Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
I commenti dei media ufficiali sulle "dimissioni" del papa hanno seguito uno schema ricorrente, parlando di scelta "etica" e "responsabile", una sorta di "umanizzazione" della figura del papa. Il titolo di un articolo di Paolo Flores D'Arcais ha sintetizzato il tutto nella formula secondo cui il papa, da vice-Dio, diventerebbe un semplice primate religioso.
Questi commenti sembrano basarsi sullo stesso tipo di inghippo logico con il quale sono state costruite alcune barzellette, tra cui quella del tizio che va dallo psichiatra per chiedere aiuto per la moglie che si crede una gallina. Lo psichiatra si dichiara sicuro di guarirla, ma allora il tizio si chiede: "Se mia moglie non si crederà più una gallina, chi mi farà l'uovo?".
Non ha senso fare i miscredenti e poi prendere sul serio le pretese mitologiche della Chiesa, come se questa davvero si facesse guidare da moventi ultraterreni. L'umanizzazione del papa è un controsenso, dato che la religione è un fenomeno umano, anzi, troppo umano; e solo come tale va analizzato. Nell'inamovibilità del papa non c'entrava nulla la credenza nello Spirito Santo, dato che la figura del papa si è storicamente delineata sotto la pressione di esigenze pratiche, prima tra tutte quella di proteggere il capo della Chiesa dagli intrighi e dai colpi di mano della Curia. Se si fosse stabilito che il papa in ogni momento poteva abbandonare la sua funzione, ciò avrebbe fatto moltiplicare le pressioni e le manovre affinché ciò avvenisse.
Anche questa garanzia di inamovibilità non è stata sempre sufficiente a proteggere la persona del papa dalle congiure, come ha dovuto personalmente sperimentare il povero Albino Luciani. Anche altri papi sono stati probabilmente "aiutati" a togliersi di mezzo, ma del papicidio non si poteva certo abusare senza suscitare qualche sospetto di troppo.
La figura del papa, così come la si conosce ora, non ha più di millecinquecento anni, però i casi di recesso volontario dalla carica sono stati rarissimi; anzi, nel citatissimo caso di Celestino V nel XIII secolo, va sottolineato che certezze storiche sulla volontarietà del suo abbandono non ve ne sono, dato che il malcapitato era tenuto in prigionia dal suo successore, Bonifacio VIII.
Ciò che il presunto "teologo" Ratzinger ha operato non è tanto una dissacrazione del papato, quanto una sua delegittimazione. Il successore di Ratzinger rischierà infatti di essere continuamente valutato in base all'efficienza del suo operato, e magari ad essere invitato ad andarsene al primo raffreddore. La locuzione "ad ogni morte di papa" indica un evento che si ripete molto di rado; in futuro la locuzione " ad ogni dimissione di papa", potrebbe indicare qualcosa di frequente e persino di probabile. Fatto trenta, si potrebbe fare trentuno, dando un termine alla carica di papa, come se fosse un presidente, con tanto di campagna elettorale e di primarie.
Se ciò non avverrà, vorrà dire che il papato avrà trovato il suo sostegno in poteri esterni alla Chiesa. Qualche ipotesi la si può anche fare, date le ultime vicende della banca vaticana, lo IOR. Undici mesi fa la sede milanese della multinazionale finanziaria JP Morgan, con il pretesto di un'inchiesta giudiziaria in corso, ha sospeso il conto utilizzato dallo IOR. Da quasi un anno lo IOR si trova quindi paralizzato e sospeso alle decisioni di JP Morgan.
La perdita di JP Morgan per sue operazioni sui titoli derivati, a gennaio di quest'anno, era quantificata in sei miliardi e duecento milioni di dollari. Un'apposita commissione d'inchiesta interna ha elaborato una relazione edulcorata sugli "errori" del "chief" Jamie Dimon, lasciatosi "ingannare" da informazioni sbagliate. Sta di fatto che ora JP Morgan, per colmare almeno in parte il buco, deve rivalersi sui suoi partners storici, tra cui lo IOR.
Ultimamente il presidente dello IOR, Gotti Tedeschi, è stato sostituito con un avvocato davvero tedesco, Ernest Von Freyberg; un consulente finanziario che ha, come massima perla del suo curriculum, quella di essere un organizzatore di viaggi a Lourdes; un business più che considerevole, ma che sembra comunque troppo poco per risollevare le sorti della banca vaticana.
In questo momento è JP Morgan a tenere il Vaticano per i cosiddetti; e non è da escludere che, per riaprire il conto dello IOR, la multinazionale statunitense abbia preteso qualche garanzia in più, compresa la possibilità di collocare un uomo di propria fiducia al vertice della Chiesa.
