"
"Il denaro gode di una sorta di privilegio morale che lo esenta dalla corvée delle legittimazioni e delle giustificazioni, mentre ogni altra motivazione non venale comporta il diritto/dovere di intasare la comunicazione con i propri dubbi e le proprie angosce esistenziali. Ma il denaro possiede anche un enorme potere illusionistico, per il quale a volte si crede di sostenere delle idee e delle istituzioni, mentre in realtà si sta seguendo il denaro che le foraggia."

Comidad (2013)
"
 
\\ Home Page : Archivio (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Di comidad (del 02/01/2009 @ 00:26:08, in Commentario 2009, linkato 4564 volte)
Il tentativo di genocidio perpetrato dal governo israeliano nei confronti della popolazione di Gaza, si segnala non solo per la efferatezza con cui è compiuto, ma anche per la pretesa di interpretare la parte della vittima e di agire per legittima difesa contro presunti lanci di missili da parte di Hamas. L’esistenza di tali missili viene infatti accreditata unicamente in base ai comunicati ufficiali di Israele, dato che per legge sul territorio israeliano nessun giornalista può cercare di reperire in proprio alcuna notizia che abbia un risvolto militare; quindi nessuna notizia può essere autonomamente raccolta, neppure da personale ufficialmente autorizzato, come dimostra la vicenda degli osservatori dell’ONU uccisi nel 2006 dall’esercito israeliano, senza peraltro suscitare neppure una protesta internazionale. Il clima mediatico e diplomatico è, come sempre, assolutamente compatto attorno alle posizioni israeliane, ma ciò non impedisce, come al solito, che una serie di commentatori filo-israeliani denuncino, con zelo inquisitorio, un atteggiamento ostile nei confronti di Israele.
Alcuni giornali non hanno esitato a contrapporre la situazione dei Palestinesi della Cisgiordania, che sarebbero grassi e felici grazie al loro presidente collaborazionista Abu Mazen, alla condizione misera dei Palestinesi di Gaza, che soffrirebbero la fame solo per la loro cattiveria che gli impedirebbe di riconoscere il diritto all’esistenza di Israele. Gli stessi giornali, appena qualche settimana fa, avevano invece riportato le rimostranze di Abu Mazen per il fatto che in Cisgiordania continuino gli insediamenti di coloni israeliani, che commettono ogni sorta di abuso e vessazione nei confronti della popolazione palestinese, con la attiva complicità dell’esercito israeliano.
In realtà Gaza - a dispetto dell’accerchiamento israeliano che impedisce i rifornimenti di cibo, acqua ed elettricità - ha rappresentato in questi anni un modello di comunità indipendente e solidale, dotata di un solido apparato di assistenza pubblica, che stride con le umiliazioni a cui sono sottoposti i Palestinesi della Cisgiordania, ed anche con quelle che devono da tempo subire gli stessi Israeliani poveri, ormai privi di ogni garanzia sociale.
Da questo punto di vista, il welfare di Hamas rappresenta un omologo di quello di Hezbollah e, come tale, costituisce una sfida ed un esempio pericoloso per il modello affaristico adottato da Israele su imitazione di quello americano. L’americanizzazione di Israele ha un suo corrispettivo in termini di occupazione territoriale statunitense, come indica la presenza di una base militare con bandiera a stelle e strisce a pochi chilometri dall’aeroporto Ben Gurion.
La situazione attuale di Gaza ha delle analogie con quella del luglio 2006, quando Israele invase per la terza volta il Libano. Anche allora le diplomazie e i media furono unanimi nell’attribuire la colpa di tutto ad Hezbollah, accusata senza prove di lanciare razzi e di rapire inermi soldati israeliani.
