Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Si era sperato da più parti che la tripla batosta elettorale infliggesse il colpo di grazia ad un governo in coma, ma ne risultano invece aumentate soltanto le convulsioni interne. Il tanto atteso appuntamento dei leghisti a Pontida ha sortito due slogan, quello puramente fiabesco della "riforma fiscale", ed un altro ancora, solo apparentemente più concreto: l'abbandono delle "missioni militari", in primis di quella più impopolare di tutte, l'aggressione alla Libia. Si è esibito perciò ancora una volta a beneficio delle folle un Maroni in versione di pacifista, non per ragioni umanitarie o anticoloniali, ma puramente di egoistico risparmio.
Qualunque motivazione, anche la più sordida, sarebbe accettabile pur di far cessare la partecipazione italiana all'aggressione criminale contro la Libia, ma lunedì scorso il presidente della Repubblica Napolitano ha fatto chiaramente intendere che non se ne parla. Napolitano si è nascosto dietro il "voto del parlamento" e l'appello dell'ONU, omettendo di ricordare che egli stesso aveva forzato il parlamento a quel voto favorevole alla guerra, e che inoltre la risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza non aveva mai autorizzato un'aggressione militare per abbattere il regime di Gheddafi.
Non parrà quindi strano che, nella NATO, Napolitano rivesta un ruolo di "ideologo" ufficiale molto più rilevante di quanto farebbe supporre la scarsa importanza dell'Italia sul piano della potenza militare, come risulta dall'intervento dello stesso Napolitano alle celebrazioni per i sessanta anni della NATO Defence College.(1)
Che la "missione" in Libia sia giunta ad un punto critico è sotto gli occhi di tutti. Aveva iniziato due settimane fa il ministro della Difesa USA, Gates, a cercarsi degli alibi accusando gli altri "alleati"/servi della NATO di scarso impegno finanziario; poi il Congresso USA ha cominciato una sorta di fronda contro il presidente Obama, accorgendosi improvvisamente che la guerra era stata dichiarata in modo illegale, senza un voto del Congresso. Quando le cose non vanno bene, ci si comincia a ricordare che c'erano delle regole da rispettare, ma ciò non vuol dire affatto che le regole poi si rispettino per davvero.
Se la "missione" NATO dovesse esaurirsi per il logorio di aerei e piloti e per l'esaurimento della scorta di bombe, allora anche l'Italia se ne troverà fuori; dato che è molto improbabile che il velleitarismo di Maroni riesca davvero ad imporre un ritiro anticipato. C'è da rilevare che la posizione di Maroni è insostenibile sul piano istituzionale, poiché egli fa parte del governo che conduce la "missione" in Libia, perciò il suo comportamento configura il reato di alto tradimento, poiché va a demoralizzare i militari impegnati. Maroni potrebbe chiedere il ritiro dalla Libia solo dopo essersi dimesso. Il "Supremo Notaio" Napolitano però si guarda bene dal far notare a Maroni il suo paradosso istituzionale, perché ciò comporterebbe la caduta del governo. Il "notaio" quindi non fa il notaio, pur di salvare il governo.
Almeno dal 14 dicembre dello scorso anno, il governo Berlusconi si trova sotto la tutela di Napolitano, che ha assunto le vesti del vero Presidente del Consiglio. Nel dicembre scorso il motivo che Napolitano aveva addotto per tenere in piedi il governo era l'approvazione della Legge di (sedicente) Stabilità Finanziaria, come oggi è la guerra della NATO; ma, in entrambi i casi, il garante non cambia, dato che è sempre Napolitano a dettare scadenze e contenuti.(2)
La fiaba della "riforma fiscale" si scontra con la realtà delle Leggi di Stabilità Finanziaria che fanno da supporto e da garanzia per la facoltà delle grandi e piccole imprese di evadere il fisco. L'evasione fiscale costituisce infatti l'unica relazione con il fisco con la quale il padronato si senta a proprio agio, quindi è la sola "riforma fiscale" che davvero gli interessi.
