Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
La conferenza stampa congiunta di Renzi e Obama della scorsa settimana si è risolta nella solita esibizione di protervia lobbistica, allestendo una sorta di spot pubblicitario sul Transatlantic Trade and Investment Partnership; con l'aggiunta di un minispot nello spot, sull'Expo di Milano. Nello squallore generale della rappresentazione - resa ancora più desolante da quegli atteggiamenti da amiconi che sono diventati d'obbligo in questo tipo di appuntamenti internazionali -, sono risultate comunque istruttive le argomentazioni di Obama a sostegno del TTIP. Alla domanda di un giornalista circa eventuali opposizioni di esponenti democratici del Congresso Usa al TTIP, Obama ha replicato che, data la scontata contrarietà dei sindacati americani al nuovo accordo commerciale, sarà inevitabile che anche alcuni congressmen del suo partito si affianchino a queste proteste sindacali. Da parte di un presidente "di sinistra" dovrebbe risultare stonato questo atteggiamento di disprezzo preventivo verso l'opinione dei sindacati, che sarebbero sempre spaventati dalla mitica "competizione". Per compensare la contraddizione, Obama ha sottolineato di non essere stato eletto dalle camere di commercio, ma dai lavoratori. Obama ha quindi offerto all'uditorio soltanto una garanzia personale, da testimonial pubblicitario qual è.
Nè Obama, né tantomeno Renzi, si sono dunque minimamente degnati di rispondere alle tante obiezioni concrete che sono state mosse al TTIP, il quale, in base ai proclami ufficiali, apparirebbe come un accordo stranamente "superfluo", dato che il libero scambio tra le due sponde dell'Atlantico già c'è. Non si tratta perciò di aumentare la "competizione", ma, al contrario, di favorire la sempiterna caccia ad ulteriori privilegi fiscali ed immunità legali da parte delle corporation multinazionali. Purtroppo c'è anche di peggio, come sta dimostrando l'impegno di Emma Marcegaglia a favore del TTIP.
La ex presidente di Confindustria, l'anno scorso è stata collocata da Renzi alla presidenza della maggiore impresa di proprietà del Tesoro italiano, l'ENI (come mettere un prosseneta a dirigere un educandato). Già all'epoca di Confindustria, la Marcegaglia aveva dato prova di quale sia il suo vero interesse, al di là degli slogan efficientistici e produttivistici di rito. Secondo la Marcegaglia infatti l'accordo TTIP sarebbe assolutamente monco se non entrassero a farne parte i servizi finanziari, di cui gli imprenditori avrebbero bisogno come l'aria. Anche in questo caso la "logica" dell'argomentazione è quella del testimonial pubblicitario: se ve lo dico io che la finanza ha effetti mirabolanti sulla produttività, allora sarà vero.
Da anni infatti Confindustria ha di industriale soltanto il nome, dato che è diventata un ulteriore covo del lobbismo finanziario. Come è già stato messo in evidenza da molti osservatori, il "Jobs Act" di Renzi è la copia di un documento stilato da Confindustria. Visto però che a Confindustria non dà retta più nessuno, la Marcegaglia è stata messa a proseguire la sua attività di lobbista finanziaria alla presidenza dell'ENI; in tal modo ci sarà ancora qualcuno disposto a concederle la sua credulità.
Eppure è noto che non esiste nessun riscontro storico o statistico dell'assunto secondo cui la "flessibilità" del rapporto d'impiego favorirebbe l'efficienza o lo sviluppo economico. L'assenza di questi riscontri a sostegno della mitologia sulla "flessibilità" è stata riconosciuta più volte, anche di recente, persino in documenti del Fondo Monetario Internazionale, che pure continua ad imporre in ogni modo ai governi di adottare provvedimenti alla "Jobs Act".
