Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Berlusconi appare strano, persino assurdo, soltanto se lo si considera un politico o un imprenditore, mentre risulta del tutto normale se lo si inquadra nel suo autentico ruolo, quello di provocatore di professione. Dato che la guerra psicologica non ha uno status di ufficialità, anche la figura professionale del provocatore non è ufficialmente riconosciuta, il che, però, è essenziale perché la strategia provocatoria possa funzionare.
In questi giorni milioni di elettori vanno a votare senza aver nulla da chiedere allo schieramento di centrosinistra, se non di liberarli da Berlusconi. Quindi la provocazione ha ottenuto in questi anni il suo obiettivo strategico, dato che le pretese dell'elettorato di sinistra si sono sempre più abbassate, sino a giungere ad un punto minimo, cioè quello di poter avere un Presidente del Consiglio meno indecente e imbarazzante di quello attuale.
Una teoria sociologica che andava di moda alla fine degli anni '70, affermava che la società tende ad esprimere "aspettative crescenti". I fatti di questi ultimi decenni hanno rovesciato questa "legge delle aspettative crescenti", dato che oggi le aspettative risultano palesemente decrescenti, ed ormai l'elettore di sinistra è disposto ad andare ogni volta disciplinatamente alle urne accontentandosi di sempre meno.
Ad una destra sempre più oscena ed impresentabile, corrisponde perciò una sinistra sempre più minimalista. L'emergenza antropologica costituita da Berlusconi, consente infatti alla sinistra di legittimarsi sempre più al ribasso, senza dover mettere in questione nessun assetto di potere e nessuna posizione di privilegio. Ma un governo borghese viene considerato, anche dall'estrema sinistra, preferibile ad un governo di mafiosi e fascisti.
Questa legge delle aspettative decrescenti è la stessa per la quale viene estorto consenso sociale alla precarizzazione. "Un lavoro precario non è meglio di nessun lavoro?", è la domanda capziosa che caratterizza la propaganda su questo tema.
Nello stesso fenomeno può essere inquadrata anche la tendenza di una parte della pubblicistica anarchica a considerare il dominio americano come male minore nei confronti del pericolo rappresentato dall'oscurantismo islamico.
La legge delle aspettative decrescenti si presenta come atteggiamento realistico e persino come rifiuto del "tanto peggio, tanto meglio", ma è soltanto guerra psicologica.
Comidad, 6 aprile 2006
È significativa la coincidenza temporale dei grandi scioperi in Francia ed in Gran Bretagna, le cui motivazioni sono soltanto apparentemente diverse. Il governo francese pretende di rendere strutturalmente precario il lavoro giovanile, mentre il governo inglese tende a rendere incerta e precaria la pensione. Siamo di fronte ad un progetto di complessiva precarizzazione, che investe tutti gli aspetti della vita sociale. Punto per punto, con il pretesto di questa o quella emergenza, le garanzie sociali vengono sostituite con insicurezze sociali.
L'opposizione sociale è riuscita a farsi sentire, e questo è certamente importante. Ma la tenuta di questa opposizione non riguarda soltanto i rapporti di forza in campo. Occorre infatti anche la percezione di cosa realmente si sta combattendo: non una serie di scelte strettamente economiche, per quanto inique, ma una strategia politica di destabilizzazione, che è dovuta soprattutto ad un movente di potere.
Tutti i blocchi sociali che potrebbero in qualche modo limitare il potere delle oligarchie sono infatti sotto attacco. È possibile resistere a questi attacchi soltanto se ci si comincia ad immunizzare dal ricatto costante dell'emergenza, cioè se si individuano le varie emergenze - da quella economica, a quella terroristica, a quella sanitaria - come motivo per liquidare ora questa ed ora quella garanzia giuridica o sociale.
Il paravento ideologico di questa generale destabilizzazione, è la falsa identità "occidentale", cioè lo sciovinismo, il senso di superiorità morale che il cosiddetto Occidente può accampare nei confronti dei barbari che lo assediano. La guerra fittizia dello "scontro di civiltà" è diventata il collante ideologico di una società che vede mancarsi ogni altro punto di riferimento.
La guerra simulata sostituisce la guerra reale, che oggi il sistema di dominio non si sente più in grado di sostenere. A distanza di tre anni, ormai risulta chiaro che non c'è stata nessuna guerra tra USA ed Iraq, e che il cosiddetto conflitto è durato precisamente il tempo necessario alle truppe statunitensi per occupare il territorio di un Paese privato di qualsiasi possibilità di difesa da dieci anni di sanzioni economiche.
Ciononostante, vengono prese sul serio le minacce di Bush all'Iran, come se gli Stati Uniti fossero davvero in grado di sostenere lo sforzo di sottomettere un vero avversario. Non è da escludere che in questa credulità giochi anche il fascino del catastrofismo, cioè la speranza che Bush commetta quella "cazzata" di troppo che ne faccia finalmente vacillare il potere.
Ma questa illusione che la salvezza possa provenire da una catastrofe, costituisce appunto un effetto secondario del clima di precarietà ed emergenza permanenti. Non saranno gli oppressori a salvarci dagli oppressori.
Comidad, 30 marzo 2006
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