"
"La condanna morale della violenza è sempre imposta in modo ambiguo, tale da suggerire che l'immoralità della violenza costituisca una garanzia della sua assoluta necessità pratica."

Comidad
"
 
\\ Home Page : Archivio (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Di comidad (del 28/08/2008 @ 09:09:13, in Commentario 2008, linkato 1307 volte)
La guerra in Georgia ha costituito un indiretto insuccesso militare degli Stati Uniti, che è stato interpretato da alcuni come un segno significativo del declino americano, cosa che, sempre secondo alcuni, potrebbe favorire uno sganciamento dell’Europa dal dominio USA.
Non c’è dubbio che la vittoria russa in Georgia abbia incontrato una malcelata simpatia nei gruppi dirigenti europei, stanchi dei soprusi statunitensi ed ansiosi di ritrovare un margine di manovra tramite il contrappeso russo. Il problema è però che il dominio americano non rappresenta un semplice riflesso della potenza militare ed economica degli USA. Anzi, sin dal 1946 - anno di inizio di ciò che è impropriamente definito “impero americano”- le difficoltà incontrate dagli Stati Uniti per realizzare i propri progetti di dominio globale sono risultate sempre più evidenti.
La storia militare statunitense di questi ultimi sessanta anni è, infatti, più una storia di insuccessi militari che di vittorie. Già prima delle sconfitte nella guerra di Corea, i marines americani diedero prove disastrose sul terreno quando accorsero in appoggio di Chiang Kai-shek nella guerra civile cinese, che vide poi la vittoria dei comunisti di Mao Tse Tung.
Fu nella guerra di Corea che il comandante in capo delle forze USA e ONU, Mc Arthur, inventò la formula propagandistica per la quale gli eroici soldati statunitensi venivano defraudati della vittoria dai loro pavidi dirigenti politici, timorosi di vincere davvero la guerra.
Questo tipo di propaganda vittimistica fu utilizzato poi massicciamente durante la guerra del Vietnam e negli anni successivi a quella guerra. Il vittimismo militare americano costituì infatti l’oggetto di famosi film come “Apocalypse Now”, in cui un pelato Marlon Brando pronunciava un monologo in cui attribuiva la sconfitta in Vietnam all’incapacità americana di emulare i Vietnamiti in fatto di crudeltà, e si richiamava ad un episodio in cui i Vietcong avrebbero tagliato un braccio a dei bambini loro connazionali, colpevoli di essersi lasciati vaccinare dai soccorrevoli soldati americani; questo episodio di crudeltà dei Vietcong non ha nessun riscontro in nessuna delle cronache dell’epoca, perciò costituisce una pura invenzione, anche se, grazie all’impatto del film, ha assunto la consistenza di un fatto realmente accaduto.
Gli Stati Uniti hanno quindi costruito una propaganda che aveva il preciso scopo di dissimulare i limiti della loro potenza militare, attribuendo le sconfitte ad un eccesso di scrupoli morali. Tutto il dibattito imposto dalla propaganda americana è sempre infarcito di dilemmi morali, dilemmi tanto più fasulli dal momento che sono dei criminali in servizio permanente effettivo a proporli. Del resto non si capisce quali scrupoli morali oggi si stiano facendo le truppe ed i mercenari statunitensi in Iraq ed in Afghanistan.
Il dominio statunitense non è quindi legato esclusivamente o principalmente alla potenza militare, ma soprattutto all’alleanza organica con i reazionari di tutto il mondo. In Europa la reazione ha sognato l’America sin dagli inizi del ‘900 e, dalle pagine del “Mein Kampf”, si apprende che Hitler non faceva eccezione. La propaganda statunitense inventa ogni giorno un “nuovo Hitler”, però quello originale era un filo-americano.
Nel 1946 le oligarchie europee sono diventate “americane” non per il timore di un’Unione Sovietica prostrata dalla guerra, ma per timore dei loro operai. Un avvenimento del 1946 di cui pochi storici si sono occupati - ad esempio: Joyce e Gabriel Kolko - riguarda l’esperienza dei consigli operai nella Germania Est. Questa parte della Germania era stata da sempre la meno industrializzata e, nello stesso periodo, la Germania Ovest deteneva l’ottanta per cento dei suoi impianti industriali ancora intatti, poiché in gran parte di proprietà di multinazionali americane, e infatti i bombardamenti USA si erano concentrati soprattutto sulle abitazioni civili e sulle città d’arte come Dresda.
Nonostante questa inferiorità in fatto di impianti industriali, la Germania Est superò nel corso del 1946 la produzione dell’Ovest, dimostrando che i consigli operai costituivano un’alternativa non solo in termini di giustizia, ma anche di efficienza. Per un certo periodo, Stalin non si oppose all’esperienza dei consigli a causa dell’impellente bisogno di prodotti industriali da parte della Russia. Quando gli operai di Berlino Est nel 1953 tentarono di riproporre quell’esperienza, la risposta del potere fu invece una brutale repressione.
L’esperienza dei consigli operai è stata screditata anche a causa dell’apologetica dei consiliaristi e dei situazionisti, che li hanno proposti come un improbabile modello di potere assoluto; in realtà la loro validità si dimostrò proprio nel determinare una spinta sociale a cambiamenti molto più vasti e profondi, cosa che determinò il terrore nelle oligarchie europee, che si dimostrarono pronte ad inchinarsi agli USA purché li difendessero da questa prospettiva.
Il piano Marshall è presentato nei libri di storia come una grande prova di generosità americana, mentre in realtà costituì un finanziamento governativo alle esportazioni statunitensi; ma la cosa più rilevante è che esso fu accompagnato dalla imposizione di una serie di stretti vincoli alla spesa pubblica dei Paesi europei che determinarono una terribile depressione e una disoccupazione di massa. Con il piano Marshall arrivarono in Europa anche le basi militari americane e, nel 1949, la NATO. Le basi americane e NATO per le oligarchie europee sono come tanti baluardi antioperai sparsi sul territorio, veri e propri templi dell’antioperaismo.
Articolo (p)Link   Storico Archivio  Stampa Stampa
 
