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"La distruzione di ogni potere politico è il primo dovere del proletariato. Ogni organizzazione di un potere politico cosiddetto provvisorio e rivoluzionario per portare questa distruzione non può essere che un inganno ulteriore e sarebbe per il proletariato altrettanto pericoloso quanto tutti i governi esistenti oggi."

Congresso Antiautoritario Internazionale di Saint Imier, 1872
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Di comidad (del 05/10/2006 @ 22:44:52, in Commentario 2006, linkato 1361 volte)
Pochi giorni fa il Presidente del Consiglio di un governo democraticamente eletto, Prodi, è stato costretto ad umiliarsi pubblicamente in Parlamento per discolparsi dall'accusa di voler intervenire in questioni di affari della telefonia. Il segretario dei DS Fassino, nella stessa occasione, ha dovuto dare assicurazioni che non è nel programma di governo alcun proposito di sottrarre le decisioni economiche al "Mercato".
Nell'ultima legge finanziaria, il governo Prodi ha introdotto in modo strisciante, con il pretesto della lotta all'evasione fiscale, delle norme che estendono e rafforzano il potere delle banche su ogni transazione in denaro, e ciò mentre il governo rinuncia ad esercitare qualsiasi controllo sulle banche stesse.
Lo svuotamento del mito democratico non può risultare più plateale, ciò proprio nel momento in cui la democrazia stessa è divenuta un oggetto sacro da imporre all'adorazione del mondo. Agli inizi del '900 un ministro liberaldemocratico, Nitti, poteva istituire un monopolio di Stato delle assicurazioni, l'INA. L'intervento in economia lo avevano praticato senza problemi i governi liberali, e ciò in un contesto comunque segnato dallo strapotere delle corporazioni finanziarie e industriali.
Il problema è che oggi il cosiddetto Occidente non è più quello di un secolo fa, quando era costituito da Stati in competizione tra loro. Oggi la sigla "Occidente" è l'insegna di oligarchie internazionali che possono sfuggire ad ogni controllo, criminalizzando qualsiasi istanza critica. L'islamofobia ha sostituito l'anticomunismo come collante ideologico, con la differenza sostanziale che l'Unione Sovietica era un soggetto reale, mentre l'Islam costituisce soltanto uno spauracchio propagandistico.
Le oligarchie scontano opposizioni locali ed anche relative sconfitte, come in Libano e, pare, anche in Afganistan, ma l'assenza di un vero avversario sembra configurare una situazione storicamente impensabile, in cui ogni progetto di dominio affaristico non si deve più misurare con la normale prudenza.
Anche le potenze in grado di svolgere un ruolo antagonistico sembrano infatti assecondare tale dominio in vista dei vantaggi immediati che gliene derivano: la Russia, che è una delle maggiori produttrici di materie prime, ha potuto risolvere i suoi problemi finanziari grazie all'aumento dei prezzi del petrolio causato dalla guerra in Iraq; la Cina è potuta divenire a sua volta oggi il maggiore creditore degli Stati Uniti.
In queste condizioni, le formule propagandistiche possono ormai sostituire il pensiero, e la menzogna perde il riferimento con una realtà che dovrebbe rovesciare. Oggi l'islamofobia è un mestiere remunerativo.
Un Magdi Allam tre anni fa ancora recitava la particina dell'islamico moderato e faceva da punching-ball a Giuliano Ferrara nelle sue trasmissioni di wrestling opinionistico; da quando Allam ha invece adottato le formule dell'islamofobia "Neocons", è assurto ai vertici del divismo e della carriera. Un Vittorio Feltri viene mantenuto nell'illusione di essere il direttore di un quotidiano, che non legge nessuno, soltanto per giustificare la sua onnipresenza di commentatore razzista.
In questa situazione la difficoltà di fare opposizione non deriva da un'illimitata potenza materiale del dominio, quanto dalla tendenza a rimanere nell'ambito degli schemi propagandistici ufficiali e nei falsi scenari che essi prospettano. Ci si continua a chiedere, ad esempio, se i movimenti islamici costituiscano un potenziale alleato nei confronti delle aggressioni degli Stati Uniti, della NATO e di Israele. Il problema sarebbe invece quello di demistificare questa falsa identità islamica, dimostrando ai vari movimenti di resistenza al colonialismo che l'Islam non è, e non è mai stato un soggetto politico. Ed il falso soggetto islamico non è neppure un'invenzione recente, ma un fantasma ricorrente nella storia cosiddetta occidentale.
Nel 778 a Roncisvalle, l'esercito di Carlo Magno fu attaccato dai Baschi e in quella battaglia morì il famoso paladino Orlando. Eppure nella propaganda, sia medievale che moderna, i Baschi vennero trasformati in Saraceni, cioè in Islamici. Non solo gli scrittori ufficiali, ma anche il teatro siciliano dei pupi, hanno tramandato per secoli al popolo questa falsa versione dei fatti storici.
