Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
La dichiarazione del cancelliere tedesco a proposito di Israele che farebbe il lavoro sporco per noi, ha suscitato alternativamente approvazione o indignazione; in entrambi i casi per lo stesso motivo, cioè il fatto che Merz abbia affermato la necessità della violenza più estrema. Una violenza che viene poi voyeuristicamente affidata ad uno specialista del settore di cui ammirare le gesta. Insomma, Israele come porno-divo della violenza “hard”. Un esempio di questa pornografia della violenza è la famigerata poesia “Oh Israele”, scritta nel 2006 da Paolo Guzzanti per celebrare l’invasione israeliana del Libano.
Il mantra del “lavoro sporco” risulta narrativamente efficace, poiché unisce pretesti utilitaristici e suggestioni morbose; infatti lo slogan non è un’invenzione di Merz, e da molti anni ci si fa ricorso per magnificare la funzione terroristica di Israele nell’area medio-orientale. Nel 2019 ci si raccontava che le “pressioni” di Israele avrebbero ammorbidito l’Iran e lo avrebbero indotto a sedersi al tavolo negoziale con Trump. Sennonché oggi scopriamo che il tavolo negoziale viene fatto saltare da Israele e sarebbe poi Trump a dover fare il lavoro sporco per conto di Israele; che quindi spetterà sempre di più ai militari americani rischiare la pelle per parare il posteriore di Netanyahu. La ritorsione meramente simbolica attuata dall’Iran con il bombardamento della base USA in Qatar, ha offerto a Trump una via d’uscita e la possibilità di parlare di cessate il fuoco. Ma per Israele cessate il fuoco significa che il fuoco lo cessino gli altri, non Israele. L’Iran non ha accettato nessun accordo ma si è limitato a dichiarare che, se non attaccato, non attaccherà; infatti non esiste un processo decisionale con il quale misurarsi e trattare, poiché Netanyahu è un dispositivo automatico, mentre Trump è una banderuola. Nulla esclude quindi che tra un po’ il lavoro sporco possa toccare anche ai militari europei. C’è già il precedente delle missioni navali europee e americane nel Mar Rosso contro gli Houthi, che pure avevano come unico bersaglio le navi dirette a porti israeliani.
Come specialista della violenza Israele non è questo granché, visto che la spunta solo con gli inermi, altrimenti deve ricorrere all’aiuto degli altri. L’aggressione all’Iran non aveva nessun senso strategico, poiché Israele è un piccolo paese che basa la sua esistenza su una quindicina di infrastrutture, perciò non può sfidare una potenza dotata di un arsenale missilistico. Ci sono però altre specializzazioni nelle quali invece Israele non è male. Nel settembre del 2023 Israele è riuscito a rifilare alla Germania una patacca prodotta su licenza della Boeing, cioè il sistema antimissile Arrow 3, al modico prezzo di quattro miliardi.
Non si può neppure essere certi che Israele produca effettivamente qualcosa e non sia solo un brand. Il mito fasullo dell’efficienza militare israeliana è stato usato per sbolognare la merce di un’azienda nota per non riuscire a tenere in volo neppure gli aerei di linea. Oggi il fiasco del sistema Arrow 3 è sotto gli occhi di tutti, ma i ripetuti fallimenti dei test del sistema erano stati riportati persino dalla stampa israeliana.
Non c’è nulla di segreto, infatti è proprio la stampa israeliana a tenerci al corrente su come i miliardari russi aggirino fisco e sanzioni grazie ad un flusso di finanziamenti verso fondazioni non profit israeliane addette al “money laundering”. Israele ha potuto sfruttare in vari modi il privilegio di poter non aderire alle sanzioni occidentali contro la Russia. Israele è un’entità coloniale usata come sponda esterna da lobby delle armi e del riciclaggio; e ciò spiega come mai un paesotto dipendente in tutto e per tutto dal sostegno euro-americano, sembri assumere un ruolo egemone.
