Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di comidad (del 11/01/2016 @ 19:54:32, in Storia, linkato 2170 volte)
Si è svolta lo scorso 8 gennaio a Genova, presso il centro di documentazione Il Grimaldello, in via della Maddalena 81 R, la prima presentazione dell'ultimo libro di Guido Barroero, alla quale ne seguiranno altre, “Cento anni di storia operaia: la Camera del Lavoro di Sestri Ponente e l'Unione Sindacale Italiana”. Questo libro, scritto e curato da Guido Barroero con la consueta passione, esce postumo per sole poche ore. Il libro era stato pensato per il centenario dell'Unione Sindacale del 2012, ma per una serie di circostanze e di eventi, come è spiegato e documentato nella prefazione, i tempi si sono allungati, e il libro uscirà solo il 24 novembre del 2015, a poche ore dalla sua morte. Guido Barroero, proprio per un soffio, non farà in tempo a vederlo.
Perchè Sestri Ponente? Come spiega lo stesso autore: “Questa storia è dunque storia della presenza dell'Unione Sindacale a Sestri, ma è anche storia della sua Camera del Lavoro, è storia del movimento operaio sestrese (e genovese) e delle sue lotte...” Sestri è stata una roccaforte del sindacalismo rivoluzionario, con un'importanza fondamentale non solo nell'ambito genovese, ma anche in quello nazionale.
Quindi storia dell'Unione Sindacale, e della sua espressione nel Genovesato, soprattutto Sestri Ponente, dove notevole e proficua era la presenza dell'USI. Ricordiamo brevemente la nascita dell'Unione Sindacale: nel novembre del 2012 si tiene a Modena il congresso dell'Azione Diretta (così si chiamava il coordinamento dei gruppi sindacalisti-rivoluzionari all'interno della Confederazione Generale del Lavoro, costituita nel 1906, nella quale la parte rivoluzionaria del movimento operaio, dopo una prima scelta di non aderirvi per la sua tendenza riformista, era successivamente confluita), e in quella circostanza viene decisa la costituzione dell'Unione Sindacale Italiana.
A Sestri Ponente la Camera del Lavoro nasce nel 1896, e cresce nonostante le difficoltà iniziali (venne sciolta d'autorità per ben due volte, e altre volte accadrà negli anni a venire). I suoi appartenenti, tra i quali era prevalsa la componente rivoluzionaria, diedero un fondamentale contributo alla costituzione dell'USI.
Il libro racconta quegli anni, intensi e duri, di lotta, il periodo bellico, il dopoguerra, l'occupazione delle fabbriche del 1920, gli anni della clandestinità e dell'esilio con l'avvento del fascismo, le dure persecuzioni, quindi, nella seconda parte, il dopoguerra, il ritorno dell'USI e il suo successivo declino. Il libro si chiude con l'ultimo Convegno nazionale di Carrara del 1970. Il testo è arricchito da una grande quantità di tabelle, documenti e testimonianze, che permettono al lettore di immergersi il più possibile dentro quegli anni gloriosi e difficili, dentro una storia rimasta per troppo tempo nell'oblio, storia che questo lavoro ci riporta, in tutta la sua vitalità.
E' arricchito inoltre dall'ottima introduzione di Mario Spagnoletti, che ripercorre con attenzione gli argomenti trattati nel libro, la “documentata e appassionata “resa dei conti” con l'esperienza e la storia dell'Unione Sindacale” che Barroero ha inteso realizzare, e così conclude: “Il volume, che è corredato ed impreziosito da una cospicua Appendice di tabelle, documenti e schede biografiche dei principali protagonisti della storia dell'Unione Sindacale e della Camera del Lavoro sestrese, merita ogni attenzione e positivo apprezzamento per il grande equilibrio con cui intreccia le analisi rigorosamente scientifiche -proprie della ricerca storica e della sistemazione storiografica- e la robusta “passione militante”, che ne attraversa tutte le pagine e lo immunizza contro i virus di uno storicismo o di un biografismo esangui e falsamente neutrali.”
Alla presentazione dell'8 gennaio sono intervenuti alcune decine di compagni, che hanno seguito con attenzione e interesse l'introduzione, precisa e dettagliata, di Marco Genzone (che dopo aver ripercorso quell'intenso periodo di storia che è narrato nel libro, ha ricordato anche con altrettanta precisione due precedenti libri a cui Guido Barroero si era dedicato, uno su Maurizio Garino, Il sogno nelle mani – Torino 1909-1922 e uno sul sindacalismo rivoluzionario e Alibrando Giovannetti).
Sono seguiti alcuni interventi, sulla genesi di questo ultimo libro, sul tema del libro, sulle problematiche attuali del sindacalismo, e, inevitabili, alcuni ricordi personali, da parte di compagni e compagne che hanno condiviso chi una parte, chi un'altra, del percorso politico dell'autore, e con il quale hanno avuto anche forti legami di amicizia.
