Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Il mito del libero mercato tende, come ogni mito, a trovare conferma proprio quando le smentite sono più clamorose. Il fatto che il governo degli Stati Uniti (come quelli degli altri paesi industrializzati) corra in soccorso di istituti finanziari di chiara marca delinquenziale - 700 miliardi di dollari per salvare banche e imprese varie -, viene giustificato con un altro mito, quello dell’interesse generale.
D’altro canto il disastro economico nel quale saranno gettati milioni di lavoratori, viene imputato proprio ad un eccesso di “libero mercato”, da qui la necessità di regolare, controllare e limitare questi eccessi di libertà.
La commedia scade nella farsa, quando i profeti del libero mercato insorgono: secondo il senatore Bunning l’intervento statale sarebbe “socialismo finanziario ed antiamericano”; l’economista Roubini ha definito Bush, Paulson* e Bernanke “una troika di bolscevichi che hanno trasformato gli Stati Uniti nella Repubblica degli Stati Socialisti Uniti d’America.” Questi signori mentono perché il “socialismo per i ricchi” non è certo una novità; il corporate welfare infatti è sempre esistito, non come degenerazione ma come pilastro del capitalismo.
Qualche tempo fa, sul giornale progressista inglese “the Guardian”, nell’articolo “Perché regaliamo soldi ai ricchi” di G. Monbiot, comparivano affermazioni più puntuali: “Negli Stati Uniti il libero mercato non c’è mai stato e non ci sarà mai”, “il libero mercato è un imbroglio” “gli Stati intervengono solo a difesa dei ricchi”, “i dirigenti delle industrie…intercettano i soldi che il governo ha estratto dalle tasche di persone molto più povere di loro. I contribuenti di tutti i paesi dovrebbero quindi chiedersi: ma perché diavolo dobbiamo finanziarli?”
Queste affermazioni erano supportate da dati che dimostrano come il vero welfare sia quello per le imprese: nel 2006 il governo federale ha speso 92 miliardi di dollari in sussidi alle imprese, come Boeing, Ibm, General Electric, ma soprattutto alle aziende agricole. L’ ATP (advanced technology program), invece di favorire le aziende più avanzate, ha rimpinguato le tasche delle aziende più arretrate e con prodotti già sperimentati (cioè già vecchi) come Ibm, Dow Chemical, Caterpillar, Ford, DuPont, General Motors, Chevron.
La catena di supermercati Wal-Mart ha percepito finanziamenti pubblici per almeno un miliardo di dollari. Oltre il 90% dei suoi centri di distribuzione sono stati sovvenzionati dalle amministrazioni locali. Sono loro che concedono gratuitamente i terreni alla Wal-Mart, pagano le strade, l’acqua e le fognature necessarie per rendere utilizzabili quei terreni, in più concedono all’azienda sgravi fiscali sui beni immobili e sussidi pensati in origine per le aree depresse.
I programmi del Pentagono sono un’altra fonte di finanziamento per le imprese. Il sistema di difesa dai missili balistici, con nessuna finalità strategica, è già costato 150 miliardi di dollari, ma i responsabili del Pentagono ne chiedono altri 62.
Non è chiaro se il capitalismo sia oggi in grado di fare a meno del mito del libero mercato, ma il fatto che una testata non certo rivoluzionaria come “the Guardian” lo metta apertamente in discussione, vuol dire che esso ha bisogno di un restyling. Questo mito ha rappresentato uno strumento di propaganda decisivo; intorno ad esso è stata costruita tutta una letteratura, un linguaggio ideologico fatto di “libero scambio”, “deregulation”, “leggi del mercato”, “apertura dei mercati”, “concorrenza selvaggia”, “liberismo”, “competizione”, tutto per spiegarci che il capitalismo non sarebbe altro che un’ “aristocrazia del merito”, e non quella che oggi appare con troppa evidenza, cioè “un’oligarchia del furto”.
Il mito del libero mercato è stato decisivo anche nel processo di penetrazione colonialistica: i paesi poveri hanno dovuto e devono “aprirsi al libero mercato” per farsi invadere da quelli ricchi che, al contrario, praticano il “sostegno all’occupazione”, cioè protezionismo e finanziamento pubblico delle proprie imprese. Un altro importante vantaggio del mito del libero mercato, è quello di aver sedotto anche i critici del capitalismo e persino molti rivoluzionari, convinti di dover combattere contro un sistema il cui torto sarebbe soprattutto quello di aderire cinicamente alle famose e spietate “leggi del libero mercato”; li si è spinti a lottare, in altri termini, non contro quello che il sistema di dominio è, ma contro ciò che dice di essere.
• Ricordiamo che il piano Paulson prevedeva inizialmente uno stanziamento per tutti i salvataggi economici che ammontava a 1800 miliardi di dollari e che lo stanziamento di 700 miliardi di dollari di aiuti è stato approvato dal Congresso; Bush ha deciso in questi giorni di concedere al settore auto “prestiti” per 17,4 mld di dollari. Il neo-presidente Obama prevede un piano di salvataggio che ammonterà ad altri 850 mld di dollari.
Il modo in cui i media hanno narrato l’inchiesta giudiziaria della magistratura napoletana, dimostra che il concetto di “notizia” non soltanto è del tutto dissociato dai fatti realmente accaduti, ma ormai non ha più niente a che vedere persino con i fatti riportati nella notizia stessa. Accade così che negli articoli e servizi radio-televisivi in cui si celebra la marcia trionfale dei magistrati napoletani, che starebbero sgominando le schiere degli amministratori corrotti, si ammetta poi tranquillamente che quegli eroici magistrati non hanno ancora raggiunto nessuna prova, e che perciò sperano che qualcuno degli indagati si decida a confessare.