Una delle espressioni più fuorvianti in assoluto è quella di “interessi economici”, che, secondo alcuni, sarebbero anche all’origine delle guerre. In realtà perseguire l’interesse economico di un paese richiederebbe una lucida comparazione dei costi e dei ricavi, ed anche dei vantaggi e svantaggi dei vari gruppi sociali; quindi roba su cui bisogna riflettere e ponzare. Al contrario, un giro di denaro non implica sforzi mentali, è uno schema comportamentale, una corrente che trascina la cordata. La presenza di parte del regime russo in questa cordata potrebbe dar conto della surreale posizione tenuta dalla Russia dopo l’aggressione israeliana all’Iran. Particolarmente imbarazzante è risultata l’ambigua proposta di Putin di mediare nel conflitto, venendo incontro alle “preoccupazioni di sicurezza di Israele”. Dal capo di Stato della Russia ci si aspetterebbe che si preoccupasse degli interessi di sicurezza della Russia; tanto più che per l’AIPAC e per i neocon, “sicurezza d’Israele” significa balcanizzazione e caos tribale dall’Africa all’Asia, in modo che tutti i paesi siano bombardabili e saccheggiabili. L’Iran è praticamente al confine russo, visto che è separato solo dal lago detto Mar Caspio. L’Iran rappresenta inoltre il contrappeso regionale al peso degli Stati turcofoni che potrebbero saldarsi con le popolazioni turche interne alla Federazione Russa. Per la Russia l’Iran può essere il più odioso dei vicini, ma comunque non può permettersi una sua dissoluzione. Lo stesso concetto di alleanza quindi non ha alcun senso strategico; si tratta semmai di capire quali paesi ti facciano da ammortizzatore verso spinte destabilizzanti. Il modello da non seguire è la NATO, che costringe ad allearsi con paesi che possono solo metterti nei guai.
Risulta perciò ancora più patetico il fatto che Putin si sia messo a raccontare delle sue generose offerte di collaborazione militare che sarebbero state rifiutate dall’ingrato Iran; sembrava l’imitazione di Karamazov padre che, per fregare il figlio Dmitrij, lo accusa davanti a tutti di irriconoscenza.
Può apparire strano che degli Stati non siano in grado di perseguire i propri interessi strategici. Non è affatto strano se si considera che lo Stato è un soggetto chimerico, una mera astrazione giuridica, mentre nella realtà esistono i regimi, che sono un intreccio contraddittorio di oligarchie e dei loro giri d’affari, alcuni dei quali sono spesso incompatibili con la sopravvivenza di quella artificiosa e fragile costruzione chiamata nazione.
Per dirla alla Marlon Brando/Kurtz, ci sono in giro dei fantasmi che hanno mandato il loro garzone a riscuotere i sospesi. Ci volevano una sfrenata fantasia ed una totale mancanza di lucidità per concedere credito ad un cialtrone come Trump. Purtroppo anche un altro mito complementare che sembrava più verosimile, quello di Putin accreditato come grande “statista”, si sta sgretolando sotto i colpi dell’evidenza. In un recente articolo Giuseppe Gagliano si è soffermato sulle palesi analogie tra gli attacchi terroristici con droni da parte dell’Ucraina (o attribuiti all’Ucraina) in Russia, e di Israele (e forse non solo Israele) in Iran.
La definizione di terrorismo non ha una valenza morale ma tecnica; poiché, in entrambi i casi, dei mezzi di trasporto civile sono stati utilizzati come mascheramento per compiere attacchi nei confronti del nemico. Queste operazioni “sporche” sono sempre avvenute, ma chi le compiva, in caso di cattura, non poteva avvantaggiarsi dello status e dei diritti del prigioniero di guerra riconosciuti dalla Convenzione di Ginevra; questo però è l’aspetto meno interessante della questione. Nel suo recente articolo Gagliano non fa riferimento ad un altro suo articolo dell’ottobre del 2023 sulla sempre più stretta e articolata collaborazione militare tra Israele e Azerbaigian. Tra l’altro, tale collaborazione non prevede solo la fornitura di armamenti da parte di Israele, ma anche la licenza di fabbricazione di droni. Se si considera che l’Azerbaigian ha centinaia di chilometri di confine con la Russia e con l’Iran, e che consistenti minoranze azere sono presenti in Russia e in Iran, non si può evitare di fare due più due. A chi crede ancora alle fiabe sulle teocrazie, sulle mezzalune sciite e, in genere, sull’importanza politica della religione, va ricordato che l’Azerbaigian è di confessione islamica sciita esattamente come l’Iran, eppure ciò non ha impedito all’Azerbaigian di diventare il maggiore alleato asiatico della potenza più ostile all’Iran, cioè Israele.
