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Non sempre lo stato mente, solo che a volte bisogna anche saper leggere le verità che si lascia sfuggire. È notizia recentissima che il Viceprocuratore Generale russo ha ritenuto di scagionare da ogni sospetto di errore o di incompetenza le autorità militari per la strage di Beslan.
Che la strage fosse stata dovuta ad un comportamento maldestro delle autorità, non era infatti plausibile. L'unica spiegazione possibile, a lume di buon senso, è che la strage sia stata lucidamente voluta e programmata dal governo russo. Il presidente Putin, grazie alla cosiddetta "linea dura contro il terrorismo", è divenuto infatti l'interlocutore prediletto di Bush (Blair, invece, non è per lui un interlocutore, ma un semplice servitore). Putin ha potuto così inserirsi in un gioco di legittimazione reciproca, ed anche di scambio di favori, non ultimo quello di partecipare al grande business dell'oppio afgano, dopo che l'invasione statunitense del 2001 ne ha rilanciato la produzione ed il traffico.
In base a ciò che hanno già accertato le precedenti inchieste, i miliziani ceceni che avevano attaccato la scuola di Beslan avevano potuto attraversare indisturbati chilometri e chilometri di territorio russo, senza che nessuna forza di sicurezza si accorgesse di nulla. Una situazione analoga a quella verificatasi nei cieli statunitensi quel famoso 11 settembre, quando degli aerei dirottati avrebbero imperversato per lo spazio aereo senza che un solo caccia militare si alzasse in volo per intercettarli.
La strage - compiuta dalle forze di sicurezza russe nel loro presunto "tentativo di liberare gli ostaggi" - ha certamente determinato nei commentatori europei qualche accento di perplessità. Qualche tempo fa D'Alema aveva dichiarato che, dato il nostro tipo di cultura, in Italia l'opinione pubblica non avrebbe accettato che si mettessero a rischio tante vite innocenti in nome della lotta al terrorismo. Questo tipo di affermazioni risolvono però tutto in chiave razzistica e nella linea del consueto senso di superiorità occidentale.
La realtà è che neanche tantissimi russi hanno voluto accettare quel crimine di Stato, ed a Beslan continuano le proteste, ma il problema è che la verità sarebbe troppo dura da dire e da ammettere per chiunque, e dovunque il fatto fosse avvenuto. Per lo Stato siamo tutti ostaggi e tutti potenziali vittime da immolare.
Comidad, 29 dicembre 2005
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