Il patto social-coloniale che ha legato il ceto medio delle piccole e medie imprese al carro delle multinazionali negli ultimi cinquanta anni, consiste appunto nell'evasione fiscale, a cui si abbeverano sia i grandi che i piccoli. Nel 2001 la Corte di Cassazione ha quantificato l'evasione fiscale della Philip Morris in 120mila miliardi delle vecchie lire. Per aver accertato per primo quella mega-evasione della Philip Morris, l'allora direttore generale dei Monopoli di Stato, Del Gizzo, aveva dovuto subire un licenziamento illegittimo da parte del ministro Visco, del governo di centrosinistra.(3)
Evasori fiscali sono le multinazionali, all'estero ma anche in patria. Venticinque miliardi di dollari costituiscono l'evasione accertata nel 2005 negli Stati Uniti per quanto riguarda le multinazionali.(4)
Ma evasori fiscali sono anche piccoli imprenditori, artigiani e coltivatori diretti, ed è su questa base che il colonialismo/imperialismo all'ombra della NATO si è costituito in Italia, ed altrove, un consenso di massa.(5)
Negli ultimi mesi si è visto come questo patto social-coloniale abbia mostrato delle incrinature, allorché la questione della privatizzazione delle risorse idriche ha messo le piccole e medie imprese artigiane ed agricole di fronte alla prospettiva di diventare direttamente tributarie delle multinazionali dell'acqua. Di qui il "sollievo" ufficialmente manifestato dai coltivatori diretti per i risultati del referendum e l'impegno aperto per il "Sì" di alcune organizzazioni degli artigiani; circostanze che fanno capire come nel raggiungimento del quorum referendario abbia giocato l'adesione dei coltivatori e degli artigiani, un'adesione palese in alcuni casi e silenziosa in altri.(6)
Intanto però il patto social-coloniale fondato sulla possibilità di evadere il fisco rimane integro nelle sue grandi linee, dato che tutto l'apparato politico mira a garantirlo e perpetuarlo attraverso l'istituto della sedicente Legge di Stabilità Finanziaria. Senza quella Legge lo Stato sarebbe costretto a recuperare l'evasione fiscale che finge solo di perseguire, mentre si limita ad accertarla.
Ora che anche il burattinaio ufficiale di Berlusconi, il sottosegretario Gianni Letta, si trova imbalsamato da un'inchiesta giudiziaria per il coinvolgimento nella cosca affaristica di Bisignani, si può dire che Napolitano sia a tutti gli effetti il capo del governo che porta l'etichetta del Fantoccio di Arcore. Le opposizioni, però, continuano a far finta di non accorgersene.
(1) http://www.ipopolari.it/sala-stampa/63-politica-nazionale/1133-intervento-del-presidente-napolitano-alla-nato-defence-college-in-occasione-del-suo-60d-anniversario
(2) http://notizie.tiscali.it/articoli/politica/10/11/16/napolitano-fini-schifani-priorita-finanziaria.html
(3) http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:VYv9kgSD85EJ:www.senato.it/japp/bgt/showdoc/showText%3Ftipodoc%3DSindisp%26leg%3D14%26id%3D50418+corte+di+cassazione+21+dicembre+2001+philip+morris+sentenza+evasione+fiscale&cd=7&hl=it&ct=clnk&gl=it&source=www.google.it
(4) http://www.fiscooggi.it/attualita/articolo/negli-usa-multinazionali-campioni-d-incassi-e-di-evasione-fiscale
(5) http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:dhiaqTjft5oJ:www.famigliacristiana.it/costume-e-societa/diritti-e-Risparmio/fisco/articolo/evasione-fiscale-al-nord-cresce-dell117_140311132438.aspx+piccole+imprese+evasione+fiscale&cd=2&hl=it&ct=clnk&gl=it&source=www.google.it
(6) http://www.agricultura.it/articolo.php?ID=3696
http://coltiviamoilfuturo.blogspot.com/2011/06/cna-udine-gli-artigiani-per-lacqua-bene.html
I risultati dei referendum hanno messo in ulteriore difficoltà non soltanto il governo Berlusconi, ma anche la rappresentazione di esso offerta da una parte consistente della stampa di "opposizione". Il quotidiano "La Repubblica" dovrà, ad esempio, una buona volta spiegarci come possa essere definito "populista" un regime che ha lanciato provvedimenti di assoluta impopolarità come la privatizzazione dell'acqua ed il ritorno all'energia nucleare.
