"
"Un'idea che non sia pericolosa non merita affatto di essere chiamata idea."

Oscar Wilde
"
 
\\ Home Page : Archivio (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Di comidad (del 07/03/2024 @ 00:04:07, in Commentario 2024, linkato 7193 volte)
Secondo lo stracitato aforisma di Carl von Clausewitz, la guerra sarebbe la continuazione della politica con altri mezzi. Grazie all’intervento di Ursula von der Leyen del 28 febbraio scorso, quella concezione un po’ naif del vecchio generale prussiano è stata finalmente superata e aggiornata. Secondo la presidente della Commissione Europea la guerra infatti non è altro che continuare a derubare i contribuenti con tutti i mezzi. Non sono stati i soliti complottisti, ma la von der Leyen in persona a richiamare l’affinità con quanto accaduto con i vaccini. La cleptocrate blasonata ha invocato anche per le armi l’attuazione di appalti congiunti, così come era già accaduto per i vaccini e per il gas. Lo sfruttamento non avviene soltanto attraverso il lavoro ma anche con la leva fiscale ai danni dei più poveri, con aumenti di accise e tariffe energetiche, ed anche dirottando la spesa dai servizi pubblici agli oligopoli dei farmaci e delle armi, feticizzando le loro inutili e costosissime merci con immaginari contenuti salvifici.
Il crescente trasferimento di reddito dalle classi subalterne alle oligarchie necessita di un’opera di distrazione, che non esiti a far leva anche su sentimenti sacrosanti come il timore della guerra mondiale o come l’orrore per il genocidio. Gli atteggiamenti da “miles gloriosus” di Macron, oppure i piagnistei di Fiamma Nirenstein sui poveri soldati israeliani costretti a sparare sulla folla inerme (visto che rimediano figure di merda non appena si scontrano con persone armate), rappresentano solo diversivi. L’attenzione viene deviata da quelle macchine da furto del pubblico denaro che sono le lobby d’affari dietro i “brand” della NATO, dell’UE e di Israele. La confusione mediatica fa anche perdere di vista il fatto che il maggiore gettito fiscale non è quello che deriva dalle imposte sul reddito, bensì quello che proviene dalle imposte sui consumi; perciò il vero (anzi, unico) contribuente è quello povero, quello che non ha possibilità di scaricare su altri le maggiori spese. Le destre (come dimostra il caso della Thatcher) fanno retorica contro le tasse, ma di fatto finanziano gli sgravi fiscali sulle persone fisiche e sulle società aumentando le imposte indirette come IVA e accise. Il rapporto sottostante al bellicismo (più o meno velleitario) verso l’esterno è sempre la guerra di classe all’interno.

