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"La distruzione di ogni potere politico è il primo dovere del proletariato. Ogni organizzazione di un potere politico cosiddetto provvisorio e rivoluzionario per portare questa distruzione non può essere che un inganno ulteriore e sarebbe per il proletariato altrettanto pericoloso quanto tutti i governi esistenti oggi."

Congresso Antiautoritario Internazionale di Saint Imier, 1872
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Di comidad (del 08/11/2018 @ 00:16:31, in Commentario 2018, linkato 2094 volte)
La “sinistra” è oggi in predicato di arruolarsi nella campagna contro il presunto pericolo fascista costituito dal cosiddetto populismo. Il problema è che si andrebbe alla guerra con armi spuntate, poiché la stessa “sinistra” ha subito passivamente nel recente passato delle campagne tese a screditare proprio l’antifascismo. Nel 2003 la pubblicazione del libro di Giampaolo Pansa “Il Sangue dei Vinti”, con la relativa campagna mediatica a supporto, ha fatto sì che si passasse direttamente dalla mitizzazione acritica della Resistenza (il “Secondo Risorgimento”) ad una altrettanto acritica, quanto pretestuosa, criminalizzazione. Non si tratterebbe di una questione di incoerenza, in quanto purtroppo una coerenza della “sinistra” ci sarebbe, poiché ora, come quindici anni fa, la costante è sempre quella della dipendenza dalla comunicazione mainstream.
Molti hanno notato che queste campagne tese a screditare l’antifascismo coincidevano con le tesi, esplicitamente enunciate da documenti di JP Morgan, secondo cui i problemi economici dell’Europa deriverebbero dalle “Costituzioni antifasciste”. Dagli stessi ambiti della finanza globale erano provenute quaranta anni prima le lamentele di marca Trilateral circa presunti “eccessi di democrazia”, cioè l’eccesso di una cosa che non esiste. Il documento commissionato nel 1975 dalla Trilateral sulla crisi delle democrazie ripercorreva i soliti schemi del lamento dei ricchi per il presunto assalto dei poveri alla cassa. Il punto è che qualsiasi mediazione sociale, o semplice gestione sociale, ha comunque un costo. Anche se si decidesse di eliminare i poverissimi ed i pensionati nei campi di concentramento o in forni crematori condominiali, ciò comporterebbe inevitabilmente una spesa che, nel loro eterno vittimismo, i ricchi interpreterebbero come assistenzialismo per poveri.

Il documento di JP Morgan era del 2013 e segnalava che dal 1975 la linea della finanza globale non è cambiata. Nel 2007 infatti era stato lanciato un altro best-seller, “La Casta”, dei giornalisti Stella e Rizzo. In questo caso il bersaglio era costituito dai costi e dai privilegi del ceto politico, in altri termini dai costi della “democrazia reale”. Manco a dirlo, la “sinistra” non reagì anche in quel caso, andando completamente in braccio alla retorica dei “vincoli esterni” necessari per tenere a freno un ceto politico spendaccione. La delegittimazione si completava così in un’auto-delegittimazione. A far le spese di questo clima ostile alla politica fu il secondo governo Prodi, quotidianamente attaccato dai media e dalla Confindustria.
Ma negli attacchi alla “sinistra” ed alle amministrazioni locali da essa gestite, si era distinto già all’epoca della prima esperienza di governo di centrosinistra degli anni ‘90 anche il quotidiano “La Repubblica”, pur considerato il massimo referente mediatico della stessa “sinistra”. L’alibi invocato per questa incongruenza era quello dell’imparzialità, ma gli sviluppi successivi dimostrarono che si trattava d’altro.

