Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Una famosa canzone di Luigi Tenco diceva: “Mi sono innamorato di te perché non avevo niente da fare”. La si potrebbe attualizzare con un: “Ho firmato un trattato con te perché non avevo niente da fare”. Il riferimento è a casi come il Trattato di Aquisgrana del 2019 tra Francia e Germania, oppure al Trattato del Quirinale di pochi giorni fa tra Francia e Italia. Per il trattato del 2019 si parlò addirittura di nascita della “Framania”, mentre oggi, per fortuna, nessuno si è azzardato a parlare di “Fritalia”. Questi trattati bilaterali tra Stati europei, oltre a contraddire la mitologia sull’Unione Europea, appaiono in parte superflui, poiché ribadiscono una prassi di affari legati agli armamenti che sarebbe persino meglio dissimulare; oppure appaiono velleitari, in quanto vorrebbero conferire al militarismo degli affari anche una valenza strategica quantomeno surreale.
La retorica sulla “Difesa Europea” è infatti smentita dal dato oggettivo che l’Europa dell’Est è un feudo statunitense all’interno della NATO. Il tentativo da parte di USA e Polonia di annettere l’Ucraina alla NATO trova resistenze sempre più decise da parte della Russia, e queste resistenze non si allenterebbero neppure se invece di Putin al Cremlino ci fosse Madre Teresa di Calcutta. La neutralità dell’Ucraina per la Russia è questione di sopravvivenza, ed una dissoluzione della Russia non conviene a nessun Paese dell’Europa occidentale. Soprattutto non converrebbe alla Germania, che se la dovrebbe vedere con una Polonia assurta al rango di superpotenza regionale, che dopo aver regolato i conti con la Russia vorrebbe regolarli anche con la Germania. Eppure, contro i propri interessi, gli Stati dell’Europa occidentale sono tutti allineati con Washington nel proseguire le provocazioni contro la Russia.
Si è detto anche che il Trattato del Quirinale sottintenderebbe un accordo tra Francia e Italia per frenare le ambizioni imperiali della Turchia di Erdogan nel Nord-Africa. Ma prima di trovare a riguardo un accordo con l’Italia, la Francia dovrebbe anzitutto trovare un accordo con se stessa. Nel 2020 Macron sembrava aver sposato per la Libia la causa del generale Haftar, salvo poi mollarlo, persino prima che fosse Erdogan ad imporgli l’alt alla conquista di Tripoli. Parigi vorrebbe proseguire la sua politica imperialistica in Africa, ma non ne ha né i mezzi, né la determinazione.
Altra ipotesi del tutto assurda sul Trattato del Quirinale sarebbe quella di un’intesa franco-italiana per contrastare un eventuale ritorno della Germania all’austerità. Quest’ipotesi rappresenta uno di quei casi in cui la propaganda prende la mano anche agli analisti. Il potere contrattuale della Germania nei confronti di Francia e Italia è pressoché nullo. Sono state proprio l’Italia, e poi a seguire la Francia con la trovata del Recovery Fund, ad accreditare il falso mito che sia la Germania a garantire per il debito dei soci europei; e basterebbe la pochezza finanziaria del Recovery Fund a smentire la fiaba.
In realtà il “vincolo esterno” del rigorismo tedesco è solo un’invenzione, dell’oligarchia italiana. Il “vincolo esterno” ha una doppia valenza: serve come alibi per attuare una vendetta sociale contro la propria popolazione, ma, al tempo stesso, rappresenta per l’oligarchia nostrana una leva in campo internazionale. Come sapeva già Diogene, il servilismo e l’adulazione sono anche tecniche di dominio, un modo di manipolare e condizionare i soggetti più forti, ed è quello che l’oligarchia italiana fa da decenni nei confronti della Germania, sempre più “trascinata” nel progetto europeo. Il Trattato del Quirinale , voluto da Gentiloni e Letta, rappresenta un analogo tentativo nei confronti della Francia, ma stavolta l’operazione adulatoria risulta segnata da una notevole goffaggine.
Comunque tutto ciò sarebbe ancora nella “norma”: da sempre le oligarchie fanno il proprio mestiere, che è quello di cercare di escludere dal potere e dal reddito la gran parte della popolazione e di partecipare alla gara imperialistica in base ai mezzi che si hanno a disposizione. Le oligarchie tendono per loro natura a costituirsi in una sorta di “bolla” ed a sradicarsi dal proprio territorio per aspirare ad integrarsi con le altre oligarchie. Il punto è che in questa fase la bolla oligarchica ha assunto caratteristiche di autoreferenzialità del tutto esasperate, che possono essere spiegate soltanto col fatto nuovo del “Quantitative Easing”, il cosiddetto “alleggerimento quantitativo” operato da banche centrali come la Banca Centrale Europea: un acquisto massiccio di titoli pubblici e privati operato grazie ad una immissione senza precedenti di liquidità monetaria. Dal marzo dell’anno scorso il QE della BCE ha assunto una forma ancora più “hard” con il PEPP, Pandemic Emergency Purchase Programme.
Il denaro è capace non solo di comprarti ma anche di suggestionarti, e la possibilità di indebitarsi con tassi prossimi allo zero induce nelle oligarchie una condizione di euforia che determina persino l’illusione di poter fare a meno della propria popolazione, o anche di poterne disporre a piacimento. Il perdurare di questo stato di suggestione delle oligarchie è legato alle sorti della bolla finanziaria creata dal QE.
