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""Napoli" è una di quelle parole chiave della comunicazione, in grado di attivare nel pubblico un'attenzione talmente malevola da congedare ogni senso critico, per cui tutto risulta credibile."

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Di comidad (del 25/09/2008 @ 08:50:24, in Commentario 2008, linkato 2645 volte)
Il Comune di Giugliano, della Provincia di Napoli ed al confine con quella di Caserta, si prepara ad “accogliere” la nuova base NATO, che, ufficialmente risulterebbe essere un semplice “trasferimento” della base che da molti decenni opera a Bagnoli. In realtà questo “trasferimento” si avvia a risolversi nei termini di quanto già avvenuto per la base di Comiso in Sicilia, ufficialmente dismessa, ma, in effetti ancora sotto il saldo controllo statunitense.
La notizia che a Giugliano sarebbe sorta una nuova base NATO - non lontana dalla base americana già concessa parecchio tempo fa al Lago Patria senza alcuna autorizzazione del Parlamento -, è giunta appena agli onori della cronaca locale a causa di una pubblica lettera del sindaco berlusconiano di Giugliano, che ha scritto al Presidente del Consiglio e suo leader di partito, non per rifiutare la base, ma solo per chiedergli di considerare le conseguenze rovinose di questo nuovo insediamento militare in una zona da tempo congestionata, e inoltre priva delle necessarie infrastrutture. A Giugliano dovrebbero essere costruiti duemilacinquecento nuovi alloggi per il personale della NATO, ciò in un’area soggetta da decenni ad un sacco edilizio, e sede di numerose discariche autorizzate ed abusive di rifiuti, con una presenza accertata anche di notevoli quantità di scorie tossiche, in gran parte di origine militare.
Tra Licola, che è una frazione di Giugliano, e Castelvolturno, che è in provincia di Caserta, è presente inoltre la maggiore concentrazione in Campania di immigrati, molti dei quali risiedono in alloggi di fortuna o, addirittura, in bidonville.
Il sindaco di Giugliano, evidentemente, era all’oscuro del fatto che una “ripulitura” del territorio da adibire a sede della base militare era già in atto, infatti a Castelvolturno sei immigrati sono stati uccisi da sicari che i media ufficiali hanno immediatamente individuato come componenti del mitico “Clan dei Casalesi”, che, sempre secondo i media, deterrebbero quell’area sotto il loro controllo criminale.
Nessuna prova è stata portata a sostegno della tesi mediatica secondo cui gli immigrati uccisi sarebbero stati coinvolti in traffici che avrebbero disturbato il dominio delle cosche storiche della zona. A quanto risulta, si trattava di semplici lavoratori, probabilmente scelti a caso per innescare una spirale di terrore e di provocazioni utile ad offrire pretesti per eliminare gli insediamenti degli immigrati, attualmente troppo a ridosso della base NATO in via di edificazione.
L’ondata di razzismo mediatico nei confronti della Campania, si è da tempo complicata attraverso il lancio di accuse di razzismo verso gli stessi Campani, indicati come responsabili prima di aggressioni ai Rom, ed ora ad immigrati di origine africana. Questo tipo di rappresentazione è utile per creare confusione, falsi dibattiti ed altrettanto false alternative circa l’accoglienza o meno da riservare agli immigrati ed ai nomadi; ed è stata utile per il governo per spedire cinquecento militari italiani con il pretesto della tutela dell'ordine pubblico, ma in realtà con la missione di coprire i movimenti delle truppe e dei mezzi NATO e, probabilmente, per avviare anche lo smantellamento delle bidonville degli immigrati.
In tutto questo, rimane sotto assoluto silenzio la presenza incombente di un insediamento militare di proporzioni inaudite, che dovrebbe occupare inizialmente almeno quindici ettari per otto corpi di fabbrica.
Ma queste cifre riguardano soltanto i comandi e la logistica della base, che, nella realtà prevede altre strutture operative, ed anche una cintura di sicurezza. Intanto sono arrivati sul posto i primi quattrocento uomini della NATO, che ovviamente rappresentano solo un’avanguardia.