Nell'occasione il governo si è trovato contro persino le lobby degli artigiani e dei commercianti, cioè quel cosiddetto "popolo delle partite IVA" che viene presentato di solito come la base di massa della sedicente "economia di mercato"; una base che, sempre secondo i media, sarebbe particolarmente bramosa di ulteriori "liberalizzazioni", cioè privatizzazioni. In realtà lo stesso "popolo delle partite IVA", che pure aveva gradito la depenalizzazione del falso in bilancio, con la conseguente possibilità di evadere il fisco, non poteva certo piegarsi con entusiasmo a pagare un balzello alle multinazionali francesi dell'acqua, la Vivendi e la Ondeo. Allo stesso modo, le lobby della piccola-media impresa organizzata, che si vedono lesinare i soldi da Tremonti, hanno colto l'occasione per manifestare il proprio disappunto per il fatto che trenta miliardi di euro venissero elargiti disinvoltamente dal governo alle multinazionali francesi del nucleare, la EDF e l'Areva; e ciò con la interessata benedizione degli enti ex "nazionali", l'Enel e l'ENI.
Il presidente dell'ENI, Scaroni, dopo che la Total e la BP lo hanno buttato fuori dalla Libia, non ha trovato di meglio sul piano della comunicazione che mettersi a fare l'imitazione di Marchionne, prendendosela con il presunto assenteismo dei Meridionali. Ci si sarebbe aspettato che l'ENI reagisse al golpe in Libia anche sul piano dell'informazione, magari facendo riemergere dall'oblio le passate benemerenze di Gheddafi, tra cui l'apporto determinante alla lotta contro l'Aparheid in Sudafrica e l'amicizia con Nelson Mandela; invece niente.(1)
Il problema è che anche Scaroni si era venduto alle multinazionali francesi dell'atomo. Le centrali nucleari sono bidoni da rifilare ai Paesi del terzo mondo, attraverso i consueti giri di corruzione e mazzette, e l'adesione dell'ENI al progetto del ritorno al nucleare dimostra che ormai le multinazionali "italiane" non sono più tali.(2)
Ora che l'ipotesi del ritorno al nucleare è - almeno per un po' - tramontata, Scaroni fa il superiore, e può accampare un alibi poiché, almeno ufficialmente, l'ENI non risultava coinvolta nell'affare; anzi, con l'attuale disponibilità e sovrabbondanza di gas, non ne ha proprio bisogno. Né l'ENI, né l'Enel, hanno infatti subìto contraccolpi in borsa a causa del risultato referendario, cosa che indica che il nucleare costituiva semmai un peso morto per entrambe le aziende, ma, a quanto pare, non un peso morto per i loro gruppi dirigenti. Intanto Scaroni non rinuncia a continuare a fare apologia del nucleare, e scioglie inni al "coraggio" del governo giapponese che persiste nel portare avanti il business dell'atomo; segno che se parecchie tangenti nucleari sono, per il momento, sfumate, hanno però lasciato una nube carica di nostalgia nella mente del presidente dell'ENI.(3)
Nichi Vendola ha dichiarato che il risultato referendario costituisce una sconfitta delle lobby. In realtà, se è vero che i comitati referendari hanno fatto un lavoro eccezionale ed hanno conseguito una vittoria, nemmeno essi probabilmente ignorano che il risultato positivo è anche l'effetto di un conflitto interno al sistema del lobbying, tra le multinazionali da un lato e, dall'altro, il padronato più legato al territorio. L'atteggiamento della Chiesa Cattolica nel referendum indica certamente che vi è stata la necessità per la gerarchia vaticana di assecondare l'attivismo del cattolicesimo di base nella campagna contro il nucleare e per l'acqua pubblica; ma può costituire anche l'indizio che l'affarismo vaticano vuol cominciare ad aprirsi a sua volta uno spazio contrattuale di fronte all'invadenza delle multinazionali. Non va dimenticato infatti che la privatizzazione della gestione idrica comportava anche l'accaparramento di notevoli patrimoni immobiliari pubblici; e il Vaticano è ancora una potenza nel settore immobiliare.
L'elettoralismo non consiste tanto nel semplice fatto di andare a votare, ma funziona come una vera e propria ideologia, anzi una mitologia, che consiste nell'adesione alla fede nel fantasma del cosiddetto "elettorato". Non a caso, coloro che si convertono all'elettoralismo non si limitano a votare, ma ritengono di accompagnare il gesto con una sorta di manifesto/professione di fede nel mito dell'elettorato.