Ci sarà contraddizione logica, ma non c'è incoerenza nel comportamento del FMI, dato che l'instabilità del rapporto di lavoro crea le condizioni per la dipendenza del lavoratore anche nei confronti di strumenti finanziari. Precarietà, finanziarizzazione ed indebitamento dei poveri sono direttamente consequenziali. Non è quindi un caso che il ministro del Lavoro (?) Poletti si preoccupi di organizzare, insieme con le banche, l'accesso al credito da parte dei precari. Il sedicente "contratto a tutele crescenti" si rivela così un espediente per intrappolare i lavoratori in un indebitamento crescente. Il quotidiano confindustriale "Il Sole- 24 Ore" ci assicura però che questi "contratti ad indebitamento crescente" per precari avranno - chissà come - un effetto volano sull'economia. Il potere del credito fa leva sulla credulità.
Gli anni '80 sono stati quelli dell'ascesa incontenibile del potere mondiale del FMI; e, sempre negli anni '80, all'interno della "sinistra" venne di moda la retorica dell'antidogmatismo e del "dubbio", per cui non si poteva neppure più parlare senza premettere di "non avere la verità in tasca". La "società complessa" del sociologo di "sinistra" Edgar Morin, andava, secondo alcuni marxisti, a decretare la fine della "contraddizione principale", con la presunta liquidazione dello scontro di classe. Dal CENSIS arrivavano le analisi sulla "società policentrica", e ciò proprio mentre l'economia mondiale trovava invece una direzione centralizzata nel FMI e, successivamente, nelle altre macchine criminali da esso generate, dal WTO all'imminente TTIP.
La finanziarizzazione dell'economia ha avuto quindi i suoi effetti sul pensiero. Più che un "pensiero debole", un "pensiero timido", timoroso di smascherare gli slogan-alibi della pubblicità ingannevole a favore della finanziarizzazione. "Rigore" (o "crescita"), "efficienza", "competizione", "produttività", "sviluppo", "aziendalizzazione": la parola suggestiva e altisonante viene lanciata per coprire il saccheggio del denaro pubblico ed i business più sordidi a spese dei poveri.
Era scontato che l'episodio dell'eccidio al palazzo di Giustizia di Milano diventasse il pretesto per il solito vittimismo del potere. Non era invece preventivabile che l'operazione di santificazione della magistratura venisse condotta in modo così maldestro dall'attuale Presidente della Repubblica. Persino il consueto "roleplay" con la stampa berlusconiana è andato del tutto fuori del segno, tanto che Vittorio Feltri ha potuto sin troppo facilmente spingere l'affondo sino alla ridicolizzazione delle dichiarazioni di Mattarella. Se non fosse stato infatti per l'artificiosa demonizzazione della magistratura attuata in questi anni dagli opinionisti al servizio del Buffone di Arcore, forse certe evidenze sarebbero saltate agli occhi. Come ha detto Mattarella, la magistratura è sempre "in prima linea", ma lo è solo per condannare i deboli, come i No-Tav, e per assolvere invece lo stesso Buffone, le banche, le multinazionali, i potenti in genere.
In questa lista degli "assolti" di professione non poteva mancare Gianni De Gennaro. Dopo la sentenza della Corte di Strasburgo che ha condannato l'Italia per "tortura" in merito ai fatti di Genova del 2001, De Gennaro ha incassato il sostegno di Renzi e del presidente della Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, che ha dichiarato che De Gennaro non può pagare per tutti. Sinora, per la verità, non ha pagato per niente e per nessuno, ma il vittimismo di rito ci sta lo stesso, poiché rafforza l'alone del potente. Da parte di Forza Italia si è puntato sul fatto che l'assoluzione di De Gennaro da parte della Corte di Cassazione non può essere considerata meno della sentenza della Corte Europea.
Ma questi confronti lasciano il tempo che trovano, dato che nemmeno in questa occasione è mancato il "roleplay", e persino il "fair play", tra giudici di diverse giurisdizioni. La Corte di Strasburgo, condannando l'Italia per "tortura", ha infatti indirettamente assolto la magistratura italiana, che ora può nascondersi dietro il dito secondo il quale il reato di tortura non è ancora previsto dal nostro ordinamento, quando invece nel Codice Penale c'erano già altre norme atte a sanzionare ampiamente il massacro della Diaz ed i suoi mandanti. Con molta ingenuità, alcuni propugnatori dei "diritti umani" plaudono alla prospettiva di introdurre il reato di tortura anche in Italia; sebbene si possa essere certi che la Cassazione troverà comunque il modo di non applicarlo agli interrogatori dei poliziotti, magari applicandolo invece alle interrogazioni degli insegnanti.
