Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Sul "Corriere della sera" del 5 settembre, Pietro Ichino è ritornato alla carica. Se nel suo articolo del 29 agosto egli proponeva il licenziamento per gli impiegati pubblici "nullafacenti", adesso in alternativa prospetta ai sindacati di accettare una sorta di mobbing istituzionalizzato, in cui i lavoratori vengano costretti a superare prove sempre più penose per sgravarsi dal sospetto di non voler lavorare.
Il primo articolo di Ichino su tale argomento gli aveva meritato una risposta incisiva, ed anche spassosa, da parte dello Slai Cobas dell'Alfa Romeo (reperibile nel forum di Contropotere); risposta in cui si poneva in evidenza che i dipendenti pubblici che hanno il privilegio di non lavorare - come appunto Ichino -, devono tale privilegio non ad una loro particolare abilità nel non far nulla, ma al fatto di essere agganciati ad un establishment che li utilizza altrimenti. In altri termini, coloro che non lavorano per l'amministrazione di cui fanno parte, di solito svolgono funzioni improprie a favore di interessi privati, che hanno però una loro copertura nei pubblici apparati.
Stipendiato da uno Stato che non verifica il suo lavoro di docente universitario, Ichino può quindi dedicarsi a tempo pieno alla propaganda padronale sui giornali ed alla difesa dei padroni in tribunale. Ma questa osservazione non risolve il problema, semmai lo apre.
Ichino ed altri come lui possono fare quello che fanno, perché oggi il concetto di "propaganda padronale" è praticamente scomparso dalla comune consapevolezza. Chi oggi ponesse in evidenza che esiste un conflitto sociale e che la classe dominante si serve anche di mezzi di guerra psicologica, verrebbe immediatamente additato come un terrorista. Magari i servizi segreti provvederebbero anche ad inscenare un attentato contro qualche addetto alla propaganda padronale, in modo da poterne santificare gli slogan.
L'egemonia culturale statunitense ha imposto la dottrina secondo cui il conflitto come realtà storico/sociale non esiste, che esso è dovuto sempre e soltanto all'azione nefasta del "cattivo" di turno. Oggi George Bush criminalizza il presidente iraniano Ahmadinejad, così come aveva già fatto con Bin Laden e Saddam Hussein, dimenticando che sono stati tutti e tre alle dipendenze di suo padre quando era direttore della CIA.
A supporto di questa egemonia culturale statunitense, circola all'interno della sinistra anche un falso antistalinismo, basato sulla denuncia delle "paranoie" di Stalin, che avrebbero provocato sia le "purghe" che la Guerra Fredda. In realtà lo stalinismo è consistito in una politica tendente a cercare gli interlocutori privilegiati a destra piuttosto che a sinistra. Stalin ha sacrificato la Spagna per cercare l'accordo con Hitler. Ha rischiato di sacrificare la Cina per cercare un'intesa con gli Stati Uniti. In entrambi i casi è stato poi tradito da coloro che considerava i suoi interlocutori, per poi, ogni volta, correre precipitosamente - e sanguinosamente - ai ripari.
Il mito fasullo dello stalinismo paranoico serve dunque a tenere viva nella sinistra la pratica dello stalinismo credulone, cioè l'illusione che con il nemico di classe si possa trovare un modus vivendi. In effetti questo modus vivendi esiste, e consiste appunto nel riconoscimento della realtà del conflitto sociale.
Comidad, 7 settembre 2006
Il governo Prodi-D'Alema aveva appena avviato il ritiro delle truppe italiane dall'Iraq, ed ora si va ad imbarcare per il Libano, in un'avventura militare ancora più sconsiderata. L'aspetto paradossale è che sia stato proprio l'annuncio del ritiro dall'Iraq, a porre le condizioni politiche e diplomatiche per il coinvolgimento dell'Italia, attorno alla quale il Ministro degli Esteri D'Alema è riuscito a creare un alone di "equidistanza". Tutto ciò a conferma del luogo comune secondo cui al peggio non c'è mai limite.