Anche se non si può negare il ruolo svolto dalla rete nella campagna referendaria, anche qui è bene guardarsi dalle mitologie. A febbraio il giornalista statunitense David Rieff , a proposito delle rivolte nel mondo arabo, pur riconoscendo la caduta di due "dittatori", esprimeva qualche perplessità quanto alla “…valanga di tecno-chiacchiere ciber-utopiche sul potenziale di emancipazione di Bluetooth e di Twitter, secondo cui i tiranni sarebbero impotenti di fronte alle nuove tecnologie”. Rieff faceva anche qualche altra osservazione interessante: “ Se le tecnologie dell’informazione non fossero l’idolo dei nostri tempi, nessuna persona sensata potrebbe mai credere che la rivoluzione nordafricana sia avvenuta grazie ai social network. Come osserva Evgeny Morozov nel bellissimo libro The net delusion, siamo di fronte alla stessa idea utopistica che fece prevedere a Marx la liberazione degli indiani dal sistema delle caste grazie alla rivoluzione delle comunicazioni prodotta dalle ferrovie dell’impero britannico”. Naturalmente l’articolo ("La rivoluzione di Twitter non riempie la pancia") ha ricevuto molte critiche; qualcuno faceva notare, nientemeno, che persino sui barconi dei migranti si usava la videocamera del portatile. Insomma, anche i miti della tecnologia contribuiscono a soppiantare l'analisi sui gruppi di interesse e sul ruolo degli affari.
Il presunto feeling di Berlusconi con le masse, era appunto un mito mediatico che copriva l'appoggio del voto organizzato dal lobbying. Il fatto che oggi una parte del lobbying abbia appoggiato strumentalmente la parte giusta, non vuol dire che il processo di colonizzazione non possa riuscire a ricostituire certi blocchi di interessi e di complicità in loco.
Il ministro Ronchi aveva presentato a suo tempo il decreto di privatizzazione della gestione delle risorse idriche come un atto dovuto alle direttive della Unione Europea. Una volta tanto, però, l'Unione Europea non c'entrava, dato che le specifiche direttive nel senso della privatizzazione dell'acqua provenivano semmai da quella agenzia dell'ONU addetta alla perpetuazione del colonialismo, che è il Fondo Monetario Internazionale. Del FMI l'attuale governo è stato un esecutore d'ordini, particolarmente ligio sì, ma non esclusivo, dato che uno dei due quesiti referendari contro la privatizzazione dell'acqua riguardava una legge voluta dal governo Prodi.
Il FMI, ed alcune delle multinazionali da esso assistite - la Vivendi, la Ondeo, l'EDF e l'Areva - hanno incassato una battuta d'arresto nei loro piani di rapina; ma la questione rimane aperta, dato che, in tutta la vicenda referendaria i veri manovratori del business idrico e del business nucleare hanno ottenuto di rimanere abbastanza nell'ombra, poiché ora la gran parte dei commenti riguarda le sorti del Fantoccio di Arcore.
Il FMI svolge dal 1945 la sua funzione istituzionale di ente assistenziale a beneficio delle multinazionali, ma l'opinione pubblica oggi conosce il FMI solo per vicende di sesso e di hacker informatici. Il ruolo di questa agenzia ONU nel non abbastanza famigerato programma di Sviluppo del Settore Privato (acronimo inglese: PSD), rimane ancora sullo sfondo del dibattito, consentendo ulteriori controffensive alle multinazionali.
Sempre a proposito di acronimi, si è diffuso negli ultimi tempi il mito mediatico dei cosiddetti BRIC, cioè i Paesi "emergenti", le nuove potenze economiche: Brasile, Russia, India e Cina. Questi Paesi sono soci del FMI, e già si annunciava un loro ruolo preminente nell'organizzazione, salvo poi scoprire che erano tagliati fuori dalla lotta alla successione dopo la defenestrazione, per mezzo di scandalo sessuale, dell'ex direttore, Dominique Strauss-Kahn.(4)
Anche la sopravvalutazione del ruolo dei cosiddetti "Paesi emergenti" fa parte di quegli espedienti propagandistici che consentono alle multinazionali ed al FMI di perseguire una tattica di "understatement", cioè un basso profilo mediatico, utile a scaricare le responsabilità della devastazione coloniale sui fantocci di turno.
(1) http://archiviostorico.corriere.it/1997/ottobre/23/Mandela_Gheddafi_tra_fulmini_Clinton_co_0_9710232148.shtml
(2) http://www.greenbiz.it/panorama/italia/1795-nucleare-anche-eni-continua-sulla-strada-del-si-nonostante-fukushima
(3) http://notizie.virgilio.it/notizie/economia/2011/6_giugno/15/nucleare_scaroni_italia_a_tutto_gas_costi_rinnovabili_alti_2,30089125.html
(4) http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2011-06-05/bric-crescono-molto-contano-081410.shtml?uuid=Aa8G7HdD
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