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"La condanna morale della violenza è sempre imposta in modo ambiguo, tale da suggerire che l'immoralità della violenza costituisca una garanzia della sua assoluta necessità pratica."

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Di comidad (del 17/01/2019 @ 00:15:10, in Commentario 2019, linkato 5918 volte)
Salvini ha potuto pavoneggiarsi per la cattura ed estradizione di Cesare Battisti ma, anche in questo caso, egli è andato solo a riscuotere il favore che in questi anni gli ha fatto la sedicente “sinistra”. Sono stati infatti i partiti e la stampa di “sinistra” ad alimentare per quaranta anni il clima di odio e di regolamento di conti contro i movimenti degli anni ’70, trasformando in “terroristi” personaggi nei confronti dei quali vi erano solo sospetti. Si è assistito così ad una sorta di maccartismo di “sinistra”, generato dapprima dal vecchio PCI contro i suoi concorrenti a sinistra e che ha coinvolto poi l’intero sistema politico, in tutte le sue ridenominazioni, in modo assolutamente trasversale.
Le prove sono state fabbricate attraverso dubbie testimonianze ed artifici giuridici come il “concorso morale”. Il castello accusatorio ha retto grazie all’omertà giudiziaria, in base alla quale ogni magistrato confermava acriticamente quanto avevano fatto gli inquirenti precedenti. Ma neanche l’omertà giudiziaria sarebbe bastata se a criminalizzare i dubbi non fossero intervenuti ogni volta i leader e i quotidiani di “sinistra”, i quali hanno inventato a supporto addirittura una nuova aristocrazia del sangue: i ”Parenti delle Vittime”.
Ora è la destra a conseguire gli allori per tutta questa opera di vendetta sociale, potendosi magari permettere di accusare la stessa “sinistra” di non aver saputo consegnare Battisti alla Giustizia perché “connivente”. Regolamento di conti su regolamento di conti. L’ex Presidente della Repubblica Napolitano, che di Battisti è stato uno dei principali persecutori, ha cercato in questi giorni di prevenire le accuse scaricando tutte le “colpe” su Lula. Un atto davvero vile, se si considera che Lula è in carcere in Brasile per inconsistenti imputazioni di corruzione. Questa precipitosa “excusatio”, con tanto di “accusatio” annessa, non ha ottenuto altro che di esporre maggiormente Napolitano agli strali della destra. Chi di malafede ferisce, di malafede perisce.
Le torve buffonate del ministro degli Interni e del ministro della Giustizia, la loro esibizione del detenuto come un trofeo, hanno suscitato le reazioni scandalizzate di un giornale di destra a diffusione condominiale come “Il Foglio” (da “sinistra” non si sarebbe mai osato tanto). D’altra parte, in una campagna d’odio durata quasi quaranta anni, appare adesso un po’ ipocrita lamentarsi per la circostanza che, dopo aver fatto trenta, si sia fatto anche trentuno.
Si sta preparando un clima di regolamento di conti anche contro gli attuali “terroristi” in pectore, cioè i cosiddetti “Gilet Gialli”. Mentre Macron finge delle “aperture al dialogo” che non promettono nulla di buono, i media rilanciano intanto video in cui si vedono giornalisti picchiati dai manifestanti francesi; dimenticandosi ovviamente del ruolo delatorio e mistificatorio degli stessi media, che rilanciano sistematicamente immagini colpevolizzanti, decontestualizzandole completamente dalla situazione di provocazione poliziesca in cui si sono sviluppate. Anche in Italia si è assistito alla esposizione al pubblico ludibrio mediatico di una povera insegnante, le cui reazioni scomposte sarebbero state pienamente comprensibili, se valutate come effetto del trauma psicologico causato dalla visione di un pestaggio poliziesco.

Quando fa comodo al potere, anche il “complottismo” può essere riabilitato. Il governo francese ha infatti approfittato prontamente delle goffe avances di Luigi Di Maio ai Gilet Gialli, per accusare tutto il movimento di essere finanziato e fomentato dall’estero.
In realtà l’insurrezionalismo fa parte della tradizione ed anche dell’orgoglio nazionale francese e, non a caso, i moti di piazza sono stati santificati ed iconizzati da Victor Hugo nel romanzo “I Miserabili”. Ma quando cominceranno i regolamenti di conti in Francia, neppure Victor Hugo se la passerà tanto liscia. Del resto a suo tempo Eugenio Scalfari, nel suo furore anti-brigatista, una volta si spinse a criminalizzare persino Sofocle, dicendo che la tragedia “Antigone” difende il terrorismo.
I “Gilet Gialli” costituiscono un fenomeno socialmente ed ideologicamente composito e quindi ancora indefinibile. Tutti i movimenti insurrezionali hanno infatti il fiato corto: più passa il tempo, più risulta facile reprimerli e criminalizzarli, mistificandone l’immagine. I media stanno già preparando il clima per il regolamento di conti che, con tutta probabilità, si cercherà di proseguire negli anni a venire, anche quando il movimento sarà solo un ricordo.