Di comidad (del 19/08/2008 @ 14:10:49, in Commentario 2008, linkato 1456 volte)
Per una curiosa ricorrenza storica, l’invasione russa della Georgia è andata a coincidere con il quarantennale dell’invasione sovietica di Praga, avvenuta nell’agosto del 1968. La liberazione della Cecoslovacchia dal giogo sovietico, ha fatto sì che, anzitutto, la stessa Cecoslovacchia non esista più, sostituita da due staterelli-fantoccio degli Stati Uniti, di cui uno, la Cekia, è già una base NATO, mentre l’altro, la Slovacchia, si appresta a diventarlo. L’arruolamento dei Paesi ex-realsocialisti nella NATO, è avvenuto peraltro contravvenendo a solenni impegni presi dagli Stati Uniti nei confronti di Gorbaciov, quando questi sciolse l’impero sovietico. L’industria meccanica di cui, sin dagli anni ’20 e ’30, la Cecoslovacchia andava fiera, era di proprietà pubblica da molti decenni prima del dominio sovietico e del “socialismo reale”, mentre oggi è privatizzata a favore di multinazionali americane e tedesche. Oltre alla Germania Est - che peraltro era la parte della Germania meno industrializzata anche ai tempi di Hitler -, la Cecoslovacchia era l’unico Paese del blocco sovietico che potesse vantare un’antica tradizione industriale, mentre Polonia, Ungheria, Romania e Bulgaria prima del socialismo reale avevano un’economia da terzo mondo, basata su monocolture agricole per l’esportazione; quindi l’attuale colonizzazione economica costituisce per l’ex Cecoslovacchia una condizione particolarmente umiliante. Anche il prestigio morale ed intellettuale della Cecoslovacchia si è vanificato da quando il drammaturgo Vàclav Havel, da presidente della Cekia, divenne il cantore e l’apologeta dei bombardamenti americani, da lui indicati come un luminoso esempio pratico di supremazia dell’etica sulla politica.
Questo quarantennale cade perciò in un momento in cui l’inesausto battage della propaganda anticomunista trova sempre meno credito, ed anzi si deve confrontare, anche all’interno dei Paesi dell’ex-blocco sovietico, con una sorta di nostalgia dell’Unione Sovietica; ovviamente non dell’Unione Sovietica in quanto tale, ma del contrappeso che le sue armi e la sua proprietà pubblica costituivano nei confronti dello strapotere e della prepotenza delle multinazionali.
Pare che la vampata militaristica russa stia provocando nostalgia anche fra i gruppi dirigenti della “vecchia Europa”, che sperano di riacquisire un ruolo di mediazione che era stato soffocato dalla prepotenza statunitense e dall’inerzia russa. Nei giorni scorsi Sarkozy - presidente francese e presidente di turno dell’Unione Europea - ha potuto finalmente fingere di servire a qualcosa, attivandosi per un accordo per il cessate il fuoco tra Russia e Georgia.
Questo atteggiamento europeo non costituisce una sorpresa, poiché era da tempo che i gruppi dirigenti europei speravano di essere “salvati” da Putin. Di tutto questo, dalla propaganda ufficiale, sempre rigorosamente filo-americana, è filtrato pochissimo, poiché le speranze europee vengono covate nel silenzioso timore di irritare gli USA.
La propaganda ufficiale ci parla di un Putin “nuovo zar” che mediterebbe ambizioni neo-imperiali. Se davvero Putin cova di queste ambizioni, allora le ha nascoste sinora molto bene, perché la precisa sensazione è sempre stata che gli affari fossero la sua prima preoccupazione. La realtà è che, se non fosse intervenuto militarmente in Georgia, Putin avrebbe rischiato di essere abbattuto da un colpo di Stato militare, poiché la ex-Armata Rossa non avrebbe tollerato che l’accerchiamento statunitense nei confronti della Russia si chiudesse.
