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"Il Congresso nega nel principio il diritto legislativo" "In nessun caso la maggioranza di qualsiasi Congresso potrà imporre le sue decisioni alla minoranza"

Congresso Antiautoritario Internazionale di Saint Imier, 1872
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

1. JOSEPH IGNACE GUILLOTIN: UN BENEFATTORE
Il Professor Joseph Ignace Guillotin, deputato agli Stati Generali, propose nel 1789 all’Assemblea Costituente che l’esecuzione capitale fosse compiuta con la maggior rapidità possibile.
Nel marzo del 1792, l’Assemblea accolse la proposta adottando lo strumento esecutorio che fu denominato guillotine. Nelle intenzioni del professore, la ghigliottina avrebbe dovuto affermarsi come segno di civiltà, superando la tortura ed il dolore prolungato connessi alla pratica del supplizio.
Ad aprile scorso, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha di fatto legalizzato la morte attraverso tortura. E’ quanto afferma la rivista Slate, a proposito dell’esecuzione di Russell Bucklew, detenuto in Missouri. I medici sostengono che l’iniezione letale farebbe morire il detenuto, che soffre di una particolare patologia, in modo lento e doloroso. Ma i cinque giudici conservatori della Corte hanno dato via libera all’esecuzione sostenendo che la Costituzione degli Stati Uniti “non garantisce una morte indolore al detenuto”. Una dichiarazione che farà, come si dice, “giurisprudenza”, solo 230 anni dopo la proposta del prof. Guillotin.

2. UMORISMO INGLESE
Sembra che le vecchie idee sul colonialismo siano definitivamente tramontate e che quelle teorie che attribuiscono la causa della loro povertà agli stessi paesi poveri, in quanto incapaci di progredire, siano un lontano ricordo.
Il Center for global development , con sede a Washington, è uno di quei benemeriti centri di ricerca no-profit che hanno come obbiettivo quello di ridurre la povertà.
In uno dei suoi rapporti, apprendiamo che in Africa i farmaci di uso comune, come il paracetamolo e l’omoprazolo possono costare fino a trenta volte di più rispetto al Regno Unito e agli Stati Uniti.
I ricercatori de CfGB, che nel loro sito si presentano come altamente professionali e trasparenti, sono finalmente in grado di darci risposte sorprendenti: le cause sono la scarsa capacità di negoziazione e l’alta corruzione dei paesi poveri. Una svolta epocale rispetto alle vecchie teorie del colonialismo e dello sciovinismo occidentale. Ad aggravare la situazione, continua il rapporto, c’è anche la tendenza dei paesi poveri a comprare farmaci di marca e non generici (non solo poveri, ma anche stupidi).
Bisogna dire che, nella loro presentazione, concludendo il lungo panegirico di se stessi, i ricercatori del CfGD affermano:
Siamo impegnati nella trasparenza, nella diversità, nell’integrità professionale e personale. Apprezziamo il rispetto reciproco, il lavoro di gruppo ed un salutare senso dell’umorismo.
Ecco, appunto.