Sono comunque chiare le motivazioni del movimento, in particolare l’insofferenza al lobbismo mascherato da politica, cioè degli interessi dei potentati che si spacciano come innovazione e progresso attraverso tecniche pubblicitarie. In Italia il lobbismo mascherato da politica è stato identificato nella persona di Renzi, il quale però ha generosamente offerto con il referendum costituzionale l’occasione per concentrare e sfogare l’insofferenza nei suoi confronti.
A sua volta Macron aveva cercato di spacciare l’ennesimo aumento delle accise sulla benzina - e l’ennesimo trasferimento di risorse dai poveri ai ricchi -, come una tassa “ecologica”. Il lobbismo di Macron e della finta politica in genere costituisce il bersaglio chiaro ed evidente della protesta. L’individuazione di questo bersaglio costituirà probabilmente il lascito duraturo dei Gilet Gialli anche quando il movimento si sarà esaurito.
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Di comidad (del 24/01/2019 @ 00:36:54, in Commentario 2019, linkato 7459 volte)
Dopo la bocciatura parlamentare dell’accordo d’uscita dalla UE, la premier britannica May ha annunciato l’elaborazione di un “Piano B”. I media in queste settimane si sono prodotti in una narrativa a tinte fosche sulla presunta situazione di caos istituzionale in Gran Bretagna; il tutto con un sottofondo morale: ecco cosa succede ad osare di pensare di uscire dall’Unione Europea.
Ma non c’è neppure bisogno di scomodare il mito della “perfida Albione”, ideato nel ‘600 dal teologo Bossuet, per capire che qualcosa non torna nella narrazione ufficiale e che ci si trova di fronte ad un gioco delle parti. Se la bocciatura parlamentare fosse stata un autentico incidente, il governo May sarebbe caduto. I media hanno giustificato la stranezza della sopravvivenza del governo May parlando del timore di un nuovo governo a guida laburista; ma l’argomentazione appare pretestuosa, in quanto la May avrebbe potuto essere semplicemente sostituita da un altro conservatore. Ha molto più senso quindi pensare ad una bocciatura preventivata e concordata del piano di uscita.
Il punto è che il governo britannico non ha nessun interesse ad accelerare i tempi di un accordo, poiché l’Unione Europea ha per molti aspetti l’acqua alla gola e non certo a causa delle prossime elezioni europee. Non tutti i Paesi UE hanno l’euro come moneta, ma ciò non toglie che l’euro sia l’architrave del sistema. Il comportamento della Gran Bretagna si basa probabilmente sul fatto che già sono in corso trattative tra i Paesi che contano (quindi senza l’Italia), per mettere fine alla moneta unica, divenuta insostenibile poiché, per sopravvivere, ha avuto bisogno delle continue iniezioni di liquidità del “quantitative easing”. Non c’è mai stata tanta moneta in giro, ma le regole restrittive di bilancio impediscono che arrivi all’economia reale, perciò si formano solo bolle speculative sempre più incontrollabili. L’Unione Europea è stata per la lobby della deflazione un sogno realizzato, ma oggi l’Europa è anche il buco nero dell’economia mondiale.
Anche il governo Conte si regge ormai sull’unica prospettiva di una fine dell’euro entro i prossimi due anni. Quelli che avrebbero dovuto essere i bomber della squadra di governo (il super-economista Savona e il super-giurista Barra Caracciolo), come era prevedibile e previsto, sono stati confinati sin dall’inizio in ruolo marginale e poi tenuti in panchina. Il governo Conte si rivela sempre di più come un governo di basso-bassissimo profilo, un governo di attesa di eventi che non dipendono dalla sua azione ma da scelte di altri. Se non ci fossero le opposizioni a scatenarsi nella narrazione di scenari catastrofici, sarebbe evidente che questo governo, come i precedenti, è nella linea di adattarsi ai rapporti di forza. Se ne può concludere che anche i vantaggi oggettivi della fine della moneta unica, per l’Italia risulteranno piuttosto limitati in quanto saranno sempre altri a dettare le nuove condizioni.