Nel febbraio 2001, a ridosso della campagna elettorale per il rinnovo del parlamento, “la Repubblica” avviò lo scandalo Telekom Serbia, con un’inchiesta di Giuseppe D’Avanzo e Carlo Bonini che riguardava presunte tangenti versate nel 1997 durante il primo governo Prodi. Si trattava di un mega-affare tra la italiana Telecom e l’omologa azienda di Stato serba. L’affare aveva disturbato potentati economici sia statunitensi che europei. Il successivo governo D’Alema rientrò all’ovile, non solo partecipando al bombardamento della Serbia, ma anche privatizzando la Telecom che sino ad allora era stata al 60% di proprietà del Tesoro. Rientrare all’ovile però non servì a nulla, poiché nel 2001 lo scandalo scoppiò lo stesso ad opera del quotidiano “amico”; uno scandalo che fu usato dalla propaganda di destra finché non si sgonfiò sul piano giudiziario, quando però ormai i danni erano fatti. In parlamento l’allora ministro degli Esteri, Lamberto Dini, osservò che il dossier presentato da D’Avanzo e Bonini non era alla portata di due semplici giornalisti, perciò ipotizzò un’imbeccata da parte della CIA; cosa che comportò anche un contenzioso giudiziario tra i giornalisti e Dini. Il procedimento si concluse con una più che prevedibile non autorizzazione a procedere da parte del Senato.
Strano che la “sinistra” non si sia mai accorta di questa subdola ostilità dei quotidiani “amici”. Nelle elezioni del 2006 il “Corriere della Sera” diretto da Paolo Mieli prese esplicitamente posizione a favore della coalizione di centrosinistra diretta da Prodi, che poi vinse di misura. Ma nel 2007 fu proprio la casa editrice Rizzoli-Corriere della Sera a pubblicare “La Casta”.
Ci si è sorpresi poi della nascita e della crescita improvvisa della “antipolitica”, cioè del Movimento 5 Stelle (avrebbe dovuto chiamarsi “5 Stelle e 5 Rizzi”, visto che i veri teorici erano stati loro e non Grillo). I 5 Stelle si sono ampiamente giovati del fatto di non avere un passato che potesse essere loro rinfacciato, come accade invece alla “sinistra”. Il passato senza consapevolezza non diventa Storia ma mera coazione a ripetere, così una “sinistra” che non ha superato il trauma della destalinizzazione è caduta in una sorta di smania del parricidio: prima D’Alema ha fatto fuori Occhetto, poi D’Alema è stato criminalizzato da Renzi, poi il PD in parlamento ha ammazzato il padre fondatore Prodi non votandolo per la Presidenza della Repubblica.

Il moralismo/onestismo dei 5 Stelle aveva trovato ulteriore spinta in altre operazioni mediatiche, come quella del docu-romanzo “Gomorra”, del 2006. Nel 2013 è arrivato anche il romanzo “Suburra”, un best seller, con annessa campagna mediatica, funzionale alla criminalizzazione/meridionalizzazione di Roma. Il coautore di “Suburra” è quello stesso Bonini dello scandalo Telekom-Serbia.
A conferma dell’aforisma di Oscar Wilde, secondo cui è la vita ad imitare l’arte, nel 2014 arrivava l’inchiesta giudiziaria su Mafia Capitale, di cui faceva le spese l’ignaro e ingenuo sindaco del PD, Ignazio Marino, brutalmente spodestato da Renzi. Il procedere della campagna di meridionalizzazione/criminalizzazione di Roma ha comportato che la tempesta giudiziaria colpisse anche il sindaco 5 Stelle Raggi, ma le sue peripezie sono nulla al confronto dell’entità delle accuse che avevano travolto Marino.
La “sinistra” è un bersaglio delle agenzie di disinformazione ma non sa di esserlo, poiché non ne capirebbe giustamente il motivo. Il punto è che questi attacchi non partono da centrali europee, ben consapevoli che la sinistra non esiste più, bensì da centrali statunitensi che non conoscono la realtà europea e che agiscono ancora in base a schemi di guerra fredda. Gli esecutori europei di queste operazioni di psicoguerra non sono probabilmente nelle condizioni di avvisare i propri mandanti della cantonata che prendono, poiché ciò comporterebbe il rischio di perderne la fiducia e quindi i finanziamenti.
Eppure i segnali concreti per la sinistra che la guerra fredda per gli USA non era mai finita non sono mancati. Agli iscritti alla CGIL ancora dieci anni fa era infatti precluso di poter lavorare nella costruzione di basi NATO o di svolgervi attività di rappresentanza sindacale.
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Di comidad (del 01/11/2018 @ 01:31:20, in Commentario 2018, linkato 2158 volte)
L’anniversario del ’68 sta trascorrendo senza un particolare pathos. Sino ad una decina di anni fa quello del ’68 era ancora un richiamo fortemente divisivo, utilizzato soprattutto dalla destra in funzione negativa. La narrazione della destra sul ’68 si è centrata sulla visione di un mondo indirizzato verso un progresso ordinato ma improvvisamente e improvvidamente turbato da confuse e velleitarie istanze ugualitarie.
Le dichiarazioni dei prestanome risultano interessanti proprio perché non sono filtrate da sensibilità personali o da retroterra culturali, bensì esprimono direttamente la propaganda ufficiale. La ministra che ha prestato il suo nome alla riforma della Scuola attuata dal 2008 al 2010, Maria Stella Gelmini, ha cercato spesso di accreditare la nuova normativa in senso “meritocratico” contrapponendola all’immagine della Scuola “buonista” propugnata dal’68.
Su di un aspetto il ’68 è stato sicuramente “buonista”, cioè nella sua concezione del capitalismo, visto esclusivamente nel suo lato efficientistico, industrialistico, “sviluppistico” e consumistico. Il capitalismo però non è soltanto quello, anzi, lo è in minima parte. In definitiva il cosiddetto ’68 ebbe una percezione di sé del tutto speculare a quella della destra, cioè come un movimento teso a recuperare una pienezza esistenziale e “creativa” in alternativa ad una gestione puramente ragionieristica dell’esistente. Il termine “meritocrazia” fu infatti inventato e lanciato proprio durante gli anni ’60 in senso deteriore, offrendo indirettamente uno slogan alla destra ed accreditando un qualcosa che non era poi molto preciso. Il “merito” è un concetto molto relativo e può essere declinato anche in senso criminale. Un lato del capitalismo che i movimenti anti-establishment degli anni ‘60 non hanno mai chiaramente individuato è infatti quello strettamente criminale (“criminale” in senso tecnico-giuridico, non soltanto morale), come nel caso dell’aggiotaggio sociale.
L’aggiotaggio è quel reato che consiste nel diffondere notizie destabilizzanti per far cadere il prezzo di un titolo o di una merce. È un reato per modo di dire poiché rappresentava la prassi comune sui cosiddetti “Mercati”. Se fosse considerato effettivamente reato, Mario Draghi dovrebbe essere incriminato per le notizie allarmistiche che diffonde sulle banche italiane, secondo lui troppo piene di titoli di Stato italiani. Tra i compiti di un banchiere centrale ci sarebbe quello di agire per tutelare tutte le banche e non di annunciare al mondo che non ne coprirà alcune, ma questo accade solo nel capitalismo ideale dove non esiste il cannibalismo bancario.

