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"La distruzione di ogni potere politico è il primo dovere del proletariato. Ogni organizzazione di un potere politico cosiddetto provvisorio e rivoluzionario per portare questa distruzione non può essere che un inganno ulteriore e sarebbe per il proletariato altrettanto pericoloso quanto tutti i governi esistenti oggi."

Congresso Antiautoritario Internazionale di Saint Imier, 1872
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Di comidad (del 24/07/2025 @ 00:05:10, in Commentario 2025, linkato 6124 volte)
Nel Sacro Occidente le reazioni al recente bombardamento israeliano su siti governativi di Damasco hanno ricalcato lo schema consueto in questi casi: mentre i media hanno sposato acriticamente la fiabesca narrazione israeliana sulla presunta necessità di difendere la minoranza drusa in Siria, i governi hanno preso timidamente le distanze dall’attacco. L’amministrazione Trump ha dovuto quantomeno ostentare del disappunto, dato che aveva ufficialmente investito sul nuovo governo filo-occidentale e filo-sionista della Siria, rimuovendo le pluridecennali sanzioni economiche, spingendo i ministri degli Esteri europei a correre a stringere la mano al tagliagole insediatosi al posto del vituperato Assad, ed inducendo anche le petro-monarchie del Golfo a creare una rete di affari col nuovo regime. In realtà l’attacco su Damasco della settimana scorsa non può essere considerato una sorpresa, visto che arriva dopo centinaia di bombardamenti israeliani sulla Siria, effettuati con i più vari pretesti ed intensificati dopo la caduta di Assad. La “mediazione” americana nella vicenda è poi consistita nel costringere il governo di Damasco a ritirare le sue truppe dal sud della Siria, esattamente come pretendeva Israele. Il “disappunto” di Trump non impedirà a Netanyahu di continuare ad auto-invitarsi alla Casa Bianca ogni volta che gli parrà. Come al solito, il comportamento di Israele viene condannato in via meramente retorica, e ciò consente ai sionisti di fare il proprio comodo atteggiandosi a vittime e incompresi.
Anche se al posto di Trump ci fosse uno un po’ meno cialtrone e meno ricattabile di lui, l’amministrazione di Washington sarebbe altrettanto impotente e remissiva davanti ai fatti compiuti di Netanyahu, qualunque fosse il prezzo da pagare per gli USA. Lo Stato è un’astrazione giuridica che si impantana nella sua stessa finzione, secondo la quale un complesso di procedure e di apparati sarebbe in grado di agire come un unico soggetto politico. Israele non è uno Stato, è un’entità coloniale, quindi funziona soltanto in relazione e in intreccio con altre entità esterne che lo tengono artificiosamente in vita. Con un termine edulcorato questo intreccio può essere definito “lobby”, ma propriamente è un’associazione a delinquere internazionale; è infatti la natura delittuosa, cioè avere un reato da commettere, a conferire senso, precisione, determinazione e ferrea solidarietà alla lobby, la quale può impadronirsi degli Stati e parassitarne le risorse. Ad esempio, nel 2016 l’amministrazione Obama varò un pacchetto di quattordici miliardi per aiuti militari a Israele, ma il senatore Lindsey Graham dichiarò che, quali che fossero stati gli accordi dell’amministrazione col Congresso, ciò non avrebbe impedito ai parlamentari di approvare leggi per stanziare ulteriori risorse finanziarie per altri aiuti a Israele. Si tratta perciò di una vera e propria gara a dare sempre più soldi a Israele, ed è denaro dei contribuenti, cioè dei poveri, dato che negli USA i ricchi non pagano quasi più tasse. Non ci vuole una mente superiore per capire che è un giro di corruzione e che una parte dei soldi per Israele viene poi redistribuita a quelli che li hanno stanziati. La politica statunitense esprime da decenni questi strani presidenti ombra, come John McCain e Lindsey Graham, il cui ruolo è rilanciare continuamente le pretese della cleptocrazia.

Il nuovo presidente siriano appartiene ad una etnia inferiore, a cui non è riconosciuto il privilegio di delinquere impunemente come Lindsey Graham, perciò è costretto a cercare di ripulirsi dei suoi crimini. Per questo motivo cambia nome una volta a settimana, ma purtroppo la sua sorte politica si presenta altrettanto precaria, dato che le sue offerte di amicizia ed alleanza ad Israele non gli stanno portando molte gratificazioni; inoltre colui che dovrebbe essere il suo principale sponsor, il presidente turco Erdogan, lo difende solo a chiacchiere perché non può rischiare di scontrarsi con gli USA. Allo stato attuale appare chiusa anche l’ipotesi di una spartizione della Siria, dato che le truppe israeliane sono arrivate praticamente alle porte di Damasco, che quindi non sarebbe capitale neanche di se stessa. Le milizie mercenarie che oggi sostengono il nuovo governo siriano rischiano perciò di ritrovarsi senza prospettive di reddito e carriera.