L’alleanza militare tra Israele ed Azerbaigian ha avuto la sua massima manifestazione nel conflitto contro l’Armenia per il controllo del Nagorno Karabakh, che ha comportato una pulizia etnica nei confronti di circa centomila armeni. Manco a dirlo, la Russia, che per decenni aveva fatto da garante dell’equilibrio tra armeni e azeri, nel 2023 non ha mosso un dito per impedire che l’Azerbaigian facesse l’asso pigliatutto. Si è detto all’epoca che per Putin la priorità fosse l’Ucraina, come se ucraini e azeri non potessero cooperare contro la Russia sotto la regia del Mossad. Ancora più imprevidente la scelta di Putin e soci, se si tiene conto del fatto che nel 2023 l’Azerbaigian ha avviato una “partnership” militare anche col Regno Unito; quindi non solo Mossad ma anche MI6 al confine sud della Russia.
Quale paese poteva svolgere la funzione di sensale tra Israele ed un paese turcofono come l’Azerbaigian? La Turchia, ovviamente; la stessa Turchia ha aiutato l’Azerbaigian a liquidare gli armeni del Nagorno Karabakh, con l’avallo di Putin e soci, che non volevano guastare i rapporti con Ankara.
Visto che l’imperialismo turco aveva già ottenuto una notevole gratificazione nel Caucaso a spese dell’Armenia, Putin e soci nel dicembre dello scorso anno hanno pensato bene di concedergliene un’altra in Siria sacrificando lo storico alleato Assad. Le milizie di obbedienza turca che oggi controllano la Siria tengono nell’angolo Hezbollah, che non può più contrastare l’espansionismo israeliano in Libano. A questo punto era spalancata la via per l’aggressione sionista all’Iran, in modo da trasformarlo in una Libia 3.0 da novanta milioni di abitanti, un ulteriore “spazio vitale” per l’imperialismo turco-azero, ma anche per qualche piattaforma di missili NATO contro la Russia. L’Iran ha grandi riserve di gas e petrolio da sottrarre alla Cina, ma può essere una testa di ponte per “libianizzare” anche la Russia. Sta di fatto che Israele sta compiendo la sua aggressione contro l’Iran con l’assistenza degli USA, che forniscono rilevamenti satellitari e aerei cisterna ai jet israeliani. Probabilmente non ci vorrà molto per un ingresso esplicito e diretto di USA, UK e Francia, e forse Germania, nel conflitto contro l’Iran; non si può escludere che persino l’Italietta si imbarchi nella nobile impresa mandando un po’ di flottuccia e qualche aereuccio.
Ufficialmente Erdogan condanna l’aggressione israeliana all’Iran, ma sono le sue solite chiacchiere da quadruplogiochista. Putin ha detto di essere disposto a ”mediare”: una frase senza senso in questo contesto nel quale un tavolo negoziale è stato usato come inganno per attuare un attacco proditorio contro l’Iran; tra l’altro la stessa Russia aveva contribuito a spingere Teheran ad accettare la trattativa sul nucleare. Ciò che ha detto Putin, tradotto, significa quindi che si sta preparando a mollare anche l’alleato iraniano, per cui Teheran entrerà di pieno diritto nell’albo d’oro dei bidonati da Putin, dopo essere stati bidonati da Witkoff. La domanda conseguente dovrebbe essere quanto tempo ci metteranno a Mosca per capire che, a furia di fregare gli alleati, si stanno fregando da soli.
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