Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
L’Italietta è troppo angusta per le ambizioni esagerate dell’oligarchia nostrana, di qui il suo europeismo sfrenato, la sua aspirazione di spingere e di condizionare la sorte dell’UE, a volte nascondendosi all’ombra della Germania, a volte agendo allo scoperto. Il governo italiano è stato il primo del Sacro Occidente a puntare sull’emergenza pandemica come occasione di grandeur, secondo la tesi dello stesso Romano Prodi. Il risultato è stato un altro tassello nell’edificio dei vincoli europei, cioè la nascita di un altro super-MES, il Recovery Fund. Non importa se, a dispetto della propaganda ufficiale, i soldi del Recovery sono pochi, perché i vincoli sono invece illimitati.
Il governo Conte bis è stato il primo al mondo ad imporre il lockdown, ed anche nella vicenda del Green Pass, si è visto come l’Italia sia stata ancora una volta la prima a voler imporre ai propri cittadini il certificato sanitario, quindi la prima a stringere ferrei rapporti d’affari con le multinazionali del digitale. Solo che non lo ha fatto “alla tedesca”, distribuendo tamponi gratuiti a tutti, senza discriminare tra vaccinati e non vaccinati, in modo da imporre il controllo (ora sanitario, domani fiscale) rassicurando la popolazione. Lo ha fatto invece con la tipica avarizia italica, risparmiando sui tamponi e cercando di imporre la disciplina con il “divide et impera” del conflitto tra vaccinati e non vaccinati. Ma le nozze con i fichi secchi non sempre riescono bene. Il fronte dei vaccinati si è spaccato, perdendo per strada anche intellettuali prestigiosi che sino a poco tempo fa avevano fatto muro con l’establishment. La propaganda ufficiale continua a catalogare le resistenze popolari sotto l’etichetta “no-vax”, ma la narrazione fa acqua da tutte le parti. La “sinistra” che ha aderito alla narrativa emergenziale si trova oggi costretta a bollare come fascisti e terrapiattisti i renitenti al vaccino ed al Green Pass, poiché soltanto un’emergenza fascismo/oscurantismo può giustificare la collaborazione di questa “sinistra” con l’establishment. Per giustificarsi l’emergenzialismo ha bisogno dell’alibi di altre emergenze, perciò anche il dissenso deve essere spacciato come una nuova emergenza. Oltre la “reductio ad Hitlerum”, anche la “reductio ad complottismum” è una strada obbligata per chi non vuole prendere atto che l’emergenzialismo è una vera e propria istituzionalizzazione del conflitto di interessi, poiché a proclamare l’eventuale fine dell’emergenza dovrebbero essere proprio coloro che dall’emergenza traggono i maggiori vantaggi.
Il governo continua ad avere dalla sua gran parte dell’opinione pubblica forcaiola, ma manipolare l’opinione pubblica non è la stessa cosa che manipolare una società. L’ondata dei licenziamenti, l’arrivo delle cartelle esattoriali e delle bollette, come anche il crollo delle prenotazioni turistiche, pone in contraddizione con se stesso anche il più acceso tifoso delle più punitive misure di controllo. Ottenere disciplina senza distribuire reddito, anzi comprimendolo, non è facile dato che non si può sbarcare il lunario con l’odio. Tanto più che i media annunciano restrizioni a danno dei no-vax, salvo poi scoprire che la principale restrizione è proprio a carico dei vaccinati, con la scadenza anticipata della validità del Green Pass, ridotta da dodici a nove mesi. Si formalizza la “spinta gentile” alla terza dose e milioni di vaccinati rischiano di sprofondare nell’inferno no-vax.
In più il governo Draghi, con la sua versione avara del Green Pass, ha ottenuto l’effetto di mettere in serio imbarazzo i partner europei, sputtanando il certificato sanitario davanti a tutto il mondo come misura oppressiva, e quindi rendendone ora impossibile altrove un’introduzione soft. L’Austria, l’Olanda e il Belgio già danno problemi di resistenza popolare, perciò anche governi che volevano utilizzare molta più vasellina, sono costretti a ricorrere alle maniere forti. Si può scommettere che adesso Draghi sia molto meno apprezzato in Europa, ammesso che lo sia mai stato.
