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"Gli errori dei poveri sono sempre crimini, mentre i crimini dei ricchi sono al massimo 'contraddizioni'."

Comidad (2010)
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Di comidad (del 01/04/2010 @ 01:50:47, in Commentario 2010, linkato 1929 volte)
La trionfale campagna elettorale della Lega Nord è culminata in un grazioso regalo da parte della “Digos informale”, cioè la provvidenziale lettera bomba, di cui ha fatto le spese - fortunatamente lievi - un impiegato delle Poste. Non che la lettera bomba servisse in sé a smuovere voti, ma ha raggiunto l'obiettivo di ribadire l'immagine di una Lega al centro della scena politica. Grazie al favore dei media, la Lega ha potuto esibire la consueta miscela vincente di tracotanza e vittimismo, tanto che sui blog a sostegno ha potuto lamentarsi di inesistenti aggressioni, una delle quali, in quel di Torino, avrebbe avuto come vittima un “leghista di colore”.
Negli anni ’80 i media di tutto il mondo lanciarono, come segno di un passaggio epocale, la “notizia” secondo cui il Ku Klux Klan avrebbe ammesso fra i suoi membri un negro; quindi mistificazioni del genere hanno dei precedenti. I media a suo tempo diedero poco rilievo al fatto che si trattava di un circolo del Klan canadese, perciò senza legami con il Klan originale, dato che le notizie vengono selezionate ignorando fatti eclatanti e conferendo invece un rilievo “emblematico” ad episodi insignificanti o addirittura incerti o falsi.
Adesso, secondo i media, anche gli immigrati voterebbero la Lega - se potessero farlo, poiché non hanno ancora il diritto di voto, dato che la Lega non vuole -, ma sicuramente alla Lega andrebbe massicciamente il voto operaio. La classe operaia era stata data per scomparsa dai media, ma ora è stata fatta riapparire in funzione del suo presunto sostegno alla Lega Nord. I media ci spiegano che gli operai odiano gli immigrati poiché le fabbriche chiudono o rischiano di chiudere a causa delle delocalizzazioni delle produzioni in altri Paesi; quindi gli operai se la prenderebbero con gli stranieri immigrati in odio agli stranieri rimasti a lavorare nel proprio Paese. Il sillogismo fa acqua, ma si sa che gli operai non possiedono la mente superiore di un Lapo Elkan o di un Luca di Montezemolo.
La realtà ovviamente è diversa e concerne il fatto che la piccola-media impresa organizzata è in grado - tramite il ricatto del posto di lavoro - di controllare il voto dei propri dipendenti, perciò quello che i media presentano come consenso entusiastico, è invece un voto estorto e controllato. Anche da parte di commentatori di opposizione ci si ostina a confrontarsi con il fantasma del cosiddetto elettorato, come se ancora questo fosse composto in maggioranza di voto d'opinione, quando ormai è evidente che il voto d'opinione è ora diventato astensione, proprio perché non trova riscontro alle sue opinioni nei partiti in vetrina.
Dall’assassinio di Toni Bisaglia - il massimo controllore di voti democristiani nel Nord-Italia - nel 1984 , si può datare l’inizio delle fortune della Lega, a dimostrazione che questo partito si è sempre giovato di sostegni oscuri (“oscuri”, si fa per dire). L’"insospettabile" - anche qui per modo di dire - Gad Lerner lanciò, all’inizio degli anni ’90, la Lega come fenomeno mediatico attraverso la trasmissione Milano-Italia, che costituiva un vero e proprio “Lega show”. Per far accettare pedissequamente l'autenticità e la spontaneità del fenomeno leghistico, bastò a suo tempo supportarlo propagandisticamente con la solita retorica socio-economicistica, che una certa opinione di sinistra è sempre pronta a ingoiare come se si trattasse di vere analisi.
Che oggi esistano oligarchie che dispongono di mezzi tali da produrre un'immagine della realtà a proprio uso e consumo, costituisce un'ovvietà, perciò dovrebbe essere scontato esprimere una puntuale diffidenza nei confronti degli scenari che ci vengono presentati come realtà tout court.