Ma tutto il “sovranismo” (o presunto tale) si regge in gran parte sulla narrativa dei suoi stessi oppositori. A Salvini si contesta la sua amicizia con Orban e si rinfaccia il fatto che lo stesso Orban non solidarizzi con l’Italia quando si tratta di accogliere migranti. I “muri” dell’Ungheria di Orban sono diventati un’ossessione mediatica che non regge però ad un minimo di analisi. La realtà è che l’Ungheria non rischia alcuna invasione migratoria, poiché il fiorino ungherese è una moneta troppo debole, quindi non offrirebbe ai migranti la possibilità del vantaggio, in termini di potere d’acquisto, del cambio dei propri miseri guadagni da una moneta forte ad una più debole. Se non ci fosse tanta retorica sulla migrazione, non sarebbe difficile capirlo, dato che la massa dei migranti è composta da un 80/90% di maschi, che quindi lasciano nei loro Paesi famiglie da sostenere con le rimesse e debiti da pagare. Se non ci fosse l’effetto-cambio, la migrazione si ridurrebbe a un fenomeno marginale.
Per lo stesso motivo anche Paesi come la Polonia o la Repubblica Ceca (che non hanno l’euro come moneta), non corrono alcun rischio di invasione migratoria. La Croazia, che a sua volta ha una moneta-carta straccia come la “kuna”, lascia tranquillamente passare i migranti, i quali se ne scappano immediatamente verso l’Austria e la Germania, dato che delle “kune”, come dei fiorini ungheresi o degli zloty polacchi o delle corone ceche o dei leu rumeni, non saprebbero che farsene.
L’Ungheria è quindi soltanto un potenziale corridoio di passaggio per i migranti. Impedendo quel passaggio, Orban fa semplicemente il lavoro sporco per conto della Germania ed ammanta il tutto davanti al suo popolo come difesa della razza e dei valori identitari della nazione. Il razzismo c’entra, eccome, ma solo nel senso che gli Ungheresi continuano a svolgere il loro ruolo secolare di sudditanza alle etnie germaniche. Orban aveva sì avuto il suo momento di grazia qualche anno fa, quando era riuscito a sfrattare il Fondo Monetario Internazionale dall’Ungheria, ma ora sta facendo solo propaganda. Sfrondati degli eccessi narrativi, i “sovranismi” si rivelano a sovranità molto limitata e del tutto rispettosi delle tradizionali gerarchie coloniali.

Non si può ignorare che il cosiddetto sovranismo abbia attratto anche autentico personale di sinistra. In base al dominio ideologico della destra pseudo-liberale e mondialista, questo fenomeno è stato etichettato come “rossobrunismo”, paventando una saldatura dei soliti “opposti estremismi”. In realtà il sovranismo di sinistra parte da una considerazione teorica non banale, che andrebbe analizzata. Il filosofo hegeliano-marxista Costanzo Preve sosteneva che la classe operaia si era rivelata inadeguata a svolgere un ruolo rivoluzionario anticapitalistico e che questa funzione storica andasse assunta dallo Stato. Preve se la prendeva con l’anarchismo, ritenendo che abbia contribuito, in nome di aspirazioni libertarie, alla diffidenza verso lo Stato. Nell’anarchismo Preve catalogava anche Toni Negri ed i centri sociali (avanti, c’è posto).
Preve aveva sicuramente ragione se si riferiva a certe caricature recenti dell’anarchismo in senso “anarco-liberale”, ma l’anarchismo storico è altra cosa. Lo stesso Preve del resto era un critico del mito del “progresso” e il punto da approfondire è proprio lì.
Le versioni pseudo-moderne della gerarchia sociale (lo Stato, la Legge, la democrazia parlamentare) rappresentano solo mistificazioni e dissimulazioni di gerarchie sociali tradizionali, addirittura arcaiche: gerarchie razziali e coloniali. Il razzismo “ingenuo” si basa sull’idea che tutto consista in colore della pelle, mentre in effetti i rapporti di classe ed i rapporti coloniali tra i popoli sono vissuti come gerarchie del censo e del sangue, al di là del colore della pelle. Le oligarchie continuano infatti a riprodursi per via familiare.

Ci si sottomette allo Stato, alla Legge o al principio di maggioranza, pensando che si tratti di gerarchie progredite ed evolute, del tutto impersonali, invece si tratta delle tradizionali gerarchie razziali, basate sulla mistica della legge del più forte e del sacrificio dei deboli alle esigenze dei “forti”. La povertà viene quindi allevata e coltivata per costituire un serbatoio per alimentare il benessere dei “forti”. Sintetizzando, si può dire che lo Stato non esiste e che rimane allo stadio di mera astrazione giuridica, mentre il classismo-razzismo delle lobby e delle oligarchie è una prassi concreta; lo stesso “capitalismo” è una categoria incerta, mentre l’assistenzialismo per ricchi ed il business della povertà sono il pane quotidiano.
Quanto alle questione del “soggetto” rivoluzionario, si tratta del consueto metodo marxista del mettere il carro davanti ai buoi. Prima del “soggetto”, viene l’oggetto, cioè la questione della redistribuzione del reddito. Il movimento operaio è stato sconfitto negli anni ’80, ma si era suicidato da prima, alla fine degli anni ’70, quando è stato indotto a misconoscere il carattere eminentemente politico della rivendicazione salariale.
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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