3. CARBONE PER TUTTI
A maggio scorso, la Gran Bretagna dava la notizia di aver appena concluso la prima settimana senza utilizzare energia prodotta da impianti alimentati a carbone dopo quasi 140 anni.
La cosa ha suscitato l’entusiasmo di Doug Parr, direttore di Green Peace Inghilterra che afferma:
“Solo qualche anno fa ci dicevano che la Gran Bretagna non sarebbe mai riuscita nemmeno ad accendere le luci domestiche senza bruciare carbone – Oggi, invece, il carbone sta rapidamente diventando un elemento irrilevante, a beneficio del clima e della qualità dell’aria, e noi non ce ne stiamo nemmeno accorgendo”.
In realtà, gli studiosi sostengono che il declino delle centrali a carbone è in atto da più di sessant’anni. Ma l’abbandono definitivo del carbone ha anche valori simbolici, perché il carbone è stato sempre indicato come il propellente della rivoluzione industriale dell’800 e anche perché, negli anni ’80, Margaret Thatcher si trovò di fronte alle rivolte durissime dei minatori, nel Galles e altrove, che manifestarono per oltre un anno contro la chiusura dei 3 mila siti minerari, in un settore che occupava 1,2 milioni di lavoratori. La repressione ed il vandalismo sociale della Thatcher ebbero la meglio ma, come si vide dal lento, lentissimo, declino dell’uso del carbone, la questione non era certo quella di combattere l’inquinamento bensì, piuttosto, smantellare una comunità operaia che aveva trovato, pur nella segregazione economica imposta in questi siti, la compattezza di una resistenza solidale non comune e piuttosto indigesta per i governanti.
La Gran Bretagna punta per il 2025 all’abbandono del carbone per la produzione dell’energia elettrica. Ma ancora oggi, secondo l’agenzia Reuters, il 47% dell’energia elettrica del Regno Unito proviene dal carbone, mentre il 48 % da fonti a basse emissioni (incluso evidentemente il nucleare). Magari sarà per questo che Doug Parr….”non se ne sta accorgendo”.

4. L’EPICA LOTTA CONTRO IL CONTANTE
A proposito dell’epica lotta della Gabanelli contro il contante, è noto come i cittadini dei paesi dove l’uso della pagamento digitale è più diffuso, sono anche i paesi dove i cittadini sono più indebitati. Il caso della Gran Bretagna è diventato esemplare. Il pagamento digitale e la tecnica del credito al consumo hanno raggiungo livelli tali che un po’ di tempo fa è dovuta intervenire nientemeno che la Banca di Inghilterra segnalando come fattore di instabilità dell’intero Paese, e non solo dei cittadini che hanno moltiplicato la loro esposizione finanziaria, il fatto che 3,3 milioni di cittadini britannici pagano più di interessi e spese della stessa quota di capitale, vivendo in una situazione di eterno indebitamento.
Un altro paese digitalizzato ci fa conoscere le sue meraviglie. La rivista Bloomberg scrive:
“La Svezia è ormai un paese in cui i contanti si usano sempre meno, al punto che molte filiali bancarie non permettono più il prelievo dei soldi e allo stesso tempo aumentano i negozi che accettano solo pagamenti elettronici.”
Le banche assumono quindi una gestione assoluta dei soldi del malcapitato cittadino. Dalla carta moneta al gioco delle tre carte, digitali, of course.
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Di comidad (del 10/10/2019 @ 00:31:23, in Commentario 2019, linkato 6520 volte)
Il politicorretto è un’ideologia pervasiva che ha la capacità di trascinare anche chi vi si oppone sul proprio terreno, cioè la pedagogia sociale. La tentazione di una contropedagogia che cerchi di ricondurre i politicorretti ai dati di fatto, si rivela quindi fuorviante. Che Greta sia fasulla è in grado di capirlo chiunque, perciò ogni eccesso di spiegazione a riguardo è privo di senso. La priorità di ogni politicorretto è infatti quella di educare, perciò per il politicorretto non bisogna insistere sul fatto che Greta sia sponsorizzata dal Fondo Monetario Internazionale e dalle multinazionali, altrimenti la “ggente” non capisce e perde di vista l’importanza del messaggio ambientalista, magari facendosi irretire dai “negazionisti” tipo il cialtrone Trump.
A questa visione pedagogica viene in soccorso anche la convinzione che capitalismo e ambientalismo siano incompatibili e che perciò quando i capitalisti cercano di strumentalizzare l’emergenza ambientale, in definitiva si diano la zappa sui piedi. Il politicorretto ricorre persino a questi pseudo-machiavellismi.
È sicuramente vero che capitalismo e ambientalismo siano assolutamente incompatibili, ma è un dato che potrebbe essere verificato solo sui tempi lunghi. Nessuna azione politica può permettersi di gestire i tempi lunghi poiché le variabili sono troppe. Il Fondo Monetario Internazionale, dopo aver cavalcato per qualche anno l’emergenza ambientale, potrà adottare qualche altra emergenza, magari la minaccia del Putin di turno. Le masse, nel frattempo “educate” non tanto al messaggio ambientalista, ma a subire la propaganda mainstream, potrebbero bersi anche la nuova emergenza.
Per quanto sia pienamente fondato, il tema ambientale non è in sé rivoluzionario. C’è rivoluzione, o quantomeno opposizione, quando vengono messe in discussione le gerarchie sociali. Il livello di distribuzione del reddito è l’indicatore, la lancetta, del grado di gerarchizzazione della società. Le “carbon tax”, le ecotasse che il FMI cerca di imporre, rappresentano un modo per trasferire reddito dai poveri ai ricchi, una tassa sulla povertà. Mentre i tempi lunghi sono il regno dell’elucubrazione, oggi la questione immediata è il sì o il no alle carbon tax.
Le ecotasse sono state il motivo scatenante della rivolta francese dei cosiddetti “Gilet Gialli”, un movimento che vede coinvolti soprattutto i ranghi inferiori del ceto medio. Il fatto che, almeno in Francia, i ceti medi si percepiscano come il bersaglio principale delle carbon tax, trova conferma nell’appoggio entusiastico che le grandi multinazionali hanno offerto a questo nuovo tipo di balzello sull’aria. L’interesse delle corporation per le carbon tax si spiega facilmente col fatto che un gran numero di piccole aziende industriali e agricole verrebbero messe fuori mercato dal costo aggiuntivo delle ecotasse.