Le due forze in campo in Russia sono l’ex KGB, riconvertitosi nella compagnia commerciale Gazprom, attuale roccaforte dell’affarismo, e la ex Armata Rossa; e questi due costituivano i poteri in concorrenza già nella vecchia Unione Sovietica, poteri che si confrontavano sotto la facciata del guscio ormai vuoto del Partito Comunista. Dopo la sconfitta ed il discredito subiti in Afghanistan, l’esercito ha dovuto lasciare campo libero ai “riformatori” del KGB, ansiosi di fare affari con il petrolio e, soprattutto, con il gas di cui abbonda il sottosuolo russo. Abbandonato il vecchio e costoso impero in nome della conversione al culto del denaro, la Russia oggi annovera molti fra gli uomini più ricchi del mondo, a fronte di una popolazione impoverita e priva di garanzie.
Mentre negli USA, il militarismo e l’affarismo costituiscono un intreccio inestricabile che procede come un’unica entità, in Russia invece i due poteri sono ancora separati e spesso in contrasto. Nonostante che la Russia costituisca ancora uno dei maggiori produttori ed esportatori di armi, queste non costituiscono l’affare principale, come avviene negli USA; anzi in Russia un militarismo troppo accentuato disturberebbe gli affari del petrolio e del gas. Ogni Paese dell’Est Europa che rientrasse nell’orbita russa, lo farebbe inoltre solo a patto di ritornare alle antiche condizioni di favore nella vendita di petrolio e gas, e questo desiderio si sta facendo strada in questi Paesi massacrati dalle privatizzazioni dell’economia e dalle cleptocrazie imposte dagli Stati Uniti.
Nel 2004 Putin dovette cedere alle pressioni dei militari e sperimentare il nuovo missile intercontinentale Topol M - denominato SS-27 nel codice NATO -, un supermissile che può essere lanciato da rampe mobili, che, dopo quattro anni di produzione e gli ultimi testi del 2007 e del 2008, conferisce nuovamente alla Russia la superiorità strategica in campo nucleare. Forte di questa superiorità missilistica, ora l’esercito sovietico ha nuovamente gettato il suo peso sulla bilancia del potere russo e del potere mondiale.
Ciò che sta accadendo perciò non riguarda un presunto confronto fra Putin e l’Occidente, ma è soprattutto l’effetto di uno scontro interno alla Russia, con il riaffacciarsi di un esercito in cui l’affarismo dominante incontra critiche dettate da motivazioni molto varie: velleità neoimperiali, ma anche un nazionalismo tradizionalistico alla Solgenitsin, suggestioni terzomondistiche, ma anche posizioni anticolonialistiche e socialiste.
Era già successo nel Portogallo del 1974, che l’esercito diventasse l’unica sede di dibattito politico e si radicalizzasse in senso socialista ed anticolonialista, in quel caso evolvendosi nel confronto con le lotte di liberazione. Anche in Russia l’esercito e la marina militare stanno diventando un luogo di confronto politico, che coinvolge sia ufficiali che sottoposti, e ciò, curiosamente, coincide con quanto avvenne nella stessa Russia agli inizi del ‘900, con i tentativi rivoluzionari del 1905, del febbraio del 1917 e del 1920.
20 agosto 2008
Articolo (p)Link   Storico Archivio  Stampa Stampa
 