Del resto non è il caso di farsi fuorviare dalla sovraesposizione mediatica di Draghi e di sopravvalutarne l’importanza. L’emergenzialismo, analizzato nel suo complesso, non si configura come una cospirazione di un unico centro di potere, bensì come una competizione di vari centri di potere, che cercano di strapparsi l’un altro lo scettro dell’emergenza. Questo carattere competitivo e intrinsecamente conflittuale è ciò che rende l’emergenzialismo particolarmente insidioso, poiché si rischia di non vedere mai la fine dell’emergenza. Oggi vediamo Draghi incalzato dai presidenti di Regione, che fanno a gara nel radicalizzare l’emergenza ed escogitare espedienti per incrementare il sadismo sulla popolazione. All’interno della gara possono esserci anche cospirazioni, associazioni a delinquere per barare nella corsa agli affari, come può avvenire in qualsiasi altra competizione.
La maggiore concorrenza nei confronti di Draghi proviene oggi proprio dal Quirinale, che è diventato il maggiore centro di spinta emergenziale e di conseguente criminalizzazione del dissenso sociale. Alla Prima del Teatro di San Carlo di Napoli, a Mattarella è stata tributata un’altra “standing ovation” di alcuni minuti, l’ennesima; roba che nemmeno Xi Jinping può permettersi. Messinscene come queste indicano che è molto improbabile che Mattarella sia davvero disposto a lasciare a qualcun altro la presidenza della Repubblica.
Nel 1925, in un discorso alla Camera, il “fascista critico” Massimo Rocca ammonì Mussolini circa i rischi dell’instaurazione in Italia di una dittatura formale, che sarebbe stata vista all’estero come una sfida ideologica. Poi le cose andarono come andarono e Rocca fu costretto all’esilio, salvo poi aderire nel 1943 alla Repubblica Sociale. L’analisi di Rocca aveva comunque un fondamento: sino al 1925 il fascismo era stato interpretato dalle cancellerie straniere come un regolamento di conti interno, quindi considerato con occhio benevolo. Il tentativo fascista di irreggimentare la popolazione avrebbe invece ben presto messo in allarme i governi stranieri, che avrebbero compreso che l’oligarchia italiana si stava preparando ad una competizione imperialistica più accentuata. Le aspirazioni imperialistiche delle oligarchie comportano infatti un inasprimento dell’oppressione di classe.
In questa fase c’è, pur nella diversità del contesto, qualche analogia col passato. Il tentativo dell’oligarchia italiana di formalizzare il regime emergenzialista in un nuovo modello di “governance”, pare stia cominciando a suscitare sospetti all’estero. Dopo la visita in Germania ed il discorso tenuto a Berlino il 29 agosto del 2020, Robert Kennedy Jr. è venuto anche in Italia il 13 novembre scorso a parlare alla folla dei No-Green Pass di Milano. Per comprendere appieno il senso di una tale visita, occorre considerare come avrebbe reagito il governo italiano se ad essere invitato a parlare in Italia non fosse stato un esponente, per quanto atipico, dell’oligarchia americana come Robert Kennedy Jr., ma, ad esempio, un personaggio come l’ex presidente boliviano Evo Morales, magari ad esporre le sue tesi sui propositi del Fondo Monetario Internazionale di ridurre il numero dei poveri, ma non aumentando il loro reddito, bensì facendoli fuori con armi biologiche. Difficilmente a Morales sarebbe stato consentito di parlare e sobillare le folle, e probabilmente gli sarebbe stato inflitto ben altro che un DASPO.