Rispetto al 2006, c’è però anche una differenza, e cioè che non si riscontra quel fiducioso trionfalismo che accompagnò l’invasione del Libano.
A proposito dei bombardamenti israeliani sul Libano, Condoleeza Rice parlò di “doglie del parto” per un nuovo Medio Oriente, mentre in Italia alcuni commentatori - come, ad esempio, Paolo Guzzanti - non esitarono a rendersi ridicoli lanciandosi in sperticate celebrazioni retoriche di una inesistente avanzata dell’esercito di David.
Stavolta, invece, ci sono altrettanta arroganza e altrettanta malafede, ma c’è molta meno sicumera, dato che la sconfitta del 2006 ha costituito il colpo definitivo al mito dell’onnipotenza israeliana, un mito che pure era riuscito a sopravvivere per decenni a varie smentite. I trionfalismi vanno bene finché si tratta di bombardare la popolazione civile, ma le incognite militari di una nuova occupazione israeliana di Gaza lasciano in sospeso anche i più accesi fra i commentatori filo-israeliani.
È tramontata infatti l’illusione di vincere le guerre con i soli bombardamenti, mentre è ormai acquisita la fine del primato tecnologico dei carri armati, che devono scontrarsi con una nuova generazione di missili portatili, relativamente poco costosi.
La retorica sugli “accordi di pace” che dovrebbero mettere fine al conflitto, copre una realtà ben diversa, in cui tutti gli Israeliani che avevano la possibilità economica di farlo se ne sono già andati; mentre gli Israeliani che arrivano devono essere sovvenzionati e “motivati” con cifre sempre maggiori; perciò, come nel caso dei famigerati “coloni israeliani”, si tratta di criminali comuni di origine etnica incerta, reclutati come mercenari. È evidente che nessun “accordo di pace” sarà possibile, dato che l’esistenza di Israele si sostiene esclusivamente sulla minaccia alla sua sopravvivenza. Senza questa minaccia, senza la continua emergenza, cesserebbe anche la trasfusione di denaro che consente ad Israele di sopravvivere. Come da tempo vige un business dell’Olocausto, esiste ormai anche un business del timore del nuovo olocausto, che giustifica sempre nuovi finanziamenti ad Israele.
Non manca neppure un business della vendetta, così come ci è stato descritto da Steven Spielberg nel film “Munich”. Anche se il film voleva costituire una esercitazione di sionismo piagnone, mostrandoci degli assassini sionisti in crisi di coscienza, ha finito - forse involontariamente - per rivelare i termini del business della vendetta. Con il pretesto di dare la caccia ai componenti di Settembre Nero autori dell’attentato di Monaco durante le Olimpiadi del 1972, il servizio segreto israeliano, il Mossad, costituì dei gruppi di fuoco in Europa, fornendogli denaro per pagare le informazioni necessarie a reperire i loro bersagli. Nel film risulta evidente che gli informatori percepivano cifre enormi solo per elargire a casaccio nomi di Palestinesi che con l’attentato non avevano nulla a che vedere; al che sorge l’ovvia deduzione che quei gruppi di fuoco venissero, a loro insaputa, usati dal Mossad per compiere una sorta di partita di giro: i soldi che il Mossad spendeva per ammazzare i terroristi - soldi che il governo israeliano aveva raccolto fra Ebrei di tutto il mondo -, ritornavano allo stesso Mossad tramite gli informatori, che non erano altro che dei loro emissari. Una truffa in piena regola, ai danni degli ingenui finanziatori della vendetta.
È chiaro che oggi in Israele l’ideologia della vendetta - di cui attualmente Gaza è vittima -, rappresenta la copertura di tutta una rete di loschi affari.
2 gennaio 2009
Articolo (p)Link   Storico Archivio  Stampa Stampa
 