Le proporzioni dell’insediamento fanno già capire che non si tratta di un semplice trasferimento degli uomini e delle funzioni della base di Bagnoli, ma di una nuova mega-base, che rivela l’ulteriore espansione della presenza militare statunitense in Campania; una espansione per la quale il governo e i media non si sono preoccupati di offrire non solo nessuna spiegazione, ma neppure nessuna informazione, per quanto parziale o distorta potesse essere.
Visto che, secondo la narrazione ufficiale, quell’area è interamente sotto il controllo del Clan dei Casalesi, se i media avessero parlato della base NATO, avrebbero dovuto anche narrarci dell’arrivo a Giugliano dei dirigenti del Pentagono, magari con il cappello in mano, per bussare alla porta del Clan in modo da chiedergli il permesso di collocare in quel territorio la base militare. La narrazione avrebbe comportato però troppi dettagli irrealistici, tali da sfidare anche la fantasia di Roberto Saviano, perciò il governo e i media hanno preferito semplicemente non dire nulla, senza neppure invocare stavolta il segreto militare o il segreto di Stato. È stata sufficiente la congiura del silenzio.
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Di comidad (del 18/09/2008 @ 00:13:29, in Commentario 2008, linkato 1345 volte)
La dichiarazione del presidente del Venezuela Chavez sugli “Yankees de mierda” non è solo significativa di per sé, ma anche perché è giunta a sostegno della decisione del presidente della Bolivia Morales di espellere l’ambasciatore statunitense, impegnato a fomentare la secessione di alcune regioni boliviane, ritenute “interessanti” dalle Corporation statunitensi per le loro risorse minerarie. Il presidente brasiliano Lula ha espresso anch’egli sostegno e solidarietà al presidente boliviano, pur non spingendosi come Chavez, ad espellere a sua volta l’ambasciatore statunitense.
Non era mai accaduto che tre Paesi latino-americani prendessero contemporaneamente delle posizioni così ferme contro l’ingerenza coloniale degli Stati Uniti. Dall’altra parte del mondo, il tentativo di isolare la Russia dopo la guerra in Georgia, ha addirittura sortito l’effetto di riavvicinare diplomaticamente la Turchia, il “baluardo della NATO”, a Mosca, così che ne deriva di fatto una convergenza tra i maggiori Paesi della Regione: Russia, Turchia e persino l’Iran.
Oggi l’isolamento sembra colpire perciò più gli Stati Uniti che i suoi nemici, anche se l’informazione “occidentale” continua ad arrogarsi il ruolo del giudice che ammonisce e condanna. Gli articoli di un Bernard-Henri Lévy non sono significativi come espressione di un’analisi o di una strategia, ma come messaggi di uffici-stampa delle multinazionali, che indicano come l’affarismo americano non sia capace di accettare limiti o prudenze.
Sarebbe infatti riduttivo interpretare questa situazione di isolamento degli Stati Uniti come l’effetto di un loro declino, a fronte dell’emergere di nuove potenze economiche. In realtà gli USA risultano in “declino” da molto più tempo di quanto generalmente non si consideri, a confermare l’aforisma di Georges Clemanceau, secondo cui gli Stati Uniti sono l’unica nazione passata direttamente dalla barbarie alla decadenza senza mai passare per una fase di civiltà. L’incapacità, sia economica che militare, degli Stati Uniti di stabilire un vero dominio planetario fu evidente già dopo le due guerre mondiali, perciò le categorie di “impero” e di “superpotenza” hanno finito sempre per fuorviare e forzare le analisi.
Gli Stati Uniti hanno però la capacità di destabilizzare in permanenza l’assetto mondiale, sia attraverso l’aggressione diretta che attraverso la complicità con i settori più reazionari di ciascun Paese.
Ciò che in questa fase sta determinando il crescente isolamento degli Stati Uniti, ed il diffondersi di posizioni di avversione sempre più decise, è la presa d’atto dell’impossibilità di addivenire a qualsiasi accordo e qualsiasi compromesso con le amministrazioni statunitensi. Man mano che l’intrattabilità degli Stati Uniti è divenuta una consapevolezza internazionale, i gruppi dirigenti di molti Paesi sono giunti alla determinazione di passare ad una politica più apertamente antiamericana.
Se dalle prossime elezioni americane - talmente finte da rendere inadeguata la nozione di brogli -, dovesse risultare vincitore Mc Cain, questa consapevolezza si rafforzerebbe ulteriormente e, di conseguenza, anche l’isolamento statunitense. Se invece dalle pseudo-elezioni americane venisse fuori una presidenza Obama, le speranze di un diverso rapporto con gli USA si riaccenderebbero ovunque.