Con incredibile faccia tosta, alcuni giornali sono arrivati a presentare come uno scoop le trascrizioni di intercettazioni in cui un assessore definiva “scema” il sindaco Jervolino. Trattandosi di un personaggio come la Jervolino, l’uso di un epiteto come “scema” indica semmai un linguaggio controllato e addirittura riguardoso.
Si prenda in considerazione l’ipotesi contraria: cosa si sarebbe pensato se dall’intercettazione fossero uscite dichiarazioni di stima nei confronti del sindaco? Chi mai non avrebbe pensato immediatamente che la persona che pronunciava quelle parole di apprezzamento nei confronti della Jervolino, non stesse mentendo proprio perché a conoscenza del fatto di essere ascoltata dai magistrati?
Tutta la questione delle intercettazioni si sta rivelando un grande diversivo e, non a caso, è diventata il tema mediatico che oggi Berlusconi sta cavalcando di più. La realtà, infatti, è che sino ad oggi non risultano casi in cui qualcuno abbia confessato telefonicamente i suoi crimini, proprio perché il rischio di essere ascoltati da estranei costituisce un’eventualità scontata per chiunque.
In realtà decenni di inchieste giudiziarie hanno fatto sì che gli amministratori locali si siano scaltriti e ben difficilmente lascino tracce delle loro malversazioni. Che uno come Ottaviano Del Turco sia stato incastrato lasciandosi beccare con le mani nel sacco, non è indicativo di un costume generale, ma solo del fatto che lo stesso Del Turco credeva che la sua fama di integrità lo potesse esimere dall’adottare le normali regole di cautela degli altri suoi colleghi.
La realtà è che oggi la magistratura napoletana sta agendo in base ad una mera presunzione di colpevolezza, che è certamente realistica, ma non trova il riscontro di dati documentali. Anche il “suicidio” dell’assessore Nugnes è stato archiviato in base ad una presunzione di colpevolezza: “se fosse stato innocente, non si sarebbe ucciso”. Ma perché dare per scontato che si tratti di un suicidio?
In effetti, se la vicenda di Nugnes fosse accaduta in Libia, a Cuba o in Zimbabwe, allora Amnesty International avrebbe già messo su a riguardo un dossier alto come una casa; ma Nugnes è stato suicidato in Italia, e quindi sono scattati i tipici meccanismi dell’ auto-indulgenza “occidentale”, che stabiliscono aprioristicamente che certe cose possono accadere sotto le “dittature”, ma non qui.
L’intervento della magistratura non può essere perciò considerato un atto dovuto in seguito a precise notizie di reato, ma costituisce un attacco alle giunte di Jervolino e Bassolino, per spingerle a dimettersi. Queste pressioni non provengono solo dalla destra, ma anche dai partiti del centro-sinistra: Veltroni ha sposato - come era prevedibile- la causa dei giudici, ma anche il segretario del PRC Ferrero si è pronunciato per un “azzeramento” delle giunte di centro-sinistra.
Gli intenti di Veltroni e Ferrero appaiono troppo nobili per essere credibili, tanto che viene il sospetto che anche loro siano stati costretti a subire delle pressioni. In particolare, uno che fa il segretario di un partito che si dichiara comunista, avrebbe dovuto riflettere prima di accondiscendere a campagne pseudo-moralistiche di cui non sono chiari i moventi e gli esiti.
In Campania lo spazio lasciato all’amministrazione locale si è già quasi azzerato, poiché gran parte delle competenze è stata attribuita a “commissari” di vario tipo: commissariato all’emergenza rifiuti, commissariato all’emergenza traffico, ecc.
Le amministrazioni locali saranno malsane e corrotte finché si vuole, ma hanno dei limiti legali precisi, cioè cose che la legge non gli consente di toccare. Le giunte comunali precedenti hanno potuto privatizzare l’azienda municipalizzata dell’acquedotto napoletano, per cui la vecchia AMAN è divenuta l’attuale ARIN, con la conseguenza che il gigantesco patrimonio immobiliare della vecchia municipalizzata è passato senza colpo ferire in mani private (non ci risultano inchieste giudiziarie a riguardo; anzi ci sono mai state inchieste giudiziarie sulle privatizzazioni?).
D’altra parte le giunte comunali non hanno potuto sinora toccare il patrimonio immobiliare più grande di tutti, cioè quello dello stesso Comune: un patrimonio sterminato, di valore incalcolabile. Ciò non per cattiva volontà, ma perché la normativa attuale non lo consentirebbe. Ma un ulteriore commissariamento governativo delle attività dell’amministrazione napoletana creerebbe facilmente i varchi legali per attuare questo proposito.
Mentre il governatore Bassolino è presentato, giustamente, dalla stampa come un criminale, il commissario all’emergenza rifiuti, Bertolaso, è celebrato dalla stessa stampa come un eroe, il che induce logicamente a ritenere che il criminale più pericoloso sia proprio lui; come confermano anche tutti i misteri che girano attorno al business delle discariche campane. Tutto fa pensare che l’inchiesta della magistratura sia stata sollecitata dai soliti potentati affaristici per consentire l’arrivo a Napoli di un altro Salvatore della città.
La magistratura interpreta la parte del Giovanni Battista che prepara la strada ad un nuovo messia, quindi per questo Natale altri saccheggi del territorio e del patrimonio pubblico sono già in vista.
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