Di comidad (del 02/01/2009 @ 00:21:41, in Documenti, linkato 1571 volte)
Il mito del libero mercato tende, come ogni mito, a trovare conferma proprio quando le smentite sono più clamorose. Il fatto che il governo degli Stati Uniti (come quelli degli altri paesi industrializzati) corra in soccorso di istituti finanziari di chiara marca delinquenziale - 700 miliardi di dollari per salvare banche e imprese varie -, viene giustificato con un altro mito, quello dell’interesse generale.
D’altro canto il disastro economico nel quale saranno gettati milioni di lavoratori, viene imputato proprio ad un eccesso di “libero mercato”, da qui la necessità di regolare, controllare e limitare questi eccessi di libertà.
La commedia scade nella farsa, quando i profeti del libero mercato insorgono: secondo il senatore Bunning l’intervento statale sarebbe “socialismo finanziario ed antiamericano”; l’economista Roubini ha definito Bush, Paulson* e Bernanke “una troika di bolscevichi che hanno trasformato gli Stati Uniti nella Repubblica degli Stati Socialisti Uniti d’America.” Questi signori mentono perché il “socialismo per i ricchi” non è certo una novità; il corporate welfare infatti è sempre esistito, non come degenerazione ma come pilastro del capitalismo.
Qualche tempo fa, sul giornale progressista inglese “the Guardian”, nell’articolo “Perché regaliamo soldi ai ricchi” di G. Monbiot, comparivano affermazioni più puntuali: “Negli Stati Uniti il libero mercato non c’è mai stato e non ci sarà mai”, “il libero mercato è un imbroglio” “gli Stati intervengono solo a difesa dei ricchi”, “i dirigenti delle industrie…intercettano i soldi che il governo ha estratto dalle tasche di persone molto più povere di loro. I contribuenti di tutti i paesi dovrebbero quindi chiedersi: ma perché diavolo dobbiamo finanziarli?”
Queste affermazioni erano supportate da dati che dimostrano come il vero welfare sia quello per le imprese: nel 2006 il governo federale ha speso 92 miliardi di dollari in sussidi alle imprese, come Boeing, Ibm, General Electric, ma soprattutto alle aziende agricole. L’ ATP (advanced technology program), invece di favorire le aziende più avanzate, ha rimpinguato le tasche delle aziende più arretrate e con prodotti già sperimentati (cioè già vecchi) come Ibm, Dow Chemical, Caterpillar, Ford, DuPont, General Motors, Chevron.
La catena di supermercati Wal-Mart ha percepito finanziamenti pubblici per almeno un miliardo di dollari. Oltre il 90% dei suoi centri di distribuzione sono stati sovvenzionati dalle amministrazioni locali. Sono loro che concedono gratuitamente i terreni alla Wal-Mart, pagano le strade, l’acqua e le fognature necessarie per rendere utilizzabili quei terreni, in più concedono all’azienda sgravi fiscali sui beni immobili e sussidi pensati in origine per le aree depresse.
I programmi del Pentagono sono un’altra fonte di finanziamento per le imprese. Il sistema di difesa dai missili balistici, con nessuna finalità strategica, è già costato 150 miliardi di dollari, ma i responsabili del Pentagono ne chiedono altri 62.
Non è chiaro se il capitalismo sia oggi in grado di fare a meno del mito del libero mercato, ma il fatto che una testata non certo rivoluzionaria come “the Guardian” lo metta apertamente in discussione, vuol dire che esso ha bisogno di un restyling. Questo mito ha rappresentato uno strumento di propaganda decisivo; intorno ad esso è stata costruita tutta una letteratura, un linguaggio ideologico fatto di “libero scambio”, “deregulation”, “leggi del mercato”, “apertura dei mercati”, “concorrenza selvaggia”, “liberismo”, “competizione”, tutto per spiegarci che il capitalismo non sarebbe altro che un’ “aristocrazia del merito”, e non quella che oggi appare con troppa evidenza, cioè “un’oligarchia del furto”.
Il mito del libero mercato è stato decisivo anche nel processo di penetrazione colonialistica: i paesi poveri hanno dovuto e devono “aprirsi al libero mercato” per farsi invadere da quelli ricchi che, al contrario, praticano il “sostegno all’occupazione”, cioè protezionismo e finanziamento pubblico delle proprie imprese. Un altro importante vantaggio del mito del libero mercato, è quello di aver sedotto anche i critici del capitalismo e persino molti rivoluzionari, convinti di dover combattere contro un sistema il cui torto sarebbe soprattutto quello di aderire cinicamente alle famose e spietate “leggi del libero mercato”; li si è spinti a lottare, in altri termini, non contro quello che il sistema di dominio è, ma contro ciò che dice di essere.