La blasonata cleptocrate di Bruxelles ha superato non soltanto Carl von Clausewitz ma anche un altro suo noto conterraneo, Carl Schmitt; cioè quell’altro sprovveduto che diceva che la politica internazionale sarebbe basata sul principio secondo cui il nemico del mio nemico è mio amico. Il nuovo verbo strategico illustrato dalla von der Leyen nel suo storico discorso ha spazzato via quelle ubbie del vetusto giurista tedesco e dettato la nuova linea: se il tuo nemico ha un nemico, rendiglielo amico, in modo che potrai avere tantissimi nemici per giustificare crescenti spese militari. Russia e Iran erano storici rivali ma ora collaborano tra loro moltiplicando la minaccia nei confronti del Sacro Occidente. Persino la Corea del Nord ora può scavalcare migliaia e migliaia di chilometri e, con un magico balzo, ci minaccia come se fosse a ridosso dei nostri confini. Inflazionare la minaccia fa ovviamente gonfiare i titoli di Borsa delle multinazionali delle armi. Anche Mussolini è stato così riveduto e corretto: dal “molti nemici, molto onore” al “molti nemici, molti soldi” . In realtà pare che la frase non fosse del Duce ma del condottiero tedesco Georg von Frundsberg, che sarebbe quindi il terzo “von” di questa storia.
La concezione tradizionale dell’imperialismo lo inquadrava come un espansionismo militare, territoriale e mercantile delle grandi potenze. Oltre un secolo fa il socialista austriaco Rudolf Hilferding (in parte ripreso da Lenin), definì l’imperialismo come una internazionalizzazione della finanza in conseguenza dell’evoluzione monopolistica ed oligopolistica del capitalismo. Un altro aspetto dell’imperialismo consiste però nel ruolo “creativo” delle cleptocrazie dei paesi cosiddetti “satelliti”; un ruolo che si rivela decisivo nello strutturare la gerarchia internazionale e nel fornirle narrazione ed alibi. La funzione servile delle cleptocrazie europee infatti mitizza ed enfatizza la potenza americana, attribuendole una missione di guardiano e tutore del mondo. In realtà gli USA non sono mai stati abbastanza forti militarmente da poter svolgere in modo effettivo quel “tutoraggio”; in compenso hanno capacità sufficiente per destabilizzare varie aree del pianeta. Il mito imperiale del tutore copre la spinta imperialistica alla destabilizzazione ed ai conseguenti business delle armi o dei sovrapprezzi sull’energia. Il riferimento principale degli oligopoli dei farmaci e delle armi non è più il mitico “mercato”, bensì la committenza dei governi, cioè la spesa pubblica. Persino gli incrementi dei valori di Borsa sono bolle fittizie, che devono essere riempite con il denaro pubblico. Il “Financial Times” ci fa sapere che ultimamente le grandi multinazionali statunitensi delle armi non hanno registrato incrementi dei valori azionari paragonabili a quelli delle multinazionali europee; ciò a causa del caos della politica di Washington, che non ha ancora approvato lo stanziamento della spesa per gli “aiuti a Kiev”. La dipendenza del capitalismo oligopolistico dal denaro pubblico non poteva essere esposta in modo più chiaro; al punto che parlare di “capitalismo” si risolve nell’inseguire una inutile astrazione giuridica, perciò tanto vale chiamarlo direttamente assistenzialismo per ricchi.
Articolo (p)Link   Storico Archivio  Stampa Stampa
 
Di comidad (del 14/03/2024 @ 00:08:23, in Commentario 2024, linkato 7465 volte)
La locuzione “ha stato Putin” è diventata popolare, addirittura proverbiale, e indica il vezzo occidentalista di ritrovarsi un colpevole già pronto per l’uso, in modo da coprire le proprie responsabilità. Sarà difficile però spiegare la quasi unanime adesione del parlamento italiano alla missione navale “Aspides” nel Mar Rosso con un “ha stato Biden”, cioè nascondendosi dietro la consueta denuncia della servile fedeltà italica all’alleato americano. Una linea politica può non essere nelle condizioni di prevalere, ma deve comunque reggere sul piano comunicativo, cioè non smentirsi da sola. Se dico che sono contro ogni imperialismo compreso il nostro, e quindi anche contro le velleità dei nostri oligarchi di ritagliarsi uno spazio sub-imperialista all’ombra della potenza dominante, allora c’è un senso. Se invece faccio appello all’interesse nazionale, mi riferisco ad un’astrazione fumosa che viene screditata dal fatto stesso che gli oligarchi di un paese ritengono di avere altri interessi da seguire.
Se la critica non ha una logica, poi te la dovrai rimangiare nella pratica. Nel dicembre scorso Giuseppe Conte aveva accusato il governo Meloni di “turbo-atlantismo” per la decisione di inviare una fregata nel Mar Rosso, ed infatti ora i 5 Stelle si allineano al mantra ufficiale della “missione difensiva”. In realtà prima di infilarci da soli in questo conflitto, non solo non ci minacciava o filava nessuno, ma c’era anche la possibilità di accampare ogni genere di pretesto o intoppo “tecnico” per sottrarsi all’escalation militare. Il problema sta nell’eterno costume dell’oligarchia dell’Italietta: si cercano sponde estere e “vincoli esterni” da utilizzare come alibi; in tal modo la propria avarizia e le proprie vendette sociali le si possono spacciare come “europeismo”, mentre le proprie pulsioni colonialiste e sub-imperialiste le si possono nobilitare come “atlantismo”; invece è tutto “cosa nostra”.
La nostrana cleptocrazia militare ha il suo interesse all’escalation e quindi nessuna intenzione di sottrarsi. Il ministro della Difesa, e lobbista di Leonardo Finmeccanica, Guido Crosetto, ci ha raccontato che mandare la nave “Caio Duilio” a combattere i cartaginesi nel Mar Rosso gli dà doppia soddisfazione, perché è come far guerra anche a Cina e Russia. Il ministro arriva poi al sodo dicendo che la missione “Aspides” richiede “fondi aggiuntivi”. Nessuno ne aveva dubitato. Pare che siano in arrivo anche fondi europei, visto che la missione ha il crisma dell’UE, perciò l’affare promette bene. Peccato che il governo Meloni si sia dimenticato di distribuire una fettina della torta agli umili, cioè un’indennità di rischio ai marinai impegnati nella missione, come era invece avvenuto in analoghi casi precedenti. Ci saranno però sicuramente proteste dei militari e l’ingiustizia verrà sanata, altrimenti il prossimo drone che passa da quelle parti faranno finta di non vederlo.

