"
"Feuerbach aveva in parte ragione quando diceva che l'Uomo proietta nel fantasma divino i suoi propri fantasmi, attribuendogli la sua ansia di dominio, la sua invadenza camuffata di bontà, la sua ondivaga morale. Anche quando dubita dell'esistenza di Dio, in realtà l'Uomo non fa altro che dubitare della propria stessa esistenza."

Comidad
"
 
\\ Home Page : Archivio (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Di comidad (del 12/02/2015 @ 01:36:12, in Commentario 2015, linkato 2378 volte)
Il famoso aforisma di Von Clausewitz ("la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi") è stato molte volte oggetto di parafrasi. Una delle parafrasi più efficaci - e sconcertanti - fu quella di Georges Clemenceau, in un discorso parlamentare che tenne da primo ministro francese alla fine della prima guerra mondiale. Clemenceau affermò che la guerra è l'unica realtà dei rapporti tra i popoli, e che la stessa pace non è altro che la continuazione della guerra con altri mezzi. Clemenceau si riferiva al Trattato di Versailles, ma la sua osservazione potrebbe essere applicata anche all'ONU. I cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU - quelli dotati non solo del diritto di voto, ma anche di veto -, sono infatti le cinque potenze vincitrici della seconda guerra mondiale: USA, Russia, Cina, Regno Unito e Francia. Si potrebbe concludere perciò che l'ONU non sia altro che la prosecuzione della seconda guerra mondiale con altri mezzi.
Con il suo consueto opportunismo, Stalin aderì all'ideologia "mondialista" (cioè imperialista) alla base dell'ONU; ma, se fosse stato per Stalin, l'Unione Sovietica avrebbe aderito anche al Piano Marshall, solo che in quel caso furono gli USA a rifiutare. Il risultato di questi trascorsi opportunistici, è che per decenni la "sinistra" è stata incapace di distinguere tra internazionalismo e mondialismo, considerando "progressivo" tutto ciò che irreggimentava gli Stati nazionali.
Gli schieramenti dello scontro imperialistico nel tempo sono cambiati, e le "alleanze" continuano a mutare a seconda delle esigenze, ma l'idea di una istituzione sovranazionale incaricata di "mantenere la pace", non ha mancato al suo compito di far persistere lo stato di guerra per settanta anni. L'umanitarismo dell'ONU, basato sul considerare l'umanità eternamente minorenne e bisognosa di tutela, costituisce sempre un ottimo alibi per giustificare ingerenze e destabilizzazioni. L'ecumenismo massonico, cioè l'ideologia puerile secondo cui basterebbe riunire i potenti del mondo a discutere, per risolvere così tutti i problemi, ha contributo ad un'ulteriore infantilizzazione delle masse, tutte contente che il papà e la mamma non litighino più. Che poi le guerre continuino lo stesso, diventa in tal modo un accidente trascurabile, che si può tranquillamente attribuire ogni volta ad un "cattivo" fuori del coro.
Se gli schieramenti sono mutati, una costante riguarda invece gli scenari dove la guerra si svolge, tra cui l'area di confine della Russia e, ovviamente, il Nord-Africa. Nel 2011 il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha autorizzato la NATO a stabilire in Libia una "no fly zone" in base ad una presunta repressione scatenata dal "dittatore" Gheddafi. Le notizie a riguardo non furono assolutamente verificate e l'unica fonte era rappresentata dall'emittente Al Jazeera, di proprietà dell'emiro del Qatar, alleato della NATO. Il segretario generale dell'ONU, il sud coreano Ban Ki-moon, assunse sin dall'inizio della crisi libica un atteggiamento apertamente favorevole ai cosiddetti "ribelli", e tutta la macchina propagandistica della stessa ONU fu dispiegata per accreditare l'immagine di un'emergenza umanitaria e di un popolo in lotta per la democrazia contro il tiranno Gheddafi.
