Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
In questi giorni la comunicazione di massa dedica uno spazio crescente alla ondata di criminalità che starebbe sommergendo Napoli. In tutto questo spazio, non trovano però spazio domande elementari; ad esempio, parlando di droga e di relative guerre tra bande: da dove proviene tutta questa eroina? chi ce la porta a Napoli?
La comunicazione può impressionare, commuovere, spaventare, omettendo però dettagli decisivi, senza che l'uditorio trovi nulla da ridire. Chi ha una certa età forse ancora ricorda che, negli anni '50 ed all'inizio degli anni '60, nei libri scolastici delle elementari c'erano delle letture dedicate alle mine anti-bambino che in quel periodo facevano ancora molte vittime. C'era una lettura che aveva come titolo "La matita rossa" e raccontava la triste storia di un bimbo che, attirato da una luccicante matita rossa trovata tra l'erba e i sassi, se l'era vista esplodere nella mano. I bambini venivano così ammoniti a non fidarsi dei begli oggetti che potevano scoprire, ed anzi a chiamare subito i genitori o l'insegnante. Fra tanti bambini, sebbene abituati a chiedere "perché?" per ogni cazzata, quasi nessuno domandava : "ma chi ce l'ha messa 'sta matita rossa?". Si era addestrati a temere le matite esplosive, ma anche a considerarle eventi naturali come un fungo velenoso, o fortuiti come un chiodo arrugginito. Le mine anti-bambino sono lanciate da un aereo, sono prodotte in una fabbrica, sono finanziate da un articolo di spesa pubblica, sono decise da un governo. Tutte queste informazioni mancavano nei libri delle elementari.
Nello stesso periodo la propaganda insegnava ai bambini a odiare i comunisti, i Russi, Fidel Castro, ecc. in quanto nemici dei nostri amici e alleati, gli Stati Uniti, nonostante che gli Stati Uniti fossero proprio quelli che avevano disseminato l'Italia di matite rosse. È evidente che qui non si tratta di rovesciare i luoghi comuni della propaganda, per cui gli americani da "buoni" diventano i "cattivi". La questione è invece che esistono cose che si chiamano dominio e colonialismo, cose che comportano a loro volta tecniche di occupazione e controllo di un territorio. Napoli è collocata al centro del Mediterraneo, è il porto continentale che si trova proprio sulla rotta tra Gibilterra e gli altri mari con cui il Mediterraneo è collegato, il Mar Nero ed il Mar Rosso.
Quindi, dal punto di vista geopolitico e strategico, Napoli è il principale porto militare del Mediterraneo, guarda caso oggi sede di una delle più importanti basi della NATO.
Ma i "problemi" di Napoli sono più antichi della base Nato, si potrebbe obiettare. E infatti la propaganda sui "problemi" di Napoli ha una data di nascita che forse è interessante, e coincide con l'arrivo della flotta britannica nel Mediterraneo, nel XVIII secolo. Del resto, interessi strategico-militari e propaganda sono notoriamente collegati. O no?
Si aggiunga a ciò che la criminalità non è astrattamente un "problema", ma una forma di controllo sociale. Criminalizzare significa creare una specifica dipendenza economica, dal traffico di sigarette, ad esempio. Che queste sigarette siano prodotte dalla multinazionale americana Philip Morris, forse qualcosa significa.
Così pure l'eroina ha una provenienza sospetta, l'Afganistan, oggi occupato dai soldati britannici per conto degli Stati Uniti. Dati recenti - di fonte ufficiale - segnalano che il 90% dell'oppio che circola in Europa è di provenienza afgana, e che la produzione è aumentata quest'anno del 50%. Dato che l'eroina è un derivato della morfina, a sua volta derivata dall'oppio, tutto quest'oppio afgano non ha nulla a che vedere con la recrudescenza della guerra tra bande?
Certo, tutto ciò può essere ignorato o fatto oggetto di derisione, per ripiegare invece sui soliti luoghi comuni razzistici. Ma il razzismo non è un semplice pregiudizio, è comunicazione di massa, professione, carriera, reddito. Insomma, cose serie.
Comidad, 3 novembre 2006
Per compensare l'ondata di indignazione dei commentatori ufficiali alla notizia dell'assunzione di ventimila nuovi insegnanti, il governo Prodi ha promesso di procedere nei prossimi anni alla cancellazione di almeno cinquantamila posti di lavoro nella Scuola, tramite misure come il taglio delle classi ed il riciclaggio del personale in esubero.
In realtà queste misure sono già state prese da tempo. Nel 1993 vi fu un altro taglio delle classi che fece annunciare trionfalmente ai media che i precari della Scuola non avrebbero più insegnato. Da allora le assunzioni nel settore Scuola sono state invece centinaia di migliaia, nonostante la persistenza di quote elevatissime di precariato. Il problema per il Dominio è che l'organizzazione del lavoro ha una sua rigidità oggettiva, che non si lascia piegare completamente all'utopia della precarizzazione assoluta.
Ma il sistema di dominio, anche quando non riesce ad imporre del tutto i suoi progetti nelle relazioni di lavoro reali, non rinuncia comunque a riaffermare la sua visione sul piano della propaganda o, per meglio dire, della guerra psicologica. Insomma, se non puoi licenziarli, cerca almeno di avvilirli e di criminalizzarli.
Il ruolo della guerra psicologica è regolarmente sottovalutato dall'opposizione sociale, la quale perde di vista anche che le tecniche di propaganda sono sempre le stesse, anche quando gli ambiti appaiono completamente diversi. È proprio in questi casi in cui la propaganda appare più fine a se stessa, che essa rivela la sua costante: il querulo vittimismo del potente nei confronti della minaccia costituita dai deboli. Il vittimismo è infatti un privilegio dei potenti, un lusso che i deboli non possono consentirsi.
Il lavoratore è sempre presentato come un parassita, e l'oppositore sempre come un fanatico, quindi come un terrorista effettivo o potenziale. La propaganda non rinuncia mai ad avvilire l'immagine del lavoratore o dell'oppositore, e quindi non perde occasione di metterli in ridicolo sottolineandone la debolezza. Ma, al tempo stesso, li presenta come una minaccia, come pericoli incombenti in grado di giustificare ogni emergenza.
Questa evidente contraddizione viene risolta sul piano moralistico: la cattiveria dei lavoratori e degli oppositori serve a spiegare tutto, il fanatismo ed il parassitismo sarebbero da soli in grado di compensare la posizione di debolezza, a fornire mezzi tecnici, a superare ostacoli e controlli. Ad esempio, sul forum di Contropotere si può consultare uno studio criminologico sulla figura dell'anarchico insurrezionalista, descritto come frustrato, disoccupato, mammone ed anche un po' scemo, però comunque in grado di tenere in scacco con i suoi pacchi bomba gli apparati delle polizie palesi o segrete, e tutto ciò soltanto grazie alla confusione mentale che gli deriva dalla sua visione distorta del mondo.
Per non far notare questo tipo di contraddizioni, è perciò necessario per il Dominio che la guerra psicologica non si prenda mai pause, che potrebbero diventare pericolosi varchi per il senso critico.
Comidad, 26 ottobre 2006
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