Vittimo-colonialismo: il dominio piagnone degli USA
Il ciclico lamento sul declino definitivo del dominio economico USA, è diventato ormai una consuetudine. I competitor più diversi si presentano però a sfidare il gigante statunitense solo per dover battere in ritirata dopo qualche tempo. E' stato così per il Giappone che, sconfitto in guerra, si sarebbe poi preso la rivincita sul piano industriale. E' avvenuto lo stesso anche per quelle che vennero definite, con enfasi salgariana, le "tigri asiatiche". Più di recente è toccato alla Cina e all'India. Secondo la "Maonomics" di Loretta Napoleoni, il capi-comunismo cinese avrebbe messo in crisi il binomio democrazia-capitalismo; mentre Federico Rampini ha coniato il termine "Cindia" per indicare l'accoppiata delle potenze che avrebbero surclassato gli USA. Altri ancora hanno aggiunto anche la Russia e il Brasile nell'acronimo BRIC dei nuovi dominatori economici.
Eppure tutta questa retorica vittimistica sul declino USA assomiglia all'analogo vittimismo sulla minaccia terroristica; sembra cioè costruita ad arte per riaffermare l'invincibilità degli USA, in questo specifico caso del loro modello economico. Al di là dei pianti, i segnali dell'ennesimo trionfo USA si moltiplicano: la Fiat chiude in Italia, ma la Crysler è in pieno sviluppo; l'industria statunitense ha superato brillantemente la crisi provocata dalla finanza statunitense; si scoprono immensi giacimenti di gas che dovrebbero rendere autosufficienti gli USA sul piano energetico (notizia che suscita l'entusiasmo anche di certi commentatori di "sinistra": se gli USA diventano autosufficienti sul piano energetico, non avranno più la necessità di aggredire per procurarsi le risorse di cui hanno bisogno; come se l'aggressione coloniale avesse in sé qualcosa di "necessario".); i capitalisti americani tornano dalla Cina per poter investire con più soddisfazione negli USA.
In realtà molti di questi "miracoli" sono resi possibili dalla solita ricetta: rapinare i più poveri; sfruttare la classe operaia più affamata; riaffermare il controllo totale in fabbrica con il ricatto della delocalizzazione. E' noto che recentemente agli operai della Ford è stata imposta una drastica riduzione di salario, anche a fronte di una crescita dei ritmi di sfruttamento o, come si dice oggi, di produttività e di utili. Mentre gli operai sudcoreani della Hyunday e della Kia hanno appena ottenuto l'abolizione del turno di notte, gli operai americani (ma anche quelli britannici della Land Rover, oggi di proprietà indiana) sono stati costretti, con la complicità dei sindacati, a subirne il ripristino. E tuttavia l'enfasi data a questo ritorno trionfale del potere economico USA (cfr. "l'Espresso" 7 febbraio u.s.) sottintende l'idea che se il lavoratore si piega alle esigenze del capitale, accettando diminuzione del salario e aumento dell'orario, tutta la nazione ne tragga benefici. In realtà l'aggressione del capitale nei confronti dell'operaio non è determinata dall'andamento economico, ma dalla semplice possibilità di attaccare.
Quando il guru della Apple, Steve Jobs, morì nell'ottobre 2011 cominciò un lungo processo di beatificazione che dura ancora oggi, e rispetto al quale, quello allestito per Madre Teresa di Calcutta sembra un sobrio e laico attestato di simpatia. Su Jobs sono stati spesi migliaia di articoli, centinaia di libri, nei quali, con varie gradazioni, si esaltava il personaggio: la vera personificazione dello spirito creativo del capitalismo, l'imprenditore più geniale di tutti i tempi, il genio inventivo degli ultimi cento anni, l'alternativa brillante al grigio profeta della Microsoft, Bill Gates..., e via delirando. Ma il vero spirito creativo di Jobs lo si è scoperto nelle fabbriche cinesi dei suoi gadget tecnologici.
La Foxconn, azienda criminale cinese che gestisce gli impianti a capitale occidentale in Cina, organizza anche i lager della Apple. In questi posti infernali un operaio guadagna due dollari l'ora, dorme in dormitori con sei-otto letti per un affitto di 16 dollari al mese; i turni di lavoro sono di almeno 12 ore al giorno per sei giorni su sette. Le fabbriche di Chengdu (120.000 operai) e quelle di Shenzhen (230.000) lavorano 24 ore su 24; il numero delle ragazzine operaie è molto alto e fra queste è altissimo il tasso di suicidi, o di operai che muoiono letteralmente di fatica sul lavoro. Secondo la propaganda ufficiale, la Apple è oggi l'azienda di maggior successo al mondo. Ma l'unica contromisura messa in atto dalla Foxconn per limitare i suicidi, è stata (forse su suggerimento dei creativi della Apple) quella di circondare le fabbriche con reti utilizzate solitamente per gli incendi, in modo da impedire alle operaie di uccidersi cadendo al suolo quando si lanciano dalle finestre.
|