Un'organizzazione internazionale che ha dimostrato tanta malafede nella scelta di destabilizzare un Paese, ora sarebbe chiamata a stabilizzarlo, e gli emissari dell'ONU si sono incaricati di mediare tra le innumerevoli fazioni armate che si disputerebbero attualmente il potere in Libia. Si prospetta adesso una nuova missione militare sotto "egida ONU", di cui l'Italia dovrebbe assumersi la maggior parte del carico. Pare che il presidente Obama e gli altri "alleati" stiano premendo da qualche anno sui vari governi che si sono succeduti in Italia, per indurli ad assumere l'iniziativa.
Nella riunione dell'ottobre scorso il Consiglio Supremo di Difesa ha dato la missione in Libia per ineludibile, e la dichiarazione finale ha assunto i toni gravi del monito al governo a prevenire "l'ulteriore destabilizzazione della Libia". I "ribelli" di Bengasi avevano proclamato l'emirato islamico già nel 2011, addirittura prima dell'intervento della NATO, ma solo ora ci si sarebbe accorti che si trattava di "jihadisti". Non si sa mai, perciò tra poco si potrebbero fare nuove scoperte dell'acqua calda, come il fatto che milizie "islamiche" sono finanziate da Qatar e Arabia Saudita, tutti e due alleati degli USA.
Matteo Renzi sembrerebbe proprio l'uomo adatto per trascinare l'Italia in questa nuova avventura militare. I media intanto si stanno dando da fare per creargli l'alone del "duce" e dell'uomo forte. Renzi presenta inoltre le carte in regola per sostenere la parte del guerrafondaio, visto che nel 2011, ancora semplice sindaco di Firenze, si diede da fare per sostenere l'intervento in Libia, ovviamente per motivi "umanitari".
In questa circostanza Renzi appare invece ancora un po' recalcitrante, e cerca una sponda nella cosiddetta "Europa", che invece lo ignora. Ma oggi la vera questione è se davvero si voglia intervenire per stabilizzare la Libia, oppure al contrario l'obiettivo sia proprio di evitarne la stabilizzazione. Magari non siamo in grado di sapere come stiano effettivamente le cose oggi in Libia; però possiamo stabilire con certezza come le cose non stanno. La falsità della narrazione ufficiale è infatti l'unica garanzia di cui si dispone. Il falso più clamoroso riguarda l'immagine di un "Occidente" preoccupato per il caos libico, se non altro per il disturbo che ciò arrecherebbe agli affari. Ma gli affari possono prosperare anche nel caos; anzi, questo alle volte li agevola.
L'attuale Libia allo sbando è diventata una base del contrabbando di petrolio. L'entità del business ed i flussi di denaro che esso comporta rischiano di destabilizzare tutti i Paesi confinanti. Ma siamo certi che il contrabbando sia un business gestito dai poveri, e non sia al contrario uno dei tanti business "poveri" gestito dai ricchi, cioè dalle multinazionali?
Altra questione tuttora in campo è la truffa miliardaria operata da Goldman Sachs ai danni del governo libico con investimenti in titoli derivati. Un giudice britannico della Corte Suprema ha intimato a Goldman Sachs di esibire la documentazione relativa ai profitti. Converrebbe oggi a Goldman Sachs, ed in genere alla finanza internazionale, avere come controparte un governo libico stabile, che possa condurre serenamente il contenzioso giudiziario? C'è da dubitarne.
Articolo (p)Link   Storico Archivio  Stampa Stampa
 