Non servirebbe a nulla far presente che le posizioni reali di Obama sono altrettanto colonialistiche, aggressive e subordinate agli interessi affaristici delle Corporation di quelle di Mc Cain: gli scettici sarebbero travolti da un‘ondata di entusiasmo filoamericano generalizzato, che romperebbe, per un significativo lasso di tempo, il pessimismo di cui gli Usa sono oggi circondati.
Ma gli Stati Uniti sono effettivamente in grado di puntare sulla mistificazione Obama? In altre parole, le oligarchie statunitensi sarebbero disposte a controllare le loro convinzioni razziali per far salire alla ribalta un presidente di colore?
Il fatto che Obama sia un “meticcio”, un “sanguemisto”, aggrava il problema, poiché per le oligarchie affaristiche la purezza razziale, e la supremazia razziale anglosassone, costituiscono il perno della loro falsa coscienza; un perno senza il quale sarebbero costrette a vedersi per quello che realmente sono, cioè delle cosche criminali favorite da particolari circostanze storiche e geografiche. Se si tratta di razzismo, il punto di riferimento rimane il “Mein Kampf” di Adolf Hitler, il quale individuava la chiave del successo nord-americano, a fronte del “fallimento” latino-americano, proprio nella politica di purezza razziale delle oligarchie anglosassoni. In realtà, anche in questo caso, Hitler non faceva altro che riprendere acriticamente la propaganda razzistica proveniente dagli Stati Uniti.
Quando si parla dell’assassinio di John Kennedy si tirano in ballo i più diversi moventi, ma non si prende mai atto del più ovvio, e cioè il fatto che fosse un irlandese. Kennedy è stato un dei presidenti più reazionari ed aggressivi che gli Stati Uniti abbiano mai esibito, e se Oswald fosse stato davvero quello che per cui venne presentato, cioè un simpatizzante della rivoluzione cubana, avrebbe avuto validi moventi per un attentato. Kennedy aveva condotto il mondo sull’orlo di una catastrofe nucleare solo per stabilire che gli Stati Uniti possono minacciare chi gli pare, ma non sono disposti a subire altrettanto. Kennedy arrivò persino a rifiutare l’accordo propostogli dall‘Unione Sovietica di un ritiro contestuale dei missili sovietici da Cuba e di quelli americani dalla Turchia, e ciò per ribadire che i missili sono cattivi solo se non sono americani.
L’impossibilità che sia stato davvero Oswald ad uccidere Kennedy, non deriva dalle considerazioni tecniche improbabili in cui l’attentato è maturato, poiché lo stesso Oswald potrebbe essere stato in parte fortunato, ed in parte un tiratore abbastanza esperto da controllare i difetti del suo obsoleto fucile Carcano. L’assurdità della vicenda consiste nel fatto che non si lascia un sospetto attentatore del presidente nelle mani di una polizia locale, ma lo si prende subito in consegna per accertare che non abbia dei complici che possano attentare anche alla vita del presidente successivo. Per quanto Johnson potesse essere soddisfatto che Kennedy gli avesse lasciato il posto di presidente, non avrebbe mai accettato che il presunto attentatore sfuggisse al suo controllo, per non rischiare di fare anche lui la stessa fine del suo ex capo. Dunque, Johnson ed il suo staff sapevano che quello non era il vero attentatore e, se lo sapevano, vuol dire che essi avevano a che fare con l’assassinio di Kennedy.
Del resto Kennedy aveva ormai fatto la sua parte, e poteva quindi essere messo da parte per rimuovere lo scandalo di un irlandese cattolico a capo di una potenza WASP.
Come “nuovo Kennedy”, anche Obama potrebbe svolgere il ruolo di suscitatore di false speranze nel mondo, per poi lasciare dopo un po’ di tempo il suo posto al suo vice Biden, grazie ad un qualche provvidenziale attentato. Ma questa messinscena comporterebbe comunque il temporaneo orrore di una presidenza razzialmente impura, e bisognerà vedere se le oligarchie statunitensi avranno la lucidità per attuarla e gestirla.
18 settembre 2008
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


18/09/2024 @ 14:26:33
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