Come già in Germania, la venuta di Kennedy in Italia è servita perciò a ribadire le gerarchie internazionali. Un esponente dell’oligarchia americana può permettersi da noi cose che non sarebbero concesse a persone di altri Paesi. In definitiva conta relativamente la sincerità o meno del personaggio Kennedy; anzi, non c’è incompatibilità tra il tenere alla salute dei bambini ed essere convinti che siano gli USA a dover guidare il mondo. Conta invece il messaggio implicito nella sua visita, come a dire ai nostri oligarchi: voi state facendo i vostri giochi, ma oltre Atlantico vi teniamo d’occhio, non pensate di usare il vostro emergenzialismo per progetti di grandeur e non vi illudete di continuare a nascondere le vostre velleità riparandovi dietro la Germania. Sarà un caso, ma dopo il discorso di Kennedy a Berlino, il governo tedesco aveva man mano rinunciato a spingere sull’acceleratore emergenziale. C’è invece da dubitare che nell’attuale stato di euforia l’oligarchia italiana colga il senso del messaggio e diventi più prudente, tanto più che adesso c’è l’Austria che rischia di strapparci la palma di primo laboratorio delle multinazionali. Persino la Germania ora appare nuovamente intenzionata a rimettersi in gara ed ad usare anch’essa l’emergenzialismo per imporre la digitalizzazione di massa.
Può darsi che anche nelle folle che hanno acclamato Kennedy vi fosse la recondita speranza che il tutore americano si decida finalmente a ridimensionare la nostra oligarchia, inducendola a rinunciare ai suoi folli progetti di primato nella corsa al controllo digitale di massa. Questa ovviamente non è una critica al movimento no-Green Pass, dato che in momenti di disperazione è umano affidarsi a chiunque. Il punto vero è che la questione delle gerarchie internazionali, dell’assetto imperialistico e della competizione per ridefinirlo, in definitiva pesa molto di più di quanto comunemente si creda. Al di là delle fumisterie distopiche dei vari lobbisti come Schwab e Attali, il controllo digitale globale non è un mero progetto di dominio di presunte élite ma un campo di scontro imperialistico ancora aperto. Si tratta di un conflitto imperialistico ibrido, di “una guerra a bassa intensità” che comporta comunque vittime vere nella popolazione.
Occorrerà vedere se lo stato di euforia dell’oligarchia italiana possiede delle basi reali o risulterà velleitario. L’attuale fascismo digital-sanitario appare infatti un po’ troppo costruito a tavolino, probabilmente da esperti di management che si illudono che l’esperimento di Stanford possa essere dilatato nel tempo, ignorando che la società è una dinamica e non un semplice laboratorio. Il fascismo digital-sanitario trova una sponda di opinione pubblica nei soliti tifosi della punizione, ma, a differenza del fascismo storico, non ha a disposizione una vera base sociale che lo sostenga e lo spinga. Il Partito Nazionale Fascista rappresentò un ascensore sociale per il ceto medio, mentre oggi il ceto medio sprofonda sotto il peso degli impedimenti emergenziali, che però non impediscono affatto l’arrivo delle cartelle esattoriali.
Quel grande “falso ideologico” che è il neoliberismo si è ormai disvelato ed il ceto medio si sta accorgendo di essere la vittima sacrificale della mobilità globale dei capitali. La libera circolazione internazionale dei capitali può infatti attuarsi in pieno solo se le libertà economiche vengono compresse all’interno dei vari Paesi, tanto è vero che il Dio Vaccino non ha consentito che si producesse un vaccino italiano. Il Dio Vaccino è anche un po’ razzista dato che i vaccini russi, cinesi o cubani non sono degni di essere presi in considerazione.
Anche il Diritto diventa una esibizione spudorata di doppiopesismo, infatti i “costituzionalisti”, sempre pronti a giustificare le vessazioni verso i deboli, non hanno trovato argomenti per imporre una supertassa, almeno una tantum, per far pagare alle multinazionali del digitale la rendita di posizione acquisita durante i lockdown. Anche nel caso Whirlpool i giudici hanno sentenziato che la Costituzione è dalla parte delle multinazionali. C’era da giurarci.
La guerra di classe del capitale può esprimersi solo se non viene pienamente percepita da parte di chi ne è il bersaglio, mentre invece l’attivismo avventuristico degli oligarchi nostrani non riesce più a dissimulare la realtà.
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