Mentre alcuni commentatori dell'opposizione ancora si arrovellano in analisi faticose ed arzigogolate per sostenere l'autenticità del terrorismo, per altri osservatori invece la evidente mistificazione-Al Qaeda sta diventando un paradigma per cominciare a rimettere in discussione persino casi precedenti piuttosto sospetti, a partire dalla vicenda peruviana di Sendero Luminoso, la quale, ad onta del nome, risulta irta di troppi punti oscuri, su cui prima si era sorvolato in nome del pregiudizio secondo cui il terrorismo nascerebbe dal basso o da fanatismi ideologici e religiosi. Ma il primo caso documentabile di terrorismo inventato di sana pianta - nome compreso - dalla psico-guerra colonialistica, riguarda i cosiddetti Mau Mau in Kenia (vedi Manuale del Piccolo Colonialista N° 7).
L’asse media-servizi segreti è capace di fabbricare una realtà virtuale che si sostanzia però in fatti reali: esecuzioni (come quella di Bisaglia), finti attentati (come la ultima lettera bomba) e, soprattutto, dossier. Polizie palesi e polizie segrete non sono corpi separati, poiché vi sono settori di confine ed osmosi tra le une e le altre. La Digos e gli Uffici Immigrazione costituiscono aree intermedie tra la Polizia di Stato e i servizi segreti civili, mentre i Ros rappresentano una zona grigia tra i Carabinieri ed i servizi segreti militari. Le pratiche di dossieraggio ed intercettazione sono in grado di creare o distruggere dei personaggi pubblici, o semplicemente di metterli sotto pressione. La Magistratura non dispone della capacità operativa per promuovere proprie indagini, perciò gli scandali sono determinati dalle imbeccate che le Procure e i media ricevono da parte di chi è in grado di produrre e orientare le informazioni.
La recente vicenda di Vittorio Feltri ha messo in evidenza proprio questo dato. Al di là della ripugnanza che ispira un personaggio come Feltri, occorre dire che la sua particolare psicopatologia fa sì che egli riveli molto di più di quanto dovrebbe, così da indurlo involontariamente a fare della vera informazione a proposito del funzionamento del sistema della cosiddetta informazione. Ad esempio: stanco di essere oggetto del pubblico disprezzo, mentre altri giornalisti vantano l’aureola dell’eroe, Feltri se l’è presa con Roberto Saviano rinfacciandogli l'evidenza, cioè di lavorare per il suo stesso padrone, che è il padrone non solo de "Il Giornale" e di "Libero", ma anche della Mondadori.
Ancora più recentemente l’Ordine dei Giornalisti ha sospeso per sei mesi Vittorio Feltri per le sue intimidazioni nei confronti del direttore del quotidiano “L’Avvenire”. L'entità del provvedimento appare ridicola se si considera la gravità di ciò che Feltri aveva commesso, cioè usare dei dossier - poi rivelatisi manipolati - per minacciare e intimidire l’intera categoria dei giornalisti, così da indurla ad un comportamento ancora più remissivo nei confronti di Berlusconi. Feltri ha ottenuto il risultato colpendo un giornalista in particolare, cioè Boffo, in base al precetto del “colpiscine uno per educarne cento”.
Sei mesi di sospensione a Feltri rappresentano poco più di un buffetto sulla guancia, una sanzione così irrilevante da servire solo a conferire, a poco prezzo, a Feltri la patente della vittima e del martire della libertà di informazione. Quindi l’Ordine dei Giornalisti ha dimostrato di non essere in grado di sottrarsi alla minaccia ed al ricatto agitati da Feltri: i dossier fanno paura a tutti, perciò anche i pochi giornalisti che non fanno materialmente parte dei servizi segreti, alla fine risultano ricattabili dagli stessi servizi segreti.