• Ricordiamo che il piano Paulson prevedeva inizialmente uno stanziamento per tutti i salvataggi economici che ammontava a 1800 miliardi di dollari e che lo stanziamento di 700 miliardi di dollari di aiuti è stato approvato dal Congresso; Bush ha deciso in questi giorni di concedere al settore auto “prestiti” per 17,4 mld di dollari. Il neo-presidente Obama prevede un piano di salvataggio che ammonterà ad altri 850 mld di dollari.
Articolo (p)Link   Storico Archivio  Stampa Stampa
 
Pagine: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 114 115 116 117 118 119 120 121 122 123 124 125 126 127 128 129 130 131 132 133 134 135 136 137 138 139 140 141 142 143 144 145 146 147 148 149 150 151 152 153 154 155 156 157 158 159 160 161 162 163 164 165 166 167 168 169 170 171 172 173 174 175 176 177 178 179 180 181 182 183 184 185 186 187 188 189 190 191 192 193 194 195 196 197 198 199 200 201 202 203 204 205 206 207 208 209 210 211 212 213 214 215 216 217 218 219 220 221 222 223 224 225 226 227 228 229 230 231 232 233 234 235 236 237 238 239 240 241 242 243 244 245 246 247 248 249 250 251 252 253 254 255 256 257 258 259 260 261 262 263 264 265 266 267 268 269 270 271 272 273 274 275 276 277 278 279 280 281 282 283 284 285 286 287 288 289 290 291 292 293 294 295 296 297 298 299 300 301 302 303 304 305 306 307 308 309 310 311 312 313 314 315 316 317 318 319 320 321 322 323 324 325 326 327 328 329 330 331 332 333 334 335 336 337 338 339 340 341 342 343 344 345 346 347 348 349 350 351 352 353 354 355 356 357 358 359 360 361 362 363 364 365 366 367 368 369 370 371 372 373 374 375 376 377 378 379 380 381 382 383 384 385 386 387 388 389 390 391 392 393 394 395 396 397 398 399 400 401 402 403 404 405 406 407 408 409 410 411 412 413 414 415 416 417 418 419 420 421 422 423 424 425 426 427 428 429 430 431 432 433 434 435 436 437 438 439 440 441 442 443 444 445 446 447 448 449 450 451 452 453 454 455 456 457 458 459 460 461 462 463 464 465 466 467 468 469 470 471 472 473 474 475 476 477 478 479 480 481 482 483 484 485 486 487 488 489 490 491 492 493 494 495 496 497 498 499 500 501 502 503 504 505 506 507 508 509 510 511 512 513 514 515 516 517 518 519 520 521 522 523 524 525 526 527 528 529 530 531 532 533 534 535 536 537 538 539 540 541 542 543 544 545 546 547 548 549 550 551 552 553 554 555 556 557 558 559 560 561 562 563 564 565 566 567 568 569 570 571 572 573 574 575 576 577 578 579 580 581 582 583 584 585 586 587 588 589 590 591 592 593 594 595 596 597 598 599 600 601 602 603 604

Cerca per parola chiave
 

Titolo
Aforismi (5)
Bollettino (7)
Commentario 2005 (25)
Commentario 2006 (52)
Commentario 2007 (53)
Commentario 2008 (53)
Commentario 2009 (53)
Commentario 2010 (52)
Commentario 2011 (52)
Commentario 2012 (52)
Commentario 2013 (53)
Commentario 2014 (54)
Commentario 2015 (52)
Commentario 2016 (52)
Commentario 2017 (52)
Commentario 2018 (52)
Commentario 2019 (52)
Commentario 2020 (54)
Commentario 2021 (52)
Commentario 2022 (53)
Commentario 2023 (53)
Commentario 2024 (43)
Commenti Flash (61)
Documenti (30)
Emergenze Morali (1)
Falso Movimento (11)
Fenêtre Francophone (6)
Finestra anglofona (1)
In evidenza (33)
Links (1)
Manuale del piccolo colonialista (19)
Riceviamo e pubblichiamo (1)
Storia (9)
Testi di riferimento (9)



Titolo
Icone (13)


Titolo
FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


02/11/2024 @ 09:09:33
script eseguito in 47 ms