La Corte di Strasburgo è espressione del Consiglio d'Europa (che non c'entra nulla con l'Unione Europea), un organismo nato nel 1949, in coincidenza con la fondazione della NATO. Il Consiglio d'Europa si è configurato storicamente come un'organizzazione subordinata alla NATO ed alla sua propaganda. Con la sentenza di pochi giorni fa, il Consiglio d'Europa è riuscito, come si dice, a "rifarsi una verginità" colpendo un Paese "occidentale" minore, il cui governo nel 2001 volle offrire ai compartecipanti del G8 una prova di zelo nel colpire le opposizioni, terrorizzando anche quei settori del volontarismo cattolico più sensibili ai pericoli dello strapotere delle multinazionali. Ora che il lavoro sporco è stato compiuto, si può abbandonare al discredito il sicario del momento; tanto di discredito non è mai morto nessun potente, che può sempre usare quel discredito per alimentare il suo vittimismo. Che fine poi facciano queste sentenze della Corte di Strasburgo, lo si è visto con quella a favore dei precari della Scuola, alla quale Renzi ha reagito semplicemente negando agli stessi precari di proseguire il loro rapporto lavorativo oltre i tre anni.
Il "rifarsi una verginità" costituisce un espediente piuttosto frequente, come dimostra l'apertura di Obama a Cuba, culminata con la stretta di mano fra Obama e Raul Castro a Panama della settimana scorsa. Il regime cubano si è prestato altre volte ad operazioni del genere, come nel 1998, con il viaggio all'Avana di papa Woytila, anche lui bisognoso di rifarsi una verginità dopo gli abbracci a Pinochet in Cile. Certo, si potrebbe facilmente moraleggiare sull'opportunismo del regime cubano, ma occorre considerare che questo deve confrontarsi con un'opinione pubblica molto più esigente con gli aggrediti che con gli aggressori; un'opinione pubblica pronta a trovare giustificazioni agli aggressori e colpe agli aggrediti, e che non avrebbe perdonato ai Cubani un atteggiamento di diffidenza.
Obama doveva assolutamente segnare un punto nel grado di simpatia da parte dell'opinione di sinistra, specie da quando si sono andate diffondendo sempre più notizie sull'attività dei suoi droni assassini. I droni hanno la loro base principale a Sigonella, in Sicilia, che è diventata la regione più militarizzata d'Europa. Non è da escludere però che in questa attività dei droni siano coinvolti anche altri aeroporti, ufficialmente "civili", dell'isola. L'aeroporto della ex (?) base USA di Comiso, ad esempio, ha un traffico civile irrisorio, tanto che la sua esistenza viene considerata uno "spreco". Ma le spiegazioni della sopravvivenza dell'aeroporto "civile" di Comiso sono probabilmente altre, legate a voli segreti.
Il crescente peso militare del territorio siciliano può forse spiegare la scelta per la presidenza della Repubblica di un personaggio come Mattarella, goffo e impacciato, ma pur sempre esponente di spicco della oligarchia dell'isola. Se si cercano i comuni denominatori, tante spiegazioni risultano ovvie.
Mettere in evidenza i comuni denominatori può essere indicativo anche per la carriera di Gianni De Gennaro. Discepolo prediletto del Federal Bureau of Investigation statunitense, e da esso insignito di una prestigiosa onorificenza, De Gennaro è stato dapprima capo della Polizia, poi commissario dell'emergenza rifiuti in Campania (ma di che tipo di rifiuti si trattava?), per poi essere nominato super-capo dei servizi segreti; ed ora è alla testa di Finmeccanica, una delle più grandi fabbriche di armi del mondo. Tutto questo con la benedizione dei governi di ogni colore, che hanno sempre trovato in De Gennaro il candidato ideale per attuare operazioni sporche. Ce n'è abbastanza per capire chi sia il suo vero padrone ed anche i motivi della sua intoccabilità. Come Mattarella, anche De Gennaro è una "vittima" della NATO.
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