Non è affatto detto che il sistema dei dossier abbia un’unica centrale, ma è più probabile che funzioni come un complesso di agenzie “informali” all’interno delle Istituzioni di Polizia, agenzie che vendono le loro prestazioni a più committenti. Quando un giornalista de “Il Giornale” ha cercato di conferirsi autonomamente la patente dell’eroe/martire del terrorismo, spedendosi da solo una finta lettera di minaccia delle BR, la Digos lo ha immediatamente sbugiardato, ribadendo in tal modo che queste patenti possono essere rilasciate solo da organi competenti, e in base a precise procedure e tariffe. In queste cose non può esistere il “fai da te”, poiché l'attività dei servizi segreti non è più soltanto in funzione del business, ma costituisce un business essa stessa.
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Di comidad (del 25/03/2010 @ 01:22:11, in Commentario 2010, linkato 1829 volte)
L’ennesima polemica fra il ministro Giulio Tremonti e il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi si è avvalsa della consueta attenzione spropositata da parte dei media, come se davvero si trattasse di uno scontro tra opposte concezioni dell’economia. In quest’ultima occasione è anche ricomparso il Tremonti “no global”, tanto da far ipotizzare ad alcuni che il ministro sia affetto da quella che gli psichiatri chiamano sindrome da personalità multipla.
C’è un Tremonti-uno che attacca l’euro ed un Tremonti-due che ne esalta la funzione di equilibrio, un Tremonti-tre che considera eccessiva la spesa sanitaria ed un Tremonti-quattro che la ritiene modesta, un Tremonti-cinque che difende il posto fisso ed un Tremonti-sei che continua a precarizzare il lavoro, un Tremonti-sette che condanna il pensiero unico del mercato ed un Tremonti-otto che si appella al mercato per impedire che i megastipendi dei manager vengano regolati, un Tremonti-nove che se la prende con gli “Illuminati” ed un Tremonti-dieci che si fa invitare al gruppo Bilderberg, un Tremonti-undici che vorrebbe ridurre le tasse ed un Tremonti-dodici che dice che le tasse non si toccano, ecc. ecc. Si potrebbe continuare all’infinito, al punto che viene il sospetto che in realtà Tremonti sia uno solo, lo stesso cialtrone di sempre.
Ultimamente Tremonti se l’è presa anche con esponenti del Fondo Monetario Internazionale, cosa che gli ha procurato le rampogne di Valentino Parlato, il quale sulle colonne del “il Manifesto” ha quasi gridato al sacrilegio. Valentino Parlato avrebbe fatto meglio a chiedersi come mai il Decreto Tremonti, diventato poi la Legge 133/2008, costituisca un elenco di privatizzazioni, che vanno dall’acqua ai patrimoni immobiliari delle Università e del Demanio dello Stato, un elenco che ricalca pedissequamente le istruzioni che il FMI impone da decenni ai governi di tutto il pianeta. Forse a distanza di due anni Tremonti si è pentito di aver privatizzato tanto? Per nulla, dato che con il federalismo fiscale si prepara addirittura a privatizzare la stessa esazione fiscale alla fonte, e non più il solo recupero crediti.
A Valentino Parlato occorrerebbe spiegare che i ministri hanno la tendenza a non dire quello che pensano, non solo perché difficilmente pensano qualcosa, ma soprattutto perché i loro obiettivi sono inconfessabili. La Legge 133/2008 non è soltanto incostituzionale, è illegale, poiché aliena dei beni pubblici senza contropartite, quindi per vararla non bastava farla approvare dal parlamento ad agosto, ma occorreva anche sollevare fumo, parlare d’altro. Così Tremonti svolge con discrezione il suo ruolo coloniale di servitore del FMI, recitando in pubblico la parte del nemico dei “poteri forti” sopranazionali.
È la logica delle pubbliche relazioni: dire alla gente ciò che vorrebbe sentire, senza far seguire alle chiacchiere le decisioni, ma recitando anche la parte della vittima circondata da nemici che mettono bastoni tra le ruote. In un periodo storico in cui tutti gli obiettivi dell’azione di governo sono illegittimi, illegali e inconfessabili, poiché finalizzati esclusivamente agli interessi del colonialismo e al criterio degli affari, la cialtroneria dei ministri diviene un accessorio indispensabile della loro funzione; una funzione che risulta appunto inseparabile dal seminare confusione nell’opinione pubblica.