Di comidad (del 18/02/2015 @ 01:07:31, in Commentario 2015, linkato 3065 volte)
La democrazia è un po' come la Scuola, che non fa crescere i ragazzi, ma in compenso infantilizza gli insegnanti. La "crescita democratica" consiste infatti in un percorso di regressione all'infanzia, nel quale non si distingue più tra la realtà ed il "reality show", e il "dibattito democratico" si risolve in puro allenamento alla credulità. Ma la chiave del successo della propaganda ufficiale consiste appunto nel suo aspetto ludico, nella sua capacità di creare intrattenimento e divertimento.
Persino la guerra all'ISIS diventa un giocare a fare gli "Occidentali" (pensavi di essere un fesso qualsiasi, e invece sei un "occidentale"); ed anche un giocare a fare le vittime e gli "attaccati", sebbene per ora a bombardare sia sempre e solo il Sacro Occidente. Il Buffone di Arcore non ha voluto mancare neppure lui alla kermesse bellicistica allestita dal fiero condottiero Renzi. E lo spasso per l'opinione pubblica continuerà, almeno finché non dovesse tornare il servizio militare obbligatorio.
Le "notizie" sull'ultimo attentato in Danimarca hanno riconfermato lo stile allusivo ed evocativo della propaganda ufficiale, che preferisce spesso alle menzogne dirette le narrazioni al condizionale, ed i più suggestivi "forse", che lasciano immaginare e fantasticare, ingigantendo ancora di più le ipotesi. Sinora nulla dimostra che il recente attentato danese abbia qualcosa a che fare con l'estremismo di etichetta islamica, ma bastano i "forse" per giustificare l'allarmismo dei titoli dei giornali.
L'altro ipotetico attentato alla sinagoga danese, secondo i media, avrebbe avuto, "forse", come obiettivo un vignettista. Che i vignettisti diventino i nuovi eroi della libertà occidentale, risulta coerente con questo contesto ludico. La satira, per definizione, dovrebbe appuntarsi sui potenti; se colpisce invece bersagli deboli, privi di una vera possibilità di replica, come nel caso dell'Islam, allora non è più satira, ma diventa mero dileggio. Non a caso il "Je suis Charlie" ha riscosso tanto successo fra gli under 18. I vignettisti di "Charlie Hebdo" diventano icone e martiri, poiché il dileggio costituisce un valore aggregativo fondamentale per il gruppo adolescenziale; tanto che tutte le sere molti ragazzi si dimostrano pronti a rischiare una coltellata pur di condurre sino in fondo uno sfottò.
Se non si tratta più di "forse", ma di fatti accertati, invece ci si può tranquillamente sorvolare. La ministra della Difesa Pinotti è volata in Qatar a concertare con l'emirato la collaborazione per la prossima impresa militare in Libia. L'emirato del Qatar può vantare lo status internazionale di collaboratore esterno della NATO, ma ci sarebbe anche da considerare il trascurabile dettaglio che è proprio il Qatar il maggior finanziatore dell'ISIS.
Al Congresso USA è stato presentato persino un rapporto circostanziato sulle attività di finanziamento del Qatar, ed anche della Turchia, a favore dell'ISIS. Ormai non c'è più nulla di riservato o di ipotetico a riguardo, ma ai media è sufficiente non parlarne.
Le cose non vanno meglio neppure quando si tratti di "alleati" ancora più sacri. Non vi sono sinora prove di appoggi diretti di Israele all'ISIS, ma la formazione Al Nusra, che agisce in Siria nell'area del Golan, appartiene pur sempre alla rete jihadista, e non è più un segreto che Israele fornisca sfacciatamente a quei jihadisti appoggio logistico ed aereo.
Intanto in Libia cresce l'esasperazione per la malafede occidentale, ed in una manifestazione a Tobruk i sostenitori del "laico" generale Khalifa Haftar hanno chiesto la cacciata dell'ambasciatore statunitense ed un rapporto più diretto con la Russia. Haftar è oggi l'unico in Libia a tenere testa all'ISIS, e dietro di lui si sta aggregando un fronte trasversale interessato alla stabilizzazione del Paese. Questo fronte "laico" dimostra, "stranamente", molta più insofferenza anti-occidentale di quanta ne manifesti l'ISIS.
Non c'è nulla di strano però se si considera che sono l'Occidente ed i suoi alleati ad aver creato e finanziato l'ISIS. Con la mediazione del presidente egiziano Al-Sisi, il generale Haftar vorrebbe rifornirsi di armi russe visto che le armi occidentali vanno all'ISIS. Al-Sisi è riuscito sinora a non cadere nelle trappole occidentali, ha dosato il suo intervento militare in Libia, ed ha favorito il riciclaggio del personale gheddafiano in supporto ad Haftar. Sebbene Al-Sisi continui a barcamenarsi, facendo l'amico di tutti, a questo punto il "rischio" è che in Libia, anche sotto la pressione egiziana, si formi un regime "laico" che ritorni alla politica estera filo-russa che già fu di Gheddafi.
Pare proprio che il Sacro Occidente (cioè la NATO) sia più sensibile a questo rischio che al presunto pericolo dell'ISIS, perciò la spedizione in Libia ha chiaramente l'obiettivo di impedire alla Russia di installarsi in Nord-Africa. Russia significherebbe anche Gazprom, con l'eventualità che l'ENI sposti nuovamente il suo asse d'affari verso Est, resuscitando i vecchi accordi con la multinazionale russa.
Gli USA erano allertati contro questa eventualità già dal settembre 2011, quando l'ENI venne ammonita a non avviare accordi sul gas libico con Gazprom. Secondo gli USA, in gioco era la "indipendenza energetica dell'Europa", mentre gli affari delle multinazionali angloamericane non erano assolutamente nei loro integerrimi pensieri.
Articolo (p)Link   Storico Archivio  Stampa Stampa
 