Oggi sta passando il mantra secondo cui il conflitto in Ucraina sarebbe esclusivamente di marca USA e a danno di un’Europa inetta e servile, che si piega agli interessi del suo padrone d’oltre Atlantico. Ma ogni tanto è anche utile ascoltare l’altra campana. In un’intervista del 2016 Barack Obama faceva delle dichiarazioni che, anche prese con le molle, risultano comunque interessanti sul modo in cui i governi europei riescono a veicolare il proprio colonialismo usando l’alibi atlantico. Obama sosteneva di aver commesso un errore lasciandosi coinvolgere nell’aggressione della NATO alla Libia del 2011. Obama riconosceva altresì che Hillary Clinton (suo segretario di Stato dell’epoca), era, come sempre, assetata di sangue. Ma il vero bidone Obama lo aveva rimediato dal presidente francese Sarkozy e dal primo ministro britannico Cameron, che gli avevano fatto credere di poter sostenere il peso dell’impresa militare, che invece andò completamente a carico degli USA. Dopo pochi giorni il “guerriero” Cameron era addirittura passato ad altri impegni, facendo il parassita persino più di Sarkozy (probabilmente avevano entrambi finito le munizioni). Per inciso, va ricordato che, dopo le prime titubanze del Buffone di Arcore, anche l’adesione italica alla guerra fu compatta e trasversale. L’unico dissenziente (almeno a chiacchiere) fu l’allora sottosegretario alla Difesa Crosetto, forse perché non coinvolto abbastanza nello “stanziamento dei fondi”.
Obama ha il suo bravo curriculum di assassino seriale grazie alla fama della “Kill List” da lui messa in opera; inoltre ha acquisito un record personale come mercante d’armi, quindi come “pacifista” non è attendibile; anche se a riguardo è ancor meno attendibile il cialtrone Trump, visto che è stato lui, non Obama, ad avviare il trasferimento di armi all’Ucraina. Il senso del discorso di Obama però è abbastanza chiaro: qui negli USA non siamo tutti guerrafondai fino all’autolesionismo; ma purtroppo i “falchi” di casa nostra trovano sempre la sponda dei “cari alleati europei”, che, col loro subdolo servilismo, sanno manipolarci. Lo stesso Obama si vantava di essere riuscito a sottrarsi all’impegno di un’aggressione diretta alla Siria del 2013, sebbene apparisse ormai incastrato dall’asse tra Regno Unito, Francia, Qatar ed Arabia Saudita; gli stessi paesi che nel 2011 avevano avviato la destabilizzazione della Libia ed il conseguente conflitto. Un dettaglio interessante, e non sottolineato nell’intervista, è che quella crisi del 2013 fu causata da un attacco chimico attribuito ad Assad, e successivamente rivelatosi un “false flag”.
A proposito di “false flag”, è strano che gli Stati Uniti abbiano come mito fondatore della loro nazione proprio un poco onorevole “false flag”, cioè il famoso episodio del “Tea Party” del 1773, quando nel porto di Boston dei coloni americani, travestiti da indiani Mohawk, attaccarono una nave della Compagnia delle Indie gettandone il carico in mare. L’iconografia successiva ha rappresentato i coloni come travestiti da indiani della prateria, come se si trattasse di un semplice camuffamento. In realtà i Mohawk erano originari dell’area che attualmente va dallo Stato di New York al Canada, erano formalmente alleati della Corona inglese, ed inoltre erano dediti al commercio di pesce e pellicce, quindi la loro presenza nel porto di Boston era del tutto abituale; perciò il travestimento da indiani Mohawk comportava un preciso intento di scaricare su altri la responsabilità dell’attentato. Ancora più strano è che in questi giochi in cui gli americani sono storicamente così bravi, cioè lo scaricabarile ed il parassitismo, si facciano ogni tanto battere dagli europei.
Articolo (p)Link   Storico Archivio  Stampa Stampa
 