Per quanto riguarda la storia del libro, come abbiamo detto all'inizio, l'idea nasce per il centenario dell'Unione Sindacale. Guido Barroero nel 2010 era stato eletto segretario dell'attuale Unione Sindacale Italiana, e si era gettato subito con impegno in questo compito, per lui particolarmente importante, proprio per la sua conoscenza di una storia tanto gloriosa, e per il suo desiderio, oltre alla “resa dei conti” cui si accennava in precedenza, di contribuire il più possibile a una rivitalizzazione dell'USI odierna.
Purtroppo il suo impegno venne fermato. Ancora oggi questa vicenda è tenuta nascosta, confinata nell'oblio. Una gran brutta vicenda, caratterizzata da gravi attacchi personali, calunnie, inizialmente dirette ad un compagno, Gino Ancona, quindi verso lo stesso Guido Barroero, che non aveva potuto tacere di fronte a tale campagna diffamatoria, quindi Barroero decise di dare le dimissioni dall'Unione Sindacale Italiana, in attesa di tentare di risolvere la questione in sede di Congresso, ma in quel Congresso, nel 2012, si arrivò invece addirittura ad un assurdo e vergognoso processo di stampo ben poco libertario, e infine all'espulsione dall'Unione Sindacale, di Guido Barroero e dell'altro compagno, e dell’intero sindacato USI- Arti e Mestieri, parte fondamentale della stessa USI.
Questi fatti hanno contribuito al ritardo nell'uscita del libro, anche perché Guido volle una prefazione scritta da Gino Ancona, prefazione corredata in fondo al testo da alcuni documenti relativi proprio agli accadimenti di questi ultimi anni, e ci fu chi avrebbe finanziato in parte il libro ma senza tale prefazione, ritenendo, a torto, si trattasse solo di una polemica interna, di una vicenda dei nostri giorni e quindi incoerente con l'impianto storico del libro, e non di un fatto tanto grave quale invece è stato, e di fronte al quale appare impensabile non prendere una posizione. Guido Barroero fu irremovibile su questo punto. La prefazione rimase e la raccolta dei fondi si allungò nel tempo. Solo grazie all'impegno di compagni onesti e determinati si è giunti infine alla pubblicazione.
Gli avvenimenti di cui sopra sono stati anche una grande delusione, una grave ferita, possiamo dire, per Guido Barroero, e, forse, sono stati addirittura determinanti per l'insorgere e l'evoluzione della sua malattia.
Anche di queste vicende si è parlato e discusso alla presentazione dello scorso 8 gennaio.
Ma qui per ora ci fermiamo. La priorità attuale, riteniamo, è quella di far conoscere questo lavoro, per il suo grande spessore e per la sua rilevanza storica. A suo tempo, questa parte poco nobile della storia dell'Unione Sindacale Italiana verrà alla luce, perché è un compito che ci spetta, è un dovere che abbiamo nei confronti dell'autore di questo libro e della storia.
Oggi invitiamo calorosamente tutti gli interessati a partecipare alle prossime presentazioni e iniziative, e a dare ciascuno il proprio contributo al dibattito, un dibattito appena iniziato in occasione di questa prima presentazione, e che ci auguriamo si andrà ulteriormente a sviluppare.
Silvia Ferbri
Nel giro di poche settimane l'emergenza terrorismo in Francia è diventata l'emergenza molestie sessuali in Germania. Dato che tra le forme di fanatismo ammesse in Occidente, oltre quella del Dio Mercato, c'è anche l'islamofobia, il governo slovacco ha vietato l'ingresso sul proprio territorio agli immigrati mussulmani, sempre con la motivazione di evitare stupri e molestie. Una strana forma di doppiopesismo, dato che, a quanto pare, il Sacro Occidente neanche scherza quanto ad emergenze stupri del tutto endogene. Nell'aprile dell'anno scorso il governo federale USA ha messo sotto accusa cinquantuno Università dipendenti dai fondi federali (ma non erano tutte private?), per aver insabbiato casi di stupro ai danni di studentesse. Magari anche questo caso era stato enfatizzato in modo strumentale e per secondi fini non ancora chiari, ma dimostra come sia facile e pretestuoso legare la questione stupri all'immigrazione.
Come sempre noi Italiani dimostriamo di saper fare di meglio, dato che nel 2007, sempre a proposito di immigrazione, fummo capaci addirittura di inventare un'emergenza lavavetri a Firenze; un'emergenza, per di più, lanciata da un sindaco di "sinistra". La creatività italica ne esce sempre vittoriosa.