Spesso in passato l'etichetta "Islam" è stata usata per sintetizzare artificiosamente delle istanze anticolonialistiche diverse, che avevano in comune soltanto di essere anticolonialistiche. Ciò ha avuto però anche le sue eccezioni. L'imperialismo britannico in India utilizzava mercenari mussulmani, quindi proponeva l'immagine di un Islam "buono" in contrasto con i cattivissimi Indù, tanto che persino un Salgari, che non era certo un anglofilo, si beveva tutte le panzane propagandistiche degli Inglesi sulla setta induistica degli strangolatori Thug.
L'Islam "buono" è stato quindi una costruzione propagandistica quanto quello "cattivo". Il punto è che l'Islam in genere, inteso come soggetto, è una costruzione propagandistica del colonialismo.
Comidad, 5 0ttobre 2006
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Di comidad (del 28/09/2006 @ 21:40:31, in Commentario 2006, linkato 1448 volte)
La recente scomparsa di Oriana Fallaci ha riproposto una ondata di commenti sulla questione se esista o meno un Islam "buono", come se potessero esistere religioni buone. Come al solito si è stati trascinati nell'atteggiamento paternalistico, tipico del cosiddetto "Occidente", di chi debba giudicare l'altro. Che le sentenze siano di condanna o di assoluzione, non conta, poiché ancora una volta si è perso di vista il fatto che il razzismo non ha mai un unico bersaglio, anzi, che spesso il bersaglio più evidente svolge solo una funzione di diversivo.
Solo superficialmente la propaganda della Fallaci può essere intesa come un messaggio anti-islamico, dato che il nerbo della sua comunicazione è sempre stato quello della superiorità anglosassone, americana in particolare. Ai Paesi cosiddetti "occidentali", la Fallaci ha indicato nella accettazione della leadership statunitense la via maestra di un riscatto dalle proprie storiche colpe e manchevolezze.
Certamente la Fallaci non ha fatto altro che propinarci il veleno massonico che sin da bambina aveva assorbito frequentando i grandi notabili inglesi e americani che villeggiavano in Toscana. L'ambiente alto borghese da cui proveniva era abituato a divinizzare quelle figure, distaccandosi dal fascismo soltanto quando questo si era trovato involontariamente in conflitto col mondo anglosassone.
Anche trent'anni fa, per accorgersi del falso antifascismo e dell'autentico razzismo della Fallaci, bastava stare un po' più attenti. Quando del fondamentalismo e del "fascismo islamico" non si sentiva neppure parlare, la Fallaci sfogava il suo risentimento verso il laicissimo Arafat accusandolo - pensate un po' - di essere un "mediocre". Quindi, sgombrato dai suoi pretesti contingenti, il messaggio razzistico della Fallaci si risolveva in alterigia pura ed il suo odio si indirizzava verso chiunque non si inchinasse alle naturali superiorità.
Ma questo tipo di razzismo corrisponde ad uno schema generale, riscontrabile anche in contesti molto diversi. Gli Ustascia, i fascisti croati, rivendicavano la loro superiorità sugli altri popoli slavi proprio per la pretesa di detenere il privilegio di servire la superiore razza tedesca. Si tratta quindi di una rivendicazione di superiorità fondata su una contestuale affermazione della propria inferiorità rispetto ai veri padroni. Dopo l'umiliazione della Serbia da parte della NATO, gli Ustascia sono persino tornati in auge ed hanno potuto riscuotere una nuova legittimazione sotto la mistificazione di quello che all'inizio degli anni '90 veniva chiamato il "risveglio etnico".
È quindi il modello Ustascia che viene proposto - o imposto - oggi a Paesi come l'Italia, perciò quando si viene istigati a fare del razzismo contro il mondo islamico, è in realtà verso se stessi che il razzismo viene davvero indirizzato. Ogni razzismo presuppone e rafforza sempre delle forme di autorazzismo.
Il carattere fittizio e ingannevole della categoria di Occidente si dimostra proprio osservando come ciò che di prima impressione sembrerebbe porsi come un'omogenea area geografica e culturale, si rivela poi come un assetto esasperatamente gerarchico e colonialistico, in cui alcune popolazioni vengono fatte oggetto di un odio e di un disprezzo del tutto analoghi a quelli che colpiscono l'Islam. L'esempio oggi più evidente, anche se non unico, di questo razzismo interno al cosiddetto Occidente è certamente quello di Napoli, divenuta oggetto di un'industria dell'editoria e della comunicazione tendente a imporre l'immagine di una città votata ad un destino di degrado.
La necessità di rilanciare la presenza militare statunitense nella base NATO di Bagnoli, ha visto contemporaneamente un'offensiva propagandistica mirata a fare di nuovo terra bruciata nella città di Napoli, rendendo la sua popolazione dipendente in modo assoluto dalle forme economiche illegali che sono sotto il controllo della mafia, cioè della CIA. Anche la dissuasione della presenza turistica nella città è funzionale ad una ripulitura attorno alla base per proteggerla da eventuali spie.
Comidad, 28 settembre 2006
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


10/11/2024 @ 03:55:10
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