A proposito di Greta si è parlato a vanvera di una nuova rivolta generazionale, ma le rivolte generazionali non esistono e lo stesso ’68 non può essere considerato tale, bensì va annoverato anch’esso nelle rivolte del ceto medio. La svista fu dovuta al fatto che la generazione dei padri aveva erroneamente percepito l’aumento del suo reddito come una definitiva promozione sociale, cosa che portò ad un’arrogante e morbosa identificazione con l’establishment, tanto che negli anni ’60 ogni bottegaio o artigiano si illudeva di far parte della stessa classe sociale degli Agnelli e dei Rothschild. Toccò invece alla giovane generazione del ceto medio registrare e rendere evidente la critica delle gerarchie sociali che la redistribuzione del reddito aveva comportato. Il limite grave del movimento del ’68 fu però quello di rimanere ancorato alla visione produttivistica e consumistica del capitalismo, arrivando così del tutto impreparato e inconsapevole all’appuntamento con la restaurazione deflazionistica e pauperistica avviata alla metà degli anni ’70.
Negli anni ’60 il mondo adulto si poneva compatto e omertoso contro i giovani, mentre il confronto generazionale attuale vede invece i giovani misurarsi con un mondo adulto debole, insicuro e conflittuale al suo interno, con figure di genitori e insegnanti che sono quasi tutti nel mirino dell’establishment, eppure sono intenti a litigare fra loro. Se l’insegnante degli anni ’60 svolgeva ancora un ruolo di riproduttore delle gerarchie sociali, gli insegnanti odierni si ritrovano invece al fondo di questa gerarchia, vittime inermi, e troppo spesso collaborazioniste, di dirigenti scolastici la cui “produttività” viene calcolata in base al numero di insegnanti che sottopongono a procedure disciplinari. Lo stato confusionale comincia addirittura sin dall’infanzia. Basta osservare all’entrata delle scuole elementari i conciliaboli delle mamme che tramano contro le maestre.
Dietro le carbon tax non c’è quindi nessuna vera mobilitazione giovanile, neppure un movimento del tipo delle “rivoluzioni colorate”, ma soltanto bombardamento mediatico e connivenza istituzionale, gestiti in prima persona dalle lobby multinazionali.
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


19/03/2024 @ 03:08:42
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