I legittimi timori contro l'immigrazione di massa non trovano certamente una rassicurazione nella parodia del "politically correct", in base alla quale occorrerebbe rassegnarsi al dovere dell'accoglienza ed al presunto carattere "epocale" del fenomeno migratorio. Grazie ad un corto circuito logico, veicolato da un'intensa opera di propaganda, quei legittimi timori vengono fatti però diventare ostilità contro gli immigrati, cioè verso altre vittime. Anche essere contro la povertà dovrebbe essere cosa molto diversa dall'essere contro i poveri, ma la propaganda ufficiale riesce nel miracolo. Qualche anno fa il settimanale tedesco "Die Zeit" riuscì a spacciare la crisi statunitense dei "subprime", dei prestiti ad alto rischio, scoppiata nel 2006, come l'effetto di un "troppobuonismo" verso i poveri, ai quali si sarebbero elargiti prestiti senza garanzie in nome di una malintesa solidarietà. Che questi poveri, in seguito alla crisi, abbiano dovuto cedere alle banche le proprie case, rimane un piccolo dettaglio insignificante. Il farti indebitare per poi poterti spolpare, può essere fatto passare per generosità. Se controlli i media è fatta, come diceva Gore Vidal.
Se la crisi è colpa dei poveri, anche l'immigrazione è colpa degli immigrati. L'ex ministro della Difesa, Ignazio La Russa, attualmente esponente del partito "Fratelli d'Italia", ha organizzato una manifestazione contro il sindaco di Milano per protestare nei confronti delle misure di accoglienza a favore dei rifugiati.
Che si sia scelto proprio questo squallido personaggio per alimentare l'ostilità verso gli immigrati, ha anche il senso di un test nei confronti della passività dell'opinione pubblica. Nel 2011 infatti La Russa era a capo del Ministero della Difesa, e fu nel governo l'uomo che più si impegnò per coinvolgere l'aviazione italiana negli attacchi della NATO contro le infrastrutture sul territorio libico. L'enorme entità, e l'efferatezza, di quelle millenovecento incursioni e di quei quattrocentocinquantasei bombardamenti a suo tempo furono nascoste all'opinione pubblica, e solo da poco sono state rivelate.
La propaganda occidentale dell'epoca ci presentava Gheddafi solo come un gendarme anti-immigrazione, ma la realtà era che la Libia faceva lavorare sul proprio territorio oltre un milione di immigrati africani. La propaganda della NATO fece passare quegli immigrati come militari mercenari al soldo di Gheddafi, con la conseguenza di legittimare la caccia all'uomo nei loro confronti. Quelle stragi, ed anche la distruzione delle infrastrutture libiche operata dalla NATO, hanno avuto la conseguenza di spingere quell'ondata migratoria verso l'Europa. La Russa ha contribuito a cacciare gli immigrati dalla Libia, ed ora si dà da fare per perseguitarli anche qui. Un luminoso esempio di coerenza.
La NATO ha destabilizzato la Libia e la Siria ed ha creato le condizioni per una migrazione di massa da quelle aree. Paesi come l'Egitto e la Tunisia vedono messa in crisi la loro industria turistica dagli attentati attribuiti all'ISIS, con l'effetto di veder aumentare la propria disoccupazione interna. In tal modo si esporta da noi questa destabilizzazione. Non bastava l'euro.
La NATO ha dichiarato guerra ai suoi stessi popoli e prefigura un'Europa a popolazione intercambiabile. Il fatto che il "Jobs Act" abbia abolito l'obbligo per chi cerca lavoro di iscriversi alle liste ufficiali di disoccupazione, è certamente un trucco per cancellare i disoccupati dalle statistiche e per alimentare il business privato delle agenzie di "somministrazione del lavoro" (quelle che una volta si chiamavano agenzie di lavoro "interinale"). Ma non c'è soltanto questo aspetto, dato che in tal modo il governo stabilisce un principio giuridico che svincola il concetto di disoccupazione da un preciso territorio e da una precisa popolazione. Non c'è solo la precarizzazione del lavoro, ma anche il suo sradicamento.
Certo comunque che è più facile prendersela con dei poveri disgraziati che prefigurano il nostro stesso futuro, che con la NATO che li ha spinti qui. Ed è altrettanto certo che le emergenze servono, eccome, anche per distrarre dalle manovre del piccolo business di casa nostra. L'anno scorso il governo ha sfornato un'altra legge contro il terrorismo. A parte il paradosso di fare delle leggi contro il terrorismo, come se fare attentati prima fosse legale, la legge si presenta come il solito guscio vuoto. Uniche misure concrete sono il solito terrorismo di Stato contro l'informazione libera in rete, ed una misura di rifinanziamento delle attuali missioni militari italiane in Europa (sic!). Si trattava quindi di una legge di spesa camuffata.
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