È stato il segretario radicale Capezzone a ricordare che il contingente italiano va lì per "disarmare Hezbollah", secondo la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU. I soldati italiani si trovano perciò in una condizione abbastanza curiosa: da un lato saranno costretti a subire tutti i proiettili che l'esercito israeliano gli sparerà addosso (sempre per sbaglio, ovviamente), dall'altro lato dovranno svolgere un'azione di provocazione contro dei guerriglieri che non sembrano disposti a cedere. Non si tratta soltanto della solita inferiorità di armamenti delle truppe italiane, dato che in guerra le armi non sono neanche tutto.
Durante la seconda guerra mondiale, l'Italia aveva un esercito fiaccato dall'emorragia di mezzi causata dalle guerre di Etiopia e di Spagna, ma aveva ancora una marina militare in efficienza, che invece rimase quasi sempre ferma nei porti, magari a farsi bombardare passivamente come avvenne a Taranto. Poco dopo la fine della guerra, il libro di un ex ufficiale dell'aviazione, Antonino Trizzino, "Navi e poltrone", documentò la connivenza con la Gran Bretagna del Ministero della Marina Militare italiana dell'epoca (che allora si faceva chiamare pomposamente Supermarina). Antonino Trizzino fu anche assolto in un processo intentatogli per calunnia a causa delle sue accuse. Successivamente è venuta alla luce l'appartenenza di molti ammiragli alle logge massoniche anglofile.
La massoneria non è mai stata un soggetto politico autonomo, ma è un'arma di cui Gran Bretagna e Stati Uniti si sono serviti per infiltrare i gruppi dirigenti dei Paesi che intendevano porre in condizione di soggezione coloniale. Mussolini sapeva tutto di questa infiltrazione massonica - del resto era stata la massoneria anglofila a portarlo al potere -, ma sopportava, poiché non voleva bruciarsi i contatti per arrivare ad una pace separata con la Gran Bretagna. Hitler, a sua volta, sopportava Mussolini, perché anche lui voleva giungere a quell'accordo separato. Mussolini ed Hitler erano come Noriega, degli ex collaboratori del colonialismo angloamericano, che erano stati poi spostati in un ruolo di nemici in cui si sentivano a disagio.
Anche nella guerra delle Falkland del 1982 tra Argentina e Gran Bretagna, gli alti gradi militari dell'Argentina erano tutti iscritti a logge massoniche di osservanza angloamericana. Soltanto l'aviazione argentina era tecnicamente in grado di fronteggiare la flotta britannica, ma i comandanti tennero un atteggiamento ambiguo, tendente più a salvarsi la faccia che a vincere la guerra. Ordinarono ai piloti argentini di attaccare le navi da guerra e non i convogli che queste stavano scortando, così l'aviazione argentina si coprì di gloria, ma perse la guerra, dato che è norma strategica elementare che sono le navi che trasportano i rifornimenti e non quelle di scorta a costituire l'obiettivo prioritario.
L'efficacia della resistenza degli Hezbollah negli ultimi vent'anni quindi non riguarda soltanto la potenza degli armamenti e la determinazione dei guerriglieri, ma il fatto che gli Stati Uniti non sono riusciti ad infiltrarne i comandi. Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, nel mondo arabo e islamico - Palestinesi compresi -, la massoneria è molto diffusa, anche fra gli alti gradi militari, e ciò spiega tante facili vittorie degli Stati Uniti e di Israele. Sembra invece che gli Hezbollah siano riusciti a rimanere immuni dalle infiltrazioni. Il fatto non è così ovvio, dato che invece nel gruppo dirigente iraniano - che si dice sia il massimo protettore degli Hezbollah - non sono mancate le infiltrazioni e collaborazioni con la CIA, che hanno riguardato addirittura l'attuale presidente Ahmadinejad.
Comidad, 31 agosto 2006
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