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"Se la pace fosse un valore in sé, allora chi resistesse all'aggressore, anche opponendosi in modo non violento, sarebbe colpevole di lesa pace quanto l'aggressore stesso. Perciò il pacifismo è impotente contro la prepotenza colonialistica che consiste nel fomentare conflitti locali, per poi presentarsi come pacificatrice."

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Di comidad (del 05/04/2009 @ 00:09:43, in Documenti, linkato 1956 volte)
Tratto da Umanità Nova, n.13 del 5 aprile 2009, anno 89 - www.ecn.org/uenne/

Per coloro che hanno sempre sostenuto che Roberto Saviano è un razzista, un agente provocatore o, quanto meno, un fantoccio della CIA, della NATO e delle multinazionali, è giunto finalmente il tempo della vergogna e - si spera - del rimorso. La prova inconfutabile che Roberto sia in realtà per le plebi meridionali un profeta ed un benefattore, ci è pervenuta dal suo incontro della fine del febbraio scorso con il presidente israeliano Shimon Peres, svoltosi per tre quarti d’ora nello studio del vecchio combattente.
Le parole del leader israeliano hanno finalmente svelato allo stesso Saviano il senso ultimo del suo “Gomorra”. Peres ha infatti confidato al giovane scrittore che anche gli Israeliani devono vedersela con la loro camorra, che è rappresentata dagli integralisti islamici di Hamas. Unendo la saggezza dello statista all’acume del sottile pensatore, Peres ha aggiunto che non si tratta di uno scontro di civiltà, ma di uno scontro tra civiltà ed inciviltà. Peres ha anche rivelato di aver trasmesso questo suo pensiero al papa, il che ci fa supporre che le già proverbiali capacità intellettuali di Ratzinger ne saranno uscite ulteriormente ravvivate.
Il vecchio combattente ha poi concluso invitando Saviano a stabilirsi in Israele e infine, di fronte alla domanda di come si viva sotto scorta, ha comunicato il suo incomparabile messaggio morale: il segreto consiste nel non aver paura. Chi altri avrebbe mai potuto esprimere un pensiero così profondo, se non un personaggio di così elevata statura morale?
Certo Peres, quando ha ricordato l’episodio dell’assassinio di Rabin a cui dovette assistere, si è dimenticato di precisare che il sicario era un israeliano e non un palestinese, ma solo un fazioso antisionista si soffermerebbe più di tanto su un dettaglio così trascurabile.
E Saviano che ha detto? Quasi nulla. Ha farfugliato, a titolo di cortesia, solo qualcosa sul pericolo costituito dalla mafia russa, dato che oggi Putin è il bersaglio preferito dei commentatori sionisti.
E che altro avrebbe dovuto dire Roberto? Pare che la scorta che lo tiene sotto sequestro - pardon, protezione - lo abbia prelevato durante il sonno, per farlo poi risvegliare il mattino dopo in Israele, già pronto ad udire le nobili parole del vecchio leader israeliano, che Roberto è riuscito disciplinatamente ad ascoltare senza sbadigliare neppure una volta.
Ma nel viaggio di ritorno in aereo, mentre gli uomini della sua scorta finalmente si rilassavano, Roberto poteva meditare, fra sé e sé, sulle illuminanti parole del vecchio leader.
Se Hamas è come la camorra, allora - per simmetria - anche la camorra è come Hamas. Roberto si è chiesto come mai questo evidente nesso tra camorra ed integralismo islamico potesse essergli sfuggito prima. Non aveva scritto proprio lui che Zagaria, il boss del Clan dei Casalesi, aveva come soprannome “Bin Laden”? E qual è la cura che Peres e gli altri dirigenti israeliani prescrivono per guarire la piaga del terrorismo islamico? I bombardamenti.
“Gomorra” è il nome della città che nella Bibbia - nel libro della Genesi -, insieme con Sodoma, viene distrutta da Dio con un bombardamento ante litteram. Il fatto che Roberto avesse scelto quel titolo per il suo libro, era un inequivocabile segno del destino.
Inevitabilmente il bombardamento di Gomorra comporterà, come effetto collaterale, qualche milione di morti, ma si sa che anche la camorra, come Hamas, si serve di scudi umani.
E poi, per ripopolare la Campania, sembra che Peres abbia generosamente promesso di fornire qualche decina di migliaia di coloni israeliani. Non è ancora una promessa ufficiale, ma ci sono buone speranze che si avveri.