In queste condizioni l’unica alternativa al caos tribale ed alla guerra civile permanente in Siria, potrebbe essere ciò che appariva impensabile fino a qualche mese fa, cioè un reinserimento dell’Iran nell’area. La Siria infatti confina con il Libano e l’Iraq, dove si trovano varie milizie filo-iraniane, ed anche militari del regime di Assad. I media hanno cercato di vendere una presunta vittoria israeliana su Hezbollah, ma in realtà la milizia libanese sciita si trova costretta all’angolo proprio per la attuale presenza di un governo ostile in Siria. Se quel governo filo-occidentale dovesse cadere, i giochi si riaprirebbero. La Turchia di Erdogan ha estromesso dalla Siria l’Iran, ma ora Israele rischia di riaprirgli le porte. In effetti il ministro degli Esteri iraniano ha preso esplicitamente posizione a favore della integrità territoriale della Siria, ed è quindi evidente che sta cercando un canale di dialogo con le etnie siriane.
La storiella sulla difesa dei drusi ha fatto andare in brodo di giuggiole i fan di Israele. Stranamente è proprio una parte della stampa sionista ad essere un po’ meno entusiasta, dato che è memore dei precedenti risultati di queste ipocrite “adozioni” nei confronti di minoranze etnico-religiose; Israele ha infatti dimostrato di possedere il tocco di Mida all’incontrario. Il giornalista Lazar Berman (omonimo del famoso pianista) ricorda il disastroso precedente della difesa nei confronti dei cristiano-maroniti in Libano negli anni ’80. Berman non entra nei dettagli, ma si può ricordare che il senso di impunità conferito dalla copertura da parte di Israele, portò le milizie maronite a compiere le stragi nei campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila nel settembre del 1982. A quei tempi ci si indignava ancora per queste cose. Il risultato duraturo dell’invasione israeliana del Libano negli anni ’80 fu la nascita della milizia sciita Hezbollah nel 1985. La propaganda occidentale però attribuisce ad Hezbollah anche gli attacchi del 1983 a Beirut alle caserme dei marines americani e dei paracadutisti francesi. Le forze armate americane e francesi non subivano ecatombi del genere dai tempi di Iwo Jima e Dien Bien Phu, il che conferma che dal punto di vista strategico Israele è più una fonte di guai che una risorsa. Il punto di forza di Israele rimane però il fatto di rappresentare una delle maggiori sponde per le cleptocrazie occidentali, e non solo occidentali.
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Di comidad (del 17/07/2025 @ 00:04:57, in Commentario 2025, linkato 6111 volte)
Ci sono luoghi comuni che resistono a qualsiasi smentita da parte dell’esperienza. In particolare sopravvive la falsa convinzione che gli Stati regolino la loro politica per mezzo di processi decisionali, che potranno essere trasparenti oppure oscuri a seconda dei casi. Fortunatamente però ogni tanto qualcuno ci viene a raccontare come funzionano veramente le cose. Sul quotidiano “Times of Israel” del 18 maggio scorso un tale Lazar Berman intratteneva i lettori sulla questione della apparente impasse determinatasi per Israele a causa di alcuni comportamenti di Trump, che sembrava intenzionato a privilegiare gli affari multimiliardari con le monarchie del Golfo invece che i desiderata di Netanyahu, che per gli USA rappresenta un costo pesante. L’articolo perveniva però ad una conclusione rassicurante per il lettore sionista; in quanto, al di là dei personali desideri di Trump, alla fine Israele potrebbe far valere ugualmente il suo punto di vista semplicemente tenendo in mano l’iniziativa, ovvero mettendo tutti davanti al fatto compiuto. Come a dire che gli Stati non sono veri soggetti politici, e tutto funziona come in un gruppazzo di adolescenti, nel quale comanda il più bullo e tutti gli altri cercano di salire nella gerarchia facendo a gara a compiacerlo.
L’articolo di Berman infatti si è rivelato fondato e persino preveggente, nel senso che meno di un mese dopo Israele ha potuto far saltare il tavolo negoziale tra USA e Iran procedendo ad un attacco ed ad un tentativo di decapitazione del regime di Teheran. Come previsto dall’autore dell’articolo, Trump non è stato capace di opporsi al fatto compiuto, ed è persino corso a mettere il suo cappello su un’iniziativa che gli veniva spacciata come trionfale. In definitiva, Trump non poteva rischiare di non salire sul carro del vincitore, tantomeno rischiare di trovarsi contro l’AIPAC, che lo ha fatto eleggere; e neppure poteva trovarsi contro i media, che sono controllati dai neoconservatori. In effetti Netanyahu sembra essersi stabilito alla Casa Bianca e probabilmente è Trump a dover dormire sul divano. Secondo l’articolo di Berman, in Israele ci si lamenta del fatto che Netanyahu abbia allestito negli USA un “one man show” senza lasciare un po’ di protagonismo anche ad altri esponenti del regime; quindi Trump rischia addirittura di finire a fare il campeggiatore sui prati della Casa Bianca.