Pagine: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 114 115 116 117 118 119 120 121 122 123 124 125 126 127 128 129 130 131 132 133 134 135 136 137 138 139 140 141 142 143 144 145 146 147 148 149 150 151 152 153 154 155 156 157 158 159 160 161 162 163 164 165 166 167 168 169 170 171 172 173 174 175 176 177 178 179 180 181 182 183 184 185 186 187 188 189 190 191 192 193 194 195 196 197 198 199 200 201 202 203 204 205 206 207 208 209 210 211 212 213 214 215 216 217 218 219 220 221 222 223 224 225 226 227 228 229 230 231 232 233 234 235 236 237 238 239 240 241 242 243 244 245 246 247 248 249 250 251 252 253 254 255 256 257 258 259 260 261 262 263 264 265 266 267 268 269 270 271 272 273 274 275 276 277 278 279 280 281 282 283 284 285 286 287 288 289 290 291 292 293 294 295 296 297 298 299 300 301 302 303 304 305 306 307 308 309 310 311 312 313 314 315 316 317 318 319 320 321 322 323 324 325 326 327 328 329 330 331 332 333 334 335 336 337 338 339 340 341 342 343 344 345 346 347 348 349 350 351 352 353 354 355 356 357 358 359 360 361 362 363 364 365 366 367 368 369 370 371 372 373 374 375 376 377 378 379 380 381 382 383 384 385 386 387 388 389 390 391 392 393 394 395 396 397 398 399 400 401 402 403 404 405 406 407 408 409 410 411 412 413 414 415 416 417 418 419 420 421 422 423 424 425 426 427 428 429 430 431 432 433 434 435 436 437 438 439 440 441 442 443 444 445 446 447 448 449 450 451 452 453 454 455 456 457 458 459 460 461 462 463 464 465 466 467 468 469 470 471 472 473 474 475 476 477 478 479 480 481 482 483 484 485 486 487 488 489 490 491 492 493 494 495 496 497 498 499 500 501 502 503 504 505 506 507 508 509 510 511 512 513 514 515 516 517 518 519 520 521 522 523 524 525 526 527 528 529 530 531 532 533 534 535 536 537 538 539 540 541 542 543 544 545 546 547 548 549 550 551 552 553 554 555 556 557 558 559 560 561 562 563 564 565 566 567 568 569 570 571 572 573 574 575 576 577 578 579 580 581 582 583 584 585 586 587 588 589 590 591 592 593 594 595 596 597 598 599 600 601 602 603 604 605 606 607

Cerca per parola chiave
 

Titolo
Aforismi (5)
Bollettino (7)
Commentario 2005 (25)
Commentario 2006 (52)
Commentario 2007 (53)
Commentario 2008 (53)
Commentario 2009 (53)
Commentario 2010 (52)
Commentario 2011 (52)
Commentario 2012 (52)
Commentario 2013 (53)
Commentario 2014 (54)
Commentario 2015 (52)
Commentario 2016 (52)
Commentario 2017 (52)
Commentario 2018 (52)
Commentario 2019 (52)
Commentario 2020 (54)
Commentario 2021 (52)
Commentario 2022 (53)
Commentario 2023 (53)
Commentario 2024 (48)
Commenti Flash (62)
Documenti (30)
Emergenze Morali (1)
Falso Movimento (11)
Fenêtre Francophone (6)
Finestra anglofona (1)
In evidenza (33)
Links (1)
Manuale del piccolo colonialista (19)
Riceviamo e pubblichiamo (1)
Storia (9)
Testi di riferimento (9)



Titolo
Icone (13)


Titolo
FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


09/12/2024 @ 01:08:10
script eseguito in 47 ms