La cialtroneria di un Tremonti o di un Brunetta - per non parlare di Berlusconi - costituisce quindi un elemento nel quadro generale della guerra psicologica, che include tra le sue armi la cialtronizzazione di un popolo, il suo annichilimento morale e culturale. Il colonialismo infatti è guerra; perciò anche quella che si considera “pace”, non è altro che guerra condotta con altri mezzi. Genocidio fisico e genocidio morale/culturale possono andare di pari passo nei processi di colonizzazione, come quando negli Stati Uniti i Pellerossa erano oggetto di sterminio e, nello stesso tempo, molti di loro venivano umiliati costringendoli ad esibirsi nel circo di Buffalo Bill. L'opinione pubblica deve essere però indotta ad accettare la cialtroneria dei propri rappresentanti, ed a ritenerla persino una norma sociale.
Il ruolo mediatico di Mario Draghi è quindi speculare alle esibizioni di Tremonti, per cui due personaggi di per sé inattendibili possono ri-acquisire credibilità criticandosi a vicenda. Tutti si sono accorti che, con lo scudo fiscale, Tremonti ha legalizzato il riciclaggio di denaro proveniente da traffici illegali, e in più non ha riportato un soldo in più nella casse dello Stato. Tutti sanno che la produzione crolla e che la disoccupazione aumenta. Arriva anche Draghi, buon ultimo, a scoprire l’acqua calda e allora i media possono finalmente esaltare il ruolo di “controllo” della Banca d’Italia. Arrivano poi i commentatori ufficiali a cantare lo scontro epico fra il liberista Draghi ed il “colbertista” (da Colbert, ministro di Luigi XIV) Tremonti, per conferire al tutto un alone pseudo-culturale a base di memorie confuse di manuale di liceo.
La figura di Draghi è anche legata ad un aneddoto reso popolare dagli interventi di Francesco Cossiga e, ultimamente, anche dal ministro Brunetta: la riunione del 1992, con l’allora Governatore della Banca d’Italia Ciampi, ed alcuni finanzieri internazionali, sul panfilo “Britannia”, in cui sarebbero state decise le privatizzazioni delle aziende italiane a partecipazione statale. L’episodio, in sé plausibile, non può comunque essere ritenuto decisivo, ma rientra nella logica delle pubbliche relazioni dei colonialisti nei confronti di una loro colonia: invece di fornire agli interessati soltanto un libretto di istruzioni, li si fa partecipare ad un incontro in cui si finge di dar loro importanza. Anche le famose riunioni del gruppo Bilderberg fanno parte di queste tecniche di pubbliche relazioni, in modo da offrire ai servi un momento di euforia e di gratificazione.
Undici anni or sono, fu ucciso dalle presunte Brigate Rosse il giurista Massimo D’Antona, consulente del ministro del Lavoro di allora, Bassolino. A distanza di qualche anno, nel 2002, fu ucciso un’altro consulente giuridico del governo, stavolta di centro-destra, Marco Biagi. Il ruolo di questi due consulenti è stato enfatizzato dai media, come se il loro apporto fosse stato davvero determinante nel varare le “riforme” successive delle relazioni sindacali e del rapporto di lavoro.
In realtà le cosiddette “riforme” vengono attuate dai governi, di destra o di “sinistra”, in base a moduli prestampati forniti dal Fondo Monetario Internazionale. Aver battezzato la Legge 30 sulla precarizzazione del lavoro con il nome di Marco Biagi risulta una tale forzatura propagandistica da rendere sospetto persino il suo “martirio”, dato che il sacrificio del giurista ha conferito un alone sacrale anche alla legge che ne porta pretestuosamente il nome. Lo stesso vale per il caso D’Antona, poiché non occorreva certo la creatività di un talento giuridico per andare a ridurre tout court i diritti sindacali. Qui non si tratta di “cultura del sospetto”, dato che non c'è nulla di strano a ritenere che chi abbia fatto trenta (in questo caso la Legge 30/2003,) possa anche aver fatto trentuno: la guerra psicologica può avere necessità di seminare cadaveri, appunto perché è guerra.
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


19/03/2024 @ 11:59:30
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