Secondo un articolo su “Le Monde” del 23 giugno scorso, le monarchie del Golfo avrebbero scoperto che il ruolo di destabilizzatore dell’area non è dell’Iran ma di Israele. In realtà l’Arabia Saudita e gli Emirati avevano fatto da tempo questa scoperta dell’acqua calda; il punto semmai è che le petro-monarchie si erano illuse che Trump potesse far valere il suo sogno pornografico di mega-contratti d’affari con loro; invece ha rischiato addirittura la catastrofe commerciale della chiusura dello Stretto di Ormuz pur di compiacere Israele.

I ricchi non sono tali per virtù propria, bensì per l’ingranaggio relazionale di cui fanno parte; ciò spiega come mai Trump sia in grado soltanto di desiderare e non di volere. Del resto, se Trump non fosse così inconsistente non sarebbe stato messo alla presidenza. La stessa istituzione presidenziale non ha più un ruolo preminente nella politica estera statunitense, che viene egemonizzata dal più bullo, secondo lo schema emergenzialista di mettere tutti davanti al fatto compiuto; cioè rilanciare scavalcando ogni volta tutti gli altri col pretesto della minaccia del malvagio di turno. Il potere non funziona legalmente ma per abusi di potere. Il bullo alfa a cui gli altri si conformano è oggi il senatore Lindsey Grahame, che ha preso il posto del deceduto John McCain (quello che arringava le folle a Piazza Maidan durante il colpo di Stato del 2014 a Kiev). Grahame, come già McCaine, fa la sua politica estera; viaggia, incontra capi di Stato e di governo, rilascia dichiarazioni iperboliche e impegni irrealistici a nome degli USA, sia sull’Ucraina, sia su Israele, la cui “sicurezza” è identificata tout court con quella statunitense, per cui il patriottismo americano si misura in base alla fedeltà ad uno Stato straniero. Invece di reagire a queste invasioni di campo, Trump ne viene imbarazzato e costretto continuamente a inseguire.
Non sono quindi gli affari in generale a guidare la politica, ma sono quegli affari compatibili col bullismo e con la prassi dei fatti compiuti. Israele è un business che non crea nuovi commerci e nuovo valore, ma pesa esclusivamente sul denaro pubblico statunitense, che è quello che paga gli appalti per le forniture di armi all’IDF. Se a questo si aggiunge tutto il giro di fondazioni non profit che convogliano denaro esentasse verso Israele, ci si rende conto che attorno al sionismo si è consolidato un giro di evasione fiscale legalizzata e di riciclaggio. I neocon come Grahame non rappresentano un’ideologia; in realtà fanno lobbying militare e finanziario con tanto di imbonimento pubblicitario. Visto che si tratta di armi scadenti e di prodotti finanziari che non creano nuova ricchezza ma solo concentrazione di ricchezza, anche la pubblicità dovrà essere ingannevole.
Si tratta perciò di una cleptocrazia del tutto parassitaria che pesa completamente sui contribuenti, quelli che pagano le armi e gli interessi sul debito pubblico. La nozione di “contribuente” è sempre meno interclassista, tende infatti a identificarsi con i ceti più poveri. Trump ha confermato ed ampliato i tagli fiscali agli “investitori”, cioè ai ricchi, già da lui varati nel 2017; ovviamente ci sono stati anche tagli sulla copertura sanitaria per i più poveri. Il bello è che nel maggio scorso si era diffusa sui media la “notizia” secondo cui Trump aveva in programma di aumentare le tasse per i più ricchi; ma questa tecnica di intossicazione mediatica ormai è consolidata.
Nonostante il fiume di armi e denaro che lo inonda, Israele non può far valere i suoi obbiettivi, poiché questi obbiettivi non sono per niente precisi. Lo stesso articolo di Lazar Berman cita alcune fonti che affermano che per Israele la partita in Siria non è affatto chiusa e che l’attuale regime non durerà, poiché la storia insegna che prima del regime degli Assad in Siria era tutto un susseguirsi di colpi di Stato. Quindi, ai tempi di Assad la minaccia per Israele era la stabilità della Siria; adesso che non c’è più Assad, la minaccia è l'instabilità della Siria. Infatti, dopo la caduta di Assad i bombardamenti israeliani sulla Siria non sono diminuiti bensì aumentati. Un reportage della BBC, sebbene tutto favorevole a Israele, riconosce non solo che dalla caduta di Assad i bombardamenti sono stati centinaia, ma anche che quando Trump chiede a Netanyahu di smettere gli attacchi, questi dice sì e poi ricomincia a bombardare. Come dice il proverbio, se sei un martello per te tutto il mondo sarà un chiodo; se sei un bullo tutto sarà pretesto per aggredire.
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


21/10/2025 @ 01:51:17
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