Dato che gli “investitori istituzionali” se ne fregano delle valutazioni di solvibilità e si limitano a seguire i movimenti di capitali, il vero aggiotaggio da parte di Draghi non sta neppure nell’allarmismo in quanto tale, bensì nel suo messaggio sotteso, cioè che non coprirà il debito pubblico italiano con acquisti da parte della BCE. Quando colpisce intere economie l’aggiotaggio diventa sociale, un’operazione deflazionistica in grande stile. Il bello del potere è che offre ai suoi sacerdoti una condizione di totale extralegalità, per la quale si può simultaneamente “vigilare” e delinquere, minacciare e fare le vittime, “difendere l’ordine” e destabilizzare. A scanso di equivoci, Draghi si giova anche della totale immunità giudiziaria che è privilegio dei superburocrati europei.
Si potrebbe spiegare estemporaneamente il comportamento criminale di Draghi con la sua spiccata antipatia per Salvini e Di Maio, oppure con la sua infanzia difficile; sta di fatto però che Draghi ha dei precedenti riferibili anche all’epoca in cui era governatore della Banca d’Italia. Nel 2010 Draghi bruciò in un’intervista al “Financial Times” la proposta degli eurobond portata avanti dal ministro dell’Economia Tremonti. Al di là dell’inconsistenza della proposta, le dichiarazioni di Draghi erano destabilizzanti per il loro messaggio latente, cioè che Tremonti andava a trattare a Bruxelles da isolato, senza avere alle spalle la Banca d’Italia. Considerando quello che è accaduto allo spread l’anno dopo, si può dire che Draghi abbia ben meritato presso i suoi mandanti.

A proposito di “meritocrazia”, in un’altra delle sue sortite mediatiche, la Gelmini ha polemizzato con Renzi, rivendicando il merito della priorità del proprio governo nell’attuare l’alternanza Scuola-lavoro. La riforma Gelmini può essere perciò considerata la prima tappa della trasformazione della Scuola in laboratorio di aggiotaggio sociale.
L’alternanza Scuola-lavoro scredita infatti simultaneamente la Scuola ed il lavoro. La Scuola viene delegittimata e umiliata con l’esplicita affermazione secondo cui essa non sarebbe in grado di fornire una formazione per il lavoro. A sua volta il valore del lavoro viene avvilito e umiliato nei confronti dell’impresa, al punto che il lavorare gratis diventa uno stato di grazia poiché consentirebbe al lavoratore di “formarsi”. Il pretendere di essere pagati diventa quindi un atto di ingratitudine ed irriconoscenza, ciò in base ai canoni classici del vittimismo padronale, assunto come visione assoluta del mondo. Si tratta di una drastica operazione di abbattimento del costo del lavoro, di deflazione salariale.

Il razzismo è una visione del mondo totalizzante e può diventare segregazionismo razziale, apartheid, persino tra gli argomenti. Con questo paraocchi può sfuggire l’evidenza di costanti e invarianze tra temi “alti” come la finanza globale e temi “bassissimi” come l’alternanza Scuola-lavoro, accomunati invece dal deflazionismo, dall’assistenzialismo per ricchi e dall’aggiotaggio sociale. Il messaggio sociale latente dell’alternanza Scuola-lavoro è che né la Scuola né il lavoro costituiscono degli interlocutori per il governo e che solo l’impresa lo è. La Scuola, pur così avvilita, non perde perciò la funzione sociale, in quanto viene arruolata alla sacra missione della deflazione salariale.
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


27/04/2024 @ 13:13:41
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