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Di comidad (del 02/04/2009 @ 01:25:30, in Commentario 2009, linkato 1433 volte)
Uno degli aspetti più strani dell’attuale regime berlusconiano consiste nel fatto che alcuni settori di opinione pubblica si ostinano a considerare la posizione di Giulio Tremonti all’interno del governo di cui fa parte, come quella di una sorta di oppositore. In quest’ultimo anno si è consolidato un gioco delle parti mediatico fra Berlusconi e Tremonti, in cui il primo rilascia dichiarazioni di un ottimismo meschino ed irritante, mentre il secondo veste i nobili panni del critico della globalizzazione, arrivando a prendersela con sette segrete come gli “Illuminati”, che avrebbero imposto al mondo la globalizzazione stessa.
Una trasmissione televisiva come Annozero, che molti considerano acriticamente come critica nei confronti del regime, si è trasformata in un vero e proprio “Tremonti show”, in cui il ministro dell’Economia si lancia in ardite analisi degli sviluppi della crisi e degli errori passati che li avrebbero determinati; errori tra cui Tremonti annovera l’eccessiva ingerenza dei privati nella gestione dell’economia. Attraverso questo illusionismo mediatico, Tremonti continua a ricevere stima da molti antiberlusconiani, ed è persino divenuto l’oggetto di speranze di cambiamento.
In realtà prendersela con gli Illuminati è molto più comodo che chiamare la cosa con il suo vero nome, cioè Fondo Monetario Internazionale. È in quella sede che sono passate quasi tutte le scelte che poi sono state riassunte nel contraddittorio slogan della globalizzazione. Ed è sempre da quella sede che partono ancora adesso gli impulsi e le istruzioni a proseguire, nonostante la strombazzata crisi economica planetaria, nella strada delle privatizzazioni.
Mentre sui media si discute di nazionalizzare le banche, di fatto Giulio Tremonti, con il suo Decreto divenuto la Legge 133/2008, è riuscito ad imporre la privatizzazione dei patrimoni immobiliari delle Università e dei beni del Demanio dello Stato, e persino la privatizzazione della gestione delle risorse idriche, che è come dire che ha privatizzato l’acqua. Sui media che fanno ascolto e opinione, finora nessuno ha contestato a Tremonti questa sua contraddizione o, per meglio dire, questo suo atteggiamento truffaldino.
Intanto incombe anche un'altra ondata di privatizzazioni, quella dei servizi della Pubblica Amministrazione, promosse dal ministro Brunetta. Nonostante l'abietta impresentabilità del personaggio, Brunetta gode all’interno dei media di una posizione di privilegio analoga a quella di Tremonti, ed anche lui è visto da alcuni settori di opinione pubblica come qualcosa di “altro” rispetto a Berlusconi, una specie di opposizione ispirata a valori di efficienza e moralizzazione.
Il cosiddetto “federalismo fiscale” si sta risolvendo in una ulteriore privatizzazione, quella della esazione fiscale appaltata ad agenzie private regionali. Manco a dirlo, la privatizzazione della esazione fiscale è promossa da una formazione politica anch’essa presentata dai media come una sorta di opposizione interna al governo Berlusconi, cioè la Lega Nord.
Insomma, Berlusconi ha all’interno del governo da lui diretto una miriade di “oppositori”, che fanno però esattamente ciò che lui vuole, cioè privatizzare.
L’onere finanziario di questi business di privatizzazione ricade interamente sulle casse dello Stato, dato che oggi gli imprenditori privati non dispongono di “soldi veri”, e se li aspettano proprio dal governo: parola della presidente di Confindustria Emma Marcegaglia.
Tutto questo accade mentre si parla di crisi economica e di misure anti-crisi. Il paradosso non può essere avvertito dalla popolazione semplicemente perché i media non ne parlano; e ciò è logico se si considera che i media appartengono tutti ai gruppi affaristici che sono interessanti al business delle privatizzazioni.
I gruppi affaristici italiani sono comunque in coda in questa ondata di business, promossi soprattutto dalle multinazionali e dal loro braccio politico, il FMI. C’è inoltre da considerare che il business dell’acqua non è comparabile con quello del petrolio. Non si tratta qui di importare una risorsa energetica alle proprie condizioni, ma di privare la popolazione di una risorsa che ha già. Non si tratta dunque di indurre ad un consumo, ma di creare artificialmente una condizione di povertà, per poterne poi ricattare la popolazione.
La privatizzazione dell’acqua implica perciò un vero e proprio racket, che sarebbe inattuabile senza un sovrappiù di violenza e di militarizzazione del territorio; quindi è improbabile che la facciata dello Stato di Diritto possa reggere di fronte alla gestione di business del genere.
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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