Pagine: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 114 115 116 117 118 119 120 121 122 123 124 125 126 127 128 129 130 131 132 133 134 135 136 137 138 139 140 141 142 143 144 145 146 147 148 149 150 151 152 153 154 155 156 157 158 159 160 161 162 163 164 165 166 167 168 169 170 171 172 173 174 175 176 177 178 179 180 181 182 183 184 185 186 187 188 189 190 191 192 193 194 195 196 197 198 199 200 201 202 203 204 205 206 207 208 209 210 211 212 213 214 215 216 217 218 219 220 221 222 223 224 225 226 227 228 229 230 231 232 233 234 235 236 237 238 239 240 241 242 243 244 245 246 247 248 249 250 251 252 253 254 255 256 257 258 259 260 261 262 263 264 265 266 267 268 269 270 271 272 273 274 275 276 277 278 279 280 281 282 283 284 285 286 287 288 289 290 291 292 293 294 295 296 297 298 299 300 301 302 303 304 305 306 307 308 309 310 311 312 313 314 315 316 317 318 319 320 321 322 323 324 325 326 327 328 329 330 331 332 333 334 335 336 337 338 339 340 341 342 343 344 345 346 347 348 349 350 351 352 353 354 355 356 357 358 359 360 361 362 363 364 365 366 367 368 369 370 371 372 373 374 375 376 377 378 379 380 381 382 383 384 385 386 387 388 389 390 391 392 393 394 395 396 397 398 399 400 401 402 403 404 405 406 407 408 409 410 411 412 413 414 415 416 417 418 419 420 421 422 423 424 425 426 427 428 429 430 431 432 433 434 435 436 437 438 439 440 441 442 443 444 445 446 447 448 449 450 451 452 453 454 455 456 457 458 459 460 461 462 463 464 465 466 467 468 469 470 471 472 473 474 475 476 477 478 479 480 481 482 483 484 485 486 487 488 489 490 491 492 493 494 495 496 497 498 499 500 501 502 503 504 505 506 507 508 509 510 511 512 513 514 515 516 517 518 519 520 521 522 523 524 525 526 527 528 529 530 531 532 533 534 535 536 537 538 539 540 541 542 543 544 545 546 547 548 549 550 551 552 553 554 555 556 557 558 559 560 561 562 563 564 565 566 567 568 569 570 571 572 573 574 575 576 577 578 579 580 581 582 583 584 585 586 587 588 589 590 591 592 593 594 595 596 597 598 599 600 601 602 603 604 605 606 607

Cerca per parola chiave
 

Titolo
Aforismi (5)
Bollettino (7)
Commentario 2005 (25)
Commentario 2006 (52)
Commentario 2007 (53)
Commentario 2008 (53)
Commentario 2009 (53)
Commentario 2010 (52)
Commentario 2011 (52)
Commentario 2012 (52)
Commentario 2013 (53)
Commentario 2014 (54)
Commentario 2015 (52)
Commentario 2016 (52)
Commentario 2017 (52)
Commentario 2018 (52)
Commentario 2019 (52)
Commentario 2020 (54)
Commentario 2021 (52)
Commentario 2022 (53)
Commentario 2023 (53)
Commentario 2024 (48)
Commenti Flash (62)
Documenti (30)
Emergenze Morali (1)
Falso Movimento (11)
Fenêtre Francophone (6)
Finestra anglofona (1)
In evidenza (33)
Links (1)
Manuale del piccolo colonialista (19)
Riceviamo e pubblichiamo (1)
Storia (9)
Testi di riferimento (9)



Titolo
Icone (13)


Titolo
FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


08/12/2024 @ 13:09:31
script eseguito in 47 ms