Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Nel Sacro Occidente il terrorismo svolge la funzione di valvola con la quale sgonfiare fenomeni che sono stati precedentemente pompati dai media. Sono più di trent’anni che l’ambientalismo è diventato un dogma del mainstream,
una sponda per lanciare titoli di Borsa legati all’energia rinnovabile, cioè gli ormai famigerati ESG. Ogni volta però che l’ambientalismo si allargava troppo ed andava ridimensionato nelle sue pretese palingenetiche, ecco che rispuntava l’ecoterrorismo. Non c’è quindi da sorprendersi che in queste ultime settimane abbiano avuto tanta risonanza sui media attentati da parte di presunti ecoterroristi fanatici della lotta al CO2. I bersagli degli “attentatori” sono stati quadri di Van Gogh, Monet e Vermeer, pittori particolarmente iconici e noti al pubblico. L’opinione pubblica viene così indotta a prendere le distanze dal fanatismo ambientalista e ad aprire la mente a nuovi business.
Dopo aver fatto credere al mondo che esista davvero un presidente di nome Zelensky, ora l’amministrazione USA ha cominciato a ridimensionarne il mito “denunciando” un coinvolgimento del governo ucraino in un attentato omicida in Russia (perché si sa che gli USA queste cose brutte non le farebbero mai). L’imbecille professionista pensa che per compiere certe operazioni mistificatorie occorrerebbe per forza il “complotto”. In realtà lo schema del destabilizzare l’ordine pubblico per riaffermare la gerarchia del denaro, fa parte dell’automatismo del potere.
Per chi detiene il potere, il destabilizzare è come respirare, fa parte della fisiologia del comando. Una delle tecniche più elementari del management è quella di impartire direttive contraddittorie, in modo da far capire ai dipendenti che non c’è modo di stare in regola e, per sopravvivere, l’unica via è entrare nelle grazie del potente e di accettare di commettere qualsiasi nefandezza per suo conto. La prassi è anche di fingere di dare importanza a questo o a quel dipendente, in modo da rendere poi più cocente la sua successiva umiliazione. Per attuare espedienti del genere non c’è bisogno del Forum di Davos, ma basta qualsiasi capufficio o dirigente scolastico. Mentre i presidi destabilizzano le scuole per "aziendalizzarle", si abbindola e si depista l'opinione pubblica con un flatus vocis come il "Merito". Oggi la Scuola è un crocevia del denaro per gli stage nelle imprese e per la digitalizzazione dell’istruzione, e il caos che si genera deve trovare alibi e capri espiatori. Uno dei maggiori problemi dell’analisi, è la “fettinizzazione” della realtà, perdendo di vista il fatto che gli schemi di potere sono sempre quelli. Non a caso ci troviamo tutti in piena democrazia scolastica, con leader allevati in batteria e gonfiati con gli ormoni dell’accondiscendenza del preside. In Italia abbiamo una leader di stile adolescenziale protetta dal preside Mattarella; mentre all’opinione pubblica mondiale viene offerta come leader proprio una adolescente come Greta, cresciuta sotto la tutela della preside Christine Lagarde.
Dopo la luce dei riflettori adesso occorre gettare qualche ombra sulla mitologia ambientalista perché anche le vie del business sono oscure e contorte. Già da prima della guerra tra Russia e NATO in territorio ucraino, il gas russo era soggetto a sanzioni, cosa che ha non eliminato, ma comunque ridotto, l’import di gas russo. Allo stesso tempo però i Paesi europei si sono approvvigionati di
carbone di provenienza russa.
Il “Financial Times” ha segnalato
un rilancio dell’interesse delle Borse non solo verso il carbone ma anche nei confronti dei progetti tecnologici di “decarbonizzazione” dell’aria. Si tratta di tecnologie “ambigue”, che possono essere utilizzate sia per ripulire l’aria dalle scorie di carbone delle passate produzioni di energia, sia per rendere ecologicamente accettabile un utilizzo del carbone per il futuro. L’efficacia di queste tecnologie è ancora tutta da verificare ma, come si è visto con gli pseudo-vaccini, i movimenti di capitali spazzano via i dubbi, anzi, li criminalizzano. Ogni bolla finanziaria innesca una bolla mediatica che le fa da sponda e la rilancia.
Il presidente di Nomisma Energia, il professore Davide Tabarelli, nell’agosto scorso ci ha detto chiaro e tondo che bisogna riaprire le centrali a carbone, dato che il gas sarà razionato. Uno potrebbe pensare che Tabarelli parli sotto la spinta dell’emergenza, invece pare proprio che ci siano in lui capacità profetiche. Tabarelli ci annunciava
un futuro luminoso del carbone già tre anni fa, in un’intervista contenuta in un libro celebrativo sul ritorno al carbone, promosso ovviamente dalle imprese del settore riunite in Assocarboni. Nel 2019 i prezzi del gas erano ancora bassi ed avrebbero cominciato ad aumentare solo all’inizio del 2021.
Chissà, forse c’è un nesso tra preveggenza ed emergenza. In realtà nel movimento di denaro c’è qualcosa di intrinsecamente preveggente: ogni speculazione al rialzo crea infatti una bolla finanziaria che pone automaticamente le condizioni per una speculazione al ribasso e poi per nuove bolle su un altro tipo di titoli. Mentre si gonfiava il valore dei titoli “green”, gli ESG, scendeva il valore dei titoli legati ai combustibili fossili, in particolare il carbone, per cui diventava conveniente rastrellarli.
L’ha spiegato candidamente Blackrock, il più grande fondo di investimento del mondo, al parlamento britannico: a Blackrock non gliene fregava nulla della transizione green o della decarbonizzazione, ma solo del far soldi, per cui se prima conveniva investire di più sul presunto ecologico, oggi è nuovamente il caso di puntare di più sul fossile e sul vituperato carbone. Le due speculazioni perciò non sono in contraddizione, ma l’una conseguenza dell’altra, poiché i guadagni di Borsa derivano proprio da questo alternarsi di gioco al rialzo e gioco al ribasso. I parlamentari inglesi, attoniti, hanno constatato di essere stati presi per i fondelli, ma nulla possono farci, dato che il movimento di capitali è “innocente” per definizione, è al di sopra del giudizio umano. La bolla finanziaria e mediatica del momento stabilisce il discrimine tra il bene e il male, e ciò che era male ieri può diventare bene oggi, e viceversa.
Come si diceva in una vecchia commedia napoletana, i soldi non fanno la felicità, quando sono pochi. Allo stesso modo, se sono pochi o pochissimi, i soldi non fanno la verità e non fanno la morale, anzi sono moralmente sospetti; ecco perché la nostra rappresentante di istituto Meloni se la prende tanto con i percettori del reddito di cittadinanza invece che con Blackrock.