sviluppo" delle aree più povere, lo stesso tipo di fondi in precedenza usati anche per le infrastrutture della base NATO di Giugliano in Campania.
La Salini Impregilo è infatti la stessa multinazionale dell'edilizia che gestisce non solo l'eterna Salerno-Reggio Calabria, ma persino lo smaltimento dei rifiuti in Campania, quindi l'Impregilo è un'idrovora dei fondi falsamente destinati allo "sviluppo" del Sud. Al governo, a gestire in prima persona l'emergenza rifiuti in Campania dal 2008 al 2011, c'era il ministro degli Interni Maroni, perciò la Lega non può raccontarci che non ha niente a che vedere con gli "sprechi" di denaro pubblico per il Sud. Inoltre, sino al 2012, il boss di Impregilo è stato Massimo Ponzellini, però più noto alle cronache come
il "banchiere della Lega Nord".
Costretto alle dimissioni da presidente di Impregilo, oggi Ponzellini se la deve vedere con i suoi processi, e quindi il legame indiretto tra Lega e Impregilo si è interrotto, ma certo non per volontà della Lega, e tantomeno di Salvini. Bisogna comunque ringraziare Matteo Salvini, poiché il suo ritorno agli slogan dell'antimeridionalismo ha contribuito ancora una volta a chiarire come lo stesso antimeridionalismo costituisca uno dei fondamenti ideologici della sottomissione dell'Italia all'imperialismo. Dalla finta indipendenza nazionale del 1861 ad oggi, il razzismo antimeridionale è stato il veicolo per un autorazzismo italiano tout-court.
Il quotidiano "Il Foglio" è uno di quei giornali che non legge nessuno, ma che hanno il compito di elaborare materiali e slogan ad uso dei talk-show. Uno di questi temi mediatici, è stata la campagna per portare la Merkel, Schauble e la Troika dalle parti di Pompei. Si tratta della solita
invocazione dei castigamatti stranieri che impongano l'ordine e la disciplina ai neghittosi Meridionali.
Peccato che il giornalista de "Il Foglio" sia stato preceduto nientemeno che da "La Repubblica" e dai famosi editoriali di Eugenio Scalfari che auspicavano un commissariamento dell'Italia intera da parte della stessa Troika. Scalfari si è però esposto un po' troppo platealmente, ed ecco che i più dimessi giornalisti (non c'è bisogno di chiamarli pennivendoli: "giornalista" è già un insulto) di quotidiani di seconda fila, tornano a lavorare l'opinione pubblica ai fianchi, veicolando per i talk-show l'autorazzismo italiano attraverso il razzismo antimeridionale.
Si va chiarendo il quadro della "emergenza" romana iniziata lo scorso anno, con le improbabili imputazioni di mafia per la banda Carminati-Buzzi, e rilanciata quest'anno con l'enfasi pretestuosa imposta dai media alla vicenda del funerale del boss Casamonica. A chiarircelo è stato il governo Renzi, che ha presentato
la cacciata del sindaco Ignazio Marino, ed il contestuale commissariamento del Comune di Roma, come un'imposizione alla Capitale del "modello Expo".
La dichiarazione di Renzi ha suscitato perplessità, dato che qui si tratta di un Comune e non di un Expo, ma in questo caso è proprio questa confusione tra questioni diverse a mettere in evidenza che tutto era stato organizzato per mettere le mani sul Comune di Roma in vista del business del Giubileo anticipato. Un business tutto a carico del contribuente, dato che il decantato Expo è costato quattordici miliardi di denaro pubblico a fronte di ottocento milioni di incasso.
La defenestrazione di Marino è stata ovviamente concordata col Vaticano, ma soprattutto con le multinazionali bancarie che oggi lo controllano dopo il tracollo dello IOR. Lo IOR attualmente è gestito dal
Promontory Financial Group, una società americana di "consulting", nel cui "official board" sono rappresentate tutte le principali multinazionali del credito.