I media sono impegnati su dilemmi decisivi per le sorti dell’umanità, come stabilire se la perplessità del professor Crisanti sul battesimo dei bambini col sacro siero vada considerata un’eresia o addirittura apostasia. Nel frattempo hanno giustamente un posto secondario nei media scadenze come la fine, nel marzo prossimo, del piano straordinario di acquisti per l’emergenza pandemica da parte della Banca Centrale Europea, il PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme). Per la verità la gran parte dell’opinione pubblica non sa neppure cosa sia il PEPP e che ruolo abbia svolto in questi ultimi due anni.
Il PEPP iniziò nel marzo del 2020, nel periodo dei lockdown. La politica delle chiusure si è poggiata su due pilastri: la digitalizzazione e le iniezioni di liquidità monetaria da parte della BCE. Quel poco di libertà che ci veniva concesso non era dovuto a chimere come la democrazia e i diritti costituzionali, bensì al fatto che non c’erano ancora gli strumenti tecnici e finanziari per incatenarci tutti. Senza le attuali tecnologie digitali infatti i lockdown sarebbero stati impossibili, per cui se il Covid fosse arrivato venti anni fa i governi o sarebbero stati costretti a potenziare le strutture sanitarie (invece di smantellarle), oppure, più probabilmente, avrebbero fatto finta di nulla. Alcuni pensano che le pressioni della lobby del digitale siano state persino decisive nell’attuare la scelta dei lockdown prima e del Green Pass poi, ma queste sono le solite fantasie complottiste.
Non meno importante durante i lockdown è stato il ruolo della BCE, che ha permesso ai governi di supplire al crollo delle entrate fiscali dovuto al blocco delle attività economiche. Tuttora i governi devono la loro capacità di spesa alle “terapie intensive”, alle iperventilazioni polmonari da parte della BCE, mentre la pioggia di miliardi del Recovery Fund è rimasta nel mondo delle fiabe. Quest’anno la BCE ha immesso nelle finanze degli Stati e delle imprese 1850 miliardi effettivi.
I 750 miliardi del Recovery Fund invece sono rimasti finora quasi solo sulla carta, visto che ad agosto ci sono arrivati appena 25 miliardi, mentre la raccolta finanziaria tramite i Recoverybond va a rilento. Nell’estate scorsa è stata spacciata come una grande notizia il fatto che fossero stati piazzati i primi 20 (venti!) miliardi di Recoverybond. Ciononostante i media continuano a narrarci che adesso sia la Germania a salvare l’Italia dal default garantendo per il Recovery Fund. Si tratta di mitologie europeiste in funzione di un altrettanto fittizio “vincolo esterno”, che serve da alibi all’avara oligarchia nostrana per imporre un’austerità che invece è tutta farina del suo sacco.
L’emergenza pandemica non è stata soltanto una droga euforizzante per le oligarchie e per la loro opinione pubblica di riferimento, ma anche una droga finanziaria: risorse monetarie illimitate, create dal nulla ed erogate dalla BCE, per indebitarsi a tassi prossimi allo zero, o addirittura inferiori allo zero. Con governi che fanno deficit al di sopra del 10% non c’è da stupirsi che il PIL adesso cresca. Ma la crescita del PIL corrisponde ad un’effettiva crescita dell’economia? Pare proprio di no, dato che vi sono problemi di approvvigionamento delle materie prime e scarseggiano persino i semiconduttori necessari ai processi produttivi. I lockdown hanno innescato un caos speculativo di cui ora si vedono le conseguenze. I fattori del caos c’erano comunque da prima. Se i dati ufficiali sono corretti, Taiwan controlla attualmente il 65% della produzione mondiale di semiconduttori e la Corea del Sud ne controlla il 19%, quindi l’intera economia mondiale dipende da due soli Paesi.
La prospettiva di una vera ripresa economica fa persino paura alla lobby oggi prevalente, quella dei grandi creditori, cioè i fondi di investimento, perché un rilancio della produzione, e quindi della domanda di materie prime di beni di consumo, comporterebbero sicuramente un’inflazione a due cifre, con la conseguente perdita del valore dei crediti. I media, sempre generosi e compassionevoli verso i poveri, ci parlano dell’inflazione soltanto come perdita del potere d’acquisto dei salari, il che è vero, ma solo in parte. Con una ripresa economica infatti aumenterebbe anche il potere contrattuale dei lavoratori, quindi i salari potrebbero aumentare: certamente una prospettiva da scongiurare. Molto meglio per i fondi di investimento come Blackrock e Vanguard Group approfittare della depressione per accelerare la concentrazione dei capitali, acquisendo il controllo azionario di banche e imprese. A causa del rischio di un nuovo lockdown, per le aziende del turismo invernale si prepara un altro inverno buio, perciò non sarà difficile acquisirne il controllo azionario a prezzi stracciati.
Visto che le cose sono così complicate, la tentazione di tenere tutto sospeso e di perpetuare l’emergenza è davvero forte. Sarebbe un bel guaio se nel marzo prossimo le iniezioni di liquidità della BCE si affievolissero, perciò per convincere la BCE a continuare il PEPP, o per offrirle un alibi per continuarlo, è bene spingere l’acceleratore sul rischio pandemico. Benvenuta quindi la variante sudafricana e tutte le altre possibili varianti del virus. Per dare sostanza al tutto ci vuole anche un bel lockdown che faccia toccare con mano l’emergenza. Le “virtuose” Austria e Olanda hanno così scavalcato l’Italia in fatto di emergenzialismo e iniziato per prime i lockdown. Più sono “virtuosi” e più presto imparano a fare i furbi.
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