Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
La giunta comunale di Milano ha rimosso da Piazza Fontana la targa alla memoria di Giuseppe Pinelli. Non è il primo attacco alla sua memoria che si è verificato in questi anni. Basti pensare alle dichiarazioni di Craxi di circa quindici anni fa, in cui venivano lanciate insinuazioni del tutto prive di senso circa un coinvolgimento dello stesso Pinelli nell'attentato di Piazza Fontana.
Stavolta, però, si è andati oltre il mero esercizio d'opinione, andando a toccare un simbolo materiale della memoria di Pinelli. Il problema è che non è affatto vero che la giunta di destra si trovasse nel suo pieno diritto quando ha ritenuto di rimuovere la targa. C'erano, invece, tutti gli estremi per una vertenza legale.
Č proprio questo il punto. Dov'era la sinistra "legalitaria" in questi giorni? Dov'erano i "democratici e antifascisti" che hanno eretto la targa?
Si trovavano impegnati in altre priorità. Dovevano difendere l'onore non di un innocente assassinato, bensì di un esponente di Confindustria sbertucciato dal Presidente del Consiglio in carica.
Dapprima la sinistra istituzionale si è appropriata della memoria dell'anarchico Pinelli, facendone un'icona legalitaria, ora però lascia gli anarchici soli a difendere quell'icona dagli attacchi della destra. La stessa cosa è avvenuta recentemente anche con le figure di Sacco e Vanzetti, quando la stampa statunitense di destra ha lanciato una campagna a proposito di inconsistenti "prove" circa la colpevolezza dei due anarchici italiani condannati alla sedia elettrica. Anche in quel caso non vi sono state significative reazioni, se non da parte di uno scrittore di prestigio, ma politicamente isolato, come l'americano Kurt Vonnegut.
Creare un'icona solo per esporla all'iconoclastia, costituisce un gesto ambiguo, significa depotenziare una figura del suo vero significato, rendendola così più vulnerabile alla propaganda avversaria.
Il fatto è che l'antifascismo non può non risultare ambiguo, in quanto ambigua è la democrazia stessa. L'antifascismo di facciata - di cui ha dato un altro esempio in questi giorni il sindaco di Bologna Cofferati -, cerca ancora di accreditare l'esistenza di una incolmabile distanza morale tra fascismo e democrazia.
Ma il fascismo non costituisce una anti-democrazia, esso è una latenza del regime democratico, un suo "doppio" complementare, che convive al suo interno. Lo Stato di Diritto è intermittente, c'è qualche volta, ma può essere sospeso in ogni momento, ed è esattamente ciò che la vicenda di Pinelli - ucciso negli uffici della Questura di Milano - ha dimostrato.
Comidad, 23 marzo 2006
L'improvvisa morte dell'ex presidente jugoslavo Svobodan Milosevic è stata davvero un bel colpo di "fortuna" per la Corte Internazionale dell'Aja, ormai da anni imballata in un processo dal quale non vi era ormai nessuna via legale per districarsi.
Che la "fortuna" sia stata aiutata con uno dei tanti mezzi fisici o farmacologici a disposizione dei servizi segreti, è un sospetto talmente ovvio che non vale neppure la pena di soffermarcisi. Ciò che invece deve far riflettere è la dimostrazione di tenuta dell'apparato propagandistico edificato in questi ultimi quindici anni sulla questione della ex Jugoslavia.
La riunificazione tedesca aveva segnato anche la ripresa in grande stile del tradizionale imperialismo tedesco, con il progetto di ricostituire attorno alla Germania una cintura di Stati slavi satelliti, emarginando lo storico nemico serbo. Questo progetto neo - imperialistico era stato spacciato dalla propaganda come un grande "risveglio etnico". Gli Stati Uniti avevano dapprima difeso l'integrità territoriale della Jugoslavia (che, del resto, era stata una loro invenzione, imposta dal presidente Wilson dopo la Prima Guerra Mondiale), ma poi avevano deciso di cavalcare la destabilizzazione dell'area balcanica, fomentando rivolte "etniche" all'interno della stessa Serbia, come è accaduto in Kossovo; il che diede al presidente Clinton addirittura il pretesto per un'aggressione della NATO nei confronti della Serbia.
L'aspetto più preoccupante ha riguardato però, in quell'occasione, la vulnerabilità dimostrata dal circuito della comunicazione di opposizione - compresa quella anarchica -, che è stata praticamente invasa dalle posizioni filo - "etniche". Ogni perplessità ed ogni obiezione a questa offensiva propagandistica sono state neutralizzate con un atteggiamento di disprezzo preventivo, che non ha consentito nessuna discussione. La memoria storica è stata messa completamente a tacere e tutti i crimini dei Croati Ustascia, alleati dei nazisti, sono stati omessi. Anche la recentissima partecipazione del governo croato al genocidio dei musulmani è stata ignorata, mettendo in evidenza solo i crimini commessi dai Serbi.
Persino adesso, dopo la strana morte di Milosevic, dopo anni di processo, in cui le poche notizie concesse dai media, facevano comprendere che non era più possibile presentare l'ex presidente jugoslavo come l'unico "cattivo" della tragedia balcanica, quasi nulla è ancora venuto fuori in termini di riflessione critica.
Il caso di Milosevic viene archiviato in tutta fretta dalla comunicazione ufficiale. Ciò varrà anche per la comunicazione d'opposizione?
Comidad, 16 marzo 2006
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