Dato che non c'erano gli estremi giuridici per commissariare il Comune, e visto che Marino si è rifiutato di rassegnare le dimissioni da sindaco dapprima annunciate, si è dovuto far ricorso all'escamotage delle dimissioni della maggioranza dei consiglieri comunali. Si è assistito quindi all'assurdo spettacolo di un partito che cerca di delegittimare lo stesso uomo che aveva candidato appena qualche anno prima; e l'insurrezione è avvenuta in obbedienza al diktat non del governo, poiché questo non ne aveva la legittimità, ma della persona di Renzi nelle sue vesti di segretario del partito. Per completare il quadro del sedicente "Stato di Diritto", Renzi è rientrato prontamente nel ruolo di Presidente del Consiglio per commissariare il Comune.
Il bello della questione è che persino i sostenitori di Marino non appaiono consapevoli del caos istituzionale suscitato dal colpo di mano di Renzi. Intervistato da "Il Giornale",
Marco di Donato, uno degli amministratori della pagina Facebook pro-Marino, è cascato nella trappola dell'intervistatore che gli ha prospettato assurdi paralleli tra la vicenda della caduta del Buffone di Arcore e quella di Marino. Un presidente del Consiglio deve infatti la sua carica alla nomina del presidente della Repubblica e alla fiducia del Parlamento, mentre il sindaco viene eletto direttamente e la sua carica non dipende affatto dalla fiducia del Consiglio comunale; prova ne sia che sono stati i consiglieri a doversi dimettere. Renzi perciò non può affermare che non c'è stato "complotto", poiché ventisei consiglieri non si dimettono senza una pressione organizzata. Il caos è totale, poiché non è affatto dimostrato che la caduta della Giunta, conseguente alla decadenza del Consiglio comunale, comporti automaticamente anche la decadenza del sindaco.
Non ci sono quindi più istituzioni né leggi, ma un "capo" (in effetti un lobbista per conto di una cosca di affari) che sostituisce le regole scritte con il fumo mediatico delle dichiarazioni infondate. Che un partito di "sinistra" sia riuscito a compiere un tale strame di tutte le procedure istituzionali, è davvero uno storico risultato. Il distacco di gran parte dell'opinione di sinistra dall'attuale Partito Democratico non risolve la questione, poiché è evidente che l'emergenza romana è stata fabbricata utilizzando slogan e luoghi comuni moralistici e pseudo-legalitari che continuano a costituire il patrimonio ideologico della cosiddetta sinistra. Il risultato è che oggi Roma viene scippata dalle mani di un inetto come Marino, alle cui spalle poteva prosperare un cartello clandestino di faccendieri, ma per essere consegnata a banche multinazionali come JP Morgan, Goldman Sachs e Deutsche Bank. Si tratta dello stesso corto circuito ideologico per il quale la sinistra demonizza il denaro contante in nome della lotta all'evasione fiscale, ma poi, tramite il denaro elettronico, vorrebbe affidare il controllo anti-evasione proprio ai maggiori evasori fiscali, cioè le banche.
Gli aspetti smaccatamente degenerativi, anche sul piano antropologico, del fenomeno Renzi non possono far dimenticare quei precedenti che rendono tale fenomeno un esito consequenziale. Dopo la sua esperienza di ministro delle Finanze nel secondo governo Prodi, l'economista Tommaso Padoa Schioppa andò a presiedere la
sezione europea del Promontory Financial Group, proprio la società americana che controlla il Vaticano ed ora si è impadronita anche di Roma.
Manco a dirlo, Padoa Schioppa, oltre che un agente della finanza sovranazionale, era anche un ideologo dei presunti effetti moralmente rigenerativi delle "riforme strutturali", cioè la deflazione, la quale, secondo lui, avrebbe rieducato le masse alla "durezza del vivere".
Un suo articolo a riguardo, sul "Corriere della Sera" del 26 agosto 2003, ha riscosso negli ultimi anni un notevole "successo" sulla rete.
La deflazione è tanto cara alle banche poiché favorisce i creditori e danneggia i debitori; ma se Padoa Schioppa poteva permettersi di decantare le virtù morali della stessa deflazione, era anche perché poteva giocare sulle parole di colui che aveva avviato questo corto circuito ideologico, cioè Enrico Berlinguer. Nel 1977 il segretario del PCI aveva infatti celebrato
la scelta etica della "austerità", secondo lui la via maestra per uscire dalla recessione. Un bel gioco di parole anche questo.