Pagine: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 114 115 116 117 118 119 120 121 122 123 124 125 126 127 128 129 130 131 132 133 134 135 136 137 138 139 140 141 142 143 144 145 146 147 148 149 150 151 152 153 154 155 156 157 158 159 160 161 162 163 164 165 166 167 168 169 170 171 172 173 174 175 176 177 178 179 180 181 182 183 184 185 186 187 188 189 190 191 192 193 194 195 196 197 198 199 200 201 202 203 204 205 206 207 208 209 210 211 212 213 214 215 216 217 218 219 220 221 222 223 224 225 226 227 228 229 230 231 232 233 234 235 236 237 238 239 240 241 242 243 244 245 246 247 248 249 250 251 252 253 254 255 256 257 258 259 260 261 262 263 264 265 266 267 268 269 270 271 272 273 274 275 276 277 278 279 280 281 282 283 284 285 286 287 288 289 290 291 292 293 294 295 296 297 298 299 300 301 302 303 304 305 306 307 308 309 310 311 312 313 314 315 316 317 318 319 320 321 322 323 324 325 326 327 328 329 330 331 332 333 334 335 336 337 338 339 340 341 342 343 344 345 346 347 348 349 350 351 352 353 354 355 356 357 358 359 360 361 362 363 364 365 366 367 368 369 370 371 372 373 374 375 376 377 378 379 380 381 382 383 384 385 386 387 388 389 390 391 392 393 394 395 396 397 398 399 400 401 402 403 404 405 406 407 408 409 410 411 412 413 414 415 416 417 418 419 420 421 422 423 424 425 426 427 428 429 430 431 432 433 434 435 436 437 438 439 440 441 442 443 444 445 446 447 448 449 450 451 452 453 454 455 456 457 458 459 460 461 462 463 464 465 466 467 468 469 470 471 472 473 474 475 476 477 478 479 480 481 482 483 484 485 486 487 488 489 490 491 492 493 494 495 496 497 498 499 500 501 502 503 504 505 506 507 508 509 510 511 512 513 514 515 516 517 518 519 520 521 522 523 524 525 526 527 528 529 530 531 532 533 534 535 536 537 538 539 540 541 542 543 544 545 546 547 548 549 550 551 552 553 554 555 556 557 558 559 560 561 562 563 564 565 566 567 568 569 570 571 572 573 574 575 576 577 578 579 580 581 582 583 584 585 586 587 588 589 590 591 592 593 594 595 596 597 598 599 600 601 602 603 604 605

Cerca per parola chiave
 

Titolo
Aforismi (5)
Bollettino (7)
Commentario 2005 (25)
Commentario 2006 (52)
Commentario 2007 (53)
Commentario 2008 (53)
Commentario 2009 (53)
Commentario 2010 (52)
Commentario 2011 (52)
Commentario 2012 (52)
Commentario 2013 (53)
Commentario 2014 (54)
Commentario 2015 (52)
Commentario 2016 (52)
Commentario 2017 (52)
Commentario 2018 (52)
Commentario 2019 (52)
Commentario 2020 (54)
Commentario 2021 (52)
Commentario 2022 (53)
Commentario 2023 (53)
Commentario 2024 (44)
Commenti Flash (61)
Documenti (30)
Emergenze Morali (1)
Falso Movimento (11)
Fenêtre Francophone (6)
Finestra anglofona (1)
In evidenza (33)
Links (1)
Manuale del piccolo colonialista (19)
Riceviamo e pubblichiamo (1)
Storia (9)
Testi di riferimento (9)



Titolo
Icone (13)


Titolo
FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


10/11/2024 @ 03:17:08
script eseguito in 53 ms