Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Presentata dai media euro-americani come l’11 settembre indiano, la strage di Mumbai si è rivelata immediatamente qualcosa di diverso, poiché la prima reazione verificatasi in India è stata proprio quella che sarebbe più ovvia in casi del genere, cioè esigere ed ottenere le dimissioni dei responsabili della sicurezza, a partire dal grado più alto. Nessun commentatore “occidentale” ha fatto sinora notare che ciò non era accaduto in occasione del vero 11 settembre, quando la debacle della sicurezza statunitense fu seguita da un’ondata di promozioni e di aumenti di stipendio per tutti i più alti responsabili del disastro.
La democrazia indiana si è rivelata quindi ancora immatura e lontana dagli standard più elevati delle grandi democrazie “occidentali”, in quanto il governo indiano è stato incapace di trarre profitto politico dall’accaduto, dato che il fatto ha generato in India una autentica preoccupazione, e non quel pretestuoso e compiaciuto allarmismo che caratterizza il comportamento dei governi e dei media “occidentali” in circostanze analoghe.
Nonostante la facilità con cui i componenti del commando si sono infiltrati in città, e nonostante che molti più terroristi di quanti le forze di sicurezza indiane abbiano voluto ammettere siano poi riusciti a fuggire, resta il fatto che l’incompetenza non sia stata usata stavolta dal governo indiano come alibi ed auto-giustificazione onnicomprensiva, e nemmeno come pretesto per limitare le libertà dei cittadini; e ciò dà adito al ragionevole sospetto che in questo caso non si sia trattato del solito auto-attentato marca-11 settembre.
I più impegnati a trarre vantaggio dall’attentato sono apparsi invece gli Stati Uniti e le loro multinazionali, che hanno approfittato per estorcere altre concessioni al Pakistan in merito ai contratti sulla costruzione degli oleodotti in quel Paese, e ciò indirizza doverosamente i sospetti verso gli stessi Stati Uniti.
Oggi il Pakistan appare politicamente isolato e quindi ricattabile, mentre l’India sembra avviarsi verso il totale allineamento con le posizioni statunitensi, quindi, se l’organizzatore della strage è effettivamente il governo USA, si può dire che i suoi obiettivi affaristici a breve e medio termine si siano realizzati. Comunque, anche se l’organizzatore della strage non si trovasse negli Stati Uniti, rimarrebbe la constatazione della loro disinvolta dimestichezza nel profittare del terrorismo e maneggiarne a piacimento gli effetti.
È vero che tutti i governi usano il terrorismo per i loro obiettivi sia interni che internazionali, ma non tutti i governi possono disporre del retroterra ideologico e propagandistico adeguato per gestire al meglio tale strumento di potere. Nel cosiddetto Occidente, la guerra al terrorismo non costituisce altro che la continuità con la guerra fredda, che fu una efficace invenzione delle centrali di guerra psicologica del Pentagono e della CIA. Tale invenzione consentiva al governo statunitense di mantenere in una situazione di pace tutti i vantaggi in termini di controllo sociale, economico ed informativo che si riscontrano in periodo di guerra. L’irreggimentazione dei media attraverso la continua evocazione del nemico sempre alle porte, il discredito lanciato su qualsiasi dissenso, presentato come cedimento o collaborazione con quello stesso nemico, costituiscono tecniche collaudate che sono confluite nella attuale “guerra al terrorismo”, che giustifica ogni ingerenza negli affari interni sia dei Paesi nemici che di quelli “alleati”; considerando che, per il colonialismo, “nemico” o “alleato” sono in pratica la stessa cosa, poiché si tratta comunque di bersagli da intimidire, demoralizzare e, in definitiva, annientare sia sul piano economico che sociale.
Lo scrittore Gore Vidal ha fatto notare il carattere assurdamente utopico dell’obiettivo di un mondo senza alcuna forma di terrorismo; ma, in effetti, è proprio questo mito estremo di educazionismo globale a costituire il salto di qualità della guerra al terrorismo rispetto alla guerra fredda, quando bastava non essere comunisti per trovarsi in regola. Oggi il fatto di non essere terroristi non esime dalla complicità morale con esso: ogni deviazione dal retto comportamento e dal retto pensiero può configurare qualcosa che favorisce il terrorismo.
È la possibilità per i governi di criminalizzare indiscriminatamente la propria popolazione, nel suo complesso oppure settore per settore e categoria per categoria. Non a caso il ministro Brunetta, mentre lancia la sua guerra agli statali fannulloni, fa immediatamente sapere di essere stato minacciato dalle Brigate Rosse.
Qui si è potuta verificare l’arretratezza della democrazia indiana rispetto al modello “occidentale”. Anche in India, come in “Occidente”, la democrazia è solo il paravento per oligarchie costituite sempre dalle stesse famiglie, ma queste oligarchie indiane non sono ancora riuscite a liberarsi dalla vecchia retorica democratica, secondo cui è il governo ad essere responsabile verso i cittadini. Al contrario, oggi in “Occidente” sono i cittadini ad essere costretti ad uno sforzo incessante per rendersi degni dei loro governanti.
4 dicembre 2008
In molti a Napoli avevano previsto che l’insostenibilità della montatura poliziesco-giudiziaria-mediatica verso Nugnes, assessore al Comune di Napoli, indicato come complice della camorra per la presunta insurrezione contro la discarica di Pianura, avrebbe condotto al consueto epilogo del suicidio di Stato, per togliere di mezzo un personaggio ormai non gestibile. La previsione era rimasta a mezza voce, per una sorta di timore di fornire idee ai potenziali assassini, che sono purtroppo giunti comunque da soli al proposito di realizzare quella che si presentava come la soluzione più scontata di tutto l’affare.
Nugnes è stato sacrificato al principio del “colpiscine uno per educarne cento”, poiché ora tutti gli amministratori locali sanno che chi si opponga alle discariche non ha un grande futuro davanti a sé.
Pochi giorni prima del “suicidio” di Nugnes, c‘è stata la “scoperta” da parte dell’esercito che le cave di Chiaiano, prima ancora di essere indicate come sito per una discarica, erano già da tempo una discarica per rifiuti tossici; cosa di cui tutti i periti che avevano compiuto i rilievi sul sito non si erano ancora accorti. Quindi, o i periti non avevano davvero compiuto i rilievi, oppure i rifiuti prima non c’erano.
Nonostante che la questione dei rifiuti sia avvolta dal segreto militare e dal segreto di Stato, ormai rimane ben poco di davvero misterioso. Il fatto è che nessun commentatore ufficiale si azzarda a trarre le logiche conclusioni.
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